C’è questa tendenza a pensare che i fotografi che non fanno reportage – quello maiuscolo, colto, incline alla lacrima – o aderenti a questa iperbole della fotografia sociale, siano dei fighetti.
Mi spiace deludere, non è così.
La fotografia è un luogo intimo. E si vede.
Coincide nella migliore delle ipotesi con la visione che hai del mondo.
Con te.
Qualsiasi cosa tu faccia.
Soprattutto se è chiaro chi è il soggetto: tu! E la tua fotocamera che ti asseconda. Sempre.
Senza un attimo di tregua. Nemmeno se stai ritraendo Dio.
È davvero così.
Pagherete caro, pagherete tutto.
Ritratto a questa vacca, Trentino 2014
Fiorellini, non ricordo dove 2017
© Efrem Raimondi. All rights reserved.
Condividi/Share
Quando ci si trova di fronte sul serio alla fotografia che diventa opera d’arte e il bello che tu lo fai con una leggerezza che sorprende. Come se non bastasse fuori dagli schemi triti e ritriti del circuito attuale dell’arte. Queste opere parlano dell’autore e del suo punto di vista con una chiarezza che non lascia scampo.
Così come la mostra in corso a Parma che ho visto domenica: potentissima in una cornice sorprendente. Erano anni che non mi emozionavo così a una mostra: complimenti vivissimi al tuo lavoro e alla curatela, perché non era facile. Dem
urca! grazie Dem, molto gentile
Commento con il racconto di un episodio personale.
Mostro il mio lavoro dei giardini a una editor di Internazionale. Mi risponde: “non funziona, non c’è il sangue”.
I fighetti oggi sono dall’altra parte con la tracolla nuova, e l’antropocentrismo è la malattia mortale dell’umanità.
Un abbraccio Efrem!
un abbraccio Chiara. però qui il sangue c’è eccome! il mio e quello versato dai protagonisti di queste immagini
Certo. Non c’è se non lo si vuole vedere. E c’è anche se gli alberi non sanguinano rosso.
Hai toccato un tasto che mi fa male da sempre, cosa fotografo, chi sono, questo non lo so ,basta pensare che ho amato la fotografia quando da ragazzo ho scoperto Man Ray ed Eugene Smith ,un abisso tra loro ,so che cerco di fotografare quello che sento, può essere reportage ,spesso mi hanno detto che le foto di reportage non sono arte fotografica,ma io non sono un artista,sono solo un fotografo o altro, i miei lavori spaziano su temi diversi, passo dalle oche al raccontare un menage a trois saldato da una antica e cruda arte giapponese , poi torno a un mare d’inverno tutto sfuocato o al mio bosco d’inverno,magari ritrovo le oche ,poi ho un lavoro da inviato per un magazine di Turismo. Spesso mi sono sentito dire che non si fa così, devi fare una scelta ,non ho mai voluto farla ,magari per un breve periodo, poi volevo altro,io ero altro in quel periodo ,poi tornavo.Adoro fotografare su un tema, qualsiasi esso sia , mi stimola ,mi fa pensare.Per quanto riguarda un certo tipo di reportage ,quello del dolore cozza spesso contro l’etica, per esempio io abolirei i premi sulle foto di guerra ,non lo trovo etico ,ma ci possono essere foto non di reportage ancora più violente. La cosa più difficile è fotografare se stessi, lo facciamo sempre quando premiamo quel bottone ,a volte a sproposito, parlo per me ,sia ben chiaro ,non voglio essere frainteso ,l’importante è essere sinceri, non mentire a se stessi, almeno quello.Un grande abbraccio Efrem.
grazie graziano. però il tasto che qui tocco è nelle immagini che pubblico…
Certo che si,forse mi sembrava scontato scrivere che sono immagini belle e forti, personalmente in queste tue immagini vedo l’essenza della vita in tanti dei suoi aspetti.
“Antropocentrismo” grande Efrem; tornare a distrubuire l’attenzione.Comunque tu la fai facile smantellare il proprio ego è un gran casino. Un saluto da Genova che nel casino ora ci stà, buon tutto
da qualche parte bisogna pur iniziare. l’ego in quanto tale è il rafforzativo assoluto dell’individuo oltre qualsiasi ragionevole dubbio. una roba da tribunale :)
l’uomo non è al centro del mondo. se lo è lo distrugge
Trovo queste fotografie di una forza bestiale, è il caso di dirlo: bestiale e potentemente di denuncia. Per questo hai ragione Efrem quando dici che se non si passa dalla porta del reportage…
Adoro queste fotografie. Per questo ti ringrazio. Antonella
grazie Antonella. vedere il centro sembra difficile…
Si, si tutto. E però, già stiamo pagando.
Questa cosa qua dei fotografi fighetti, mi ricordo che la pensai per la prima volta (sic!) con una foto di Ghirri e precisamente -Modena, 1973 da Colazione sull’erba-.
Altro che fighetti!
infatti, Mariangela, le cose stanno così. perché non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere. il punto oggi, soprattutto oggi, è che non si sa vedere.
di quale fotografia di Ghirri parli precisamente?
Parlo di Modena, 1973 da Colazione sull’erba.
l’intera seri quindi…
C’hai ragione, ce sono varie con lo stesso titolo. Mi riferisco a quella con i due alberelli sulla sinistra e, sullo sfondo disegnati sul muro, cielo nuvola e sole.
presente.un’immagine di apparente quiete…
Buona sera Efrem,
mi sento molto vicina a queste parole davvero necessarie, soprattutto – spero di aver colto il senso – perchè sono reduce di un riscontro davvero poco gratificante dove viene fuori che letteratura, poesia e lettura sono “cose” che non interessano a nessuno, per cui la fotografia più opportuna è reportage, documentazione o viaggi.
La fotografia è un luogo intimo, si vede: binomio fantastico!
Peccato che in troppi, ahimè, hanno una capacità di oblio che lascia esterrefatti. Bisognerebbe ricordare loro che Primo Levi si salvò dall’esperienza dei lager nazisti, grazie alla poesia che potè scrivere.
Bella questa riflessione perchè coincide con una visione del mondo che non posso non condividere.
Spero di non essere stata troppo lunga.
Giusi
ma allora Giusi, com’è che non si vedono le immagini? queste sparano sull’antropocentrismo. questa è l’unica riflessione.
Non ho mai fatto parte di un gregge, perché non mi piace perdere la mia identità.
Ma ci ho provato, giuro.
La mia fotografia è intima, talmente intima che molte volte non la faccio vedere, quando lo faccio mi espongo ed li che la pago cara.
Il soggetto sono io che cerco rovistando in me stesso qualcosa che ancora non so cosa sia.
Pagherò caro anche io. Lo so.
Sempre grazie Efrem, sempre con stima sincera.
il vero dramma è proprio che il soggetto è l’uomo. è il pensiero antropocentrico che ci impedisce persino di vedere ciò che ci vuene sbattuto in faccia.
A questo punto della storia, secondo te, cosa potremmo fare per cambiare visione?
Magari torna utile anche a me
cancellare l’antropocentrismo dal proprio cervello. e guardare con sguardo nuovo il resto del mondo.
fotograficamente – mi limito a questo nella circostanza – stabilisce un altro piano di relazione. sia col visibile che con l’invisibile, che è il vero succo della faccenda.
Ma poi che significa fighetto ? Sempre piaciuti i fighetti. molto più dei rigidi noiosi omologati.
Il grosso problema è (lo è da quando l’uomo ha capito che in gruppo sopravviveva meglio) che uscire dal gregge crea scompiglio… segna alternative possibili, forse interessanti, devianti cmq, spaventevoli per chi si ostina a cercare sicurezza e pace.
Visto il contesto antropologico che ho usato :-) continuo dicendo, quasi banalmente, che se non fosse scappato qualche “fighetto” dal gregge non avremmo neppure la ruota…
Sto imparando a volare su, su, su, dove al massimo incontro qualche aquila e i greggi li vedo piccoli, piccoli…
A me piace essere “fighetta”, sai metto selfie in mutande, senza trama pelle, (pura blasfemia) le tette di fuori a 45 anni, IMPROVVISAMENTE, e sembra che per questo io sia passata dall’altra parte delle trincea… destroide, un po zoccola, un po meno artista, un po tutta sbagliata… Figurati che non faccio neppure reportage… sto mangiando bene e faccio sport… capisci no? Che ca..o c’entra con la fotografia? O l’arte?
Vuoi mettere con l’andare a girare per giorni in una città a cercare momenti irripetibili? O raccontare un ospedale psichiatrico? o la donna massacreata dal compagno? O la strage delle formiche in guatemala? O una processione in Sicilia?
Si…
“Le pagherete care”…
Le vostre insulse superficialità etichettatrici.
Va bhe!
Mi sono sfogata…
Come sai rispetto sempre troppo tutto e tutti…
Amo la fotografia e l’arte in maniera religiosa…
Spero si colga l’ironia…
Un abbraccio Efrem.
Sempre belle cose da leggere e da vedere.
Per me. Una povera, vecchia fighetta :-)
il grosso problema Vanessa, è essere antropocentrici. pagherete caro, pagherete tutto è quello che il pianeta ci sta dicendo.
lo sta urlando. fotograficamente, si può esprimere anche senza passare da certi setacci. tutto qui. almeno per me. un abbraccio a te.
E’ un tutto qui “molto tanto”
Che non passa inosservato.
L’importante è continuare a urlare, ognuno a suo modo…
c’è da togliere di mezzo l’antropocentrismo dalle nostre teste. rapidamente. questo l’urlo.
Sai già la mia opinione, togliere l’antropocentrismo non è possibile, non resterebbe nulla, siamo vivi solo perché abbiamo una benedetta e presuntuosa consapevolezza di noi stessi (i filosofi preferiscono parlare di ‘coscienza’), siamo noi il centro di ogni mondo possibile, senza di noi, senza ognuno di noi singolarmente, non ci sarebbe alcuna ‘visione del mondo’.
Per inciso, l’occidente e gli italiani in particolare l’antropocentrismo ce l’hanno nel DNA, il Rinascimento italiano è un fenomeno culturale unico al mondo che ha in un certo senso selezionato una discendenza di individui ontologicamente antropocentristi, infatti, lo dici tu stesso, la tua foto coincide con te, il soggetto sei tu, sei tu a scegliere il ‘cosa’ e il ‘come’…… L’antropocentrismo non è uno stato generalizzabile, è una situazione strettamente individuale, una spinta alla sopravvivenza, una bugia che ci spinge a fare, facendoci credere di essere utili, potenti, padroni del nostro destino.
Il pianeta non ci sta facendo pagare nulla, sta solo portando a compimento la sua evoluzione, dove la presenza umana è una casualità trascurabile e non necessaria se non per l’uomo stesso.
Ps: Fiorellini: “Phlox paniculata”
come tutti i pensieri è semplicemente una forma organizzata, codificata, di principi. nello specifico, lo sfruttamento generalizzato della vita altrui in tutte le sue forme. quello che al centro ha il tema della sacralità della vita – propria. l’occupazione del pianeta da parte di un animale – l’uomo – che non intende dialogare se non col proprio ombelico ritenendolo il centro del mondo. una roba arcaica che non funziona più nemmeno per la propria sopravvivenza. se poi va tutto bene, amen.
comunque io faccio solo fotografia. che sembra sempre così innocente…
Ne sono consapevole. Muoio ogni foto che faccio, per rinascere.
Si.
Lo è. È intimo. Forse la fotografia più mia che io mai abbia prodotto. Non sono un reportagista e manco quindi della necessaria capacità tecnica per esporre storie e fatti in maniera consona.
Scattai ad esempio le mie nelle zone terremotate, lo feci di pancia quasi in modo disordinato forse, si. Un disordine mio, una fotografia mia.
Grazie
buonasera Fabio, perdonami, sposta un attimo l’obiettivo… più giù. più o meno dove c’è l’abisso che non vediamo