Fotografia e Design: che fare?

Fotografia e design: un percorso in quattro incontri che nasce da una chiacchierata con Claudia Ioan e Massimiliano Tuveri, alias Officine Creative Italiane.
In realtà era da un po’ che pensavo a un percorso didattico sulla fotografia di design.
Quella chiacchierata e ciò che ne è conseguito mi hanno fatto smettere di pensarci.
E infatti eccoci qui:
31 maggio/2 giugno – 14/16 giugno – 5/7 luglio – 12/14 luglio.
Perugia: tra gli spazi di Listone Giordano e la sede di Officine Creative Italiane.

TUTTE LE INFORMAZIONI info@officinecreativeitaliane.com

Un percorso che per quello che mi riguarda parte nel 1985.
Con un intento piuttosto chiaro già allora: superare il genere.
Non esiste cioè una fotografia DI design.
Come non esiste una fotografia DI ritratto, landscape, nudo, moda o altro.
O meglio, esistono certamente delle specificità ma il bivio è se rimanere nell’àlveo stretto della riproduzione, anche ottima e indubbiamente utile, o uscirne al fine di produrre fotografia in quanto tale.
In grado di relazionarsi direttamente, senza mediazione, sul piano iconografico.

Sono sorpreso da quanta inconsapevolezza ci sia del rapporto tra fotografia e design… Tolti gli addetti ai lavori che a vario titolo partecipano, non vedo né fila né portfolii sulla questione. Peccato.
Perché è un luogo dove il linguaggio è al centro, e se vuoi davvero misurarti sul piano creativo non è eludibile.
Come non è eludibile il piano della conoscenza di ciò che si affronta.
Questo vale per tutta la fotografia. Ma nella relazione col design il bluff è immediatamente evidente e il re nudo.

La rivelazione l’ho avuta sfogliando casualmente un numero di INTERNI magazine del settembre 1984 coi redazionali, in ordine di impaginato, di: Gabriele Basilico, Luigi Ghirri, Vincenzo Castella, Fabrizio Ferri, Mark Arbeit, Fulvio Ventura, Cuchi White, Davide Mosconi.
L’anno dopo ho cominciato a lavorare con INTERNI.
E sto proseguendo. Fanno 34 anni: la collaborazione più longeva che ho.
Ma davvero c’è ancora qualcuno che blatera di fotografia commerciale?
La destinazione d’uso è una cosa, il peso specifico dell’opera un altro: sai distinguere?
Questo è ciò che faremo.

© Efrem Raimondi for INTERNI magazine - All Rights ReservedINTERNI magazine – L’evoluzione dell’abitudine, redazionale – Aprile 2014.
Rossella Rasulo seduta su
Zippo, divanetto by PEDRALI.
Stylist Nadia Lionello.
Assistente fotografia Giulia Diegoli.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

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13 thoughts on “Fotografia e Design: che fare?

  1. Credo che il design abbia contribuito molto al superamento del genere, davanti alla perfezione di certi oggetti i generi non servono, la foto diventa ritratto, reportage, moda, linguaggio allo stato puro (antesignano Aldo Ballo), non è solo la foto di un oggetto, ma la storia di un pensiero, di una società, di una civiltà. Curioso notare come, anagraficamente, il design e la fotografia nascano contemporaneamente, e non si può non pensare che rappresentazione fotografica e concept progettuale debbano/possano viaggiare su binari paralleli (e penso a designer come Philippe Starck e industrie come Alessi, Flos, Artemide…..) progettando il prodotto in funzione delle sue possibilità di spettacolarizzazione, del modo in cui comunicarlo forse prima ancora di produrlo.
    Ricordando un tuo post passato e la tua amicizia con Achille Castiglioni.
    https://blog.efremraimondi.it/fotografia-e-design/

    • non sapevo di questo comune natale…
      sono d’accordo totalmente sul fatto che sia una relazione particolare. e credo che una serie di fattori abbiano spostato il piano della fotografia sul design. a partire dai fotografi e da un ambiente non solo ricettivo, ma proprio incoraggiante.
      per questo mi è incomprensibile la disattenzione dei giovani fotografi. e l’arrogante ignoranza di certo mondo editoriale e della curatela d’autore

      • Forse non è disattenzione, è paura della semplicità, della quale, sappiamo, nulla è più difficile.
        Fotografare un oggetto che non si muove, non interagisce, non chiede nulla, può sembrare troppo semplice, l’eccesso di tecnologia spinge ad un eccesso di informazione, ci viene detto troppo e a sproposito, la purezza del linguaggio si perde in una babele di messaggi superflui.
        E Duchamp è morto…….

        • non so dire vilma se sia proprio paura… la semplicità ha un legame stretto con la volontà reale di potersi esprimere. e questa prevede un impegno concretamente intellettuale e una disponibilità disciplinata ai mezzi. non è una stravaganza, ma proprio la struttura grammaticale. vallo a spiegare…
          poi magari da qualche parte duchamp risorge. magari anche un’unghia di tintoretto.

  2. ma stai parlando, caro Efrem, di Interni….Ma davvero c’è ancora qualcuno che blatera di fotografia commerciale?
    La destinazione d’uso è una cosa, il peso specifico dell’opera un altro: sai distinguere? ….
    rivista che potrebbe anche chiamarsi “Fotografia Italiana “, per la qualità dei contributi che pubblica, contenuti che se ben analizzati ti permettono di ” imparare” gli equilibri compositivi, i pesi della luce, delle masse, utili ad esempio anche per le foto di paesaggio

    • non solo INTERNI – che nasce nel 1954. quello che vorrei sottolineare è che pensare alla fotogra di genere è un errore catastrofico.
      se hai respiro, respira.

      • È propio vero, i nati nel 1954 sono particolari:-))
        Ma quanto è vera la tua considerazioni sui generi, gabbie pretestuose per limitare la creatività o la possibilità di ricercare contaminazioni e nuove vie

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