Il Fotografo magazine – Cover

Il Fotografo - Efrem Raimondi


Il Fotografo
ha una nuova direzione. Quella di Denis Curti.
Quindi sarà una nuova rivista.
Bene: in bocca al lupo!
Sono molto affezionato a questo magazine, perché è stato il primo a pubblicare un mio lavoro. Un reportage sui portatori di handicap… secco dal taglio intimista.
Ne ho già parlato.
Nel corso del tempo l’ho perso di vista… come un po’ tutte le riviste di fotografia.
Mi riaffaccio. Trentadue anni dopo.

È stato lo stesso Denis Curti a chiedermi di selezionare alcune mie immagine di Vasco Rossi.
Eh… sembra facile. Non lo è. Anche perché TABULARASA, il libro fatto con Toni Thorimbert, è lì da vedere. E per una volta mi permetto anche di aggiungere che di roba ce n’è tanta.
Comunque, Denis Curti e io, insieme, ce l’abbiamo fatta. E tre sono inedite.
Approfitto della circostanza per dire due cose sulla fotografia che faccio con Vasco Rossi.
È una fotografia semplice. Molto semplice.
Non è una fotografia facile.
Non è per niente dissimile da quella che faccio abitualmente: perché dovrei alterare qualcosa? A parte il fatto che non ne sarei capace…
E questo è il primo punto, quello che ha segnato sin dall’inizio il nostro rapporto: per me il soggetto è l’immagine che si ha davanti.
Tutto il rettangolo, non solo dove c’è lui.
Anzi a volte quasi non c’è.
A volte ci si nasconde. Entrambi.
E più credi di vederlo bene, perché ce l’hai proprio davanti a occupare tutto il fotogramma, più si gioca altrove.
Sono le sfumature, i dettagli, a contare.
Le imperfezioni… le ombre… le distonie e anche qualche – raro – eccesso iconico: tutto ma proprio tutto finisce per convergere e trovare equilibrio.
Magari precario, ma chi se ne frega… noi lo congeliamo esattamente nell’istante che ci accomuna. E con ciò, è per sempre. O almeno per il tempo che ci riguarda. Che è già qualcosa.
Uso il plurale. Perché per farlo da quattordici anni, occorre sintonia.
Che non è una coincidenza piatta, ma un percorso realmente condiviso. Anche nella contraddizione.
Con lui ma anche coi suoi collaboratori più stretti, in primis Tania Sachs e Floriano Fini. Che sono stati sempre presenti a tutti i miei shooting.

Non ho mai ritratto nessuno dicendogli Fai quello che vuoi.
Né tantomeno lo direi a Vasco. Perché se ne andrebbe.
Chi è davanti all’obiettivo si aspetta che sia tu a dire qualcosa.
Anche le rockstar, anche le attrici, anche i designer.
Anche la mamma.
Poi si interagisce.
Nell’intervista di Denis Curti, Vasco dice Considerando che farmi fotografare m’innervosisce e mi indispone, è necessario che il fotografo riesca a coinvolgermi, sia molto sveglio, svelto e abbia le idee chiare.
Ecco… forse ciò che soprattutto mi riguarda è che si fa coinvolgere.
Altrimenti le fotografie sotto la doccia, quelle sì del 2004 – perché le due pubblicate di Castellaneta in realtà sono del 2014… un refuso, succede – non ci sarebbero state.
Quanto alle idee chiare, davvero a me si schiariscono strada facendo.
All’inizio mi guardo attorno e basta. Ma non c’è affanno.
L’affanno è inutile. Pericoloso e virale…
Qualcosa si troverà.
Perché non è tanto nello specifico di uno shooting e in una ideona triccheballacche che risiede la cifra di un lavoro.
Ma in una idea più ampia di fotografia e la sua modulabilità.
Questo vale per tutti. Non è una prerogativa ad personam.
E poi c’è il fatto che a me piace fotografare le persone complesse.
E Vasco lo è. Complesso, non complicato…
E questo è un agio.
Perché ci permette a volte di attaccarci a un dettaglio apparentemente marginale.
E invece lì c’è tutto.
Per esempio le due pubblicate, di Pieve di Cento anno 2013: Vasco era risorto rispetto a quando l’avevo visto un anno prima, che stava davvero male.
S’era lasciato tutto alle spalle.
E quando ho visto le frange di quella giacca nera mi è stato subito chiaro cosa fare.
Ho costruito una sequenza… in realtà a me bastava questo dittico.

Vasco Rossi by Efrem Raimondi

E avrei anche smesso di fotografare.
E avrei sbagliato. Perché un po’ dopo ho fatto quella del fondale e lui dietro.
Solo mani, cappello, stivali. Vasco anche così.
Per me almeno. E anche per lui credo.
Poi si tratta di verificare per chi altro…
Sono molto affezionato a questa immagine.
Fatta di niente.
Sempre recenti le due inedite di Castellaneta, settembre 2014. Cinque mesi fa.
Un Vasco così sdraiato e il primo piano della copertina.
Ognuno tragga le sue conclusioni.
Le mie sono che questa fotografia è sempre più divergente dal gusto di certi magazine. Che infatti non la usano.
Ma non è una colpa, semplicemente facciamo due cose diverse.
Io continuo a fare fotografia. Loro la evitano.
Sono fermi lì, Vasco Victim… Io no, io lo ritraggo.

© Efrem Raimondi. All rights reserved

Il Fotografo - Efrem Raimondi

Il Fotografo - Efrem RaimondiIl Fotografo - Efrem Raimondi

Il Fotografo - Efrem Raimondi

Adesso in edicola.
Un grazie speciale a Tania Sachs e a Floriano Fini, compagni di questo viaggio.

© Efrem Raimondi. All rights reserved

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Vasco, CAMBIA-MENTI

Questa cover è stata scattata il 22 maggio scorso.
Doveva essere l’aperitivo al lavoro poi fatto su fondo bianco.
Un po’ come una support band, che poi suona la star.
E infatti quelle sul bianco hanno per me un’altra densità.
E un’altra destinazione. Oltre a essere state in parte utilizzate per il video sotto.
Almeno immagino…
Perché, così mi dicono, le copertine degli album hanno criteri particolari.
Io non ho ancora capito quali.
Nel caso di Vasco Rossi poi, ho sempre pensato che la faccia, la sua riconoscibilità, non fosse per niente importante: basta il nome.
Questa volta però… questa volta però sì.
Perché è come risorto. E la faccia è al suo posto.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Di questo percorso, anzi, di quel 22 maggio ne ho parlato qui: http://blog.efremraimondi.it/?p=4052

Punto.

Ph. Dana de Luca

Adesso veramente s’è posto un punto.
TABULARASA viaggia per fatti propri. Tra le mani di chi vorrà.
Un’ultima carezza… e un invito a chi non ha ricordi legati ai 27 anni di questo racconto, e ancor più ai detrattori di Vasco Rossi che però hanno sensibilità iconografica: comunque la si rigiri la fotografia è la protagonista assoluta di questo libro. C’è chi la vede e chi no, magari per motivi opposti.
Giovanna Calvenzi, ieri alla presentazione, ne ha parlato con accento garbato. Ma con una chiarezza assoluta. Aggiungendo per sicurezza, e ho gradito molto (parlo per me), che Toni e io siamo due fotografi scomodi.
Splendida serata! C’era molta gente. Anche in piedi. Lì per questo libro di fotografia.

iPhone Photo Daria Longinotti

A parte due, che ringrazio, non ho visto photo editor… mi spiace.

Amici che non vedevo da secoli!  E recenti, anche mutuati da FB coi quali il salto virtuale s’è fatto. A entrambe le categorie il mio grazie.

Ringrazio Tania Sachs e Stefania Molteni, anche loro soggetti del libro e direttamente partecipi ieri sera.

A Vasco il mio abbraccio.

Infine, mica tanto a margine, con la scorrettezza che mi distingue ringrazio me e Toni, per l’entusiasmo che ci abbiamo messo.

Adesso a capo.

INTERVIEW