Maestro… #myfather #andme

Ci vuole sempre un maestro.
Una maestra.

Qualcuno che ti abbagli…
Qualcuna di cui innamorarti.

Per ciò che sono…
Per ciò che fanno…
Per ciò che danno.
Una dote per sempre, sino all’infinito.
Sei pronto?
Adesso tocca a te.
Non pensare, adesso fotografa.
E vediamo cosa restituisci.

È andata così.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

my father and me © Efrem Raimondi - All Rights Reserved    Mio padre e io fotografati da mia madre, giugno 1962.

Il maestro è nell’anima,
e dentro all’anima per sempre resterà.
Paolo Conte.

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45 thoughts on “Maestro… #myfather #andme

  1. Questa foto è di una tenerezza disarmante.
    E conferma quello che ho sempre pensato: che le foto più belle ti vengono fatte da chi ti ama.
    :)

  2. A parte che la foto, L immagine, è davvero forte, bella come composizione e mi fa pensare che tua madre t’ abbia lasciato dei geni luminosi, ecco a parte questo …le mani. A me colpiscono le vostre mani, le sue mani, quello starti addosso, ma delicatamente. Come dovrebbe fare un buon maestro. Tu, già punk. Si sente dalla foto.

    • ecco Claudio… sì. due sì: le mani, ho fatto un particolare diquelle mani
      https://blog.efremraimondi.it/mani/
      mia madre raramente fotografava. era più in situazioni come questa… ha sempre pensato a un impiego utile. però ho il ricordo di altre sue presenze in questo senso, e lo sguardo è sempre simile a un abbraccio.
      punk a mia insaputa :)

  3. Buonasera a tutti,
    il modo di vestire di tuo padre mi piace, per allora poteva essere normale.
    Ora si è perso quel modo di essere semplicemente eleganti.
    “Guardarsi indietro per capire come andare avanti”
    La fotografia penso serva per prendere una direzione almeno per me è ed è stato così, ho l’impressione di aver camminato, con lo sguardo.
    Una sensazione.

  4. Il mio di padre l’ho sempre visto irraggiungibile per certi versi, siamo stati spesso in conflitto, fino a quando anch’io ho avuto dei figli, da qualche anno, sì è creato un equilibrio. Forse è sopraggiunta una positiva rassegnazione in lui, dovuta al fatto che io, suo figlio, fossi oramai grande e avessi a mia volta da insegnare ai miei di figli. Come se si sentisse non più obbligato a indicarmi la strada, anche quando non lo chiedevo, come se in un certo qualmodo si fosse convinto al fatto di aver fatto con me un buon lavoro di padre. Mi ha insegnato anche cosa non essere a volte. Per capire tutto però dovevo diventare un pò più grande!

  5. Mi è subito venuta in mente una canzone di Paolo Conte
    “Il Maestro è nell’anima 
e dentro all’anima per sempre resterà 
…..”, lui parla di musica e di “un’orchestra eccitata e ninfomane 
chiusa nel golfo mistico 
che ribolle di tempesta e libertà
”, ma sempre di maestri si tratta.
    Nel tuo caso l’affinità mentale coincide con quella del DNA, ed è molto bello!

  6. Si potrebbe intitolare “la genesi” :-)
    Per me, l’amore verso la fotografia è nato quando da piccolo, la domenica mattina, mi infilavo nel letto di nonna, per guardare insieme a lei tutte le foto di famiglia, raccolte in uno scatolone. Non so spiegare il perchè, ma quelle immagini mi affascinavano, pur nella loro semplicità (o forse proprio per questo).

    • non ci crederai Bruno ma l’origine di questa riflessione nasce proprio da questo: cercavo una foto di quand’ero bambino. e ho cominciato a rovistare tra i ricordi cartacei della mia famiglia. ed eccomi qui

  7. Che bello Efrem ! E ti invidio anche un po’ …
    Mio padre morì che ero ancora bambino e non era fotografo.
    Mi manca molto questo ricordo, anzi, purtroppo ne ho pochi.
    Ciao Efrem, Carlo

  8. Ho molti ricordi simili a questa immagine che hai caricato.
    Poi arrivò il tempo in cui per insegnarmi qualcosa mi teneva li, al suo fianco: lo guardavo, mi guardava. Spesso accadeva in laboratorio stampa o in reparto cromia ma successe uguale per la guida di una moto o dell’auto. Compito mio era andare all’indietro sino a toccare l’inizio sino a poter io ricomporre lo scenario e Papà, era lì ad un metro che somigliava a mille chilometri. Sorrideva, annuiva quasi disinteressato. Poi parlava, diceva, mi metteva davanti alla realtà che a volte era “bene, giusto cosi” altre era “non ci siamo proprio”
    Ancora oggi ci scambiamo informazioni semplicemente rimanendo uno di fianco all’altro. Non profumiamo più di inchiostri e solventi per la stampa ma ci guardiamo nello stesso modo.

  9. Mi emoziono particolrmente. È vero. Io l’ho vissuto sulla pelle. Mio padre, il mio maestro, mi ha isegnato tutto, poche parole, molti fatti. La professione di fotografo, vista dall’ esterno può sembrare “figa”, ma è un’apparenza, è bella si, ma è faticosa, come tutti gli altri lavori. Credo di essermi innamorata della fotografia perché ho sempre visto negli occhi di mio padre, quando tornava la sera a casa stanco, quella luce lì, che ancora oggi non so descrivere. Grazie anche a te Efrem!

    • Chiara, la ricordo mia madre, ogni tanto, con la biottica in mano… sai com’è, girando fotografia per casa…
      da quando mio padre è mancato non è più accaduto

  10. Bellissimo post. Mio padre mi regalò la sua macchina fotografica che aveva smesso di funzionare, quando avevo 6 o 7 anni, e con quella andavo in giro fingendo di fotografare le cose. Non mi ricordavo di questa cosa finchè non ho visto la tua foto e il tuo post. Sicuramente questo era un caso in cui le fotografie non esistevano ne mai sono esistite . :D però credo di averne fatte tante di non fotografie, finchè non ho deciso di smontarla per vedere cosa ci stava dentro.

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