Vogue Pelle 30° Anniversary Issue…
Stavo sistemando un po’ di roba nel gran casino che è il mio cranio, e che è simile all’armadio dei negativi. Quello dove ho stipato qualche chilometro di pellicola.
E mi salta fuori d’emblée La Fuga.
Perché è così che era stato pensato e realizzato questo lavoro per Vogue Pelle, numero per il 30° anniversario, settembre 2005: la fuga notturna di una bambola dimenticata.
Una calda notte d’estate. Una notte ubriaca. Una notte perfetta per fuggire.
C’è chi crede che io racconti dove mi trovo. E che questo sia la fotografia.
Non è vero.
Io racconto sempre qualcosa che non c’è. Che non è dove mi trovo. Ma che si vede.
Basta guardare a occhi chiusi e pori aperti.
Questo è per me la fotografia.
Sarei dovuto scappare anch’io quella notte.
Buon anno, fanciulle e fanciulli in fuga.
© Efrem Raimondi. All rights reserved.
Modella: Federica.
Make up: Nancy Gallardo.
Producer: Camilla Invernizzi.
Assistenti fotografia: Emanuela Balbini, Nicole Marnati.
Location: Turci Calzature, Milano. Giugno 2005.
Sandali: CAOVILLA, STUART WEITZMAN, JMMY CHOO, STUDIO POLLINI.
Fotocamera Pentax 6/7 con SMC Pentax 55 mm.
Film Fuji NPS 160.
Flash Profoto.
come Diletta anch’io trovo un po’ inquietante la sequenza…penso sia previsto, date le inquadrature e il flash – un po’ effetto Wegee
in effetti il rimbalzo NERA era un tema.
wegee… che grande autore. si vede più niente del genere sul genere.
io ho pensato ai romanzi di Spillane, tu alla cronaca nera di Weegee …… mi pare che tutto torni
be’ meno male che il servizio è di qualche anno fa! fosse uscito ora mi avrebbe rimandato direttamente alle cronache attuali…non per stile (si vedono solo le forze dell’ordine ora, come già detto altrove) ma per tema
non si vede niente del genere Wegee ora, è vero, ma non so mica se avrei voglia di vederlo!
Vero? Inquietante certo, però una inquietudine che mi stuzzica!
mi garba la tua concezione della fotografia.
grazie roberto!
Nessuno ha notato una cosa, sarò malizioso, ma è apparentemente nuda la bambola, non vedendo altro che pelle…
in realtà non sappiamo se esiste una bambola, sappiamo solo che esistono gambe, piedi e bellissimi sandali. tutto il resto, come osserva claudio, è illazione, nuda o vestita che sia ……..
non me ne intendo molto… mi occupavo di orsacchiotti. però la bambola è una proiezione decisamente antropomorfa. quindi vale tutto. e il suo contrario.
In effetti, vale tutto e il suo contrario, come in fotografia…
una bambola dimenticata evade dalla scatola-prigione e fugge per le vie di Milano.
Poche mosse, e sparisce nella notte, senza volto, unici segni distintivi un tatuaggio sulla gamba destra, cinturino alla caviglia e tacco dodici, il massimo dell’eros.
La sequenza fotografica e la breve cronaca evocano un racconto di Mickey Spillane, con un pò di fantasia si può sentire anche la colonna sonora, una tromba, in lontananza una sirena della polizia……
Un team di donne e, curiosamente, tale Nancy Gallardo che si occupa di make up delle gambe……..
be’ sì… l’atmosfera è un po’ spillane. non ci avevo pensato vilma… ma è vero.
amo lavorare con le donne, funziona tutto meglio. generalmente è così.
nancy gallardo è tutt’altro che tale… una magnifica truccatrice. venezuelana. quando posso ci collaboro.
in ultimo W il tacco 12!
non era una critica alla truccatrice, che peraltro non conosco, ma un certo stupore per una truccatrice che si occupa di gambe…..
ho immaginato vilma… ho solo voluto definire meglio il ruolo.
che a questo proposito era concentrato sulle gambe… già, perché mica puoi pensare di fare un redazionale a gambe scoperte senza metterci mano!
io poi che non intervengo mai pesantemente con PS. con la pellicola tra l’altro certi problemi di post si prevedevano meno. quindi la produzione era l’ambito dove te la giocavi totalmente. e sarebbe utile continuare almeno a pensarla così. anche col digitale. che delega troppo. mica lui, noi.
si, e’ intriso del tuo modo di osservare a pori aperti
l’epidermide aiuta molto più della vista, a volte.
È evidentissimo che si tratti del racconto di qualcosa che non c’è, intendo dire che si è talmente coinvolti nella narrazione fotografica da non chiedersi nemmeno se quella bambola abbia un nome e somigli per caso ad una persona in carne ed ossa. I suoi arti spuntano da scatole e saracinesche, le cui geometrie si incastrano nei colori e nei disegni del pavimento, nelle cornici di specchi. La bambola non ha un volto, ma indossa calzature che portano l’attenzione ai suoi piedi, che assumono uno sguardo, subiscono una metamorfosi, diventano estremità espressive in fuga. Un lavoro pubblicitario…troppo avanti !
in effetti claudio hai ragione… in fotografia è meglio non chiedersi mai troppe cose. tanto le risposte univoche non ci sono.
Dimenticavo: belli i sandali! :)
Bello ma mi impressiona. Un po’ inquietante. Quella della saracinesca poi!
Ma è un negozio di scarpe che conosco! Ma dai!!!
se vivi a milano è un negozio che non si può non vedere. almeno una volta.
oh no diletta?
Certamente! Tipo old style di quelli che non si trovano più con tutte le scatole fino al soffitto e le scale “mobili” che girano intorno: sembra tutto di un’altra epoca ma tutto curato.
E come mai hai scelto proprio un luogo così?
la zona di porta genova la conosco abbastanza… la bazzico per ragioni lavorative. e altre robe di un secolo fa.
il negozio turci l’ho sempre notato… sarà per la posizione, sarà per le vetrine, sarà… sta di fatto che un giorno sono entrato per pura curiosità.
così ho scoperto che era perfetto per questa storia. in notturna soprattutto. perché il sapore old style era coerentemente contraddittorio. un paradosso che uso abbastanza spesso se lavoro in location.
Questo lavoro avrebbe sette anni? Sembra fatto ieri. E come no! raccontare qualcosa che non c’è è la vera prerogativa di chi vuole raccontare davvero, se no siam tutti capaci. Ma perché poi non sei scappato con la bambola in fuga?
perché la bambola aveva il suo percorso. e io il mio.