La luce ambiente è quella che trovi, non la porti da casa…
Ci sono due modi per affrontarla: o usarla, che quasi non la noti o restituirla come fosse il soggetto, e allora la puoi toccare.
E sono due percorsi diversi.
Ambiente: che non è detto coincida con quella naturale.
Ambiente: inclusa l’incandescente giallognola bandita qualche anno fa. Però io ne ho una scorta, tutta in memoria.
Ambiente: quella dei lampioni di notte… quella del sole filtrata dalla finestra e schiantata s’una parete blu. Rossa. Bianca…
Ambiente: quella fredda del mattino. Calda la sera.
Ambiente: quella che la nebbia ti rimbalza in faccia e anche tu chissà dove sei.
Naturale: per definizione quella del giorno. Rigorosamente tarata a 5.500 gradi Kelvin, rigorosamente a mezzogiorno, rigorosamente col sole.
E se piove? E se nevica? E con la luna?
È solo una convenzione, mettiamola così: Naturale è la luce prodotta dal giorno che c’è, in assenza di qualsiasi luce artificiale, messa emotivamente in relazione con l’esterno qualsiasi esso sia.
Ambiente è la luce che determina, marca lo spazio nel quale ci troviamo, sia esso interno o esterno. E riguarda anche la notte che c’è, anche se addobbata a Natale.
Me ne frego delle convenzioni, e così per comodità etichetto tutto come luce ambiente. Cioè tutta la luce che non importiamo artificiosamente. Fosse anche una pila. Tantomeno la luce flash.
Perché poi, Naturale definisce un punto tecnico, mentre Ambiente una realtà promiscua.
E perciò più corrispondente alla condizione fotografica.
La prima luce con la quale ci siamo misurati tutti.
Perché subito riconoscibile; perché comoda; perché non impegna.
Perché non ci si pensa.
Perché non si vede.
Perché non disponiamo di un’alternativa.
Ne siamo in balìa…
Semplicemente non la guardiamo in faccia e le rifiutiamo un’identità.
La trattiamo un tanto al chilo: più è meglio è. Sbagliato.
Poi ti fermi e ti metti a guardarla. Così ti accorgi che una dialettica è possiibile e modulandola, la luce ti asseconda. Una generosità inaspettata.
Tutto ciò in ripresa, non dopo: dopo quando?
La fotografia è adesso, dopo è un altro tempo nel quale barare per dare forma a delle fotografie che fotografia magari non sono.
Adesso è il tempo che ci riguarda.
Per cui in primis, guardare la luce. Che in fotografia è il mezzo dominante. E determinante.
Diffusa e morbida, direzionata e contrastata, in ombra portata o scoperta. E il colore? E il bianco e nero?
Sono tutte domande che non hanno una rispota. Ne hanno varie.
Esiste una luce K, che è il coefficiente teorico della perfetta esposizione: quella esatta per impressionare il supporto che ti pare.
Ancora una quantità… viviamo in un mondo quantitativo. Non mi piace.
Qui però non possiamo fregarcene, ma solo polemizzando con l’idea di perfezione otteniamo l’esposizione che ci riguarda.
La luce ambiente si manifesta. E noi ne vediamo un’altra: quella che ci appartiene.
Questa è la nostra fotografia.
Vale per tutto, mica è una questione di genere.
E vale soprattutto per il ritratto.
Dove modulare la luce ambiente determina la cifra primaria.
Che se fosse un controluce? Un mosso piuttosto che un blocco di granito?
La luce che ci è data è una. La sua lettura ne determina altre.
E restituisce una gamma di volti e anche di espressioni.
La luce che ci è data è sempre una… che l’occhio registra come una soluzione, mentre fotograficamente è un composto. Spalmata in uno spazio più ampio di quello che il nostro occhio percepisce col suo angolo di campo di circa 50 – 60°, e che per convenzione ottica viene approssimato al cosiddetto obiettivo normale, cioè il 50 “Leica”, che in realtà è un filo più stretto.
Come se non bastasse, l’occhio rileva molte più informazioni al centro del campo visivo… E la periferia, che fine fa?
È semplicissimo: se usiamo un grandangolo abbiamo più luce ambiente di quanta ne avremmo con un tele.
E si può pensare che non influisca sul nostro ritratto?
Le immagini che pubblico sono solo esemplificative dell’uso che faccio della luce ambiente. L’unico artificio che mi concedo, quando ritengo, è un Lastolite circolare riflesso in bianco.
Tutto qui.
© Efrem Raimondi. All rights reserved.
Adriana Zarri, 1984. PM mag. Color Slide 35 mm
Subsonica, 2005. Lo Specchio della Stampa mag. Negativo 35 mm
Valentino Rossi, 2001. GQ mag. Negativo 4,5/6
Francesco Bonami, 2002. Gentleman mag. Negativo 35 mm
Pia, 2007. Album Cover Urlo. Negativo 6/7
Vanessa Beecroft, 2011. Work. Digitale medio formato.
Giorgio Armani, 2001. NOVA mag. Polaroid 600 BW con Polaroid 690 slr camera
Claude – my brother, 1997. Work. Polaroid 600 BW con Polaroid SX-70 camera
Laure, 1998. Work. Polaroid 600 BW con Polaroid SX-70 camera
Laura and Me, 1997. Work. Polaroid 600 con Polaroid 690 slr camera
Annarita and Me, 2013 Work. iPhone Photography
Giorgio Faletti, 2004. Baldini Castoldi Dalai editore. Negativo 4,5/6
Gillo Dorfles il giorno del suo 104° compleanno, 2014. INTERNI mag. Digitale full frame
Giovanni Bussei, 2000. GQ mag. Negativo 4,5/6
Vasco Rossi, 2000. Campagna stampa Stupido Hotel album. Negativo 4,5/6
Tom Dixon, 2013. INTERNI mag. iPhone Photography
Giovanni Levanti, 2014. Istituzionale. Digitale medio formato
Laura Maggi, 2012. Playboy mag. Digitale medio formato
Sconosciuta, 2014. Work. iPhone Photography
Silvana Annicchiarico, 2012. Ladies mag. Digitale medio formato
David Chipperfield, 2014. Grazia Casa mag. Digitale full frame
Laura, 2013. Work. iPhone Photography
Annarita, 1995. Work. Polaroid 55. Banco ottico
Cat Power, 2012. Rolling Stone mag. Digitale medio formato
Zinedine Zidane, 2000. GQ mag. Negativo 4,5/6
Terremoto Irpinia, 1980. Reportage. Color slide 35 mm
Fuorisalone, 2013. INTERNI mag. iPhone Photography
Fuorisalone, 2013. INTERNI mag. iPhone Photography.
Luce ambiente, 2014. Work. Digitale full Frame
©Efrem Raimondi – All Rights Reserved
#stop1here
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Ciao Efrem mi piace il passaggio sulle convenzioni e come abbia deciso di phottertene! In effetti sono poi quelle che ti ancorano a terra, impediscono di andare oltre e progredire nella personale ricerca espressiva, la quota, come spesso tu la chiami. E’ presente, sempre, la luce! E’ scontata, spesso un’ abitudine, ma è un po’ come l’ aria, ce ne accorgiamo quando cambia la qualità, lo sentiamo nel respirarla. Comprendo e condivido il passaggio che implica la scelta dell’ uso che si intende fare della luce, intesa come veicolo comunicativo del nostro linguaggio, la nostra cifra espressiva e mi rendo anche conto che per far propri certi concetti occorre un tempo, un percorso individuale che sedimenti e radichi bene nel profondo. Credo che balbettare fotografie faccia parte del percorso di conoscenza, soprattutto di sé, per poter sviluppare un proprio linguaggio e cominciare a parlare. Intanto, mentre gattono e balbetto, mi godo i tuoi scritti e i tuoi scatti. :)
piero – bypassare le convenzioni richiede una condizione: conoscerle. nel senso di conoscere la tecnica. chi dichiara che non serve, mente.
chi per ignoranza, chi in malafede.
e appunto come dici, ci vuole del tempo. ma basta iniziare e poi vedere dove si va a finire. semplice no?
Solo in pochi riescono a tramutare pensieri cosi potenti in immagini che lo sostengano…è tutto cosi pulito selvaggio semplice diretto naturale o ambiente, come la luce. Grazie.
Alexander – grazie! ho però un vantaggio… parto dalla fotografia che mi riguarda :)
ti assicuro che è da lì che parte tutto il resto.
Efrem, riesci sempre a centrare il punto. Mi fai incazzare. Le tue parole sono sempre fotografie della fotografia-vita. Stupende.
Avevo selezionato una foto e la stavo lavorando. Poi ho letto questo pezzo ed ho scelto un’altra foto. Ti odio.
Grazie!
@Andrea – sarà certamente un’ottima scelta…
la fotografia fa male :)
Interessante la distinzione che fai tra la luce Ambiente e la Naturale. E la visione delle immgini è fondamentale. Mi chiedo solamente (mi sono documentata) se l’uso del Lastolite non altera in qualche modo “la luce che trovi”. Grazie e tanti complimenti. Ciao. Cecilia.
@Cecilia – non altera la qualità, la tipologia, della luce che trovo… ne rubo solo un po’ e le cambio direzione. grazie a te!
“vanessa beecroft…” cioè?
@Valeria – ma no, niente… riflettevo tra me e me
Illuminante, grazie mille.
@Luca – grazie a te!
grazie Efrem
@paolo – a te per la cortesia
La luce ambiente è dei visionari, è del campo dei deliri. Ci cammini sopra nudo con i piedi ovattati. Il flash è dei salvatori. E’ una bella linea sinuosa sopra tutto quello che si scrive.
@Eleonora – a me piacciono entrambe, giuro.
visionari e salvatori… ma soprattutto salvatori mi incuriosisce molto. giuro anche in questo caso, per cui se la raccontassi un po’ sarei contento
Tutte foto bellissime che in gran parte abbiamo già avuto modo di vedere nel tuo blog. Non mi ricordo di aver già visto l’ultima, mi piace molto, è forte, ruvida, coraggiosa negli accostamenti cromatici, le righe nere dell’ombra sul muro, persino il filo attorcigliato del citofono mi piace, e anche le cornici demodé dei piccoli quadri.
Commento da infiltrata.
@Vilma – questa cosa dell’infiltrata mi diverte… un giorno forse capirò.
in effetti l’ultima non l’ho mai pubblicata qui. assiene a qualche altra… forse anche la beecroft.
grandissima capacitá di riempire il fotogramma e di trovare la sintonia col soggetto… C è molto da imparare!
@Carlo – in effetti il tema della sintonia, o comunque della relazione, sarebbe da affrontare…
Bello. Da gustare ed assorbire, parola per parola.
@adolfo – mi piace “da gustare”… forse anche da assorbire :)
Pura Poesia
@Max – grazie!
sempre bravo!!!
@Titti – sempre molto gentile: grazie titti!
Lo scritto è all’altezza delle immagini e queste sono super! Vanessa Beecroft: splendida!
Grazie Efrem
@Valeria – grazie a te… vanessa beecroft…
Meraviglioso!
@Francesca – grazie!
le tue foto…hanno dentro tutto. non solo la luce. o la luce che restituisce tutto?
@eligio – grazie! bah… la luce restituisce quello che tu vuoi restituisca: è davvero accondiscendente