IL FOTOGRAFO, novembre 2017.
Pubblico in chiaro l’editoriale che ho firmato. Adesso è possibile.
Per chi l’ha perso.
E per chi non ci ha pensato a suo tempo.
Ma magari…
Una breve riflessione il cui oggetto sono quei tre/quattro punti che penso siano al centro del produrre fotografia.
Comunque la si declini.
Denis Curti mi ha fatto notare che questo è l’editoriale che ha inaugurato la serie di quelli firmati da altri, cioè da chi ha un rapporto diretto con la fotografia, fotografi e non.
L’ultimo di Renata Ferri, molto piacevole.
E mi ha fatto anche notare che ho firmato la prima copertina della sua direzione, marzo 2015.
Un caso.
Però mi piace pensare che non lo sia.
E adesso il testo, l’editoriale in chiaro.
Non so perché son qui.
Ma non inseguo spiegazioni. Mai.
Esattamente come quando fotografo, che è un tempo contato, circoscritto al presente di una visione e alla sua trasformazione in qualcosa che è altro e che solo tu puoi rendere visibile.
Come avviene è il vero differenziale che ci riguarda.
Coincide o meno con ciò che avremmo voluto produrre?
Ex novo.
Due punti: uno, la fotografia non si preleva. Si fa. Prima di te quel perimetro non c’era.
Due, la fotografia si occupa dell’invisibile.
Di quello stato in cui qualsiasi cosa è realmente percepibile ma non ancora espressa nella forma che definisce noi, ognuno, agli altri che stanno a guardare.
Questo è ciò che fa la Fotografia: trasforma la percezione in forma.
Che per quello che mi riguarda coincide col contenuto.
E con me.
Con noi.
Questo l’auspicio.
Non serve sforzarsi… la percezione è una questione personale.
Intima.
E intercettiamo solo ciò che ci riguarda.
La fotografia la rende pubblica.
Fosse anche una figura umana, soprattutto un ritratto. Sul quale i cliché si sprecano.
Va be’, après.
Per rendere visibile ciò che non lo è, per rendere esportabile e finalmente leggibile ciò che davvero ti riguarda – qualsiasi cosa – occorre mirare bene.
Col massimo della precisione a disposizione. Nel caso incrementarla.
E la conoscenza tecnica è fondamentale.
Una questione grammaticale…
Chi sostiene il contrario, o ignora e se ne bea o è un demagogo.
Non so chi sia peggio.
Ma a noi che ci frega? Continuiamo per la nostra strada.
Un percorso dinamico, dialettico, che sia in grado di sostituirci.
Un colpo al cerchio e nessuno alla botte.
Siamo ciò che iconograficamente esprimiamo. Senza se e senza ma.
Con qualche dubbio a corredo. Che è utile.
Quindi la precisione è importante.
Le regole, vituperate/esaltate…
Quattro in tutto quelle che servono.
E una manciata di tempo per capirne la logica.
Poi sta a te usarle. Manipolarle. Asservirle.
Imparare a dimenticartene.
E tra queste non c’è quella dei terzi. Della quale francamente ignoravo l’esistenza fino al 2010, quando ho aperto il mio account Facebook.
Scoprendo che c’era chi ammazzava per lei.
E ignorava tutto il resto.
Una, fondamentale: l’esposizione.
Bella al centro.
La sua modulazione crea l’immagine.
Quindi non serve scannarsi in periferia, ma puntare al centro con consapevolezza e umiltà.
Dichiarare la propria visione del mondo, fotografia dopo fotografia.
Coerentemente.
Trasversalmente, aggiungo.
Se possiedi un linguaggio, è questo che fai.
Ed è semplice.
Pinzolo, agosto 2017.
© Efrem Raimondi. All rights reserved.
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“Siamo ciò che iconograficamente esprimiamo..”.
Mi fa pensare questa osservazione ma mi fa anche dire che “siamo anche e non solo ciò che iconograficamente esprimiamo”. Penso che ci siamo un limite tra la nostra percezione e ciò che riusciamo a rappresentare della stessa, spesso accade di non riuscire ad esprimere proprio perchè potrebbe esserci una materia che si sottrae.
Per quanto riguarda il perimetro, credo che ciò che rimane fuori dallo stesso, finisce indirettamente per entrarci. Magari non si vede, non si riesce a intercettarlo o semplicemente è uno degli ingredienti celati. Grazie per questo articolo che ha suscitato importanti suggestioni.
Buona giornata,
Giusi
il punto è esattamente questo: la distanza che separa il prodotto dall’intenzione. tanto è minore, più ci racconta. coincidere è l’auspicio.
così com’è vero che ciò che è fuori perimetro ha peso. talvolta è proprio questa assenza a essere prepotente. ma allora deve in qualche modo essere evocata.
resta che il soggetto è l’intera fotografia che produciamo. e mostriamo. perché tutto ciò che c’è concorre.
buona giornata anche a te Giusi.
Quali sono le 4 regole?
Ottimo articolo.
Il perimetro. Definire qualcosa. Chiuderla o racchiuderla. Buon punto di riflessione.
una che lo è davvero, fondamentale: l’esposizione. le altre tre sono variabili… tra produzione e post.
comunque se hai tempo e voglia potresti leggere questo – è riferito al ritratto ma non cambia la questione: le regole son fatte per essere manipolate.
https://blog.efremraimondi.it/ritratto-quattro-regole-pero/
L’essenza del perimetro: grande Efrem!
La fotografia non si preleva. Vivaddio qualcuno molto autorevole che finalmente lo dice
non è questione di autorevolezza. è la differenza tra stare coi piedi per terra o su un cavo, in bilico, altrove. io sto sul cavo.
La fotografia si preleva! Leggetevi Gilardi!
nessun problema Andrea da Torino… tu continua a prelevare. io, assieme a qualcun’altro, a fare.
e tutti continuiamo contenti. più o meno.
Cosa c’entra? Non si può essere approssimativi di fronte a una questione così.
ti assicuro che saprei cosa dire. con precisione chirurgica. ma ‘sta storia mi ha stufato.
una sola roba: prelevare sottintende la negazione di qualsiasi arbitrio da parte dell’autore. ridotto a mero esecutore della relazione ottica tra strumento e circostante affinché questa – la relazione – diventi oggetto del prelievo. una visione meramente meccanicistica. comunque se vuoi, insisto, continua a prelevare. anche perché poi, l’unica cosa che conta, è l’opera.
Intendevo che fa piacere che lo dica qualcuno riconosciuto abile e autorevole – che pratica la fotografia.
Siamo d’accordo che si ‘prelevi’ dell’esistente, che poi ha, come è ovvio, molte possibili declinazioni; ma, insomma, fra la pellicola e l’obiettivo c’è un cervello umano, che decide come, cosa, quando e con quali strumenti tecnici effettuare questo prelievo.
ho capito Gabriella :)
sì appunto come qualsiasi altro prelievo: l’acqua ragia per il pittore, che la estrae dal barattolo; le lettere per ko scrittore che le estrae dalla tastiera – poi come diavolo si componga la parole chi lo sa; le note per il musicista che le estrae dallo strumento eccetera eccetera.
esattamente così. è tutto un prelivo. di uno zero composto.
fuori di terzi !
grazie
ma prego!
Bello e utile, come al tuo solito!
spero che un po’ lo sia utile, Federica.
“Prima di te quel perimetro non c’era.”
Questa affermazione è una sana dose di consapevolezza.
Complimenti per la riflessione.
Gio
lo so che può apparire lapalissiano. invece non è così: quel perimetro è tutto. grazie Gio