Fotografia e Design


Fotografia e design. In poche parole.

Ci provo…
È un grande luogo di crescita, una vera scuola.
Ti misuri con delle specificità che hanno la necessità di una vera dialettica per diventare espressione, fotografia: l’oggetto; i materiali e la lavorazione; lo spazio, quello fisico, quello che dialoga con le proporzioni.
La luce…
Quale, come e perché cazzo il rosso del divano rosso non è rosso.

Contrariamente alla norma preferisco la luce flash. Spesso.
Perché quella realmente più duttile.
Quella che mi asseconda nel rapporto con l’insieme.
Perché anche col design è una questione di insieme e il soggetto è l’intera fotografia.
E al di là di alcune fondamentali specifiche ineludibili, trascendere il genere è la mira. Questa la vera, grande difficoltà.
Qui non si scherza, non c’è bluff: qui la conoscenza di tutti gli elementi è la condizione di lavoro.

Amo confrontarmi col design, per me un luogo di sintesi… la convergenza di molteplici elementi: persone, ricerca, creatività, e quel fondamentale collante che è l’industria.
Ho ritratto diversi architetti e designer, con alcuni di loro ho collaborato a tutte le fasi del progetto.
Andando anche in fabbrica, confrontandomi direttamente con chi il pezzo lo produceva.
Un grandissimo, ne cito uno, perché nei suoi confronti provo vero affetto, e per quanto mi ripetesse di dargli del tu proprio non ci riuscivo.
È passato tanto tempo, ero un ragazzo: Achille Castiglioni.

Avanti e indré dal suo studio alla Cassina… nel mio studio a sfogliare Polaroid.
E giù a procedere all’unisono.

ACHILLE CASTIGLIONI by Efrem Raimondi

                         Achille Castiglioni nel suo studio. Milano 1992

Non mi spiego un certo disinteresse fotografico, non capisco la superficialità di chi liquida come fotografia commerciale: se c’è un luogo dove il linguaggio è elemento di distinzione è questo.
Un linguaggio applicato.
Un linguaggio iconografico trasversale dove la dialettica area-volume consente dilatazioni e compressioni altrove impensabili.
Il rapporto con lo spazio, con qualsiasi circostante, diventa soggetto.
Persino la negazione diventa segno e il contraddittorio è elemento vitale.
Nella fotografia che si confronta col design riconosco la convergenza naturale di molteplici linguaggi, di visioni, di utopia… la risposta potente alla debolezza del sistema iconografico contemporaneo che svicola nella reiterazione, sempre uguale, e nel monologo, sempre più noioso.
Singolare… nel confronto con le aziende, con le riviste e coi designer ho sempre trovato tutti gli elementi per poter fare la fotografia che voglio.

Meno paura e più conoscenza.
Meno isteria, più sobrietà e un’eleganza leggera.

© Efrem Raimondi. All Rights Reserved

Efrem Raimondi for INTERNI magINTERNI mag. 1991-  Hannes Wettstein per Baleri Italia. Valeria Magli performance

Efrem Raimondi for INTERNI magINTERNI mag. 2014 – Pedrali per Pedrali. Rossella Rasulo irriconoscibile. Ma seduta

Efrem Raimondi for ABITARE magazineABITARE mag. 1994 – Milano, Città Studi

Efrem Raimondi for FLEXFORMFlexform, 1992

© Efrem Raimondi for INTERNI mag. All Rights ReservedINTERNI mag. 1993 – Studio DDL per Zerodisegno

© Efrem Raimondi for GRAZIA CASA mag. All Rights ReservedGrazia Casa mag. 2014

Talvolta un po’ ironici non guasta…

© Efrem Raimondi for INTERNI mag. All Rights ReservedINTERNI mag. 2008. Roberto Barbieri per Zanotta – Ludovica e Roberto Palomba per Sawaya & Moroni

© Efrem Raimondi for INTERNI mag. All Rights ReservedINTERNI mag. 2015. Milano, Isozaki Tower. Vitra – Nodus – Arper – Panzeri

© Efrem Raimondi for INTERNI mag. All Rights ReservedINTERNI mag. 1989

© Efrem Raimondi - All Rights ReservedFlos, 1992

© Efrem Raimondi for INTERNI mag. All Rights ReservedINTERNI mag. 1990. Roberto Pamio per Matteo Grassi – Oscar Tusquets per B.D. Ediciones

© Efrem Raimondi for Abitare mag. All Rights ReservedABITARE mag. 2000. Fernando e Humberto Campana per Edra – Ron Arad per Vitra

© Efrem Raimondi- Gaetano Pesce, Nobody's PerfectNOBODY’S PERFECT, Gaetano Pesce per Zerodisegno. 2002

©Efrem Raimondi for Cassina - All Rights ReservedCASSINA, monografia RITRATTI. 1993 – 412 CAB and 413 CAB by Mario Bellini

© Efrem Raimondi - All Rights ReservedGiovanni Levanti per Campeggi SRL. 2007

© Efrem Raimondi for INTERNI mag. All Rights ReservedINTERNI mag. 1994/1995. Piero Lissoni per Living

© Efrem Raimondi for INTERNI mag. All Rights ReservedINTERNI mag. Fuorisalone 2013

© Efrem Raimondi - All Rights Reserved - Baleri ItaliaBALERI Italia, 1994 – Big Calendar 1995

© Efrem Raimondi - All Rights Reserved - FLEXFORMFlexform,1988

© Efrem Riamondi for Campeggi SRL - All Rights ReservedSakura Adachi per Campeggi SRL, 2014

© Efrem Raimondi for INTERNI mag. All Rights ReservedINTERNI mag. 2016. Jean-Marie Massaud per Poltrona Frau

© Efrem Raimondi for INTERNI mag. All Rights ReservedINTERNI mag. 2005. Patricia Urquiola per B&B Italia

© Efrem Raimondi for Cassina - All Rights ReservedAchille Castiglioni per Cassina, 1992

© Efrem Raimondi for INTERNI mag. All Rights ReservedINTERNI mag. 2007, Joe Velluto per Coro – Alessandro Loschiavo per Maoli

Un appunto sull’impaginazione di un lavoro. Con alcuni magazine questo dialogo è ancora
presente. Dovrebbe essere prassi

© Efrem Raimondi for INTERNI mag. All Rights ReservedINTERNI mag. 2013. Zaha Hadid per SLAMP

© Efrem Riamondi for Campeggi SRL - All Rights ReservedPoppy, Campeggi SRL, 1993

Se l’errore è il soggetto di un intero percorso…

© Efrem Raimondi for INTERNI mag. All Rights ReservedINTERNI mag. Fuorisalone 2008

…e il backstage.

© Efrem Raimondi - All Rights ReservedINTERNI mag. 2013. Backstage. Rodolfo Dordoni per Minotti

© Efrem Raimondi for INTERNI mag. All Rights ReservedINTERNI mag. 2016. Mario Ferrini per Living Divani – Marcello Ziliani per Opinion Ciatti

E poi c’è Ozzy, che mi ha accompagnato durante un reportage proprio dentro il Salone Internazionale del Mobile, tra stand e persone… caldo, rigore e confusione.
Adesso è tranquillamente a casa mia. Che è diventata anche la sua.

© Efrem Raimondi for INTERNI mag. All Rights ReservedINTERNI mag. Salone Internazionale del Mobile 2009. Reportage in Fiera. Con Ozzy

© Efrem Raimondi. All Rights Reserved

La stragrande maggioranza di questo percorso – che è una sintesi estrema – non sarebbe possibile senza la collaborazione di diverse persone. Ciascuna con un ruolo preciso.
Ma è solo attraverso un rapporto dialettico che gli intenti convergono e prendono forma.
E sostanza.
Coi magazine, il rapporto con la redattrice e la stylist è fondamentale.
Sono davvero grato a Luciana Cuomo, Nadia Lionello, Maddalena Padovani, Mia Pizzi, Diana Sung, Carolina Trabattoni.
Senza di loro molte di queste immagini non sarebbero qui.

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Io cerco te

Annarita by Efrem RaimondiIo cerco te.
Io cerco chi non si vede.
Io cerco chi mi sta davanti.
Io cerco te.
Io cerco tra le pieghe del gesto, lungo la smorfia delle tue labbra.
Io cerco te. Io cerco il tuo riflesso e al suo barlume m’aggrappo.
Io cerco te, così come ti giri e mi guardi.
Che cosa vedi? Fin dove arrivi?
Ti ricordi? Anch’io ho avuto vent’anni.
Anche qualcuno in più. Anche un po’ meno.
Adesso è ieri: a cosa credi serva la memoria?
Io cerco te.
Se ti nascondi io ti vedo.
La tua maschera…
Non ti serve alcuna armatura: sei nuda.
Io cerco te.
Non ho bisogno di niente e ’st’aggeggio che pesa, ‘sta roba che scatta è il nostro specchio.
Io cerco te.
E a volte mi trovo.

Laura by Efrem RaimondiLaura, 1986

Vanessa Beecroft by Efrem RaimondiVanessa Beecroft, 2011

Cat Power by Efrem RaimondiCat Power, 2012

FERNANDA PIVANO by Efrem RaimondiFernanda Pivano, 2005

ZHANG JIE by Efrem RaimondiZhang Jie, 2008

VALENTINA by efrem RaimondiValentina, 2010

Fiammetta Bonazzi by Efrem RaimondiFiammetta Bonazzi, 1995

Maddalena by Efrem RaimondiMaddalena, 2016

MONICA BELLUCCI by Efrem RaimondiMonica Bellucci, 1999

Laura by Efrem RaimondiLaura, 2013

Laura by Efrem raimondiLaura, 1998

MARIA TERESA by Efrem RaimondiMaria Teresa, 1999

GIORDANA by Efrem RaimondiGiordana, 1998

ALESSANDRA FERRI by Efrem RaimondiAlessandra Ferri, 1996

FOOTBALL PLAYER by Efrem RaimondiFootball player, 2000

Dana de Luca by Efrem RaimondiDana de Luca, 2016

Azzurra Muzzonigro by Efrem RaimondiAzzurra Muzzonigro, 2016

SILVANA ANNICHIARICO by Efrem RaimondiSilvana Annicchiarico, 2012

INNA ZOBOVA by Efrem RaimondiInna Zobova, 2005

Francesca Matisse by Efrem RaimondiFrancesca Matisse, 2015

Anastasiia by Efrem RaimondiAnastasiia, 2015

PIA by Efrem RaimondiPia, 2007

ADRIANA ZARRI by Efrem RaimondiAdriana Zarri, 1984

Valeria Bonalume by Efrem RaimondiValeria Bonalume, 2015

Madri & Figlie: Miri Elias Rettagliata e Simona Segre. 2002Miri Elias Rettagliata e Simona Segre. Madre e figlia, 2002 – non ricordo il nome del cane…

Annarita by Efrem RaimondiAnnarita, 1995

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

La donna… sì certo, la fotografo. Ed è al centro.
Un altro centro.

U P D A T E   febbraio 2018.

Cecilia Fabiani by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedCecilia Fabiani, 1990

CAROLINA KOSTNER by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedCarolina Kostner, 2006

Franca Sozzani by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedFranca Sozzani, 2016

FRANCESCA PICCININI by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedFrancesca Piccinini, 2011

Noemi Batki by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedNoemi Batki, 2017

BODY NUNBER 1 © Efrem Raimondi - All Rights ReservedBody Number 1, 2004

Maria Cabrera by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedMaria Cabrera, 1988 – Dolce&Gabbana

Laura by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedLaura, Cap Ferrat 2004

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

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leggero

 

Leggero…
Si può fotografare una fanciulla di diciassette anni?
Anche se sei punk? – voce fuori campo.
No. Se sei punk solo brandelli di vita sderenata.
Oh! Sai quando hai l’impressione di essere inattuale…
Lo sai?
Ma quale impressione, è proprio così.

Solo che me la godo tutta questa divergenza.
E la ribadisco ogni volta.
Ma non c’è ostinazione, nessun artificio: non so fare che sempre la stessa fotografia.
Anche quando è mossa. Sempre la stessa.
Stai invecchiando: l’hai già detto – voce fuori campo.
A me tutte ‘ste voci fuori campo…

Ma se ho ancora tre anni!
Fa’ una roba: pensa al trend e lasciami crescere.
Che la strada è infinita.

 Maddalena by Efrem Raimondi

Maddalena by Efrem Raimondi

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Maddalena… mossa: assolutamente diciassette anni.
Milano, maggio 2016.

Make Up, Laura Stucchi
Tubino ”vecchio Armani di mamma”.

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Notte

 

Efrem Raimondi Polaroid 1998

 

La notte è un luogo.
Non un tempo…
Uno spazio nero céliniano che spazza via tutta ‘sta massa di orpelli e fastidi diurni: ‘st’accozzaglia accumulata nei secoli e che ogni mattina si ripresenta puntuale… il fatto che qualcuno riesca a sublimarla, finendo anche per essere appeso in un museo, non lenisce lo strazio di chi appeso non ci finisce.
Après.

La notte costringe a una scala visiva diversa. Ed è una manna se fai fotografia.
Perché pulisce, sottrae.
E il suo buio avvolge anche te.
Ma per quanto possa essere pesto il buio nel quale ti trovi, c’è sempre una luce da qualche parte. E la vedi distintamente.
Così un cerino diventa Sole.
Ci si misura con un altro ordine, quello dettato dalla sproporzione tra ciò che vedi e ciò che vorresti vedere. Ma la notte ti nega.
E ne devi prendere atto: è inutile andare a rovistare nei cespugli o dietro gli angoli dei marciapiedi nel tentativo ultimo di strappare alla notte una vista che non vuole darti.
Ciò che non vedi è soggetto al pari di ciò che vedi!
Perciò ficca entrambi nel tuo rettangolo.

Alla pellicola è subito chiaro. Perché è un supporto tendenzialmente neutro che non ha alcun mandato se non quello di coaudiuvare le intenzioni di chi la maneggia.
Entro il limite chimico, e fisico, della condizione che deve registrare.
Non ha alcuno scopo messianico e non intende salvarti dalle tenebre nelle quali ti trovi.
Anzi ti implora di assecondarle. Se no dà un immediato forfait.
E tu, rimani muto.
Il digitale invece no. E ha un ego che, diciamolo, ci guarda – proprio noi – con profondo disprezzo.
Il suo mandato è congenito: dimostrarci che ci vede meglio.
E non perde occasione per sottolinearlo.
Dobbiamo rimetterlo al suo posto! Cioè quello di mero supporto.
Altrimenti, se è nella notte che pirliamo, lui tenderà a pirlare per fatti propri. A rovistare tra cespugli e angoli di marciapiedi al solo scopo di dimostrarci per l’ennesima volta che lui può arrivare ovunque.
Perché è inutile: di cosa sia la percezione, se ne fotte.
Non è una colpa, è la sua natura. Mentre la colpa, e grave, è nostra se lo lasciamo fare.
Ma noi abbiamo una percezione? O ci appiattiamo al dettato del registratore di turno?

Più la notte è avvolgente, più la luce che trovi è squarciante.
Se non la trovi, portacela tu.
Fossero anche i fari della tua auto.
Che la trovi o che la porti, la luce è soggetto più che in qualsiasi altra condizione.
Più miri la luce che c’è, più è notte.
Io me ne occupo fin dove arriva. Non un millimetro oltre.
E da lì espongo senza tentennamenti dritto in faccia.
Qualsiasi faccia la luce abbia, è solo attraverso la sua esposizione che puoi restituire la notte che stai attraversando.
E non c’è alcuna delega, alcun automatismo che possa restituire la tua percezione.
Una questione di simbiosi…
La notte ha i tuoi occhi. Chiudili.

© Efrem Raimondi. All rights reserved

Efrem Raimondi - Polaroid 1998

From the series Appunti per un viaggio che non ricordo, Polaroid 1998. Available light.

Efrem Raimondi - Polaroid 1998

From the series Appunti per un viaggio che non ricordo, Polaroid 1998. Available light

Efrem Raimondi - Work, 2014

From the series Landscape2014. Full frame digital camera. Flash light

Efrem Raimondi - Work, 2013

From the series Landscape2013. Full frame digital camera. Flash light

VASCO ROSSI by Efrem Raimondi

Vasco Rossi, 2009. V-ide Eyewear adv. Medium format digital camera. Flash light
From the book TABULARASA, Mondadori 2012

Efrem Raimondi for INTERNI magazine

Rossella Rasulo, 2014. INTERNI magazine. Full frame digital camera. Flash light

Baustelle by Efrem Raimondi

Baustelle, 2010. Gioia magazine. Compact digital camera. Flash + available light

Efrem Raimondi for Playboy magazine

Laura Maggi, 2012. Playboy magazine. Medium format digital camera. Flash + available light

Efrem Raimondi iPhone Photography.

From the series InstaRanda, 2015. iPhone 4s. Available light

Efrem Raimondi iPhonephotography.

From the series InstaRanda, 2014. iPhone 4s. Available light

Efrem Raimondi iPhone Photography. 2013

From the series InstaRanda, 2013. iPhone 4s. Available light

Efrem Raimondi iPhone Photography.

From the series InstaRanda, 2015. iPhone 4s. Car lights

Efrem Raimondi-Work, 2015

From the series Landscape2015. Full frame digital camera. Available light

Efrem Raimondi iPhonephotography.

From the series InstaRanda, 2015. iPhone 4s. Available light

Efrem Raimondi iPhone Photography.

From the series InstaRanda, 2014. iPhone 4s. Available light

Efrem Raimondi- Work, 2015

From the series Landscape2015. Full frame digital camera. Available light

Randa Nero by Efrem Raimondi

From the series Gattini, 2002. 35 mm color negative film. Flash light

© Efrem Raimondi. All rights reserved

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Luce ambiente – Una pura formalità, 3

Vanessa Beecroft by Efrem Raimondi

La luce ambiente è quella che trovi, non la porti da casa…
Ci sono due modi per affrontarla: o usarla, che quasi non la noti o restituirla come fosse il soggetto, e allora la puoi toccare.
E sono due percorsi diversi.
Ambiente: che non è detto coincida con quella naturale.
Ambiente: inclusa l’incandescente giallognola bandita qualche anno fa. Però io ne ho una scorta, tutta in memoria.
Ambiente: quella dei lampioni di notte… quella del sole filtrata dalla finestra e schiantata s’una parete blu. Rossa. Bianca…
Ambiente: quella fredda del mattino. Calda la sera.
Ambiente: quella che la nebbia ti rimbalza in faccia e anche tu chissà dove sei.
Naturale: per definizione quella del giorno. Rigorosamente tarata a 5.500 gradi Kelvin, rigorosamente a mezzogiorno, rigorosamente col sole.
E se piove? E se nevica? E con la luna?
È solo una convenzione, mettiamola così: Naturale è la luce prodotta dal giorno che c’è, in assenza di qualsiasi luce artificiale, messa emotivamente in relazione con l’esterno qualsiasi esso sia.
Ambiente è la luce che determina, marca lo spazio nel quale ci troviamo, sia esso interno o esterno. E riguarda anche la notte che c’è, anche se addobbata a Natale.
Me ne frego delle convenzioni, e così per comodità etichetto tutto come luce ambiente. Cioè tutta la luce che non importiamo artificiosamente. Fosse anche una pila. Tantomeno la luce flash.
Perché poi, Naturale definisce un punto tecnico, mentre Ambiente una realtà promiscua.
E perciò più corrispondente alla condizione fotografica.

La prima luce con la quale ci siamo misurati tutti.
Perché subito riconoscibile; perché comoda; perché non impegna.
Perché non ci si pensa.
Perché non si vede.
Perché non disponiamo di un’alternativa.
Ne siamo in balìa…
Semplicemente non la guardiamo in faccia e le rifiutiamo un’identità.
La trattiamo un tanto al chilo: più è meglio è. Sbagliato.
Poi ti fermi e ti metti a guardarla. Così ti accorgi che una dialettica è possiibile e modulandola, la luce ti asseconda. Una generosità inaspettata.
Tutto ciò in ripresa, non dopo: dopo quando?
La fotografia è adesso, dopo è un altro tempo nel quale barare per dare forma a delle fotografie che fotografia magari non sono.
Adesso è il tempo che ci riguarda.
Per cui in primis, guardare la luce. Che in fotografia è il mezzo dominante. E determinante.
Diffusa e morbida, direzionata e contrastata, in ombra portata o scoperta. E il colore? E il bianco e nero?
Sono tutte domande che non hanno una rispota. Ne hanno varie.

Esiste una luce K, che è il coefficiente teorico della perfetta esposizione: quella esatta per impressionare il supporto che ti pare.
Ancora una quantità… viviamo in un mondo quantitativo. Non mi piace.
Qui però non possiamo fregarcene, ma solo polemizzando con l’idea di perfezione otteniamo l’esposizione che ci riguarda.
La luce ambiente si manifesta. E noi ne vediamo un’altra: quella che ci appartiene.
Questa è la nostra fotografia.
Vale per tutto, mica è una questione di genere.
E vale soprattutto per il ritratto.
Dove modulare la luce ambiente determina la cifra primaria.
Che se fosse un controluce? Un mosso piuttosto che un blocco di granito?
La luce che ci è data è una. La sua lettura ne determina altre.
E restituisce una gamma di volti e anche di espressioni.
La luce che ci è data è sempre una… che l’occhio registra come una soluzione, mentre fotograficamente è un composto. Spalmata in uno spazio più ampio di quello che il nostro occhio percepisce col suo angolo di campo di circa 50 – 60°, e che per convenzione ottica viene approssimato al cosiddetto obiettivo normale, cioè il 50  “Leica”, che in realtà è un filo più stretto.
Come se non bastasse, l’occhio rileva molte più informazioni al centro del campo visivo… E la periferia, che fine fa?
È semplicissimo: se usiamo un grandangolo abbiamo più luce ambiente di quanta ne avremmo con un tele.
E si può pensare che non influisca sul nostro ritratto?

Le immagini che pubblico sono solo esemplificative dell’uso che faccio della luce ambiente. L’unico artificio che mi concedo, quando ritengo, è un Lastolite circolare riflesso in bianco.
Tutto qui.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Adriana Zarri by Efrem Raimondi

Adriana Zarri, 1984. PM mag. Color Slide 35 mm

Subsonica by Efrem RaimondiSubsonica, 2005. Lo Specchio della Stampa mag. Negativo 35 mm

Valentino Rossi by Efrem RaimondiValentino Rossi, 2001. GQ mag. Negativo 4,5/6

Francesco Bonami by Efrem RaimondiFrancesco Bonami, 2002. Gentleman mag. Negativo 35 mm

Pia Tuccitto by Efrem RaimondiPia, 2007. Album Cover Urlo. Negativo 6/7

Vanessa Beecroft by Efrem Raimondi

Vanessa Beecroft, 2011. Work. Digitale medio formato.

Giorgio Armani by Efrem Raimondi

Giorgio Armani, 2001. NOVA mag. Polaroid 600 BW con Polaroid 690 slr camera

Claude, my brother by Efrem RaimondiClaude – my brother, 1997. Work. Polaroid 600 BW con Polaroid SX-70 camera

Laure by Efrem RaimondiLaure, 1998. Work. Polaroid 600 BW con Polaroid SX-70 camera

Laura and Me by Efrem Raimondi

Laura and Me, 1997. Work. Polaroid 600 con Polaroid 690 slr camera

Annarita and Me by Efrem RaimondiAnnarita and Me, 2013 Work. iPhone Photography

Giorgio Faletti by Efrem RaimondiGiorgio Faletti, 2004. Baldini Castoldi Dalai editore. Negativo 4,5/6

Gillo Dorfles by Efrem RaimondiGillo Dorfles il giorno del suo 104° compleanno, 2014. INTERNI mag. Digitale full frame

Giovanni Bussei by Efrem Raimondi

Giovanni Bussei, 2000. GQ mag. Negativo 4,5/6

Vasco Rossi by Efrem Raimondi

Vasco Rossi, 2000. Campagna stampa Stupido Hotel album. Negativo 4,5/6

Tom Dixon by Efrem Raimondi

Tom Dixon, 2013. INTERNI mag. iPhone Photography

Giovanni Levanti by Efrem Raimondi

Giovanni Levanti, 2014. Istituzionale. Digitale medio formato

Laura Maggi by Efrem Raimondi

Laura Maggi, 2012. Playboy mag. Digitale medio formato

Sconosciuta by Efrem Raimondi

Sconosciuta, 2014. Work. iPhone Photography

Silvana Annichiarico by Efrem Raimondi

Silvana Annicchiarico, 2012. Ladies mag. Digitale medio formato

David Chipperfield by Efrem Raimondi

David Chipperfield, 2014. Grazia Casa mag. Digitale full frame

Laura by Efrem Raimondi

Laura, 2013. Work. iPhone Photography

Annarita by Efrem Raimondi

Annarita, 1995. Work. Polaroid 55. Banco ottico

Cat Power by Efrem Raimondi

Cat Power, 2012. Rolling Stone mag. Digitale medio formato

Zinedine Zidane by Efrem Raimondi

Zinedine Zidane, 2000. GQ mag. Negativo 4,5/6

Boys by Efrem Raimondi

Terremoto Irpinia, 1980. Reportage. Color slide 35 mm

Fuorisalone by Efrem Raimondi

Fuorisalone, 2013. INTERNI mag. iPhone Photography

Fuorisalone by Efrem Raimondi

Fuorisalone, 2013. INTERNI mag. iPhone Photography.

Luce ambiente by Efrem Raimondi

Luce ambiente, 2014. Work. Digitale full Frame

©Efrem Raimondi – All Rights Reserved

#stop1here

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Una luce una camera


L’ultima volta che ho fotografato della biancheria da letto è stato vent’anni fa o giù di lì.
Me ne sono ricordato quando mi ha telefonato Carolina Trabattoni, stylist di Grazia Casa chiedendomi se poteva essere nelle mie corde.
Tutto è nelle mie corde… sono un fotografo, e qualsiasi cosa, persone incluse, è un ottimo pretesto per elaborare il mio rapporto con il visibile. Se invisibile meglio.
Ma poi era interessante il soggetto: una camera d’albergo e un letto senza testata, nel senso che ciò che si spaccia come tale è in realtà un trompe l’œil.
E poi l’assenza umana…
E una sola presenza. La luce. Che tutto può cambiare.

Efrem Raimondi per Grazia CasaEfrem Raimondi per Grazia Casa

Vero, sono essenzialmente un ritrattista.
Essenzialmente…
Ma cosa ci impedisce di fotografare altro?
E poi per me tutto è ritratto, al di là dei generi imposti.
Perché lo sguardo non è limitabile e la fotografia è tutto, le fotografie solo un pretesto.
Mi vengono in mente le parole di Ghirri: …mi sembrava assurdo che un fotografo potesse fare solo fotoreportage e non riuscisse a fotografare una cattedrale o l’interno di una casa, o elaborare un rapporto minimamente più approfondito con il visibile…
L’ho sempre pensata esattamente così.
La riduzione a genere è solo la semplificazione per gli addetti ai lavori al fine di capirci qualcosa, visto che non fotografano.

Oltre alle due doppie pagine, pubblico anche le immagini originali: semplicemente perché mi fa piacere farlo.

Efrem Raimondi per Grazia Casa

Efrem Raimondi per Grazia CasaEfrem Raimondi per Grazia CasaEfrem Raimondi per Grazia Casa

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Questo lavoro è stato realizzato negli ambienti di Secondo Pensiero, B&B di grande charme, in corso Magenta a Milano: un giorno ci torno a fargli un ritratto.

Stylist: Carolina Trabattoni.
Assistente fotografia: Nicole Marnati.
Fotocamera,  Hasselblad H3D II-39 con 50/3,5
Flash, Profoto.

La testata è uno sticker trompe l’œil di Christophe Koziel, galleria Rossana Orlandi.
Biancheria e oggetti: Fazzini, Alessandro di Marco, Rossana Orlandi, Haik di Emilio Nanni per Laboratorio Pesaro, Zucchi Collection of Antique Handblocks, Pratesi, Flute di Roberto Barbieri per Poliform, I Ricchi Poveri Toto di Ingo Maurer, Frette, La Fabbrica del Lino, Cheese di Paola Navone per Poliform, Juliette di Carlo Colombo per Penta, Roberta Licini per Colé Gallery, Gabel, IC Lights T di Michael Anastassiades per Flos.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

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Una pura formalità – Obiettivi e ritratto

EMANUELE FILIBERTO DI SAVOIA


Una pura formalità…
Non l’ho mai fatto.
E in fondo non mi piace neanche parlarne.
Di tecnica fotografica…
Ma di fregnacce se ne sentono, e se ne leggono tante.
Anche troppe. Soprattutto in epoca di didattica diffusa. O sfusa.
Che purtroppo si traducono in fatti concreti, cioè in fotografie… meglio usare il plurale, che il singolare, fotografia, appartiene a un altro genere.
E questo danneggia fortemente la salute: meno quella oculare e più, molto di più, il binomio cranio – fegato.
Che se almeno rimanessero parole a vanvera, come d’abitudine, potremmo scartarle con grande facilità vista la scarsa propensione alla lettura che, ci dicono i dati, abbiamo.

La tecnica non è il motivo principale di nessuna fotografia, e anzi non è neanche un motivo.
Ma per quanto fastidiosa, è ineludibile. Chi dice il contrario bluffa.
E più la si possiede, più è dimenticabile.
Si usa e basta. E non si è usati…
Karl Marx sosteneva che chi conosce più parole ha più potere.
E non è necessario essere dei seguaci del Materialismo Dialettico per capire che è prorpio così.
La tecnica è semplicemente uno strumento di precisione, quello che ti permette di esprimere chiaramente ciò che intendi dire.
E quando davvero lo dici, e fortemente lo ribadisci, non la si nota neanche.
La fotocamera analogica più complessa da usare è la usa e gettadisposable camera.
In digitale l’iPhone o qualsiasi altro smartphone.
Questo proprio perché l’apparato tecnico è di proprietà del mezzo.
La fotocamera più semplice, per entrambe le sponde, è il banco ottico. Proprio perché si limita a fare il suo lavoro, cioè essere uno strumento ottico che disciplina la luce.
Come, dipende totalmente da noi.
In generale, più un’immagine ci appartiene e la ribadiamo, meno notiamo intrusioni meramente riconducibili allo strumento.

Recentemente ho sentito da qualche parte, non ricordo dove, che mai come oggi la fotografia è florida. Credo che mai come oggi sia emulativa e strumentale. Profondamente taggata dal mezzo.
Il ritratto sembra essere l’ambito più esposto, forse perché il più popolare.
Il più consumato, masticato e vomitato.
O forse solo perché il modo più semplice di riproduzione della specie, senza l’obbligo della distinta femminile.
Ed è proprio sul ritratto che entro nel merito di una specifica, una sola: l’ottica. Perché è da qui che si parte. Ed è una cifra predeterminante.
A riguardo se ne leggono di tutti i colori… random una manciata di cliché a scelta.
Non sono un didatta, non ne ho la patente. Ma pratico. Siccome, e me ne stupisco, succede che mi venga chiesto, lo metto per iscritto.
Che è essenzialmente un modo per evitare di ripetermi, e qualora ricapitasse ho un link da spendere. Comodo comodo.
Sottolineando che non è una verità. In fotografia non ce ne sono, esiste solo il relativismo. Che però a maggior ragione non è confondibile col fatto che qualunque cosa abbia diritto di cittadinanza: tutto si misura sempre con la fotografia che si ha davanti. E non sostituibile da alcuna parola, da nessuna descrizione: linguaggio autonomo.

Quando parlo di ottiche mi riferisco esclusivamente alla lunghezza focale.
Ognuno faccia come gli pare, io faccio così: due sole obiettivi a disposizione, un normale e un grandangolo medio. Più, a corredo, un set di tubi di prolunga, che uso applicato al normale.
Questo lo standard, indipendentemente dal formato. E con questo set economico si va dappertutto. Si ritrae chiunque.
Il cosiddetto normale è quello che fa più o meno coincidere se stesso con la diagonale del formato. Restituendo un’immagine molto simile a quella che i nostri occhi percepiscono.
Il fatto che spesso in epoca analogica, quindi prima del boom degli zoom, fosse di default montato sulla fotocamera primo acquisto, praticamente sempre una reflex 35 mm, ha fatto sì che il 50 venisse snobbato. Perché considerato economico, sinonimo di scadente.
E anche adesso, nel pieno del testosterone digitale, soffre di questa memoria.
All’inizio anch’io, uguale: con le mie due 35 mm usavo di tutto meno il 50.
Ma è l’obiettivo più duttile che esista: una meraviglia.
E a farmelo scoprire è stato il banco ottico. Nel formato 10/12 col 180 mm, mentre col 20/25, di rado e solo in studio, il 360 mm. Quindi in realtà in entrambi i casi leggermente più lunghi delle reciproche diagonali.  Come del resto lo è il 50 per il full frame.
Dall’uso pressoché esclusivo del banco nel decennio 1986 – ’96 ho mutuato la necessità, vitale, del tubo di prolunga per gli altri formati.
Il mio modo per avvicinarmi…
Per me estremamente utile e accondiscendente nello ”sfondare” i piani mantenendo volume. Cosa non altrettanto vera per i teleobiettivi, non nella stessa misura. Che mi danno l’impressione di appiattire troppo. Come di schiacciare.
E poi a me piace il contatto quando fotografo. E un tele, anche se medio, allontana.
Quanto al grandangolo giro intorno all’equivalente di un 28/30 mm, in subordine al formato.
E qui conta molto la distanza dal soggetto. Ma se usato con attenzione non c’è deformazione, solo una leggera spinta: lo trovo un obiettivo dinamico, tanto che spesso col medio formato digitale lo preferisco al normale.
Piuttosto, non so perché ma trovo ostile, o quantomeno ostico il piccolo formato – full frame – nel dialogo col ritratto. Soprattutto se verticale. E infatti appena posso mi rifugio nell’orizzontale, che mi sembra alleggerirne la compressione.
Tutto ciò detto è indubbiamente una faccenda mia, una nota tecnica poco significativa. Certamente indegna per qualsiasi forum o consesso fotografico.
Se però a qualcuno può interessare, adesso è a disposizione.
Così come il Rodenstock Sironar-N 360/6,8 di cui ho parlato prima: lo vendo.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Alice von PlatenNOEL GALLAGHER (OASIS)RENATO DULBECCOFERNANDA PIVANOCAT POWERMASSIMO D'ALEMAJOVANOTTIVALENTINO ROSSINICKY HAYDENFRANCESCA PICCININIFIORELLORON ARADALESSANDRO ZANARDIALESSANDRO ZANARDI

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Nell’ordine:
Emanuele Filiberto di Savoia, 2007 – Men’s Health mag
SMC Pentax 75/Pentax 645N

Alice von Platen, 1998 – Primo Piano mag
SMC Pentax 105 + extension/Pentax 67

Noel Gallagher, 2005 – Sport Week mag
SMC Pentax 75/Pentax 645N

Renato Dulbecco, 1997 – Capital mag
SMC Pentax 105 + extension/Pentax 67

Fernanda Pivano, 2005 – Personal work
SMC Pentax 55/Pentax 67

Cat Power, 2012 – Rolling Stone mag
Hasselblad 50/Hasselblad H3DII

Massimo D’Alema, 1996 – Capital mag
Rodenstock 180/Toyo 45G

Jovanotti, 1999 – GQ mag
Rodenstock 180/Toyo 45G

Valentino Rossi, 2001 – GQ mag
SMC Pentax 55 /Pentax 645N

Nicky Hayden, 2006 – Men’s Health mag
SMC Pentax 75/Pentax 645N

Francesca Piccinini, 2011 – Playboy mag
Hasselblad 50/Hasselblad H3DII

Fiorello, 2000 – GQ mag
SMC Pentax 105/Pentax 67

Ron Arad, 1989 – Stern mag
Rodenstock 90/Toyo 45G

Alessandro Zanardi, 2007 – Men’s Health mag
Hasselblad 80/Hasselblad H3DII
Hasselblad 50/Hasselblad H3DII

Normale

Sottrarre.
Senza sottrarsi…
Ridurre al minimo essenziale.
Quasi azzerare…
Via tutto e punto e a capo.
Di solito significa voltare pagina.
Adesso significa sottolineare ulteriormente la divergenza.
Non è che si può fare: si deve fare!
Di recente un collega, un amico soprattutto, mi ha detto: Il mare è mosso, è molto mosso.
Qui ci si bagna tutti, ho aggiunto.
Anche quelli con l’impermeabile.
Chi non lo capisce è un idiota.
Ci vorrebbe un sottomarino giallo.
E allora? E allora non c’è bisogno di niente… un qualsiasi aggeggio in grado di assolvere il tempo della ripresa e la risposta alla solita domanda: che ci faccio qui?
Poi serve un megafono. Che è sempre in mano altrui.
Quindi occorre trovare le mani che ci convincono.
E che in genere non sono arrossate dagli applausi.
La sponda qui me l’ha offerta Giovanna Calvenzi, impegnata a disegnare Credere, un nuovo magazine delle Edizioni San Paolo, gli stessi di Famiglia Cristiana con la quale non avevo mai lavorato.
Destino, Basilica di Sant’Antonio da Padova.
Soggetto, i pellegrini che vanno lì in visita.
Giusto un anno fa. In una splendida giornata di sole.
Sono come delle foto ricordo. Quelle che chiunque farebbe.
Quelle che vent’anni fa non avrei mai fatto.
Perché non ero capace.
Perché ci vuole leggerezza. E un’umiltà armata.
Che non so se possiedo, ma che certamente allora non possedevo.
Le avevo previste in iPhone. Poi ho cambiato idea.
Perché se sei a Milano o a New York fa figo. Se sei dove mi trovavo sei solo uno sfigato spocchioso.
Non c’entra il risultato e il controllo, per questo andava bene anche uno smartphone. C’entra il fatto che le persone che mi apprestavo a ritrarre e che dovevamo convincere, Alberto Loggia giornalista e io fotografo, dovevano immediatamente capire che si faceva sul serio.
E in questi casi la forma conta più che altrove.
In questi casi la forma conforta.
Mica ero sul set con Jessica Rabbit… ma per strada. Di fronte, delle persone con una storia reale, simile a quella di altri milioni. Magari non facile.
Questa forse! chiamiamola Street Photography
Per cui Hasselblad.
Se fossi stato in pellicola avrei usato il banco ottico.
Non credo servano spiegazioni… è stato anche un gesto di rispetto.
Tra di noi possiamo raccontarcela come vogliamo. Fuori no.
E già che c’ero ho pensato al verticale, che non amo particolarmente ma che qui è stato utile per accentuare l’istantaneità statica del souvenir, secondo schemi ben consolidati e chi se ne frega se desueti.
Anzi meglio.
Cosa c’è di diverso rispetto al ritratto di una star? Una qualsiasi…
Nulla! Salvo il fatto che lì la star non c’era a fare il pellegrino.
Per cui, in verità, tutto!
E quando scattavo non si accendeva lo SPECIAL.
Non c’è alcun riflesso concettuale, non si pensi: le cose stanno per come si vedono. Così sembra… in realtà, come sempre, le cose stanno per come voglio che stiano.
Per come ognuno, armato di poco o fino ai denti, vuole che siano.
Responsabilità piena quindi.
Il rapporto tra l’intenzione e il risultato, il prodotto fotografico, è ciò che distingue un percorso dalla semplice estemporaneità.
Figura intera. Più un paio di piani ravvicinati. Stop.
Tutto molto normale e semplice.
Ah! E c’è anche Photoshop.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Ringrazio tutte le persone che ho ritratto, per la cortesia e la disponibilità.
E ringrazio anche Alberto Loggia per la collaborazione, importante al fine di realizzare queste immagini.

Do you like fiorellini?

Ciclamini by © Efrem Raimondi - All Rights Reserved
Fiori
.
Si fa in fretta a dire fiori…
E allora io faccio ancora più in fretta: taglio tutto e mi fermo oltre. Appena oltre.
Recisi…
Cadaveri presentabili grazie a un po’ d’acqua e ghiaccio… alchimie del fiorista.
Come stare in un obitorio.
Una stanza prima, diciamo. Perché respirano ancora.
Moribondi allora.
Si fa in fretta a regalarli.
E pensare che erano i padroni del mondo: il primo respiro intorno a 200 milioni di anni fa. Milione più milione meno.
Non c’era ancora manco un mammifero. Manco un bel niente.
E l’ossigeno l’hanno inventato loro.
Appena prima le piante, vero… comunque è ai vegetali che dobbiamo tutto.
Figli dei fiori… anche senza treccine e una raffica di cioè a disposizione di eloquio.

Si fa in fretta allora a fotografarli, come un album di famiglia.
Ma se ci piacciono tanto, perché li ammazziamo?
A fine anni ’80 ho cominciato a chiedermelo.
Guardando i fiori di Robert Mapplethorpe: bellissimi… apoteosi estetica.
La scelleratezza dei vent’anni non guarda in faccia a nessuno.
Ho preso il mio banco ottico e ho detto ”Faccio anch’io!”
Solo che era molto diverso il fiore che io avevo davanti rispetto a quello di Mapplethorpe.
Cioè, i suoi come dopo il make up delle pompe funebri americane. Come nei film.
Questo è ciò che ho percepito un giorno preciso alla Milano Libri, in via Verdi 2.
Mio luogo di pellegrinaggio in un certo periodo.

Erano due ore e almeno la terza volta che sfogliavo i suoi fiori a piena pagina.
Stampati da Dio.
E ho avuto ribrezzo.
Si può dire?
Io guardavo i miei. E sembravano urlare.
Io guardavo i miei. E mi ricordavano le Danze macabre del Baschenis.
Se guardavo solo i suoi non avrei mai fatto niente.
Il problema era quindi ancor prima di fotografarli.
E infatti non ho mai pensato fossero degli still life.
Ma dei ritratti. A della gente messa piuttosto male.
In alcuni casi malgrado le apparenze, in altri incluse.
Li ho ritratti fino a metà ’90, poco più.
Lo facevo saltuariamente, quando capitava e avevo una buona riserva di energia.
Ed ero completamente solo. Poi ho smesso.
Fino a gennaio 2012. Erano lì, omaggio di una ospite.
Erano lì in un vaso.
Li ho raccolti, sono andato a fare una passeggiata sul Ticino e li ho lanciati in acqua.
Prima però li ho ritratti.
E ieri ho fatto lo stesso con degli Iris.
Mi costa abbastanza a queste condizioni.
Ma mi è chiaro che me ne fotto.
Eccolo qua il vero senso della fotografia: al netto di tutto, me ne fotto.
E procedo.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

 

Iris, by © Efrem Raimondi - All Rights Reserved

Ciclamini, by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedTulipano Nero by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedCiclamini © Efrem Raimondi. All rights reserved.Tulipani © Efrem Raimondi. All rights reserved.Tulipani © Efrem Raimondi. All rights reserved.Giglio rosso © Efrem Raimondi. All rights reserved.

Vaso di fiori alla finestra © Efrem Raimondi. All rights reserved.Gigli bianchi © Efrem Raimondi. All rights reserved.Vaso di fiori © Efrem Raimondi. All rights reserved. © Efrem Raimondi. All rights reserved.

Queste immagini sono state realizzate tra marzo 1992 e oggi.

Fotocamere: Toyo 45G con Rodenstock 180 mm, Hasselblad H3D II-39 con 80 mm, iPhone 4S.
Film: Polaroid 55, Agfapan 100, Ektachrome EPN 7058 svl. in C41.

Tulipano nero, no fotocamera: solo film + accendino Bic.
In una camera oscura che più scura non si può.

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TAM TAM SCUOLA ESTREMA

Innanzitutto cos’è TAM TAM school: una scuola estrema!
Talmente estrema che sarei tentato di chiamarla SQUOLA.

È gratis. Ma non gratuita. Perché richiede impegno.
Diretta da Alessandro Guerriero nasce da una idea sua, di Alessandro Mendini e di Riccardo Dalisi.
La sede è ospitata a Milano da NABA.
Un tour qui chiarisce meglio di quanto possa fare io adesso:
http://tamtamtamblog.wordpress.com/
Per quello che mi riguarda TAM TAM  è LUCE – SCRIVENTE…
Che si traduce in un corso il cui tema è il ritratto. In fotografia. Non entro nello specifico tecnico… un po’ prematuro adesso. Ma avremo modo.
Il senso di questo percorso è da ricercarsi nella difficoltà che si ha nell’approcciarsi al ritratto. E che a volte coincide con una difficoltà dialettica, mica solo con l’altro ma anche con sé stessi. Al di là della memoria che abbiamo di noi, che spesso è statica, incapace di dialogare persino con lo specchio che fronteggiamo, esiste un intero altro mondo. Che non è estraneo e col quale non solo è necessario  ma assolutamente auspicabile dialogare.
Nel 1990 in occasione della mia personale Ritratti presso la Galleria Il Diaframma, Milano via Brera, cominciai a considerare il ritratto come autoritratto. Cioè come in realtà la riflessione, la propria, rispetto al soggetto che si aveva davanti fosse in realtà più determinante del soggetto stesso al fine dell’immagine restituita.
E quanto fosse tutto sommato deviante il postulato che vede il “buon ritratto” come l’essenza di chissà quale anima.
Non è così. Almeno per me. Che se un’amima c’è e determina è quella dell’autore.
Così come concetti consolidati, come la fotogenia, o la naturalezza, fossero in realtà vuoti dal punto di vista fotografico. Ma certamente più affini all’aspetto mediatico.
Su questi temi da allora ne ho scritto e soprattutto parlato alla nausea. A Savignano sul Rubicone in occasione del Festival della Fotografia 2003, presentai un breve scritto dal titolo L’idiozia della fotogenia. Bigino da combattimento sulle convenzioni del ritratto.
Che suscitò qualche polemica.
Tutto ciò detto per definire l’ambiente nel quale si muove il mio percorso in TAM TAM.
E cioè quindi, se la proiezione di sé sul soggetto è determinante allora occorre sapere come modularla fotograficamente… in questo la cosa più lontana dai temi concettuali.
Il percorso didattico consiste in una parte di confronto teorico che sfocia nel pratico. Cioè farsi dei ritratti. Di propria mano quindi.
E in quasi assoluto isolamento. In una condizione neutra predeterminata comune a tutti i partecipanti.
La fotocamera sarà uno specchio muto nei confronti del quale rivolgere lo sguardo, il proprio. E solo a posteriori rivelerà l’avvenuto dialogo. Confermandolo o smentendolo.
In ultimo, questa è una delle due risposte didattiche che credo possibili e per le quali ci metto la faccia. In risposta, ancora, all’articolo di questo blog La trappola didattica:
http://blog.efremraimondi.it/?p=1477

Per potervi eventualmente partecipare occorre iscriversi:
http://tamtamtamblog.wordpress.com/modulo-discrizione/

Domenica 20 gennaio le selezioni presso la Triennale di Milano, dove occorrerà presentarsi con un proprio progetto e una motivazione.