Prima della Fotografia – Torino

Efrem Raimondi Blog

Il sottoscritto ritratto da Paolo Ranzani nel 2014.
Non ho idea del perché abbia/abbiano deciso di usarlo come cover di questo incontro.

Prima della Fotografia, seconda edizione.
Un incontro di due giorni, venerdì 30 giugno e sabato 1 luglio a Torino.
Al quale ho aderito per un motivo molto semplice: il grado di utilità.

Vero, sono rimproverabile…
Più volte ho sostenuto la mia fascinazione nei confronti dell’inutilità.

Che però è una posizione estetica, filosofica se vogliamo.
Come un’avversione nei confronti della supremazia dell’evidenza.
In fotografia soprattutto.

Dove dal punto di vista dell’espressione mi interessa altro.

Però non è possibile trascurare che esiste un prima.
Un tempo che precede qualsiasi atto. E qualsiasi restituzione.
Ed è un tempo utile.
Questo è ciò di cui mi occuperò nel mio incontro di sabato.
E sarà, mi auguro, un incontro dialettico tosto coi presenti.

Quindi… da venerdì sera, alle ore 19 di sabato tutti interventi utili.
Anzi utilissimi. Da Paolo Ranzani col suo laboratorio a Marino Ravani con un intervento denso sul rapporto tra fotografia e diritto e le contraddizioni che riguardano chiunque affronti il percorso, sia da autore che da operatore.
Anna Contestabile e Patrizia Gregnanin, agenti di fotografi, che affronteranno un’altra realtà: l’individuo fotografo.

Cioè la relazione con la comunicazione, quella realmente operativa, lavoro insomma, da parte di un soggetto che non può essere sbiadito. E che anzi, attraverso il suo percorso, immediatamente leggibile.

In questo, in tutto questo trovo che persino l’utilità, possa essere utile.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Organizzato dalla Associazione 4K e Gruppo Digitale.
INFO
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MAXXI – PRESENTE IMPERFETTO

 

Efrem Raimondi al MAXXI

 

Maxxi, Auditorium – Roma, 9 giugno ore 18.00.
Presente imperfetto in sintesi: qui grazie all’imperfezione.

La fotografia è il luogo che rende visibile ciò che non lo è, dandogli forma.
Paradossale vero? Eppure funziona esattamente così.
Perché è solo grazie alla visione, soggettiva e parziale, che siamo in grado di restituire qualcosa che ci riguarda intimamente. Non necessariamente universale.
Questo qualcosa è tutto.
Una porzione riconducibile all’autore…
Un arbitrio.

Lectio magistralis per cinque slideshow.
Forse sei.
Percorsi diversi ma non estranei.
Partendo da due lavori: novembre 1980 – terremoto irpino – e febbraio 1981 – portatori di handicap/disabili/diversamente abili – io questa escalation non la capisco…
Due reportage dal taglio intimista, con l’attenzione al marginale.
Questi due lavori sono la mia matrice.
E me n’ero scordato. Non facendo reportage, me n’ero scordato…
Invece è proprio da qui che sono partito. Per poi fare tutto il resto.
Mosso e sfuocato inclusi.
Secchezza e presunzione del ritratto incluse.
Design…

Insomma fino ad oggi.
Con un solo presupposto: nessuna verità oggettiva è possibile.
Ciò che realmente conta è la tua visione del mondo.
Faccela vedere!
La parola, semmai, dopo. Ed è un altro ambito.
La fotografia ha una gran voce, ma non è difendibile da alcuna parola. O è, o buttala.

Con me c’è Benedetta Donato, che ringrazio.
Nel rapporto dialettico tra lei e me, qualcos’altro succederà.
Cosa, non ne ho la più pallida idea.

Nient’altro da dire, salvo che questo è un invito.
All’imperfezione e al MAXXI – aperto a tutti.

Ci vediamo.
Ciao!

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Biglietto di ingresso € 5 – che non mi riguarda.
Anche online… ticket_b

 

© Efrem Raimondi - All Rights ReservedSneaker, 2007 – per CAMPEGGI SRL, design by Giovanni Levanti © Efrem Raimondi.
All rights reserved.

In collaborazione con AFIP – Associazione Fotografi Italiani Professionisti.

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Lettura portfolio. Sì, ma il mio.

© Efrem Raimondi - All Rights ReservedLettura portfolio… già.
Di leggerne, cioè di essere il lettore in una situazione pubblica, mi è successo quattro volte. In trentatre anni che sono fotografo.
Uno, perché raramente mi è stato chiesto e poi e poi… perché ritengo che ci vogliano almeno quaranta minuti per entrare un po’ nel merito di una seria dialettica.
Con le immagini e con l’autore.

Non vale per tutti. C’è chi riesce meravigliosamente bene a entrare con precisione nei venti minuti canonici dei festival e delle rassegne.
Stesso tempo anche per le sagre.
Io non ci riesco. Proprio non sono in grado.
Per cui va da sé che nel caso, declini.

Invece il mio portfolio credo di averlo fatto leggere decine di volte.
Anche in mia assenza. Soprattutto in mia assenza.
Perché se il tuo lavoro non lo conosce nessuno ti serve uno strumento che lo renda visibile.
Il tempo medio di lettura, cioè di visione, era di una decina di minuti. Anche meno.
Ma era un tempo assolutamente proporzionato alla funzione che il mio portfolio aveva.
E al ruolo, reale, del lettore. In genere un art director o un direttore. Che decideva se cominciare una collaborazione, assegnarti un lavoro o salutarti cortesemente.
E non c’era niente da discutere.

Non entro nel merito della questione.
Preambolo necessario ma il punto è un altro: sono stato da entrambe le parti.
E allora m’è venuta spontanea una verifica…
Cosa succede se dopo aver presentato il tuo portfolio, averne parlato, avere ricevuto delle dritte, essere stato confortato oppure contraddette le tue aspettative, cosa succede se il tuo interlocutore ti piazza davanti il SUO portfolio e ti chiede di leggerlo?

Perché c’è ‘sta polemica sul basso profilo dei lettori, sulla loro inadeguatezza…
Sarà anche vero in certi casi, ma abbiamo mai provato a stare dall’altra parte? Abbiamo gli strumenti per farlo? Sappiamo leggere fotografie? Siamo in grado di intercettare il linguaggio, l’arbitrio espressivo… o anneghiamo nel trend mediatico?
Perché misurarsi oltre la nostra abitudine e le consutudini di ruolo, può essere molto utile.
Almeno per pulire il nostro sguardo facendo uno sforzo.

Non ho più un portfolio. Non perché non necessario, uso solo altri strumenti.
Comprato un albumino 15,5 x 21 cm, 20 pagine di pura plasticaccia, € 12,00…
Selezionati 39 miei ritratti: b/n, colore, polaroid, trasversali sulla figura umana, qualche nome famoso altri no.
Stampa minilab, chimico da 40 cent a stampa…
Impaginato. No didascalie.

© Efrem Raimondi - All Rights Reserved© Efrem Raimondi - All Rights Reserved© Efrem Raimondi - All Rights Reserved© Efrem Raimondi - All Rights Reserved© Efrem Raimondi - All Rights Reserved© Efrem Raimondi - All Rights Reserved© Efrem Raimondi - All Rights Reserved© Efrem Raimondi - All Rights Reserved© Efrem Raimondi - All Rights ReservedMe lo sono portato a Palermo. Da Église l’anno scorso di questo periodo.
Dov’ero per altro, ma anche per una lettura portfolio.
E dopo aver letto, senza sconti e senza presunzione alcuna ma col solo intento di essere utile, mi son tolto i guanti di cotone e li ho porti alla fanciulla che mi stava davanti.
Col piccolo portfolio al seguito.
Anche in questo caso senza presunzione alcuna.
Ma senza sconti: Puoi per favore leggere questo portfolio?
Imbarazzo.

Ho passato più di quaranta minuti col tuo portfoilo, mi farebbe piacere che tu ne dedicassi una ventina al mio. Serve a te e serve a me.

E allora la questione cambia.
Credo sia un elemento di ulteriore precisazione di un percorso a due.
Utile.
A entrambi.
Perché ci si mette in gioco, senza paure… non c’è niente da difendere.
E certe dinamiche appaiono chiare.
Infatti, nel caso, riproporrò.

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Nota. Le riproduzioni qui pubblicate sono significative della condizione di visione in un ambiente non predisposto.
La plasticaccia contribuisce.
Tutto contribuisce…

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DA QUI A GIUGNO

Efrem Raimondi - Eglise              Videoclip di Marcello Costa/da72a300 per Église – © All Rights Reserved

Subito dritto al punto: i workshop, le academy e la didattica in senso ampio, così come i gruppi di studio, le conferenze, le lectio magistralis, NON sono tutti uguali.
Il contenitore non è confondibile col contenuto, che può avere – e spesso ha – un peso specifico molto diverso.
Così come diverso è inevitabilmente l’esito.
E gli unici testimoni attendibili sono i presenti.
Gli assenti parlano. Di cose che non conoscono.
E inquinano.
Non è che perché quella volta là hai fatto un percorso deludente – tu dichiari catastrofico – puoi arrogarti il diritto di piallare tutto.

Il lamento spalmato e indifferenziato non ha asilo.
Non ha valore.
Non ha credenziali e non lo giustifico più.
Perché non cambia mai il corso delle cose. E nemmeno il proprio.
Un passo per volta… guardandosi attorno.

C’è un modo per intercettare cosa può davvero esserci utile al di là dei proclami: guardare cosa il fotografo – relatore – docente eccetera fa e ha fatto.
Guardare con chi e COME si è misurato.
E appunto nel caso di un fotografo, qualsiasi fotografo, è semplice: guardare!
Semmai la domanda da porsi è: sappiamo leggere una fotografia o ci accontentiamo di urla a ventaglio con strass al centro? – non ha importanza se saturo o desaturato.

Ci bastano le segnalazioni trendy della rivistina trendy?
Prima di seppellire tutto, facciamo uno sforzo per favore…

Ueh Raimondi! Tu dici questo pro domo tua: non è corretto!
Assolutamente sì! Dico questo ANCHE pro domo mea, e non solo è corretto, ma onesto dirlo. Anzi, urlarlo.

Alzare la voce oltre il lamento e l’omologazione.

Quindi per favore evitiamo di essere superficiali… ci sono persone che sanno esattamente cosa fare, anche didatticamente e lo fanno bene.
Mica mi nascondo: io tra questi.
Se così non fosse starei zitto.
E questo è il mio programma fino a giugno, del workshop La sede del ritratto e di due lectio magistralis. Altro che nascondermi.

Palermo in primis, 6-7 maggio workshop a cura di Église – del cui comitato scientifico faccio parte.
Preceduto il 5 sera da una conversazione pubblica, a ruota libera, tra Enrico Ratto – Maledetti Fotografi – e me.

Perugia 13-14 maggio workshop.
Il 12 sera, Palazzo della Penna, lectio magistralis La fotografia non esiste.
A cura di Istanti Fotografia e Cultura.

Sanremo 20-21 maggio workshop.
A cura di Sanremo Photo Academy.

Gallarate 17-18 giugno workshop.
A cura de Il Sestante.

Roma 9 giugno, MAXXI. Con Benedetta Donato. Presente imperfetto, lectio magistralis.

 

Tutto il calendario dettagliato di info e aggiornamenti si trova qui:
https://drive.google.com/file/d/0B1rLvooNNXUDOFlyc2JGS3ZGRHM/view

Ora, l’anno prossimo sarà tutta un’altra faccenda. E un calendario molto diverso. Inevitabilmente diverso anche nella struttura.
Per il momento però è così.
Se decidi di giocare, giochi e basta. Senza se e senza ma.
E senza lamenti per favore.

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Ritratto e parole

© Efrem Raimondi -All Rights Reserved

Ritratto. Chissà cos’è…
E siccome non ne ho la più pallida idea, lo faccio senza pensarci troppo.
Questo durante, mentre ritraggo.

Cioè fotografo.
C’è invece un ambito preciso per la riflessione.
Un ambito temporale: prima e dopo.

Questo vale anche per tutta la fotografia che affrontiamo.

Leggo qua e là una moltitudine di parole intorno al ritratto.
Che dovrebbero qualificare l’intento, la spinta espressiva.
E rendere giustizia all’immagine restituita che altrimenti, pare, vagherebbe per l’etere senza identità alcuna.
Anche in ambito didattico.
Soprattutto in ambito didattico… originale – psicologico – emozionante – oltre le regole (quali?) – empatia – feeling – forte – disincantato – approcciante – contemporaneo – riflessivo – terapeutico – creativo e mi fermo qui.

C’è anche complesso. Ma ho l’impressione che in realtà si debba leggere come difficile.
Qualcuno lo so, aggiungerebbe volentieri gagliardo…

 Questo vale anche per tutta la fotografia che affrontiamo.

Manca una sola parola, un aggettivo fondamentale: semplice.
E questa è la sua vera complessità.

Visto che vale anche per tutta la fotografia che affrontiamo, o con la quale ci relazioniamo, mi viene da chiedere: ma in cosa si distingue allora il ritratto?
In niente.
E allora per essere davvero espressione dell’autore, esattamente come per qualsiasi altro ambito, come lo si affronta?

Esattamente come altrove: facendo fotografia tout court, saltando i condizionamenti di genere.
Non c’è alcuna differenza.
Esistono, vero, alcune specifiche.

Puramente tecniche. Nulla di personale quindi.
Ma come ovunque si usi il linguaggio, sono manipolabili.
E questo sì è personale.
Se le conosciamo, non ci costringono.
Se non le conosciamo siamo fottuti. E nell’etere ci finiamo noi.

Quando ho visto la mostra di Robert Frank alla galleria Forma Meravigli, ho pensato che sarebbe stato ideale occupare lo spazio e fare una vera lezione sull’esposizione.
Perché quella fotografia, a leggerla davvero, dichiarava inequivocabilmente l’idea che della luce, della sua traduzione, Frank aveva.
E ne disponeva a piacimento.
Senza mediazione. Senza equivoco. Senza tentennamenti.
Diversamente, ci avrebbe restituito altro.
Diversamente, restituiremmo altro.
E questa sì è una lezione. Questa sì è una regola.
E ci si mette due ore a trovare il bandolo della matassa: due ore appena per cominciare a orientarsi.
Poi te la giochi.

Altro che la Regola dei Terzi!
Prima di aprire il mio account Facebook nel 2010, non sapevo neanche cos’era la Regola dei Terzi. Giuro.
Non ero preoccupato. Solo incuriosito da certa veemenza social intorno a un margine che non delimita nulla di sostanziale.
Questo non è l’elogio dell’ignoranza… solo delle priorità.
E della sostanza che delinea concretamente un percorso, una visione.

Due cose per chiudere: la regola dei terzi la ignoro tutt’ora e il ritratto è affrontabile senza alcuna isteria. O pregiudizio.
Ma anche nei workshop e in qualunque altra sede, sul ritratto, ma cosa raccontiamo?

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L’idiozia della fotogenia!

PIANO AMERICANO - DUE by Efrem Raimondi - All Rights Reserved                 Piano Americano – DUE. Ottobre 2002

L’idiozia della fotogenia: bigino da combattimento sulle convenzioni del ritratto.

Mi piace ripetermelo: raramente una bella immagine è l’immagine di qualcosa di bello.
Dico ripetermelo perchè tanto poi a esserne fautori non si è mica così tanti: in una assemblea di addetti ai lavori, magari dal tono annoiato che non guasta, tutti pronti a levare la mano… ma poi, non appena ci si distrae dal trend – quella cosa che si insegue come un aperitivo o una inaugurazione, lo stesso – ecco le levate di scudi.

Finché si parla d’altro va bene, ormai tutto è stato digerito e vomitato.
Ma col ritratto no.
Soprattutto col proprio, che se non è edulcorato a puntino non lo si riconosce.

E  lo si rispedisce al mittente.
Il problema della riconoscibilità diventa un fatto di dignità, di passaporto per l’immagine: è il problema della memoria, della relazione tra noi e il ricordo di noi stessi.
Il ricordo di noi stessi… un’icona inviolabile e inalterabile. Una roba simile al look.

Primo punto sostanziale: chi se ne frega.

Non ritraggo con la demagogica presunzione di restituire una memoria che non mi appartiene: io racconto la mia storia.
E la memoria è la mia.
Con tutto il resto funziona: col paesaggio urbano e non, con la moda e lo still-life, persino col food, il formaggio svizzero e le famiglie dissestate inglesi.
Con le tentazioni pedofile.

Col reporatage, quello colto e un po’ saccente, tanto incline alla lacrima e alla miseria – rigorosamente altrui.
Si è disposti a tutto col resto, a ubriacarsi d’immagine e stracciarsi entusiasti le vesti e far finta che va tutto bene e che ci piace la minestra.
A comando ci ficchiamo in code chilometriche per la visione de La Dama con l’ermellino, quella leonardesca o di chiunque altro.
Ce ne stiamo umili in saio pronti alla rivelazione del ritratto. Sicuri che così sarà.


Secondo punto sostanziale: così non è.

Il ritratto rivela solo all’autore, che è l’unico a goderne nell’essenza.
Le popolazioni che temevano il furto dell’anima operato dalla fotografia avevano parzialmente ragione: l’anima resta dov’è, nella stessa sede, solo che è quella di un altro.
Ma non si tratta di una deriva inconsapevole: è una scelta imprescindibile per chiunque usi un linguaggio, a discapito anche delle convenzioni grammaticali e dei riti sociali.
Per questo la fotogenia è un’idiozia, un concetto vuoto, perché ha a che fare con la gradevolezza, che è puro fatto mediatico.
Il linguaggio è altrove.

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Piano Americano – DUE. Ottobre 2002.
Polaroid 55. Riproduzioni RX. Le mie…

Nota: questo testo è stato la traccia di due conferenze, la prima nel 2003 a Savignano sul Rubicone in occasione del SIFEST. La seconda a Milano a Fondazione Forma in occasione di Fotografica 2009.
Inoltre: è stato qui già pubblicato nel marzo 2012.

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Workshop Eccetera

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Riccione, gennaio 2016. Foto ricordo WS Spazio Fotografico Coriano

Workshop… cioè laboratorio.
Serve in fotografia?
Nessuna risposta univoca è possibile. Però c’è un modo per sapere o quantomeno prevedere se a te – proprio a ognuno di noi – può servire: guardare con attenzione il lavoro del docente.

  • SERVE/NON SERVE VS M’AMA/NON M’AMA

C’era una volta… che ne proponevo uno. E uno è rimasto.
L’ho stoppato. Non mi convinceva per niente.
Anzi, io proprio non avrei partecipato.
Poi, molto poi, due anni fa Daniele Ferrero – Fondazione Fotografia Modena – mi chiama e mi propone di farne uno. Sul ritratto.
Così nasce La sede del ritratto.
Ma era da un annetto che ci pensavo.

Daniele è stato fondamentale nel darmi una mossa.
Se no può darsi che sarei ancora qui a girarci intorno.
Invece mi sono posto una domanda: Raimondi, ma tu come fai ritratto? Cosa ti ha spinto a farlo? Quale il percorso e quale lo scheletro che fa stare in piedi il tutto?
Quindi è stato semplice: ho tradotto tutto in chiave didattica.
E questo è.

A me sembra avere un valore, un peso specifico, un’utilità.
Poi però non son certo io a poterne parlare.

Eccetera… cioè conferenze e lectio magistralis – non è mia la denominazione, e certo per me non vale, anzi mi imbarazza.
Hanno un valore? Un senso? Anche qui, come si fa a generalizzare?
Le conferenze sono forse più informali e quindi anche le aspettative minori. Sbagliato…

Non vedo questa differenza tra lectio e conferenza, se non il fatto che quest’ultima può essere polifonica. Mentre la lectio magistralis è un solo. E nel caso di un fotografo credo sia necessaria la presenza del suo lavoro.
Perché non c’è niente di più intimo. E generoso.
Un fotografo, comunque si dichiari: professionista, artista, artigiano, dilettante o altro che non so proprio immaginare… per me la differenza sta in ciò che mostra, non nelle dichiarazioni. Sue o di altri.
La fotografia non esiste la mia prima in Triennale, Milano, maggio 2015.
A quasi due anni di distanza in qualcosa è cambiata, nella forma.

Non nella struttura.
So sorry…

Questo il calendario di entrambi gli appuntamenti fino a giugno:

Efrem Raimondi BlogA me piace girovagare. Al momento mi piace proprio.
Ho incontrato persone che diversamente non avrei conosciuto.
Quando non mi piacerà più lo dirò.

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Sul workshop La sede del ritratto, c’è una premessa, questa:

Efrem Raimondi by © Giulia DiegoliGiusto per inquadrare il senso del percorso.
Chi pensa che siano cazzate fa benissimo a pensarlo.
E a continuare tranquillamente per la sua strada.
Perché da questa non otterrebbe alcun giovamento.
Chi invece riconosce un’esigenza reale, un’urgenza, ci pensi seriamente.

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About Cropping


io croppo
tu croppi
egli croppa
noi croppiamo
voi croppate
essi croppano.

soprattutto voi e essi.

 

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Pola, Croazia 2010.

Note a margine.
Coniugare il verbo è il mio unico contributo alla causa ideologica…
lo spunto mi è stato dato da alcuni commenti a un articolo di Sara Munari sul suo blog, Croppare le fotografie, perché?

Personalmente amo il taglio in macchina. E lo cerco sempre.
Non è un vezzo d’epoca analogica… uguale in digitale.
Ha il suo perché. E un gran peso specifico. Per strada o in studio, lo stesso.
Ma se c’è da tagliare dopo, in fase di editing, taglio.
E non ho alcun senso di colpa.
Alla fin fine conta sempre ciò che restituisci.
Questa è la fotografia che ti appartiene.
Ciò che non c’è non la riguarda. E non esiste.
Inutile quindi disquisire sulle intenzioni.

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Workshop arretrato di Fotografia

Workshop di un giorno. Secco.
La sede del ritratto è proprio un workshop. Non un Aperitivo con

A differenza dei corsi avanzati, direi che è arretrato.
Si parte da dove ci si trova e si torna indietro.
Si sottrae.
Poi si riparte.
Non è un escamotage mediatico, funziona proprio così… ho dei testimoni.

Tutto in un giorno, tutto d’un fiato: venerdì 7 ottobre.
Ospiti di Graphistudio, in Friuli.
Nell’ambito di un percorso più ampio, quello di Toolbox, che volendo ha due altre proposte.
Quindi si può fare secco il mio, o aggiungere.
O appunto sottrarre.

Qui tutte le info: http://toolbox-ws.com
E questo l’indirizzo: Castello Ceconi – Frazione di Pielungo, 33090 Vito d’Asio – Pordenone

Chi vuole approfondire basta che in Search scriva La sede del ritratto, ci sono quattro, cinque articoli a riguardo.
Ciao!

Efrem Raimondi iPhonephotography

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Workshop Cambiano – Una sola faccia…

 

Workshop.
Nessun timore a ribadirlo: workshop!
La sede del ritratto, questo il titolo. Che è una precisa dichiarazione d’intenti.
Dopo un’infinità di tempo che non ne facevo – perché ritenevo che non ne avessi uno degno – l’anno scorso per Fondazione Fotografia Modena ho varato questo sul ritratto.
Che poi ho riproposto in altre sedi.
Inclusa Cambiano Foto Festival, sempre l’anno scorso.
E così, UGUALE, anche quest’anno, 10 e 11 settembre – INFO.
Perché non vedo proprio per quale motivo dovrei cambiare.

Sui workshop si può dire tutto e anche il contrario.
Su questo che è proprio mio, che mi calza, e anzi coincide con ciò che intendo per Fotografia, mi si perdoni la presunzione, no: nessuna e è possibile. O lo si ritiene utile o no.
E questo non è a prescindere.
Perché Workshop non è Aperitivo con…
Non si tratta di quattro chiacchiere, tre nozioni e un po’ di bisboccia.
È un reale impegno. Mio e di chi partecipa.

L’unica discriminante è avere la seria intenzione di mettersi in gioco.
Essere disposti a resettare alcuni convincimenti sul ritratto.
Che chiamerei cliché.
Se si possiede la verità assoluta, questo percorso non solo è inadatto. Ma decisamente nocivo.
Se è invece il dubbio ciò che ci anima, allora…

Efrem Raimondi - Selfie

Comunque questa è la mia faccia.
Vi auguro buone vacanze.

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p.s. c’è un modo per capire se un workshop ti può essere utile: guardare il lavoro e il curriculum di chi lo propone. Al di là delle parole, dei bacetti o al contrario delle dichiarazioni formato rude boy/girl, il lavoro si vede.

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