Bad Boys. Ma anche Bad Girls.
Insomma BAD PHOTOGRAPHY, cioè quella fotografia sospettata di connivenza col soggetto.
Perché l’archetipo funzioni occorre che il soggetto sia famoso e infame.
Dove: famoso è un fatto riconosciuto unanimemente; infame è invece una soggettiva, e ha a che fare con una valutazione morale urlata da una parte della cosiddetta opinione pubblica direttamente in faccia alla parte avversa.
Bene/male, buoni/cattivi, solita solfa.
Vietato astenersi: gladiatori virtuali… gladiatori felicemente abbonati in poltrona.
Poi ci sono casi limite dove l’infame è solo contro tutti: unanimemente infame a pulire la cattiva coscienza del mondo.
Infame dopo, magari. Come Lucifero. E chi l’avrebbe mai detto…
Soggetti fantastici. M’interessano anche di più. M’interessa andare a vedere nel dettaglio come li avevo ritratti quand’erano arcangeli, che magari…
Però ecco, quando fotografo di tutto ciò non me ne frega niente.
Nessuna barriera morale da erigere. Libero da pregiudizi e preconfezionamenti assortiti mi occupo della persona che ho davanti.
È la persona che mi interessa, che in un face-to-face rivela lati meno appariscenti, dettagli inaspettati.
E questo è il mio punto. Qui mi fermo tutto il tempo che occorre.
Prima di scattare. Poi scattando tutto si definisce abbastanza velocemente.
A volte con chiarezza, a volte meno. Ma in un percorso così c’è da preventivarlo: nulla è scontato. Nulla è predefinito.
Se poi ti basta il mezzo busto con dietro la bella libreria a descrivere le gesta intellettuali del grande statista, piuttosto che la poltrona preferita e la tappezzeria a ramages che fa ambiente, tranquilla che te le porto a casa.
Ti accontenti di poco però.
L’errore in cui OGGI spesso si incappa, è di pretendere una fotografia senza fotografo.
E si vede.
Perché fotografo definisce una persona che ha un’idea di fotografia. Non uno che fa fotografie. E più l’idea, l’architettura, è precisa più lo riguarda. E lo identifica.
E anche questo si vede.
Annunciazione! Tutto pensato a tavolino, allineato a un diktat e appiattito al compitino da svolgere, col ritratto non funziona. Eh già…
A meno di accontentarsi di un’illustrazione. Che appunto non è fotografia.
Dite di no? Dite che è polemica sterile? Ok, chiedo scusa, non mi soffermo… il mio intento è un altro. Ciao.
Occuparsi della persona, e non del giudizio, non significa non avere un’opinione.
Ma se proprio, mi rivolgo all’etica e non alla morale contingente.
Insomma… la fotografia didascalica non fa per me.
Forse è proprio così: me ne frego della Storia.
E la fotografia non emette giudizi. Non la mia almeno.
Eppure è successo. Di essere stato redarguito per aver ritratto Tizio e Caio.
Addirittura Sempronio!
Il fatto in sé costituiva la colpa. Perché certificava la mia accondiscendenza ai valori/disvalori attribuiti all’innominabile.
Intercettato in rete:
”Ma hai visto i suoi ritratti?”
”Sì sì, c’è proprio un sacco di bella gente: Berlusconi e anche Andreotti. Una fotografia asservita. Punto e basta”.
Quando ritrassi Piersilvio Berlusconi, preventivamente e cortesemente mi venne chiesto se me la sentivo. Non in maniera così diretta naturalmente, ma la sostanza ho dedotto fosse quella.
Ero stupito: sono un fotografo, ritraggo la gente e non emetto sentenze di alcun genere. Solo regolare fattura una volta consegnato il lavoro.
Con Andreotti poi… quando venne pubblicato il trittico mi arrivarono due mail di amici di quand’eravamo giovani, belli, intelligenti e sulle barricate insieme, che mi accusavano di complicità: non si fotografa certa gente. Ti sei reso complice. Punto.
Complice??? Ma io non vedevo l’ora di ritrarre Andreotti!
Ci sta tutto… la fotografia evoca diversamente e a ognuno la sua visione.
Sulla sponda dei buoni non so scegliere… i santi mi interessano meno: se questo è il parametro preferisco ritrarre i demoni.
A qualcuno potremmo anche far indossare uno zainetto Prada, che il marketing ci tiene.
Tutto ciò non accade se l’infame non è famoso. Anzi, se non è famoso non è neanche infame. E l’accezione bad boys si tinge di romantica commozione.
È la convenzione che si riserva al disagio.
Alla fotografia del disagio nello specifico. Che assume un’aura nobile, socialmente rilevante. E nessuno ti imputa niente.
Mentre è qui che più mi scandalizzo nel vedere stracciata ogni etica.
Per me cambia niente: m’interessano le persone.
E tutte hanno un nome e un cognome. Punto.
© Efrem Raimondi. All rights reserved
Piersilvio Berlusconi, 2006. Negativo 4,5/6 cm
Giulio Andreotti, 2006. Negativo 6/7 cm
Umberto Bossi, 1996. Negativo 10/12 cm
Mario Draghi, 1996. Negativo 6/7 cm
Massimo D’Alema, 1996. Negativo 10/12 cm
Alessandra Mussolini, 2006. Digitale APS
Giulia Ligresti, 2007. Digitale APS
Noel Gallagher, 2005. Negativo 4,5/6 cm
Alex Schwazer, 2011. Digitale medio formato
Oscar Pistorius, 2011. Digitale medio formato
Zlatan Ibrahimovic, 2008. Digitale medio formato
Periferia di Legnano, 1981. Negativo 35 mm
Periferia di Legnano, 1981. Negativo 35 mm
© Efrem Raimondi. All rights reserved
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Efrem, bello averti incontrato ieri e sottoscrivo tutto. La mia foto preferita è proprio quella di Giulio Andreotti
@Laura – ciao!
“….L’errore in cui OGGI spesso si incappa, è di pretendere una fotografia senza fotografo. E si vede.
Perché fotografo definisce una persona che ha un’idea di fotografia. Non uno che fa fotografie. E più l’idea, l’architettura, è precisa più lo riguarda. E lo identifica.
E anche questo si vede….”
E’ QUANDO DICI QUESTE COSE, EFREM, CHE MI FAI INCAZZARE. E SE MI INCAZZO VUOL DIRE CHE NON SOLO HAI RAGIONE, MA CHE L’HAI DETTA PRIMA DI ME. CHAPEAU, AL SOLITO. MA GRRRRRR :-) PDP
@Pico – interessante… se ti incazzi è tutto bene. interessante :)
@Vilma – mi sembra evidente che sottoscrivo :)
@Efrem – “La vita morale dell’uomo è parte della materia dell’artista, ma la moralità dell’arte consiste nell’uso perfetto di un mezzo imperfetto. L’artista non desidera dimostrare nulla. […..] Nessun artista ha intenti morali. In un artista un intento morale è un imperdonabile manierismo stilistico. Nessun artista è mai morboso. L’artista può esprimere qualsiasi cosa. Il pensiero e il linguaggio sono per un artista strumenti di un’arte. Il vizio e la virtù sono per un artista materiali di un’arte. [……] L’arte rispecchia lo spettatore, non la vita.
(Oscar Wilde, prefazione a “Il ritratto di Dorian Gray”, 1890)
devo dire che la censura sull’identità anagrafica del soggetto ritratto mi lascia a dir poco di stucco, non succedeva dai tempi di Dorian Grey.
@Vilma – credo di aver capito. mica sicuro però…
Penso sia indispensabile staccarsi dall’opinione morale per fotografare a 50 cm di alcune facce però non capisco come tu fai Efrem. Premesso che questi ritratti mi piacciono tantissimo tutti, anche i ragazzini
@Valeria – è semplice: non mi occupo di morale… solo della PERSONA che ho davanti. ed è interessante avvicinarsi. anche molto
complimenti Efrem, questo tuo ragionamento mi convince; la fotografia quando si fa è’ laica, come molte altre cose, e non c’è’ giudizio nel mentre si fa credo, quello celo mettiamo noi, dopo, e spesso si confondono i piani
@Luca – già, i piani… questo è esattamente il punto
Il rischio è questo perché non è facile slittare subito I piani e non è neanche detto che accada dopo. Ma tu lo sai Efrem e ci giochi ;)
@Arianna – guarda… ci sta davvero tutto. e la fotografia, quella fotografia lì che stai guardando, è una balla che sia universale. è solo la banalità che trovo fastidiosa. andare un po’ oltre anziché inchiodarsi alle proprie certezze aiuterebbe. tutti. però non mi accorgo di giocare ;)
Si Efrem, questo è la tua posizione sogettiva e personale come fotografo, che comprendo assolutamente. Certo è, però, che ogni foto genera piani di significato dovuti a chi la guarda, a persone, situazioni e anche contingenze, a cui non può sottrarsi. Diviene di dominio pubblico, in qualche modo, e trascende l’intenzione che l’aveva prodotta
@Gabriella – non vi è dubbio… hai perfettamente ragione e un fotografo lo mette in conto. ed è giusto così.
solo mi chiedo perché evitare il piano immediatamente iconografico e slittare sulla posizione di campo. ipotizzando adesioni: sulla base di cosa, mi chiedo?