Tempo e modo

Fotografa. My shadow, by Efrem Raimondi


Dunque, funziona così… quando stai scrivendo, scrivi!
Quando stai leggendo, leggi!
Quando stai guardando, guarda!
Quando stai parlando, ascolta…
E quando stai fotografando, fotografa!
Non pensare… fotografa.
È solo quando pensi, che dovresti pensare.
Tempo presente, modo gerundio.
E stop.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Fotografi… cavalieri dalle lunghe ombre.
Photographers… The Long Riders.
My shadow, 2013

17 thoughts on “Tempo e modo

  1. Letto solo dopo aver scritto un post legato al tempo nella fotografia. A costo di andare contro le leggi della fisica, aggiungere anche tempo passato e futuro.

    • letto. ci sta indubbiamente… è il tempo della fotografia, del suo soggetto. un tempo variabile. è quello dell’operatore che mi preoccupa, e che spesso mi sembra condizionato da un pensiero che non diventa linguaggio

  2. Mi sento sollevato! è ciò che faccio normalmente. Scherzi a parte penso che questo tuo post sia molto intenso Efrem, proprio bello: stringato e preciso.

  3. colgo la provocazione, però dovresti spiegarmi come si fa a scrivere senza pensare, leggere senza pensare, guardare senza pensare, parlare senza pensare, ascoltare senza pensare.
    in realtà, penso di scrivere, penso di leggere, penso di guardare ecc., un pensiero che pensa sé stesso è uno stato teorico.
    tu non pensi di fotografare, ma pensi (e scrivi, leggi, parli e soprattutto vedi/guardi e forse vivi) in termini di fotografia (non fai, ma sei fotografo).

    • ma mica è spiegabile vilma… almeno, io non saprei. amo le provocazioni, talvolta le uso, e anche i paradossi. ma questo non lo è poi tanto: sii ciò che stai facendo, questo in generale. se fotografi, diventa fotografia, che è un linguaggio autonomo. anche dalle normali faccende del cranio. non indipendente… autonomo.
      se pensi, se davvero pensi, temo che la fluidità necessaria per esprimere venga meno. una questione di proprietà di linguaggio insomma. e autonomia. il pensare mentre fai, se è di fotografia che parliamo. se di scrittura, diventa scrittura. e ha dinamiche proprie. scusa, pensa a céline…

      • mi spiego meglio: il pensiero, conscio o inconscio, inteso come visione del mondo, come componente essenziale dell’essere uomo, costruisce, anzi è, il linguaggio, quello scritto come quello visivo, è l’uomo attraverso il quale passa che determina la sua specificità.
        tu vedi in termini di fotografia ciò che altri vedono in termini di racconto scritto, di brano musicale o di qualunque altra forma espressiva, non puoi usare altro linguaggio perché tu pensi da fotografo, per questo “se fotografi”, tutto quello che fai “diventa fotografia”, non hai scelta.
        l’uomo è una ‘esseità’ complessa e indissolubile che può essere (o non essere) qualunque cosa e fare di conseguenza qualunque cosa, non perché non pensa, ma perché il suo pensiero può diventare tutto.
        céline o david wallace avrebbero potuto essere indifferentemente schiele o schönberg, diverse forme dello stesso pensiero.

        ps: replica un po’ off-topic, ma mi piace discutere!

        • ti sei spiegata benissimo vilma… mi è chiaro tutto :)
          intendo dire che non è ciò che faccio che diventa fotografia, ma proprio io devo diventare tale. anche sgrammaticando se il gesto lo richiede. uguale se scrivo o faccio aeromodelli – nel qual caso devo essere il volo.
          non è un processo intellettuale… per dirla più precisa: il pensiero critico non riguarda l’autore. riguarda l’analisi di chi lo studia. di chi ha bisogno di trovare la ragione della sua opera.
          mentre fotografo, scrivo, suono, volo, non ho bisogno di nessuna ragione. e il pensiero mi è estraneo.
          aggiungo: il motivo di questo post risiede nell’osservazione di una fotografia sempre più prodotto della ragione e del pensiero critico. roba che fa il solletico ma che entusiasma un po’ di bravi ragazzi… volenterosi alcuni, paraculi altri. che sovente trova voce in rivistine trendy, paracule – evidentemente – e pseudo intellettuali. che trova spazio sui muri di gallerie interessate soprattutto allo spread.
          soltanto nel fare, il pensiero può ambire all’arte. è proprio il riflettere su se stesso che ha prodotto merda. un galleggiante perfetto per pseudo artisti che non hanno la misura nel linguaggio. ma nella sua architettura. questo è ciò che mi sembra. dal mio piccolo e nascosto angolo. perciò vilma, non è col pensiero che me la prendo. ma col pensare.

  4. Anche i grandi musicisti non pensano quando improvvisano.
    Sono sull’accordo giusto, ma non sanno quale sia.
    Credo sia il metodo migliore per non dire bugie, non si ha il tempo di architetture.

    • ecco, dimenticavo: se stai sunonando, suona!
      ma le architetture ci sono, e fanno il loro lavoro. quindi a chiunque si cimenti non resta che fare il suo… sì, ci può stare.
      o no?

      • Nell’immediato sicuramente, ognuno faccia ciò che sente di dover fare.
        Il resto del tempo deve continuare ad alimentare le architetture che lavoreranno in background.
        Magari, anzi sicuramente, non occupandosi del proprio.
        Contaminazione.

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