Autoriale a chi?

Efrem Raimondi - ArtOnWeb

Sono persona distratta.
Intercetto solo ora La fotografia, una morte annunciata? di Vilma Torselli per Artonweb.
Parecchia roba. Da leggere con calma.
Lo so c’è chi dirà…
Io dico questo il link:

Senza titolo-1

14 thoughts on “Autoriale a chi?

  1. @vilma, quando dico “che senso ha l’opera” lo dico innanzitutto dicendo “se così fosse …” e cioè se il fruitore avesse tutta questa libertà. Cosa che credo non abbia. Ovvio, le persone di fronte a qualunque cosa sono libere di pensare e dire quello che vogliono ma per me se così fanno allora rischiano di privare di senso l’opera stessa. L’opera, la fotografia, un quadro, una pubblicità non è muta. Esprime un senso e lo fa in una direzione. Ripeto, ognuno può decidere di andare anche nella direzione opposta ma allora sfugge alla messa in gioco che l’opera sollecita (qui intendo questa parola in una sua accezione generale). Con un opera si entra in dialogo. C’è un libro, a parer mio meraviglioso, “Dell’imperfezione” di A.J.Greimas. Salta velocemente l’introduzione e abbandonati alle pagine seguenti. Sono una delle pagine più profonde per accostarsi al rapporto con un “opera”. A me piace pensarla come Greimas suggerisce. Grazie delle risposte. Marco

  2. @Marco – solo una breve replica al tuo “mi chiedo che senso abbia “l’opera” “: l’opera ha senso nella misura in cui coinvolge il fruitore al punto di suscitargli emozioni e riflessioni personali che mai sarebbero esistite senza la funzione catalizzatrice dell’opera, in una condivisione dei sensi dove la deriva interpretativa è inevitabile e necessaria.
    Il potere dell’artista (o più genericamente dell’artefice) va oltre la sua stessa creazione, ne fa un creatore di pensiero.
    Dici poco?

  3. @efrem, ok, ma forse la sintesi della frase non mi rende facile una reale comprensione. Ad esempio del perché è un opinione minoritaria e non cosi scontata? vabbe, ci penso.

    • in effetti marco, sì… un po’ sintetica. la fotografia è singolare. un luogo iconografico dove emerge l’idea che hai del mondo. anche estetica. perché diventi davvero linguaggio che ti appartiene ha bisogno di strutturarsi. le fotografie, plurale, sono lo strumento perché questo avvenga. solo che devono convergere. anche modulandosi, non necessariamente ripetendo sempre lo stesso gesto, anzi questo a me sembrerebbe solo un escamotage. è come se ognuna contenesse uno o più elementi riconoscibili e riconducibili all’autore. a volte senza una spiegazione logica: la vedi e dici “è sua”. le fotografie altre, quelle che non convergono da nessuna parte perché non esiste un’idea di fotografia, sono una massa enorme e enormemente cresciuta grazie alla facilità di creazione. ma di cosa, non è dato di sapere. non so se mi sono spiegato un filo meglio…
      devi scusarmi ma a volte la sintesi estrema mi piace.

  4. @Vilma, grazie della risposta. Oggi però è la seconda volta che mi ritrovo in qualche modo associato a cose e persone che mi rappresentano poco, demerito mio, credo. Franco Fontana è stata si una bella esperienza ma trentanni fa e un po di acqua sotto i ponti ne è passata. Nello stesso luogo è citato un altra persona, Torriani, critico, al quale ancora oggi mi sento ancora vicino. Scusa, ci tenevo solo a precisarlo. Per tutto il resto, la faccenda non è nemmeno cosi semplice. Mi riferivo in parte a quello che hai scritto ma anche alle idee che riportavi di altri studiosi/critici. E mi riferivo anche a quello che il sistema arte, che esiste, si autodefinisce e rappresenta, ha spesso tentato di fare inquadrando la fotografia, il concettuale in particolare. Ma non mi addentrerei in queste cose. Per me quel paradigma oggi non consente piu di far evolvere la fotografia. Concordo poco sul fatto che il ricevente abbia tutta questa libertà, se non alimentando derive interpretative al punto che, se cosi fosse, mi chiedo che senso abbia “l’opera”. Considero piu proficuo la relazione “fotografo-fotografia-osservatore” come un sistema ancora da scoprire dove si condividono i sensi. In tutti i sensi. Comunque, ti seguirò con piu interesse nel tuo blog.

  5. Marco@ Prima di tutto bisogna fugare l’equivoco sulla parola ‘arte’ e rendersi conto che “non esiste in realtà una cosa chiamata arte. Esistono solo gli artisti: uomini che un tempo con terra colorata tracciavano alla meglio le forme del bisonte sulla parete di una caverna e oggi comprano i colori e disegnano gli affissi pubblicitari per le stazioni della metropolitana, e nel corso dei secoli fecero parecchie altre cose. Non c’è alcun male a definire arte tutte codeste attività, purché (…….) si tenga presente che questa parola può significare cose assai diverse a seconda del tempo e del luogo, e ci si renda conto che non esiste l’Arte con la A maiuscola….”: dai primi del ‘900 ci sono anche uomini che fanno delle ‘cose’ con uno strano aggeggio che si chiama macchina fotografica.
    A fronte di una minoranza di ‘uomini che fanno cose’ c’è una maggioranza di ‘uomini che le guardano’, esercitando la visione, un fatto soggettivo che coinvolge la retina, la memoria, il vissuto, la cultura, l’empatia ecc. sia che guardino un quadro o una foto o un’architettura, decodificando il linguaggio visivo secondo le stesse regole, poiché la materia della visione sono le linee, i segni, i colori, i volumi ecc. E’ tutto molto semplice, non ci sono differenze interpretative, categorie predefinite, limiti o confini tra le discipline umanistiche, l’uomo è uno che si esprime in molteplici ambiti.
    Leggo che hai avuto contatti con Franco Fontana, sarai d’accordo con me che non c’è alcuna differenza tra guardare la foto di un suo ‘paesaggio immaginario’ e un quadro di De Staël o Appel o Newman, tanto per fare qualche nome, a meno che non si faccia lo sforzo (inutile) di dirsi “sto guardando una fotografia, sto guardando un quadro”.
    E’ un dato di fatto che l’arte moderna così come ha spostato l’attenzione dal contenente al contenuto, ha contemporaneamente spostato la genesi dell’opera dall’autore al fruitore, sdoganando il concetto che la verità è una per ogni individuo, che la vita è una convergenza confusa di singole verità, quella che l’artista consegna alla sua opera e le molteplici verità che ogni fruitore elabora autonomamente. Chi è, allora, l’autore? quello che esprime il senso e il valore delle cose che ha dentro, o l’osservatore che le legge col significato e col valore che hanno per sé e ricrea l’opera a sua misura? Questo è il senso di ciò che ho scritto, con una certa dose di provocazione.
    Sta alla fotografia e ai fotografi inventarsi “altri pensieri, altri paradigmi culturali” coerenti con la società relativistica e ‘liquida’ della contemporaneità.
    Io sono dalla parte di quelli che guardano.
    E aspettano.

  6. Articolo un po’ impegnativo ma molto interessante: grazie Vilma!
    Ma cosa significa Efrem “Lo so c’è chi dirà…”?

  7. Efrem, più leggo questo tipo di analisi più mi convinco che se si sta dentro il sistema arte per capire la fotografia si rischia veramente di estinguersi. Sostituendo il concetto di soggettività a quello di autore personalmente mi sembra possibile svincolarsi da una serie di morti annunciate. La posizione nel mondo la si trova anche con la fotografia, che continua a mantenere nella sua forma digitale e webbiana questa caratteristica. Mi permette di cercare, scoprire e dire qualcosa sulla mia posizione. Non entro nello specifico dei pensieri citati nell’articolo, ma credo che oggi servano altri pensieri, altri paradigmi culturali. Comunque articolo che nella sua ricerca di sintesi mi è piaciuto.
    marco

  8. Efrem, ti ringrazio come sempre dell’attenzione alla mia pagina, certamente un po’ pesante per un blog, anche se ho cercato di sintetizzare al massimo concetti poco facilmente sintetizzabili.
    Le mie stats mi dicono che a tutt’ora i visitatori giunti dal tuo blog su quella pagina sono 77, leggerò con interesse gli eventuali commenti, oltre il tuo, naturalmente.
    Grazie ancora!

    • grazie a te veramente! avrai visite di altre persone che hanno ripreso e condiviso il link autonomamente. molto giustamente in questo caso.
      in effetti è tostino per un blog, ma in generale per l’abitudine abbastanza diffusa di andare sempre alle conclusione saltando i percorsi. che come in questo caso sono invece fondamentali. quindi ancora grazie!
      quanto ai commenti, lo sai, sono sempre minimi. c’è chi predilige farli su FB… e chi non ne fa proprio. legittima scelta… ma in fondo, davvero, la cosa importante è che venga letto

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