Cat Power, 2012 – Rolling Stone IT.
Non basta una figura perché sia ritratto…
Occorre che sia visibile una presunzione.
Che un arbitrio venga esercitato.
Non diversamente da qualsiasi altro luogo fotografico.
Quale la tua presunzione?
Prima ne prendi atto e prima ritrai.
Spiacente, è una regola.
Ferrea.
A margine: non c’è alcun obbligo di partecipazione delle mani.
Nel dubbio, segarle.
Tanto, comunque, si lavora in ambiente anestitizzato: nessun dolore, nessuno spasmo, nessuna smorfia.
Nessun dogma.
Nessun dorma.
© Efrem Raimondi. All rights reserved.
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Lo faccio quando sono nello stato d’animo giusto, che non è definibile perché ha varie facce.
La presunzione c’è, io la ritrovo nel risultato. Gli altri non so.
Grazie Efrem, ti abbraccio.
ed esattamente lì che si deve vedere Chiara. un abbraccio
Si Efrem, è vero, la presunzione non nega, ma restituisce qualcosa che potrebbe essere altro. Trovare la chiave, qesta la “sfida”. È giusto così.
Grazie!!!!!!! Ciao
..penso, carissimo Efrem, che pochi, quando “fanno” un ritratto, (e non solo, non è forse TUTTO un ritratto?) pensino a cosa “stanno facendo”. Pensano al soggetto, al suo appeal, tecnica, luce… Alle possibilità della resa di macchina e lente o cell o ..quello che vuoi. Ma pochi, pochissini sappiano o si preoccupino del “perché” fanno quello che fanno . Titolo frequentissimo di ritratti in Social Pro: Fujifilm -T1 / 56mm f/1,2 – ISO200 – f/11 @ 1/180. La presunzione è evidente. Sigh!
:-) PdP
come la presunzione è evidente PdP? perché se evidente si deve vedere. invece spesso non si vede proprio. francamente mi auspico che sia visibile… che sia la fotografia stessa.
ma magari quelle alle quali alludi sono solo delle note tecniche… un pro memoria. no?
Grazie Efrem. Il tuo pensiero coincide perfettamente con il mio, infatti, proprio perché sento una forte responsabilità affronto il ritratto con qualche difficoltà e a volte una vigliacca resistenza. Che ne so io veramente della persona che ho davanti? Chi, e che cosa, posso restituire davvero? Allora suppongo. Ma cosa? Ciao
la presunzione di cui parlo Stefania, non sostituisce. non nega. restituisce qualcosa che potrebbe anche essere altro. il ritratto è un prodotto fotografico dell’autore.e quindi, lui che cosa è lì a fare? quale il suo compito? e ancora meglio: ma chi glielo fa fare? che il più delle volte ha di fronte una persona sconosciuta…
Ma grazie Na_Pa!
Un saluto a tutti,
Fedifraga illumina con i suoi commenti grazie.
Grazie anche a te Efrem
Questo è per me un colpo d’ala: bello bello.
Ciao Efrem
ciao Fedigrafa… colpo d’ala, ci penso
Vero Efrem che il ritratto non è specista, non vedo differenze nell’impostazione con fotografare un albero, un paesaggio o un animale come affermi, ma l’integrazione mentale di flussi del pensiero come la gestisci se non con un altro essere umano ?
il linguaggio è un codice Roberto, basta trovare il codice. non facile ma ci si riesce. e almeno lo sguardo, dritto in macchina e persistente, ce l’hai
In che senso la strada è sempre quella Efrem? Cioè?
nel senso, Enrico, che non si tratta di inventare ogni volta qualcosa. se accerti che la tua presunzione, il tuo presumore sia essenziale, parti da quello. non disponendo di altro io facio così. e poi strada facendo si aggiusta la mira. è più semplice farlo che dirlo
Più che presunzione, pro suzione. Perché l’immagine prodotta é liquida, bevibile. Ciao caro sei sempre fonte.
sì ma prima la devi produrre Donato. e questo è il punto
Figure…figurine..presunzione.
Senti le figurine le incollo con i miei figli sugli ALBUM!
La presunzione di cui parli è quella arroganza necessaria del fotografo di catturare l’intimo del soggetto…..”NESSUN DORMA” è emblematico del TUO pensiero…cioè nessuno sia apatico o essenzialmente esteta nel ritrarre! Quindi l’empatia esiste..anzi mi vien da pensare quasi una simbiosi tra i due soggeti dello scenario. Ha…ha …non mi bacchettare!!!
no aspetta claudia… nessuna arroganza. mentre la presunzione è la condizione inevitabile.
e asolutamente sì: nessun dorma!
empatia o meno
Mettere alla berlina, nel senso di farla parlare, giudicare con/dal pubblico è , caro Efrem, pubblicare l’istantanea frutto del rapporto “intimo” tra il fotografo e il soggetto che necessariamente non è una persona. Penso che il tutto diventi uno spogliarsi delle corazze che alle volte costruiamo per proteggerci dalla società . La violenza dello scatto si può considerare come il fissare, inchiodare, bloccare, scolpire il momento vissuto da entrambi. Un attimo che travalica la sensibilità del solo pensiero, molto più delicato, e questo non può avvenire altro che tra soggetti umani
mmmmm Roberto… il ritratto non è specista. per esempio ritrarre un altro animale ha un livello di coinvolgimento tosto. parlo proprio di ritratto, quella roba dove c’è, concreta, la percezione che qualcosa di altro sta accadendo. e appunto come dici, travalica il solo pensiero. è un’esperienza sublime e incredibilmente didattica. giuro
Beh , questa è propio criptica. La mia presunzione è nel pensare di conoscere nel profondo il soggetto o meglio , nel provare piacere nel fissarlo prima con lo sguardo e poi catturarlo con la violenza dello scatto, mettendolo alla berlina del pubblico, o almeno così mi va di pensare possa essere
cioè Roberto tu metti – o metteresti? – alla berlina la persona? dici davvero? cos’è la violenza dello scatto?
Questa della presunzione e dell’arbitro mi intriga proprio! Come cambiare le carte in tavola, come rovesciare il tavolo! Mi piacerebbe assistere a un tuo shooting Efrem! Vedere dal vivo come ti comporti e cosa succede. Ciao ciao
non succede nulla di stravolgente Enrico.e il comportamento è quello normale dato dalla circostanza. solo, l’obiettivo dev’essere chiaro. e la strada per arrivarci è modulabile ma in fondo sempre quella
E’ perfetta.
Quello è il punto. Con tanto di presunzione.
perfetta magari no Nicola. però funziona così. al netto di tante frasi di circostanza e cliché assortiti, funziona così