Oggi sono allo IED di Torino. Per una lectio magistralis.
Che ha l’abitudine di presentarsi in maiuscolo.
Il più delle volte a ragione, nel mio caso no.
Non è una posa, so ciò che dico: ai posteri l’ardua sentenza… solo che a me dei posteri non me ne frega niente.
Perché se mi fregasse davvero qualcosa non farei il fotografo.
Farei cose, oggi, ben più utili. E non me ne starei a rimirare il mondo e la sua fauna umana proiettata all’inferno.
Con l’aggravante della pretesa interpretativa, invece cerco di rappresentarlo questo mondo… che è poi quello che ai posteri verrà consegnato.
Per questo ci malediranno. Perché invece di stare con l’iPhone in mano e scaricare tonnellate di spazzatura iconografica, potremmo fermarci.
Mica tanto… giusto il tempo per capire dove virare.
Tecnicamente non è facile, ma almeno un impegno emotivo e uno sforzo intellettuale, li vogliamo fare?
Io non voglio scendere da questo mondo, e anzi mi fa incazzare l’ineluttabilità della morte. Forse è questo che si fotografa: la resistenza alla perversione della logica, all’ineluttabile inaccetabile.
Alla supremazia della clava. In qualsiasi forma si rappresenti.
E tanto più metti a fuoco il senso del tuo resistere, tanto più trovi il linguaggio per esprimere la tua ribellione.
C’è chi ci sguazza… se mi fregasse davvero dei posteri mirerei il mondo non dal mirino di una fotocamera.
Sono giusto trent’anni che sono fotografo. Più i due che hanno preceduto formalmente il mio ingresso in società, fanno trentadue anni che faccio fotografia.
E non sono ancora in grado di tirare una somma che è una.
Qualcosa però ho imparato… la più importante: fotografare senza guardare.
La vista è un esercizio molto più complesso che implica un’abitudine all’invisibile. A ciò che non si palesa con la fanfara.
Io credo nell’utopia. E in ciò che non si vede.
I newsmagazine fateveli voi. Che tutto guardate e sapete.
Noi siamo ciò che saremo, sai che ci frega dell’attualità!
Di ciò che si vede, della realtà sottolineata e zeppa di strass non me ne frega un cazzo.
È curioso… ‘sta storia di Internet è potente: questo post mi precede a Torino.
Ringrazio Paolo Ranzani, collega e in più docente allo IED. È a lui che devo il fatto di essere, a breve, lì.
Con di fronte dei ragazzi. Nei quali mi rifletterò: trent’anni fa ero anch’io così.
Dimenticavo… ho avuto sette maestri, nessuno di questi è più tra noi, così non faccio torto a nessuno: Luigi Raimondi – mio padre, Richard Avedon, Caravaggio, Charles Bukowski, Louis-Ferdinand Céline, Michail Bulgakov.
E Felipe, il mio gatto bianco.
Poi ho girovagato. E ogni tanto qualcosa ho trovato.
La fotografia è rivoluzionaria. In quanto discute e scompone l’ordine costituito.
È violenta. In quanto restituisce arbitrariamente.
Qualsiasi forma assuma, non è un vezzeggiativo.
A tra poco.
© Efrem Raimondi. All rights reserved.
Hai ragione, a pensarci bene in giro non vedo niente che mi faccia sussultare, la confusione regna sovrana.
Avrei tanto voluto esserci: come è andata?
per ciò che mi riguarda è stato già un piacere avere davanti delle giovani facce.
non è però a me che devi chiedere come sia andata, diletta. la situazione era comunque particolare, perché di fronte avevo degli studenti. decisamente motivati, alcuni, a fare della fotografia il proprio lavoro.
quindi non una situazione sui generis.
Ciao caro, ogni tanto esco dall’ombra, incuriosito dalla tua percezione del giovane, del fresco, di chi con l’attuale disponibilità di conoscenza tecnica e tecnologica dovrebbe spaccare il mondo. Mi chiedo se hanno abbastanza rabbia? Quella buona, quella necessaria, quella che ti fa uscire allo scoperto.
a volte sembra una rabbia solo autolesionista. c’è più smarrimento che rabbia. e li capisco.
Smarrimento per assenza o per eccesso di modelli? O altro?
la confusione è grande. non c’è un solo motivo… il principale, mi vien da dire, è la mancanza di luoghi in grado di intercettare e dare argine alla produzione. che rischia quindi di disarmarsi rapidamente. di perdere spinta. fino a una decina d’anni fa, poco meno, i magazine erano questo luogo. ne vedi in giro qualcuno che faccia sussultare?
Efrem, pubblicherai sul blog un post/audio/video della tua lectio?
non so vilma, dipende da una serie di fattori da valutare una volta che l’ho riascoltata/vista. il primo fattore è che è stata molto improntata sull’ambito nel quale mi trovavo… il dubbio è che non sia così trasversale insomma.
Ottimo aperitivo, grazie Efrem
di cosa? però prego :)
“Qualcosa però ho imparato… la più importante: fotografare senza guardare.”
Don’t Try
“Qualcuno in uno di questi posti… mi chiese: “Cosa fai? Come scrivi, come crei?” Non lo fai, gli dissi. Non provi. È molto importante: non provare, né per le Cadillac, né per la creazione o per l’immortalità. Aspetti, e se non succede niente, aspetti ancora un po’. ”
fra due giorni saranno vent’anni dalla morte Charles Bukowski
quanto lo amo.
Forse il problema è che noi crediamo che possiamo fare, essere, contare e che i nostri comportamenti siano influenti, nel bene o nel male, per qualcuno o per qualcosa. Forse la verità è che non siamo un cazzo.
tu dici fabrizio? credo che qualcosa si possa fare. se non per gli altri, almeno per se stessi