INSTAGRAM BUTTERFLY

 

© Efrem Raimondi. RANDA 122bis

 

INSTAGRAM era una roba, e adesso è un’altra.
Ma come tutti i social, chi se ne frega del contenitore: sei tu che gli dai forma.
Talvolta anche contenuto.
In Fotografia le due questioni concorrono all’unisono.
Nei casi migliori coincidono.
Poi c’è stato l’avventarsi di grandi marchi e di aziende particolarmente inclini a una comunicazione iconica…
Risultati deludenti per alcuni di loro.
Che l’equazione TOT follower = TOT prodotti venduti non è direttamente proporzionale.
Certo marketing se n’è accorto. Dopo. Giusto a flop sancito…
Girovagando: si vedono acccount coreani, qualsiasi, con 4-500 mila follower. E 100 mila like a botta.
E allora? E adesso?
Gli facciamo fare un’autobiografia?
Indossare degli zainetti?
Sprayare profumo al vento?
Messi così, i numeri esprimono solo una quantità vuota.
Messa così è solo una bolla.
Il numero ha una sua complessità non riducibile alla sola espressione formale e quantitativa.
Ma non è di questo che intendo parlare.
Non m’interessa né mi riguarda.

© Efrem Raimondi - odio il concettuale

                           La prima pubblicata non è una fotografia.157 settimane fa

Cosa non è INSTAGRAM per me:
– uno spazio alla ricerca di consenso,
– un luogo competitivo,
– un diario quotidiano,
– un luogo di convenevoli,
– un Twitter fotografico,
– un parametro socioeconomico,
– una fede,
– una pozione magica per fotine occasionali.

Cos’è instagram per me?
Un muro dall’altezza rigida e dalla lunghezza indefinibile dove appendere il mio sguardo in duplice formato.
Al netto di qualsiasi filtro.

Prefisso INSTA: la continuazione della serie Appunti per un viaggio che non ricordo. Interrotta col decesso della Polaroid.
Stessa allucinazione, stesso disagio, stessa intangibilità.
Un viaggio sulla precarietà umana.
Mosso e sfuocato uguale. Solo in iPhone.

© Efrem Raimondi - Instagram account

                           INSTA 10. 156 settimane fa. le prime nove sono altrove. spero

Dieci INSTA

© Efrem Raimondi. INSTA 41

INSTA 41

© Efrem Raimondi. INSTA 42

INSTA 42

© Efrem Raimondi. INSTA 48

INSTA 48

© Efrem Raimondi. INSTA 50

INSTA 50

© Efrem Raimondi. INSTA 51

INSTA 51

© Efrem Raimondi. INSTA 53bis

INSTA 53bis

© Efrem Raimondi. INSTA 55

INSTA 55

© Efrem Raimondi. INSTA 57

INSTA 57

© Efrem Raimondi. INSTA 59

INSTA 59 – una delle rarissime non mosse

© Efrem Raimondi. INSTA 63

INSTA 63

Prefisso RANDA: espressione gergale. Milanese della mala… quella delinquenza che non c’è e non si canta più.
Randagio…
Cioè dove capiti e sei proprio lì. Solo lì. Col piacere di starci.
Non sono un operatore turistico. Sono un fotografo e il godimento lo trovo nel linguaggio. Che mi riguarda o che riguarda altri e che riconosco.
Quindi non previsto alcun appeal dovuto alle semplici coordinate geografiche: New York e le Seychelles sono come Metanopoli e il Lambro.
Ovunque fermo.
E ciò che si vede è.

© Efrem Raimondi - Instagram account

                                                  RANDA 1. 154 settimane fa

Qualsiasi luogo, qualsiasi dettaglio, è il pretesto per una visione immediatamente emotiva.
A scanso di equivoci, anche questo puro iPhone.

Dieci RANDA

© Efrem Raimondi. RANDA 4

RANDA 4

© Efrem Raimondi. RANDA 192

RANDA 92

© Efrem Raimondi. RANDA 97

RANDA 97

© Efrem Raimondi. RANDA 108

RANDA 108

© Efrem Raimondi. RANDA 119

RANDA 119

© Efrem Raimondi. RANDA 122bis

RANDA 122bis

© Efrem Raimondi. RANDA 126

RANDA 126

© Efrem Raimondi. RANDA 142

RANDA 142

© Efrem Raimondi. RANDA 143

RANDA 143

© Efrem Raimondi. RANDA 144

RANDA 144

Il resto che pubblico, qualsiasi resto estraneo ai due prefissi, è un po’ il quotidiano che capita. Souvenir inclusi. E potrebbe essere dovunque a caso.
Qualsiasi social. Qualsiasi medium.
Due prefissi quindi per una galleria a ingresso libero.
Chiunque entra è ben accetto.
Non c’è messaggio, non c’è effetto, non si urla, non c’è nulla da spiegare.
Nessun pro-getto circoscritto. Solo visioni.
A margine: le immagini che più mi riguardano sono spesso quelle col minor consenso.

Vero… era una roba e adesso è un’altra.
Ma tutto era una roba e adesso è un’altra.
Si tratta di capire dove a noi interessa stare.
In che punto.

© Efrem Raimondi. All rights reserved

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39 thoughts on “INSTAGRAM BUTTERFLY

  1. Buonasera Efrem, a prescindere da tutto trovo, ed apprezzo molto, che la tua comunicazione, globalmente intesa, stimoli il coraggio di mostrare/mostrarsi, ampliando giustamente la sfera del “perchè” anche al “non perchè”, purchè un perchè ci sia, da qualche parte, anche se magari non lo si verbalizzerà mai. “Qualsiasi luogo, qualsiasi dettaglio, è il pretesto per una visione immediatamente emotiva.”
    L’utilità, il “valore” sono poi soggettivi.

    • paolo buonasera, devo essere onesto… l’unico perché che trovo abbia un senso risiede nella volontà di raccontare la propria storia. oltre qualsiasi soggetto. e infatti è il come che mi interessa particolarmente. ed è vero, hai ragione: l’utilità è soggettiva… ma forse proprio per questo non me ne preoccupo tanto. giuro.
      il valore credo sia una faccenda più complessa… ce n’è indubbiamente uno soggettivo e inalienabile – il nostro – che però ha l’inevitabile necessità di confrontarsi. che sia poi con l’attualità o con l’immortalità è proprio il centro della questione. almeno credo. per questo spesso si ricorre alla formula, alibi a volte, l’ardua sentenza ai posteri. così per dire eh…

  2. Ma certo che è invecchiato (il libro, non il tuo sguardo), come tutto e come tutti e come ci insegna il dibattito sulla fotografia in quanto ‘oggetto teorico e pratica sociale’ su cui chiaramente si è espresso Umberto Eco.
    La stessa Sontag, nello stesso libro, dice che “tutte le fotografie attestano l’inesorabile azione dissolvente del tempo”, mostrando la consapevolezza che la durata di una foto, intesa come lasso di tempo in cui essa rimane significativa, è legata al contesto, se esso muta o invecchia altrettanto accade alla foto.
    Scatta a questo punto un’operazione di re-interpretazione che la colloca nel contesto condiviso dei miti sociali.
    Accade anche alle parole che vengono ri-semantizzate, come intendevo fare io dandoti del flâneur.
    Senza offesa, anzi……

    • ma certo vilma, mi è chiaro che il tuo flâneur era a fin di bene :)
      ma ‘sta roba che mi riecheggia la flanella…
      un po’ come volevano far suonare ozzy osburne in un teatro con tanti palloncini e festoni natalizi… e lui perplesso che in tono basso fa: ma io sono il principe delle tenebre, che c’entrano i palloncini?
      te lo dico, vilma, col sorriso.

      sulla fotografia by sontag è un po’ più complesso per me… trovo ci siano delle cose che a distanza di tempo trovo dicutibili. come la questione del miliziano. ma è un0altra storia.

  3. la flânerie va letta oggi, in chiave postmoderna, come uno stile di vita, flâneur è chi segue l’istinto, l’insolito, le piccole tracce interstiziali, un artista di strada dallo “sguardo vagabondo” ……. mi pare di rammentare che anche Susan Sontag si soffermi sulla figura del fotografo flâneur (“On Photography”, 1977 ?), qualcuno se lo ricorda?

    • vilma non ne dubito. capisco cosa intendi e apprezzo. giuro. è solo l’effetto mnemonico che mi rimbalza che mi allontana. che ci possiamo fare?
      sì… mi sembra di ricordare qualcosa a riguardo della sontag “sulla fotografia”.
      una confidenza: ma sai che rileggendolo a tanti anni di distanza lo trovo un filo invecchiato? o il mio sguardo non è più lo stesso. boh

  4. Insta, appunti per un viaggio forse compiuto e sempre dimenticato, randa, randagismo mentale in luoghi senza indirizzo, senza mappa né percorsi, in deriva libera, ogni posto è un arrivo e una partenza……..
    Quello che mi viene in mente è una figura letteraria tra randagismo e allucinazione, tra ragione e sentimento, tra voyeurismo e testimonianza (pensando a Baudelaire, Benjamin ecc.) che in un certo senso lega i due temi, il flâneur.
    Lui non cerca di orientarsi, ma di perdersi in uno smarrimento cosciente, una deriva sperimentale che diventa esplorazione sentimentale e che lo porta sempre dove capita con la sola consapevolezza di esserci.
    Cerca emozioni, non luoghi, non vuole trovare, ma abbandonare, vagabondare, smarrirsi, naufragare, è un narratore di eventi periferici e marginali, dell’alienazione e della solitudine…….
    O no?

    • o anche vilma. però però… non mi vedo nei panni del flâneur – anche per via delll’assonanza con flanella. ancora una volta è per me un distacco più punk. quindi viscerale. è forse più la ricerca della solita impronta diversamente mediata. o boh, mi vien da dire. in fondo si è sempre sé stessi. questa è l’unica cosa dove la fotografia non mente. almeno credo…

  5. Prima di tutto
    Apprezzo questa analisi,
    Perché è la tua
    La mia
    (Forse non importa a nessuno)
    Mi fa rabbia il caos
    Rifiuto di seguire
    Posto ciò che serve alla mia memoria
    Consensi? Nemmeno taggo
    Un archivio di sentimenti scritti in click
    Pretese? Aspettative?
    0,0
    Meno impegnativo di un blog
    Parlo per immagini
    Più a me stessa e alla mia memoria
    Lo trovo comodo archivio
    da riguardare quando lo voglio

  6. Ciao Eftrem, secondo me nelle tue ultime 4 righe hai detto tutto con sintesi chirurgica; in effetti, avresti anche potuto omettere tutto quanto hai scritto per arrivare li. Poi ci sono le tue , le nostre foto, tutte le foto che dicono il resto all’interno di quel quadratino .

    • claudio ciao! ho dovuto andare a rileggere cosa diavolo ho scritto in quelle quattro righe… e forse hai ragione.
      poi appunto, ciò che vale e ci riguarda, è la Fotografia che facciamo.

    • lubi – se per te lo è non sbagli. per me non lo è e non sbaglio neanch’io. siamo due che non hanno ragione però non sbagliano :)

  7. Errata Corrige: Efrem, anche se cambia il numero, la bellezza resta e comunque, per citarti: anche il tuo linguaggio è potente, eccome. E forse ho sbagliato a nominare Ghirri, perché non vorrei esser fraintesa: Ghirri è Ghirri e tu sei tu, ma non è che tu sei meno e lui di più. Non c’è una graduatoria delle emozioni che una foto suscita o meno (per fortuna, altrimenti sarebbe roba da ragionieri, non da fotografi, fotografi veri intendo).

    • Monica – pur non essendo una gara la fotografia, e sempre ringraziandoti, c’è da dire che ghirri lo amo davvero ed è un vero maestro.
      interessante invece che tu abbia fatto il suo nome perché mi dai l’occasione di dire una roba: c’è chi pensa a lui come al padre di un certo concettuale italiano… nulla di più sbagliato. e sicccome la prima cosa che ho pubblicato sul mio account instagram è stata una dichiarazione anti concettuale…
      v

  8. Io credo che gli strumenti e/o contenitori (ma come anche i mezzi – i qualsiasi, siano appunto strumenti. La differenza a parer mio sta nelle persone, come li adoperano. Nello sguardo. Nella consapevolezza. Chi ha chiaro la propria strada – per strada intendo qualcosa di soggettivo, non per forza intesa come titolo o professione o altro. Anche, ma non solo- la segue,
    e tutti i mezzi e/o contenitori a disposizione sono e saranno “al servizio” di essa. Coerenti con essa. Secondo me.
    Insomma, siamo noi persone che li usiamo e riempiamo,
    la differenza – che ci sta tutta! – sta nel come e perché.
    E mi viene da tornare alla poesia che non centra, ma centra. Forse.

    Io il concettuale non lo so comprendere. Non lo capisco. E non in senso dispregiativo. Non lo capisco.
    Quando mi hanno definita tale, ci sono rimasta male – perchè non lo capisco – e ho pensato qualcosa come:
    Ma ci sarai te e 3/4 della palazzina tua!
    Concettualmente.

  9. come sempre interessante
    fai riflettere e spingi a meditare se ciò che uno intende come fotografia e come proprio percorso fotografico abbia senso o se invece bisogna lavorare e lavorare senza indugio
    anche se talvolta non capisco appieno le tue considerazioni per mancanze personali sono di utile confronto

    • gian – alcune riflessioni che faccio qui dentro, alcuni passaggi più che altro, sono come la fotografia che mi riguarda: pam!
      e non serve sforzarsi… non c’è UNA soluzione

  10. Sono tutti contenitori.
    Il contenuto non importa, attraverso l’auto-promozione hanno generato un flusso di consumo, di trasferimento bit, byte, megabyte etc.
    Contenitori high tech (ora hanno scoperto il modo di mettere diversi gigabyte sui batteri, hard disk organici), server e corrente elettrica. Energia. Consumo.
    È un tripudio di nulla. Vale solo il contenitore.
    Nella prima bolla internet, nel 2000, le azioni di alcuni domini/startup erano quotate a Londra a trenta volte, per un periodo di 99 anni. Fatturi un miliardo? È come tu ne fatturassi 30. E questo ha creato una speculazione delle aziende in perdita e nel riciclaggio di denaro sporco: compro a 10 e vale 300, plusvalenza attiva. Anche per portare in superficie denaro nero che, con l’avvento dell’euro, sarebbe rimasto in lire/marchi/franchi etc.
    Ancora è rimasto l’eco della novità, ci si sta accorgendo che la redemption (ritorno dalle vendite) è maggiore con eventi sul territorio, marketing zonale. Ennesima bolla.
    Sarebbe carino valutare la visibilità che ha avuto il prefisso “http://www.”; per anni proposto in co-branding coatto per tutti. Sicuro è il marchio più visto negli ultimi venti anni, credo abbia superato Apple, CocaCola etc.
    Bolle, mille bolle.

  11. Post precedente ( Efrem perdonami!!!!)

    Lavagna
    Bacheca
    Muro
    Spazio libero
    Spazio espressivo

    Instagram è tanto è tanto di più
    Il suo lato oscuro come tutto ciò che esiste c’è
    Pazienza
    Lo tollero
    È un mezzo
    E la fotografia c’entra

    Uno scultore può scolpire con una stampante 3D dipenderà da lui fare un’opera, esprimersi, essere artista (no polemiche artista sì/no, please, è un altro argomento ora)
    Il mezzo

    Per me è mezzo è un Gange dove le foto vanno a scomparire, dove vivono il rito dell’atto mo che le arde…
    Il mio lavoro
    Liquid Eyes (scusate l’autocitazione, ma il Social Media, Network, è un mio campo di ricerca, è la mia paranoia, lo uso, lo osservo, lo vivo e sperimento i suoi effetti, lo giudico, lo amo, lo odio, ne traggo conclusioni momentanee) Liquid Eyes dicevo, ispirato a Bauman, work a step su Instagram, sul flusso…
    Step uno
    Magazzino della memoria
    Step due
    La safe zone delle Insta
    Step tre
    L’interazione con il pubblico, il lavoro collettivo…
    Io i mezzi lo uso…

    Se volete dare un occhiata il link è….

    (((Nell’altro post))))

    Sai che penso Efrem
    Che tu sei un fotografo e dai fotografia, il mezzo non è poi così determinante, ma determina un modo…

    ;-)

  12. Buongiorno Efrem!
    Pur non conoscendo Milano e tantomeno certo gergo mi era apparso subito chiaro il senso del prefisso “Randa”. Forse perchè appartiene a ciascuno di noi, infondo in questo mondo siamo tutti un po’ randagi, alle volte persi e disorientati, sempre in cerca di tracce che ci somiglino o sorprendano. Trovo molto interessante la tua considerazione “A margine: le immagini che più mi riguardano sono spesso quelle col minor consenso.” penso succeda spesso, almeno io mi ci ritrovo e me ne sorprendo ogni volta, non senza amarezza! E’ forse l’ unicità di ciascuno che è indecifrabile e rende difficile la condivisione, la decodifica di un vissuto e di un sentire che appartiene ad ognuno nel profondo, non è così immediato da tradurre e comprendere e riconoscere. Mi piace l’ uso del mosso che spesso adotti in contrasto ad altri scatti “immobili”, congelanti ed instantanei, trovo che coesistano realtà parallele, quella percepita come precaria e fuggevole alla vista, ed una ferma, immutabile nel suo stato se non sollecitata. Anche in questo caso però c’è il ricordo di un movimento, c’è un prima, un adesso e probabilmente un dopo, un’ allegoria dell’ esistenza, infondo. Se c’è consapevolezza in chi osserva coincide la visione, altrimenti resta sfocato e sospeso come un tempo non vissuto.

    • piero – le dinamiche di una fotografia possono usare anche il linguaggio della staticità. è un fatto. un altro fatto è intercettare, saper vedere e cogliere

  13. Link
    http://www.vanessa-rusci-arte.com/#!liquid-eyes-2015/c1nk7
    (Efrem mi perdoni l’intrusione?)
    E poi
    Amo il concettuale!

    Concludo con grazie sincero non lusinghiero, ripetitivo ma credo nei grazie, credo nella loro utilità sociale, il tuo blog è uno di quei luoghi che frequento, i tuoi post li aspetto come si aspetta l’arrivo della rivista preferita!

    ((Non sono certa che il mio post precedente sia partito… Il web ha dei limiti! E io sono sempre troppo di fretta per far le le case per bene!!!)

  14. Impermanenza
    Evoluzione
    Lavagna bianca
    Muro
    Tela

    Forse a un certo punto non mi interessa più
    Tu spesso ripeti
    “Io fotografo, non penso”
    E mi ha risuonato da subito.
    Credo che uno scultore oggi usi anche una stampante 3D e la sua sarà arte se lui è un’artista (no please no polemiche su cosa è o non è un artista! Non è questo ora qui il punto), se deciderà di esprimersi, il resto è un mezzo. Che poi generi confusione, che abbatta paletti che creano disagio, che lasciano liberi di leggere, vedere, rifiutare, perdersi, ritrovarsi un’altra cosa ancora.
    Per me Instagram è un Gange, un luogo dove le immagini emergono un attimo, e poi spariscono per sempre, se non per essere riesumate da ricercatori, amanti dell’hashtag, o di quel instagrammer. In un mio lavoro (perdonate l’autocitazione ma il Social network o media o Social e basta è un mio campo di ricerca, o paranoia, o bho! Ci sto dentro lo guardo, lo uso, lo vivo) dicevo il mio lavoro, Liquid Eyes ispirato alla ricerca di Bauman, una mostra a step, in continua evoluzione abbiamo voluto ragionare proprio su Instagram: un magazzino della memoria, una zona di salvataggio “fotografie”, un’azione di incontro interattiva…
    Bene male? Bho!
    Se volete dare un’occhiata :

  15. “Messi così, i numeri esprimono solo una quantità vuota.”
    Vero, verissimo, e detto molto bene, per questo ti leggo sempre con piacere. Ma, dato che sei fotografo, ciò che guardo con più attenzione sono le tue foto. Qui mi solleticano l’anima soprattutto INSTA 42, RANDA4 e RANDA119 bis (che, se non ti offende essere paragonato ad un altro fotografo, mi piace perché mi sembra una rivisitazione di Luigi Ghirri, che io amo particolarmente). Ciao!

    • Monica – fai bene ad amare ghirri… grandissimo autore. e grande cranio.
      alcuni hanno la capacità di rendere potente il proprio linguaggio. che contamina a volte. non credo sia questo il caso. però mi lusinga che tu lo abbia pensato. ciao!

  16. Come al solito, come in tutto quello che scrivi: hai espresso un concetto densissimo! Devo rileggerlo dinuovo, a freddo, più tardi.
    Il mezzo resta il mezzo, è l’interpretazione che fa il contenuto (e quindi la differenza), nemmeno i tuoi gattini non sono mai i gattini degli altri, i tuoi “landscape” non sono quelli degli altri, nelle tue inst(a) resta il tuo stile, che a volte io ritrovo perfino più forte che nelle tue fotografie di ordinanza visto che queste foto qui non sono per niente filtrate da una qualsivoglia committenza. Ti saluto.

    • Eugenio – è vero che il contenitore conta relativamente. nel caso di instagram è verissimo. però ci sono contenitori che contano eccome. e è diverso essere lì piuttosto che qui.
      del tutto a margine: alcune immagini che entrano nella mia galleria instagram non sono però prive di committenza. discorso lungo e complesso…
      grazie eugenio. sei molto gentile

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