Il mio smartphone al netto di tutto, 2018.
Smartphone e fotografia… un dualismo superato dagli eventi, anche tecnologici.
Che sia parte integrante del corredo di diversi fotografi, è un fatto.
Di più: certificato dal prodotto fotografico che in alcuni casi vediamo.
E che non si differenzia affatto dalla qualità espressiva degli stessi spostati su altre piattaforme ottiche.
Zero dicotomia, fine del preambolo.
Non è mia intenzione insistere su argomenti di retroguardia, e questo è soltanto un intervento direi didattico. Nient’altro.
Quello che invece c’è è che lo smartphone può essere un ottimo strumento educativo.
Ed è la prima fotocamera che consiglierei a chi inizia, a chi non ha la più pallida idea di cosa sia produrre fotografia, a chi magari un’idea ce l’ha… ma ciò che gli è più chiaro è la vaghezza di ciò che produce, la sua estemporaneità, che è un punto di coscienza.
Ma soprattutto a chi questa coscienza non ce l’ha ma è convinto che va tutto bene perché quella sua foto lì gli piace e punto.
Eh… ma a questi ultimi chi glielo dice che farebbero bene a fermarsi e mettere sotto carica lo smartphone?
Se non ce l’hanno, lo comprino. Insieme a un televisore.
E cominciare a guardarsi attorno per scoprire che esiste un mondo esterno.
Che magari non è proprio il nostro, ma col quale volenti o meno ci relazioniamo.
È educativo perché solleva da alcune incombenze tecniche, che sono fondamentali altro che no. Magari non adesso però… una cosa per volta visti i presupposti.
Adesso la priorità è cominciare a vedere ciò che guardi.
Quindi spalmare per bene nel perimetro fotografico che stai usando.
E a disposizione c’è un ampio display che non ti costringe alla visione stretta di un mirino.
Che stretta non sarebbe se non ci fosse l’abitudine di occuparsi esclusivamente del centro…
Ma non ci pensi. La periferia, i margini, non li guardi nemmeno e dulcis in fundo: da dove sbuca quel pezzo di sedia su nell’angolo sinistro del file?
Succede col posato, figuariamoci col resto.
Di fatto non possiedi la tua fotocamera già a partire dall’acchito.
Un ampio display, bello piatto davanti, favorisce il controllo senza perdere eccessivo tempo.
E cominci ad abituarti alla presenza contemporanea di più centri focali.
Magari può venire in mente che davvero tutto quello che vedi su quel parabrezza partecipa alla definizione dell’immagine.
E che alla fine il soggetto è il rettangolo nella sua interezza.
Secondo punto, fondamentale: l’ottica è fissa. Mediamente equivalente a un 28 mm.
Se non ti piacciono i grandangoli sei fregato.
Oppure impara a usarli.
In qualsiasi caso il punto vero è che non puoi smanettare nulla: zero masturbazione ottica.
Magari dispiace… però oltre a evitare la cecità, in realtà cominci a vedere fotograficamente.
Perché ciò che i tuoi occhi colgono non basta.
Il percorso è questo: guardi – vedi – trasformi.
La realtà con la quale ti misuri è un’altra.
Il prodotto è altro: non continuiamo a menarla con l’originale!
Non c’è alcun originale inviolabile. Ci sei solo tu.
E lo strumento in subordine.
Ma se non prendi atto delle sue specifiche balbetti.
Lo smartphone guarda e basta: fa’ che la tua visione occupi totalmente il suo spazio.
Sovrapponiti.
Vale per tutti gli stumenti, qualsiasi fotocamera.
Ma l’immediatezza di uno smartphone, in questo, è un plus utile.
Abituarsi a vedere – non a guardare – con una lunghezza focale, una sola, non inquina la visione, non è un compromesso borghese, ma una dialettica ineludibile al fine di produrre materialmente ciò che vedi.
E che senza di te non esisterebbe.
Sembra finita qui. Chiaro che no.
Infatti chi conosce anche tutto il resto della grammatica fotografica dispone meglio del proprio strumento qualunque sia.
Non vedo perché non con lo smartphone. Boh.
Pensare che può diventare lo strumento quotidiano…
Quello del tempo libero.
Che libero non è mai.
A meno di non avere un interruttore VEDO – NON VEDO.
Che intermittenza del cazzo…
© Efrem Raimondi. All rights reserved.
Condividi/Share
Grazie per queste sue riflessioni.
grazie a lei nicola.
Concordo totalmente! Non capisco lo snobismo di alcuni verso questo mezzo che ha una sua anima e ragione di vita; peggio fa chi scatta con reflex di milliemila euro e poi impapocchia tutto coi preset finti da instagram.
Lo smartphone, con le sue regole e limitazioni, può essere una ottima palestra per guardare in modo diverso il mondo e trovare nuovi spunti in oggetti e posti “banali” e conosciuti, come faccio anche io su instagram… anche se il gattino o il tramonto ci scappa sempre :)
il modo di guardare è diverso. quello di vedere invece non cambia: è indipendente dal mezzo.
questa però è essenzialmente una riflessione sull’uso didattico fabrizio. sul fatto che si affrontano con maggiore immediatezza alcune questioni.
il resto lo do per scontato da anni. da sempre direi. poi vero, c’è chi non si persuade. ma è probelma loro.
hai ragione, come sempre ;)
sul discorso di vedere/guardare è quello che ho fatto usando anche la pellicola in alcuni concerti, assieme alle digitali, per vedere se e quanto cambiassero le cose..
e sono cambiate?
Salve Signor Antonio P., secondo me la fotografia la si preleva con lo sguardo. A prescindere dallo strumento. Di fotografia mediocre, personalmente, ne ho vista tanta anche con mitologiche e costosissime macchine fotografiche. Analogiche e/o digitali. La mia opinione è che La “minkità” umana (peculiare non soltanto ai “bimbi” come li chiama lei) non sta nello strumento ma nell’uso che se ne fa. Saluti.
Salve Iara, sicuramente si vede molta banalità ma dato che Efrem sostiene lil telefonino come fatto educativo non aiuta chi inizia e anzi crea falsi miti. Come se fotografare si riducesse a fare click: non credo proprio. In più vorrei vedere come sceglie “lo strumento “ quando ha un incarico e se il telefonino rientra! Rischia solo di creare false aspettative e da uno come lui non me l’aspeto. Saluti.
Buona sera Sig. Antonio P., in primis vorrei ringraziarla per avermi risposto.
Non so se lei segue il lavoro di Efrem, ma se ha la possibilità e voglia di leggere qualche vecchio articolo, troverà risposta riguardo la sua curiosità “incarichi usando il telefonino”. La mia opinione – opinabilissima – è che ogni strumento, meglio ancora se semplice può servire didatticamente. Mi creda, i falsi miti di solito se li creano coloro che vogliono giustificare la poca voglia di approfondire, di studiare, di fallire anche. Un po’ come i grattini “miliardari per la vita”.
Alle elementari mi hanno iniziato alla scrittura delle lettere dell’alfabeto con una “banale” matita, per dire.
Non desidero farle cambiare idea, mi piaceva però l’idea di provare a mostrarle una visione altra. Saluti.
Bravo, condivido pienamente. Fotografo da 50 anni e non ho mai smesso. Uso ancora pellicole e sviluppo, ma ho scoperto il rigore della foto fatta col cellulare. Non possiedo smartphone, per ora, ma un fedele piccolo Nokia 3310 col quale telefono e scatto immagini quotidianamente. La povertà del mezzo mi ha fatto pensare alle prime Polaroid e al dovere di “saper guardare” all’interno di un “PERIMETRO FOTOGRAFICO”. Complimenti.
vero, è una questione di rigore. come tutto del resto. e come nulla sia sottovalutabile. se poi penso alle polaroid… quelle là…
Ciao Fiorenzo, secondo me le prime Polaroid erano ben diverse dagli attuali smartphone, anche dai primi Nokia con fotocamera, e producevano risultati molto diversi. E sono diverse tutt’ora.
Solitamente i Fotografi, dall’alto della loro F maiuscola che li rende snob, disdegnano l’uso dello smartphone. Non tu. Applausi.
non è proprio così… quelli che conosco lo usano abitualmente. da un pezzo. addirittura a bibbiena, al centro della fotografia d’autore, tre anni fa credo, facemmo una collettiva only smartphone curata da giovanna calvenzi e claudio pastrone.
il punto adesso è di pensare che può essere un utile approccio anche didattico. e qui sì, c’è ancora da discutere.
grazie per gli applausi :)
Condivido tutto. Condivido anche sul mio profilo fb, guarda, a beneficio di ognuno. Perchè molti (ma molti molti eh) non sanno che in fotografia, come in tutto, la didattica serve ad acquisire conoscenza e coscienza, (e in quest artico la didattica c’è eccome!) e che la grammatica la devi conoscere necessariamente, se vuoi dire qualcosa di sensato. Condivido anche a beneficio di chi, ciecamente, e nonostante tutto, continua a storcere il naso quando sente parlare di fotografia fatta con lo smartphone. Il parabrezza piatto, favoloso. L’ottica fissa, con la quale ho imparato non mi piaceva, ma adesso si. Sopporto male il tele , quindi uso quasi sempre il grandangolo, quando posso. E mi piace foografare con il telefono. Mi piace fotografare con qualsiasi strumento, anche con il telefono, per alcuni motivi non da poco. Lo smartphone è proprio straordinaria invenzione!!!!!!
Grazie Efrem. Ciao!
soprattutto l’ottica fissa, parametrandosi all’attualità didattica più o meno consapevole. anzi, inconsapevole il più delle volte. ciao stefania.
Condivido totalmente. E ben strano sarebbe il contrario, dato che cerco di far capire questi concetti già da un po’. Grazie Efrem.
bene. insisti Beatrice!
Ma non puoi dire che lo smartphone è educativo! Se c’è un oggetto diseducativo per eccellenza è proprio il cellulare che non porta da nessuna parte! Tutti i bimbi minkia del mondo lo usano credendo di fare capolavori e invece di fotografia non capiscono niente. La fotografia si preleva con le macchine fotografiche e quindi è da queste che si deve partire. Che sia un fotografo del tuo calibro a dire queste cose non è un bene: che razza di esempio culturale è?
Una provocazione? A che fine?
nessuna provocazione Antonio. la constatazione che essendo uno strumento semplice può essere molto utile come approccio.
perdonami, ma non ho mai pensato di essere un esempio. tantomeno culturale.
Io uso quasi esclusivamente compattine automatiche a pellicola. A parte disinserire il flash o attivare la riduzione degli occhi rossi non hanno altre funzioni. Certo se le conosci bene sai con quali pellicole lavorano al meglio. Ma la semplicità di utilizzo permette l’esclusiva concentrazione su quello che si sta facendo. La fotografia da presbite non mi piace, preferisco avere l’occhio al mirino. Ma sostanzialmente penso siano due mezzi quasi paragonabili. Punta e scatta.
infatti sono paragonabilissimi. prima di loro le usa e getta. che ho usato e amato.
e tutte e tre le situazioni hanno il loro grado di complessità. altro che no.
Le usa e getta sono un altro mezzo fantastico. Mi piacerebbe che prima o poi ne parlassi postando qualche fotografia.
dovrei ravanare in archivo… prima o poi lo faccio.
ahahah!… buono!
grazie!
Mi fai sempre venire i sensi di colpa però bello e, come al solito, porta a grandi riflessioni.
i sensi di colpa?
Beh ho visto che volendo, un po’ si può smanettare anche con le impostazioni dello scatto anche con il più ” scrauso” smartphone…a parte questa insulsa ;) precisazione… condivido tutte le tue considerazioni, che vanno oltre e dicono sempre altro e che è un piacere leggere.
non si tratta infatti di sdoganare lo smartphone: già stato fatto un mucchio di tempo fa. si tratta, forse, di spingersi un po’ oltre e impossessarsene totalmente. esattamente come qualsiasi altro strumento. grazie Janas.