Sottrarre.
Senza sottrarsi…
Ridurre al minimo essenziale.
Quasi azzerare…
Via tutto e punto e a capo.
Di solito significa voltare pagina.
Adesso significa sottolineare ulteriormente la divergenza.
Non è che si può fare: si deve fare!
Di recente un collega, un amico soprattutto, mi ha detto: Il mare è mosso, è molto mosso.
Qui ci si bagna tutti, ho aggiunto.
Anche quelli con l’impermeabile.
Chi non lo capisce è un idiota.
Ci vorrebbe un sottomarino giallo.
E allora? E allora non c’è bisogno di niente… un qualsiasi aggeggio in grado di assolvere il tempo della ripresa e la risposta alla solita domanda: che ci faccio qui?
Poi serve un megafono. Che è sempre in mano altrui.
Quindi occorre trovare le mani che ci convincono.
E che in genere non sono arrossate dagli applausi.
La sponda qui me l’ha offerta Giovanna Calvenzi, impegnata a disegnare Credere, un nuovo magazine delle Edizioni San Paolo, gli stessi di Famiglia Cristiana con la quale non avevo mai lavorato.
Destino, Basilica di Sant’Antonio da Padova.
Soggetto, i pellegrini che vanno lì in visita.
Giusto un anno fa. In una splendida giornata di sole.
Sono come delle foto ricordo. Quelle che chiunque farebbe.
Quelle che vent’anni fa non avrei mai fatto.
Perché non ero capace.
Perché ci vuole leggerezza. E un’umiltà armata.
Che non so se possiedo, ma che certamente allora non possedevo.
Le avevo previste in iPhone. Poi ho cambiato idea.
Perché se sei a Milano o a New York fa figo. Se sei dove mi trovavo sei solo uno sfigato spocchioso.
Non c’entra il risultato e il controllo, per questo andava bene anche uno smartphone. C’entra il fatto che le persone che mi apprestavo a ritrarre e che dovevamo convincere, Alberto Loggia giornalista e io fotografo, dovevano immediatamente capire che si faceva sul serio.
E in questi casi la forma conta più che altrove.
In questi casi la forma conforta.
Mica ero sul set con Jessica Rabbit… ma per strada. Di fronte, delle persone con una storia reale, simile a quella di altri milioni. Magari non facile.
Questa forse! chiamiamola Street Photography…
Per cui Hasselblad.
Se fossi stato in pellicola avrei usato il banco ottico.
Non credo servano spiegazioni… è stato anche un gesto di rispetto.
Tra di noi possiamo raccontarcela come vogliamo. Fuori no.
E già che c’ero ho pensato al verticale, che non amo particolarmente ma che qui è stato utile per accentuare l’istantaneità statica del souvenir, secondo schemi ben consolidati e chi se ne frega se desueti.
Anzi meglio.
Cosa c’è di diverso rispetto al ritratto di una star? Una qualsiasi…
Nulla! Salvo il fatto che lì la star non c’era a fare il pellegrino.
Per cui, in verità, tutto!
E quando scattavo non si accendeva lo SPECIAL.
Non c’è alcun riflesso concettuale, non si pensi: le cose stanno per come si vedono. Così sembra… in realtà, come sempre, le cose stanno per come voglio che stiano.
Per come ognuno, armato di poco o fino ai denti, vuole che siano.
Responsabilità piena quindi.
Il rapporto tra l’intenzione e il risultato, il prodotto fotografico, è ciò che distingue un percorso dalla semplice estemporaneità.
Figura intera. Più un paio di piani ravvicinati. Stop.
Tutto molto normale e semplice.
Ah! E c’è anche Photoshop.
© Efrem Raimondi. All rights reserved.
© Efrem Raimondi. All rights reserved.
Ringrazio tutte le persone che ho ritratto, per la cortesia e la disponibilità.
E ringrazio anche Alberto Loggia per la collaborazione, importante al fine di realizzare queste immagini.
“………Tutto molto normale e semplice.
Ah! E c’è anche Photoshop.”
Come hai detto altrove, ben venga la tecnica, purché corrisponda “al linguaggio dell’autore e non a un dettato di adobe”.
Direi che, in questo caso, la dimostrazione è palese.
Per ribadire che complicare è facile, la semplicità è una conquista.
Normali le persone, normale lo sfondo, neanche un tentativo di scenografia, anche se l’architettura lo permetterebbe, non è quella che il pellegrino si porterà nel cuore.
Una certa ingenuità nelle pose, il verticale con la sua “istantaneità statica del souvenir”, sorrisi di rito, senza pretesa di sembrare belli o eleganti, gente qualunque, una foto ricordo per dirsi ‘io c’ero’.
La semplicità dei puri di cuore, che altrimenti, mica ci andavano in pellegrinaggio!
perdonami vilma, tutto condivisibile, non credo però gente qualunque, né la semplicità dei puri di cuore…
era veramente un’osservazione senza intenzione offensiva, il riferimento diretto è al vangelo di Matteo (dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 5,1-12): “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.”
adesso capisco… sai che sono lento. e condivido. anzi, vorrei avere la stessa purezza di cuore. invidio chi ha fede.
anch’io.
Ciao Efrem,
interessanti alcuni tagli un po’ da smartphone e gli abbracci cristiani.
Bello il finale: ‘Ah! E c’è anche Photoshop.’
Saluti,
Salvatore D’Agostino
be’ sì… meglio denunciare subito l’uso di photoshop. soprattutto se non si vede ;) ciao salvatore.
Sander, Robert Frank, ma a colori, però “le cose stanno per come si vedono” vorrebbe dire, se ho capito bene, il grado zero, nonostante la fotografia menta, a volte.
Lo chiedo perchè sono un po’ duro di comprendonio :) Oppure non ho capito nulla.
a parte sander e frank, che lascerei nell’olimpo nel quale si trovano, non ho capito cosa intendi stefano… mi sa che sono io duro di comprendonio.
Non avevo capito io, ho letto e riletto ed ora ho capito. Chiedo venia.
mi fa piacere per te… e io?
Concettuale, intenzione, semplice, normale, percorso, risultato…sull’ultima parte del tuo post sto riflettendo molto ultimamente…su questi concetti. Non posso che soffermarmi a guardare questi scatti, è un invito troppo grande per me. E grazie per aver sottolineato l’aiuto di photoshop, che qui in Italia è tutto bianco o nero, in o out, meraviglia o bestemmia.
perché invito troppo grande, andrea?
Perchè ho sentito le campane Efrem. Ebbene si, le campane. Ahahahah!!!! Scherzo, ma nemmeno tanto. Questi scatti hanno…anzi no, NON hanno nulla di posticcio e artificioso. Sono semplici. Quindi mi soffermo e leggo dietro la semplicità l’intenzione e penso a quanto sia difficile sottrarre, come hai fatto tu. E sottrarre senza sottrarsi. Eh, hai detto caz… Ci leggo la mia sfida quotidiana. Arrivare attraverso questo percorso ad un lavoro così coerente, che è tuo e di nessun altro. A mio parere, ma forse perchè è quello per cui mi sto dannando, non c’è sfida più dura in fotografia.
urca! ti ringrazio…
ma non è così difficile sottrarre. basta sapere bene chi o cosa è il soggetto. cioè… che ci faccio qui?
Ma spesso è difficile resistere alle tentazioni. Comunque sono d’accordo, il sapere chi o cosa e le motivazioni rendono più semplice il processo. E anche fare i conti con questo non è semplice, ma è il bello della cosa. E non è da tutti.
Faccio riferimento alla frase con la quale concludi il tuo testo scritto: “Tutto molto normale e semplice”.
Bene, cerchiamo di capire quali siano le radici etimologiche di normale: normalis (perpendicolare) e poi norma, sempre dal latino, e ancora gnorizein dal greco e noscere/gnoscere dal latino. Grazie a questi due ultimi esempi ci avviciniamo al senso profondo della parola: conoscere.
Ecco: conoscere e normalità, forse sono la stessa cosa. Due concetti apparentemente banali ma in verità profondi.
ti ringrazio maurizio… apprezzo molto. anche perché qui, l’equilibrio di queste immagini, è davvero fragile.
Elegante-Forte-Tenero-Sorprendente-Coraggioso: altro che normale!
assolutamente normale. vorrei fosse uno standard per un po’ di tempo, valeria.
mi fanno pensare ai ritratti di August Sander, una ricerca del grado zero della fotografia, mi piace molto molto molto
eh… sander non saprei, ma la ricerca del grado zero, quello sì. quasi zero…
Grazie :) la leggerezza è troppo spesso confusa con la superficialità… Molto “calviniano” questo post. Bella la considerazione sul mezzo con cui si scatta in relazione a chi abbiamo davanti e a dove…
calviniano? non ci avevo pensato…
quanto al mezzo, vero che uno vale l’altro ed è solo in subordine a ciò che si vuole fare… però a volte forzare è doveroso. almeno credo.
Quello che più mi affascina ed apprezzo della fotografia, quando riesce a trasformare la normalità in straordinarietà. Prendo tutto, e mi ispiro….
può succedere. ma non è così ricorrente. forse perché non c’è bluff.