Milano, 1 agosto 2015, h. 18,30: Hangar Bicocca.
Potevo andarci ben prima, visto che questa mostra di Juan Muñoz è lì dal 9 aprile…
Il titolo è: Double Bind & Around.
Potevo andarci prima…
E invece ho fatto bene ad andarci adesso, quando tutti l’hanno già vista.
E quindi mi sono goduto il gigantesco spazio di Hangar Bicocca. Quasi vuoto… una decina i presenti persi in un volume immenso. Splendido.
La scultura è fantastica.
Perché ci giri attorno. Perché ti allontani, ti avvicini, ti abbassi, ti alzi. E cambia.
È ferma. Non si sposta di un millimetro da se stessa… dal posto che le è stato assegnato o dal percorso che le è stato imposto se prevista mobile – e qui ci sono delle opere dinamiche, un paio.
Invece tu sei libero di muoverti . E questo, con la scultura, è fondamentale.
Quello che appare immediatamente evidente in questa mostra è che anche la distanza, lo spazio e la sua sproporzione sono elementi espressivi fondamentali dell’opera di Muñoz… impressionante la scena che subito si presenta appena varcata la soglia.
Ma questa del rapporto con lo spazio, è patrimonio imprescindibile della scultura e delle opere di installazione. Perché coi volumi si misurano sempre. Solo che qui è sottolineato e in sé è linguaggio.
L’unico precedente espositivo di Double Bind, che è il focus della mostra – in tutto altre opere per un totale di quindici – risale al 2001 per la Turbine Hall della Tate Modern di Londra. Poi stop. Questa è la seconda volta.
E della mostra non dico altro: va vista.
Quello che invece c’è, è che trascorso il minuto iniziale in cui resti lì, statico come una mattonella con un hangar sopra, poi con le opere dialoghi. E lo fai a modo tuo.
E questo è il nostro focus: misurarsi, dialogare, metabolizzare le opere che sono di altri.
E quando di opere vere si tratta, la dialettica produce altro.
E ciò che poi tu restituisci, è altro.
Qui mischio le carte, perché ho anche una voglia, e un’esigenza informativa.
Ma la strada che mi affascina è la nuova relazione che puoi creare.
Quando puoi girarci intorno, quando hai davvero di fronte linguaggio solido.
Quando un’opera ti catapulta altrove.
E tu hai l’immediata, imprescindibile necessità di appropriartene.
Come sempre. Come con tutto.
Puoi farlo.
Devi farlo.
Quanto è straordinariamente potente ‘sta mostra…
© Efrem Raimondi. All rights reserved
© Efrem Raimondi. All rights reserved
Nota: tutte le immagini in iPhone 6.
iPhone 4s
Juan Muñoz, Double Bind & Around
Fondazione Hangar Bicocca
Milano, via Chiese 2
Tel. +30 02 66111573
info@hangarbicocca.org
Orari:
giovedì/domenica: 11.00 – 23.00
lunedì/mercoledì: chiuso.
Fino al 30 agosto 2015.
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al Reina Sofia ,l’artista e’in collezione permanente….diverso sicuramente l’impatto generato dalla sommatoria contenuto+contenitore, come giustamente sia te che Vilma avete evidenziato. Si apre una tematica che nemmeno una tesi di laurea sarebbe esaustiva…Quanto il”contenitore” influisce sul “contenuto”?
Tema molto,molto interessante!!
Cinzia – qui la questione riguarda anche la misura della distanza. che è disorientante. ma è un fatto percettivo. c’è chi non lo coglie. per me qui diventa soggetto. ma se fai un tour alla ricerca di immagini vedrai che c’è chi si è soffermato su altro. è uno strano luogo il cranio. e la sensibilità una dote
perso al Reina Sofia e lo perderò’ in Hangar Bicocca….ma devo dire che ,grazie a te , l’ho visto e capito forse meglio… Foto molto belle!!!
Cinzia – però al Reina Sofia non ha presentato la stessa mostra. questa ti direi di vederla, perché in uno spazio così è impressionante.
le foto ringraziano. e anch’io :)
“C’est un spectacle, mais sans la scène; un jeu, mais aussi une entreprise quotidienne; un signifiant, mais aussi un signifié……….La scène du carnaval, où il n’y a pas de scène, pas de “théatre”, est à la fois scène et vie, jeu et rêve, discours et spectacle”……… e senza la coppia mista di Riyueren, magari alle dieci del mattino, in contemporanea ad una classe in gita scolastica, vedrò senz’altro un’altra mostra.
Ma il plebiscito mi ha convinto, magari ci vado (appena mi passa la sciatalgia, mannaggia!)
vilma – alle dieci del mattino lo escludo. guarda orari e giorni. in calce.
una scolaresca… con insegnante che spiega. le vedevo a ny. in italia non ho ancora avuto la fortuna :)
Si, verissimo, un’opera concettuale da visitare dall’interno, componendo spazi attraverso un labirinto di vuoti da scoprire…
Vista si, grandiosa e coinvolgente !!! Bello riviverne qui le emozioni rimbalzate dal tuo sguardo…
Claudio – vero?
la cosa ulteriormente interessante è appunto che il nostro sguardo può anche restituire altro. e quello spazio, con queste opere, ho visto che proprio ha soggettive molto diverse. è una cosa magnifica
Eh, la seconda volta erano quasi le 11 di sera, la luce dell’ultima sala era spettrale, direi.Non c’era nessuno, poi è arrivata una coppia stupenda: lui di colore, lei bianca, coi capelli rossi lunghi e ricci e un vestito da sera nero.Camminavano lentamente in mezzo a tutte quelle sculture, una scena irreale.E bellissima.
Da qui al 30 agosto spero proprio di farcela a tornare su.
Riyueren – non credo si possa trovare condizione migliore di quella da te descritta. che poi, rossa e nero a parte, è identica a quella di cui ho goduto.
occhio agli orari e ai giorni.
Io sono già andata due volte solo per lui (una volta in pieno giorno, l’altra subito prima della chiusura, cioè senza visitatori e con poca luce nella sala finale, bellissimo).Ho consumato il libretto – depliant a forza di leggerlo portandomelo dietro (sta andando in pezzi).Ho potuto assistere al concerto “A man in a room, gambling” con la musica composta da Gavin Bryars anche lui presente con il quartetto di Sentieri Selvaggi insieme alla voce registrata di Muñoz.
Non credo di aver documentato più di tanto se non le mie emozioni.Alla fine mi sono trovata con 150 scatti da post produrre, ma è stata un’emozione anche quella.
Assolutamente da andare a vedere.E rivedere, se riesco ad andarci ancora una volta.
Riyueren – hai tempo fino al 30 agosto. queste immagini sono state realizzate alle ore 18,30 dell’autunnale 1 agosto: quale luce? comunque sì, bellissimo
no, non sono andata, non vado da parecchio alla bicocca, dove peraltro vale la pena di andare anche solo per la monumentale installazione permanente di Kiefer, che mi piace molto.
su Muñoz ho qualche riserva, forse lo apprezzerei di più se non conoscessi George Segal, o Duane Hanson, con i quali c’è anche una sovrapposizione cronologica.
è anche vero che l’installazione è una forma espressiva in cui il contesto ambientale concorre quanto le sculture a definire l’opera, quindi il discorso va interpretato complessivamente, come ben evidenziano le tue foto e come tu giustamente rilevi quando dici “la distanza, lo spazio e la sua sproporzione sono elementi espressivi fondamentali dell’opera di Muñoz…” e non solo di Muñoz.
vilma capisco… però ci andrei. mi forzerei e ci andrei. quanto alle mie immagini mi si è posto un bivio: documento o faccio altro?
in parte ho fatto una roba. e in parte altro – oltre a quello che ho pubblicato. ed è strano… perché molte figure in tutto quello spazio mi hanno come letteralmente mosso
splendido reportage, bravo!
vilma – tu sei andata a vederla?
Dal tridemensionale al bidimensionale! Un meraviglioso tuffo. Grande mostra e grandi fotografie. Sono ancora a Milano e ci vado: grazie!