Angela Vettese, per esempio…
Ritratto del 1998. Per la rivista Class. O per Ladies, non ricordo.
Non ricordo neanche di chi sia il makeup… mi spiace.
So che il direttore era Paolo Pietroni. Dal quale ho imparato molto.
Perché i magazine, non solo italiani, erano luoghi di crescita.
E se avevi la fortuna di collaborare con un magazine alla cui testa c’era un direttore così, se avevi talento, lo educavi e crescevi.
Non è un amarcord questo. Solo una constatazione.
L’attualità è un’altra. Non so neanche bene quale.
Ma è un’altra. Con la quale bisogna fare i conti.
E decidere cosa fare.
Questo ritratto è perfetto per parlarne.
E il tema è uno solo: la pelle.
Del rapporto tra posato e non, ne parlerò prossimamente.
Quindi la pelle.
Che qui c’è. E si vede.
Non che non ci sia della postproduzione, ma è leggera: desiderosa di rispettare qualsiasi elemento partecipi alla definizione del mio intento. Che è sempre lo stesso: fare una fotografia che coincida con l’idea che ho di fotografia.
Che sia un ritratto o una landscape per me non fa alcuna differenza.
Se però è della figura che parliamo, una specifica esiste: la pelle.
E non è un dettaglio marginale.
Non si tratta di mera informazione, ma di un punto estetico non sottraibile.
Perché dà volume. E la stessa luce ha una relazione diversa a seconda.
Questa immagine di Angela Vettese è pellicola.
La fotocamera un banco ottico.
Cosa cambia rispetto a una produzione digitale?
Poco se si ha idea di cosa si sta facendo.
Tutto se si è subordinati al mezzo e non si ha la minima idea degli strumenti, tutti quanti, coi quali ci stiamo misurando.
Già il digitale è naturalmente piatto – nasce così, non è colpa sua, semmai nostra – e se insistiamo con la pialla…
Questa immagine ha anche un’altra storia: mi ero dimenticato di averla fatta – proprio fatta, la fotografia non si preleva, si produce, e prima di te ciò che mostri non c’era.
Da nessuna parte, sappiti regolare.
Solo che stavo lavorando al nuovo sito – vedi articolo precedente se ne hai voglia – e quindi ero ficcato nel mio archivio.
In realtà alla ricerca di un’altra immagine. Un ritratto anche quella.
E improvvisamente da una cartella salta fuori lei, Angela Vettese, questa Angela Vettese. Che sì ricordavo di aver ritratto – impossibile dimenticarsene, grande personalità – ma il contorno era sfumato.
Insomma l’ho scansita e adesso, in questo momento, è sia nella portrait gallery sia nella zona archivio.
Me lo son chiesto: ma come diavolo ho fatto a dimenticarmene?
A breve parte il mio master sul ritratto. Che non ho sostanzialmente neanche comunicato…
E questo sarà un tema.
Angela Vettese, per esempio.
© Efrem Raimondi. All rights reserved.
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Grazie, non credo di avere un ritratto così bello, anche se i fotografi se li tengono e non li passano quasi mai al soggetto quindi potrei averne in giro un altro paio di quando ero così. Va detto che questa faccia è una costruzione del momento, del fotografo, del trucco. E’ molto mia ma al contempo non è mai stata la mia (ho sempre avuto occhiali e capelli addosso) o piuttosto sono io a dieci anni cresciuta fino ai 38, e qui sta la magia, avere ritrovato un’identità lontana ma certamente ancora operante.
grazie a te, Angela. in realtà credo davvero che una fotografia – almeno la fotografia alla quale penso – sia sempre un’altra cosa. un altro luogo.
e sì, capisco, che non sia mai stata tua. ma in fondo è giusto che sia così. se no cosa ci stavo a fare lì? :)
ciao. e grazie ancora
Magnifica. E non aggiungo altro
grazie Elisa
Bellissima! Posso farti una domanda Efrem? Accennavi al Master di ritratto: in cosa consiste? Mi interesserebbe approfondire. Grazie
in un percorso di circa otto mesi. modulato su due fronti: uno di condivione dei partecipanti in uno studio, l’altro individuale sul dettaglio delle proprie specifiche. un po’ complicato da spiegare qui.
è simile a isozero lab insomma – di questo trovi un artricolo qui sul blog – solo che è mirato al ritratto. ciao.
Cit.: proprio fatta, la fotografia non si preleva.. si, caro Efrem, si preleva dalla realtà che si ha di fronte, il resto lo fa la macchina, e noi abilmente la impostiamo secondo quanto abbiamo in mente e componiamo per dare corpo al successivo vedere
Cit :…Già il digitale è naturalmente piatto – nasce così, non è colpa sua, semmai nostra … a mio avviso non in assoluto dipende dal tipo e produttore del sensore, il cui segnale meno subisce elaborazioni degli ingegneri, meglio è ed i ” vecchi” lavoravano meglio ad esempio quello della 1DS 2 o 3 se parliamo di 24×36, poi non dobbiamo scordare le ottiche che influiscono ancor più sul risultato, e dove metti l’abilità del fotografo nel saper gestire l’illuminazione , naturale o artificiale… discorsi lunghissimi, da poltrona con un buon bicchiere di vino in mano
no caro Roberto, non si preleva un bel niente. ma sei liberissimo di pensare il contrario. mica voglio convincerti.
sul digitale la mia è una generalizzazione. voluta e inevitabile.
non sono discorsi poi così lunghi, credimi.
Buongiorno, in merito al discorso “prelevare la realtà che si ha di fronte” io vorrei consigliare la visione di questo video:
https://m.youtube.com/watch?v=PUIrapI-cBM
Forse, ma forse, sembrerà non avere senso come risposta. Invece dal mio punto di vista ne ha e molto anche.
Buona giornata.
La risposta è assolutamente pertinente, e Galimberti è meraviglioso, lo ascolterei per ore!
grazie iara. lezione meravigliosa.
lo ricordo bene umberto galimberti. ricordo la sua splendida, efficace, semplicità.
Il ritratto! Si, la fotografia è fotografia tutta, ma il ritratto lo è un sempre po’ di più. Ovviamente è la mia idea. Meravigliosa eleganza in questo tuo lavoro! Ciao.
e tu pensa che invece è il luogo col maggior numero di cliché. se invece si pensasse che è comunque fotografia, forse…
ciao! e grazie.
Forse i cliché non sono tanto bagaglio del fotografo quanto del fotografato e delle sue aspettative, nel senso che, culturalmente, il ritratto non è nato semplicemente per riprodurre un volto (in passato quello di un re o un ricco mercante che potevano permettersi di pagare un pittore), ma per riprodurre uno stato sociale. Lo scopo, in origine, è talmente teorico che i pittori ritrattisti non si pongono neppure il problema della luce, una fonte pluridirezionale usata, come l’ombra, del tutto arbitrariamente e innaturalmente (saranno i fiamminghi ad insegnarcelo). La grande differenza del ritratto è che, rispetto alle altre tematiche, verte su un essere umano (uomo, gatto o altro che sia) con il quale il fotografo (anche lui essere umano) si relazione in modo unico, come unico è il soggetto e lui stesso.
Certo, dici “che sia un ritratto o una landscape per me non fa alcuna differenza”, vero, in senso generale, ma un paesaggio non sa della tua esistenza, non ti ascolta, non cambia posa, non ti asseconda, con Angela Vettese ci puoi parlare, la senti respirare, capisci se è stanca……. perché entrambi in quanto esseri umani avete la capacità da una parte di esprimere e dall’altra di comprendere.
“la fotografia non si preleva, si produce, e prima di te ciò che mostri non c’era” mi piace molto, sembra un postulato di fisica quantistica, è proprio così, ma la fisica quantistica, per quel poco che ne sò, ci dice che la realtà ci appare tale quando c’è ‘interazione’……….
assolutamente sì vilma, quando c’è interazione. noi umani siamo abituati a un solo piano di interazione: la parola. è questa che ci permette una comunicazione più veloce – non priva di malintesi.
ma non è l’unico codice possibile. lo vedo quando ritraggo altri animali. e non so bene cosa ci diciamo ma la relazione c’è.
poi vero: non posso pretendere che dicendo a una montagna di spostarsi lei esegua. che poi “montagna” è una semplificazione. sono molti e variegati gli elementi vitali che la compongono
– mi vien da dire che è solo un luogo geografico con determinate caratteristiche. è insomma una relazione complessa per come la vedo e vivo. ma c’è. personalmente la sento una dialettica.
priva di parola.
e anche sì, ci hai preso in pieno: la quantistica mi affascina. anch’io ne so poco. ma matrix è una figata.
dura la vita di uno che fa fotografia per come la vedo… e non è una battuta.
ma al netto di tutto, questa fotografia, questa Angela Vettese, ti piace?
sono molto contento di risentirti.
Foto fortemente suggestiva, non so se era tua intenzione, ma a me sembra che la luce provenga dall’interno della persona ritratta, come se fosse lei a produrla e non il contrario. Il punto più intrigante è per me, forse insolitamente, la clavicola sinistra, dove sembra di intravvedere riflesse perfino le luci del banco ottico.
la clavicola sinistra è intrigante. con o senza banco. sposta tutta l’immagine. poi boh, va a capire certe dinamiche…
Stupenda! E attualissima. Anche la questione della pelle è attualissima e spesso non riesco a darmi pace su come venga maltrattata. Ciao.
grazie Alessandra. sì, è un po’ maltrattatta. a volte cancellata. non so cosa sia peggio
Non so dire neanche io però vedere questo ritratto mi aiuta e ti ringrazio per questo
meraviglia!
p.s. quante ne sai Maestro !
p.p.s. è sempre bello sguazzare nei propri archivi !!
pensa che invece di sguazzare, nel mio sono precipitato. e lasciamo perdere il maestro :)