Playboy n. 33: pole dance.

Pole dancers. Milano, febbraio 2012. © Efrem Raimondi. All rights reserved.

La prima cosa che ti dicono, proprio subito, è che la pole dance non è lap dance.
Questo distinguo risulta fondamentale, visto che stai fotografando per Playboy. Solo che le cose si complicano: come fare a rendere sensuali movimenti e pose al limite della gravità… come diavolo fare? Di fronte avevo delle atlete, altro che fanciulline col fine della seduzione. Ognuno ne tragga le proprie conclusioni. Io ho tratto le mie. In considerazione del fatto che questo magazine sta cambiando molto. Per questo ho ritratto non pensando a Playboy… avrei fatto lo stesso per qualsiasi altra rivista.
Fotograficamente la domanda è questa: è possibile scattare senza l’ombra di un format iconografico? Oggi credo sia indispensabile per un fotografo. Oggi più che mai.
Ed è possibile che i giornali stessi ne traggano beneficio? Un tempo era così. E checchè se ne dica la qualità media era decisamente più alta. Ma decisamente.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

E poi c’è questa snap a Valeria Bonalume… non pubblicata. Chissà perché me lo sentivo. Ma non so sottrarmi.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Credit: foto ass. Giulia Diegoli, stylist Ornella Fontana, make up Marina Donato, location Milan Pole Dance Studio.
Testo di Sara Emma Cervo.

Un grazie particolare a Krystel Arabia, Nadia Scherani, Valeria Bonalume, Kimmy Street, Sarah Genova, Samantha Fabbrini.
E a Alessandra Cantoni, ufficio stampa MPDS

Fotocamera: Hasselblad H3D II-39, con 50 e 80 mm
Flash: Broncolor

22 thoughts on “Playboy n. 33: pole dance.

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  3. Non so se ricordate: all’inizio degli anni 2000 GQ mise in copertina tre modelle lanciandole come nuove top con tanto di biografie etc.
    Poi rivelò che erano fakes – meri prodotti dell’elaborazione digitale.
    Da allora il prodotto si è perfezionato, ottenuto da modelle in partenza vere ma falsificate nell’immagine.
    E’ troppo facile far sognare con l’irreale…e credo che, alla lunga, l’irrealtà provochi frustrazione, caduta del desiderio e conseguente distacco.
    La vera sfida a me sembra riuscire a trovare il punto di equilibrio dove la realtà può trasformarsi in sogno senza diventare irraggiungibile.
    Queste pole dancers mi piacciono molto.
    Almeno, io saltò a piè pari le foto dei modelli: mi fermo se ne vedo uno che somiglia al mio uomo, ma con quel quid di trasfigurazione che lo rende sogno. Come se lo incontrassi per strada inaspettatamente e prima di riconoscerlo pensassi “però!”

    • le ricordo benissimo… allora mi occupavo del ritratto di gq. prevalentemente uomini. ed ero in redazione quando cominciò il falso-vero, quello di cui parli.
      mentre il vero-falso che dici sembra essere diventato lo standard. non si accetta più neanche che quando uno/una giri il viso si formino delle pieghe sul collo.
      si è adeguato il cosiddetto gusto alla performance prestigiatoria di adobe.
      il tuo “però” è la chiave di tutto.

  4. Interessante, cito:

    http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-democrazia-del-profitto-e-il-valore-della-bellezza/

    In sintesi sono quei quattro cani di marketing manager appena laureati che non hanno idea del mondo fuori, e poiché hanno studiato due libretti di pnl pensano di sapere cosa passa per la testa a chi non compra più i loro giornali.
    Il format, come il target, come il consumer, come il counseling sono pretesti e giustificazioni: una volta si trattavano da pavidi, ora son visti come eroi.
    Patate, devono mangiare più patate. Ma quelle ricche di amido.
    Per il resto vivere, giù dal piedistallo.
    Vai Efrem!

    • patata… si fa in fretta a dire patata: ha sfamato l’europa a partire dalla seconda metà del ‘700 o giù di lì.
      non invitiamo quindi alcuna ganascia estranea ad approfittarne.
      ciò detto fabiano, mi piace l’esortazione ad andare. è il dove che resta un quesito.
      nell’attesa sto fermo qui.

      • L’esortazione ad andare è avanti, come tutti pretendono in quest’epoca, come fosse sempre la soluzione. Senza direzione, moto senza luogo. Ma in un unico verso, prevedibile, programmabile, gestibile. Il senso contrario è visto e percepito come provocazione. E tu stai facendo questo, tra le maglie permesse da questa rete. Fermarsi è un lusso che pochi hanno il coraggio di godere, tocca trovare un fiume e aspettare.
        Vero, si fa presto a dire patata. W le patate, ma anche il riso: una volta c’erano le barzellete sui cinesi che andavano in bicicletta e mangiavano riso…oggi pagheremmo perchè continuassero a farlo. Il riso abbonda sulla bocca dei cinesi.

        • mi piace il concetto di senso contrario fabiano. il fatto è che mi sembra inevitabile. mica solo per me… mica un fatto personale: mica solo per i fotografi ma anche
          per i magazine (se lo capissero gli editori…). poi chiaro che non ho il potere di incidere niente, ma proprio niente: parole al vento. e questo al momento è un plus… forse il vento
          è l’unico elemento davvero non controllabile.

  5. Ciao Efrem,
    complimenti per le foto e per il servizio che ne è uscito.
    Riesce davvero a tirare fuori il lato atletico e sportivo della pole dance, senza togliere alle ragazze la loro personalità, femminilità e sensualità.

  6. Mi vengono in mente alcuni pensieri di Avedon sul lavoro in studio. Ad esempio, che è il fotografo che deve conquistare i soggetti, coinvolgendoli in uno spazio temporale di intensa intimità, senza un passato e un futuro. Una volta finita la posa, resta un certo imbarazzo, perché tutto è si è concentrato nella fotografia, anche quel poco di conoscenza senza coinvolgimento umano, l’incontro stesso, è stato un semplice “riconoscimento”.
    Venendo alla domanda, l’ombra di un format iconografico penso sia davvero la barriera da infrangere per liberare il proprio linguaggio, mostrando solo ciò che si riesce a “riconoscere” di quell’incontro, nascondendo tutto il resto…

    • condivido riga per riga.
      c’è poi però un problema di editing. mi capita spesso di vedere lavori ai quali viene sfilato il piatto forte.
      e oggi accade con molta più frequenza. perché?

      • …forse perché lo standard mediatico resiste con forza, perseguendo ciecamente ciò che appare meno incerto, più rassicurante, cioè l’esatto opposto di quello che la fotografia cerca per risultare interessante…

        • vero. e il motivo, oltre a non lasciare il certo (che fa acqua da tutte le parti) per l’incerto (che impone un impegno al quale spesso non corrisponde
          un’adeguatezza) è che il pensiero non è debole. ma debolissimo. a volte assente. e si pirla confusamente in giro alla ricerca della risposta, dell’idea!
          solo che così stando le cose sembrano tutti degli escamotage.
          mentre la fotografia, quella di cui stiamo parlando, non ha scorciatoie.

  7. E anzi lo faccio subito di venire a trovarti. L’ho visto questo servizio, posso dire? Non mi convince l’impaginazione. Davvero scusami, ma l’apertura del servizio non rende giustizia: come si fa tagliare una faccia a cavallo delle pagine?
    Credo che tu faccia benissimo a pubblicare anche l’immagine originale, e apubblicare ciò che non ha pubblicato Playboy. Anche perchélo trovo incomprensibile.
    Ciao davvero!

    • be’ sì, in effetti non posso darti torto sul taglio dell’apertura. una svista credo. nulla di intenzionale spero.
      sul non pubblicato non so cosa aggiungere rispetto a qaunto detto prima a diletta. e cioè: boh!
      ciao davvero uguale.

  8. Ciao,
    complimenti per il lavoro sulle atlete del palo.
    Mi è piaciuto molto, idea chiara, semplice, precisa, lineare, applicata con rigore. Bella l’idea di annullare tutto il resto e mettere uno sfondo uniforme tinta rubino.
    In sintesi: originale.
    Penso che il servizio si stacchi dal resto della rivista, almeno per quanto mi è dato di capire dal sito di Playboy… anzi specifico meglio, le immagini si staccano dal resto, il testo mi sembra invece un po’ miserello.
    Dici che dopo dei lustri è venuto il momento di tornare a comprare Playboy?
    Mah, mi sembra che ancora tutto il resto sia un’accozzaglia di tette (siliconate) e culi. Cmq di spazio per la cultura ce n’è, uno spiraglio di luce (parlando di fotografia la luce è d’obbligo). Se si riuscisse a metterci anche un testo un po’ meno banale… altrimenti c’è il rischio che il lavoro su Geppi si intitoli: “non è mai troppo tarda”.
    Dopo tanti complimenti posso dire che c’è una foto che non mi piace?
    Quella di Nadia Scherani, non mi convince il taglio (con annesso taglio del braccio) e la posizione della testa è l’unica che non metterei in ufficio a grandezza naturale. (Secondo me l’hai messa per dare uguale spazio ad ogni modella/atleta)

    Buona giornata
    Fabrizio

    • grazie per l’apprezzamento fabrizio.
      parto dalla fine, nadia scherani foto… dunque, le immagini si realizzano al momento, cioè in ripresa. poi uno può apportare tutti gli accorgimenti che ritiene, ma se non va non c’è nulla che la possa fare andare. soprattutto se contestualizzata in un percorso, e non libera per fatti propri. questa immagine è stata pensata così.
      braccio tagliato incluso. quella del taglio è parte della mia cucina. e convengo con te che appunto è opinabile e che possa anche non piacere. in questo senso ho fatto di peggio.
      assolutamente sì! è venuto il tempo per ricominciare ad acquistare playboy… se no che ci collaboro a fare?
      sta cambiando… ci vuole impegno e fatica. cambiare un magazine con questa storia non è mai semplice.
      poi magari tette e culi di plastica finiranno, ma questo anche in subordina a quanto la plastica viene usata, non dimentichiamolo: se ci fossero meno rifatte per esempio…
      ma qui davvero è un fatto culturale. occorre forse cambiare mira, e pensare, insisto come sempre, che non esiste un modello perfetto. un parametro unico intendo.
      e che magari occorre anche sapersi accettare per ciò che si è. senza inseguire modelli mediatici artefatti. quasi mai ad arte per giunta, ma più col sapore del raffazzonato visti i risultati.
      sul testo, di sara emma cervo: lei è così, diretta. di pancia direbbe lei.
      poi tutto è migliorabile, fotografie soprattutto. ma va fatto. e questo espone.
      io non mi tiro indietro.
      che ne dici?

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