Stati generali della fotografia alla luce di tutto: dell’intenzione – lodevolissima, dell’impegno, del percorso, della somma tirata.
Quest’ultima mi sembra mostri qualche lacuna.
E non è la politica della delega che può riempirle.
Perché nel leggere il Piano strategico della fotografia in Italia ci si trova di fronte, finalmente, a una vera intenzione – perfettibile, intendiamoci.
Alla volontà sincera del Ministero dei beni culturali di mettere mano al disordine.
E di produrre un reale supporto per la Fotografia di questo paese.
Anche l’intenzione di fare un REGISTRO degli autori, niente male.
Anzi finalmente mi viene da dire. E che Lorenza Bravetta declina come un registro di chi svolge la professione.
Solo che manca la copertura finanziaria da ciò che ho capito.
Solo che la delega più grande è al futuro governo – qualunque sia.
Due anni di lavoro intenso e ci troviamo di fronte a una wishlist…
Questo il rammarico.
In Brasile, al tavolo di una discussione a fronte di un progetto concreto, accade che il tuo interlocutore passa un tempo spropositato a tesserne le lodi, i benefici…
E la meraviglia che è.
Concludendo però, spesso, con una parola.
Una sola, tombale: infelizmente…
In italiano è come i desiderata…
In latino, lingua precisa, e soprattutto spesso meravigliosamente cinica, suonerebbe così se è di fotografia che si parla: Lens sana in corpore horrido.
© Efrem Raimondi. All rights reserved.
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I punti più problematici sono proprio quelli legali e fiscali, basati anche sulla differenza tra ‘opere fotografiche’ e ‘semplice fotografia’, tra ‘diritti economici d’autore’ e ‘diritti morali d’autore’ ed altre simili sottigliezze.
Voglio dire, nessuno deciderebbe di tutelare per legge un quadro di Cezanne sulla base di altri criteri che non siano il semplice fatto che è stato dipinto da Cezanne, poiché in pittura il valore dell’opera è legato all’autore/artista, in fotografia non basta che ci sia un autore certo e conosciuto, bisogna fare un passo in più ed entrare nel merito di una valutazione tra opera fotografica e semplice fotografia.
Questo mi pare un po’ utopistico.
la questione del diritto d’autore articola già abbastanza bene – perfettibile – la questione dal punto di vista fiscale.
così com’è regolata, sempre fiscalmente, la produzione cosiddetta commerciale.
è la differenziazione che è discutibile, perché di fatto semplicemente subordinata alla destinazione d’uso.
tutto ciò vale più o meno dal 1934. ci fu un aggiornamento se non sbaglio a firma di walter veltroni a fine ’90.
e non sarebbe poi così utopistico, credo vilma, definire l’autorialità… il problema è che è subordinata a delle delle deleghe.
e qualcuna di queste – anche in ambito didattico – mi lasciano un po’ perplesso.
se però dovesse partire si potrebbe entrare nel merito. il timore è che resti allo stato che è. cioè nulla.
Premesso che personalmente mi viene un po’ d’ansia sia che tutto resti così com’è sia per come i sistemi corporativi o di tutela siano scaduti drammaticamente in abiti dove erano presenti, radicati e potevano fare tantissimo (sono una fotografa professionista ma vengo dal mondo dell’architettura).
Mi sento un po’ in imbarazzo a commentare, perché ritengo che sia fiscalmente che a livello normativo riconoscere e tutelare l’autorialità sia a buon punto. E questo lo dico con senno di poi, perché per anni non avendo affrontato dal punto di vista legale la questione, ma approcciandola in termini fotografici mi appariva fumosa, utopistica e decisamente un everest da affrontare nel mio lavoro.
Forse e dico forse, è proprio qui che invece sarebbe fondamentale un sistema chiaro che tuteli i professionisti, e soprattutto la professionalità, caratteristica tanto più chiara da rilevare quanto più bistratta da chi di fotografia ci camperebbe, perché non necessarimente legata ad un sistema di fatturazione.
L’orrore è rimanere fermi in ogni caso.
Un sistema -perfettibile che sia- ci serve, e che permetta una comunicazione sana e chiara, di come usare tutti gli strumenti che per un professionista sono vitali: ossia tutto ciò che c’è oltre “lo scatto”, il set, le luci, il soddisfare un cliente fosse anche un collezionista o una piattaforma di stock, indiffrentemente. Non un caorporativismo ingessato per carità, ma allo stato delle cose avanti non si va. Questa fumosità -reale ma anche di percepito quando invece qualcosa c’è- non fa che fare il gioco di un sistema (che non è legato solo al fotografico) su cui troppi campano consapevoli di sguazzare nell’indistinto sulla pelle di persone che fanno un mestiere sia esso autoriale o meno, ponendo tutte le condizioni per manipolarlo a piacimento. Laddove infatti la professionalità non è più riconosciuta, va da sé che non è né necessaria, né retribuibile, e i professionisti che siano 10 o 100, semplicemente non sono più.
– forse sono stata poco chiara, spero non eccessivamente –
gradevolmente chiara a fasi alterne, Ebi. la situazione, anche dal punto di vista normativo, così com’è è di una arretratezza spaventosa.
ma il bello è che ci sono persone che imputano ai fotografi la loro inadeguatezza al cambiamento – quello digitale intendono – e alle trasformazioni in atto.
sono dei veri imbecilli. e imbecille. più semplicemente non sanno di cosa si parla. perché malgrado le apparenze, la cosa non le riguarda. e non gliene frega niente.
questo documento, appunto perfettibile, è la testimonianza che si deve cambiare.
Rileggendo mi sono trovata pure svariati refusi. Mi spiace
Comunque è evidente che se ne accorgono in pochi della situazione, e credo -ma forse mi sbaglio- perché in pochi pretendiamo di viverci davvero di questo.
i refusi non disturbano mai. non dispiacertene. e comunque il tuo impeto è comprensibile.
Sono felice che inizi a vedere la luce qualcosa che inizierà a differenziare, anche e soprattutto a livello fiscale, chi può lavorare e chi può divertirsi fotografando, senza proporsi professionalmente.
Il secondo step è magari avere qualche organismo riconosciuto che formi chi fa fotografia, perchè se per i musicisti esiste un conservatorio…
Magari la mia è una considerazione terra terra, ma non avendo la fortuna di esser tra i grandi fotografi, il mio pane quotidiano lo devo spesso guadagnare lottando con chi lavora in nero, fa un doppio lavoro o è “lo zio bob” di turno
esistono le scuole. anche professionali. ma non basta, vero. questo è il primo tentativo almeno per fare un po’ di ordine. il punto è capire come andrà a finire.
facciamo il tifo perché ci sia un seguito Fabrizio. e la tua non è per niente una considerazione terra terra.
esco da un corso professionale, ben fatto per l’epoca (ci insegnarono ad usare i banchi ottici, sarei “fotografo industriale”), come sai cerco di tenermi aggiornato non tanto sulla tecnica ma sull’approccio alla fotografia, capisco che nel mondo del commercio è importante anche sapersi vendere, ma quando la vendita punta al ribasso, anche culturale, c’è poco da fare
è che qui, Fabrizio, il commercio c’entra poco: la fotografia in questo paese ha bisogno di regole e di supporti seri. non spalmati a chiunque.
Effettivamente è un documento completo ed esaustivo che potrà forse finalmente normare una materia da sempre un po’ selvaggia, speriamo che non resti l’ennesima carte delle buone intenzioni.
vero vilma, ottimo documento. con qualche dubbio in termini di deleghe soprattutto. però resta il fatto che è la prima volta che un governo di questo paese se ne assume l’onere.
il dubbio è quello che dici… buone intenzioni. perché adesso cosa succederà?