La trappola didattica.

Barcelona, 1997 – © Efrem Raimondi. All rights reserved.

Dovunque ti giri è pieno: corsi e workshop a tutto spiano.
Offerti da chiunque: dalla bottega alle scuole.
Con un impegno didattico variabile: dal weekend al biennio/triennio di classica impostazione accademica.
E con una esposizione economica che rimbalza dal centinaio di euro fino a un tot di migliaia.
Tutto ciò in un paese che non ha una sola università dedicata alla fotografia con un piano quinquennale.
Magari di anni ne bastano tre… magari due. Ma per far cosa?
Cioè, a fronte di una grande domanda, terribilmente obliqua, che offerta propone il mercato didattico? E per quale sbocco che tranne rare eccezioni il livello di uscita è imbarazzante.
Mi è capitato casualmente di imbattermi in due studentesse, “laureande” in fotografia presso una prestigiosa istituzione accademica. Erano prossime alla tesi, ed erano molto confuse.
Il materiale che avevano era il prodotto di un progetto ideato e realizzato coi propri fondi all’estero. Anche interessante, ma messo lì così non significava niente. In più tecnicamente era lacunoso.
E non ci si esprime come si vorrebbe affidandosi alla precarietà grammaticale.
Siamo ripartiti dall’intento. Siamo ripartiti dal soggetto. Siamo ripartiti dai raw… siamo ripartiti da tutto. Un percorso durato oltre due mesi a causa del singhiozzo, il mio, derivato dal mio lavoro primario, che è fare fotografia. Col quale ci pago la vita e le tasse.
E dove diamine era il loro relatore? Ho chiesto a proposito… se lo chiedevano anche loro. Li pagano poco??? Alcuni certamente, altri fin troppo!
Non sto a menarla sul piano morale e sull’etica dell’insegnamento, a qualsiasi livello, ma qualcuno mi dica sulla base di cosa lo sconto è effettuato sulla pelle degli studenti.
Ho insegnato sporadicamente da qualche parte, e tra l’altro mi è anche piaciuto. E magari lo rifarei. Con lo stesso entusiasmo di quando tiravo calci al pallone: se non ti va di giocare, stai a casa!
Se non ti soddisfano le regole e sei un genio incompreso, o hai la forza di cambiarle o cambi tu indirizzo. I ragazzi non c’entrano niente. E pagano di persona. Le conseguenze poi, sono per tutti.
Insegnare fotografia? La scuola è fondamentale. Il corpo docente che la compone ne è la spina dorsale: qual è il criterio di designazione di una cattedra? Quale il percorso che ti permette di mettere una targa s’un muro e distribuire diplomi?
Ho davanti un programma importante di un corso importante.
Il cui obiettivo è di formare un artista/fotografo, una figura in grado di confrontarsi con ambiti vari del mercato della fotografia: bene… cerco i docenti. Non li trovo. M’impegno a fondo e trovo una listina, una robetta misera nel numero: di questi ne conosco uno.
Che ha tentato in tutti i modi di fare fotografia. Ma di questa sua ostinazione non c’è traccia neanche su Google.
E mentre un tempo le cattedre erano appannaggio di artisti e docenti di chiara fama, con tanto di opere e curriculum, adesso il dato più significativo che scopro su uno di questi curriculum è ”non fumatore”.
A scendere immaginiamoci un po’! Tra agenzie e corsi finanziati dalla regione o dai comuni, tra botteghe e circoli vari: sulla base di cosa, di quali conoscenze e capacità didattiche, con che titolo e curriculum si imbandisce la tavola?
E chi partecipa, ma cosa si aspetta? Di uscirne in tre mesi con in mano cosa?
Mi arrivano da più parti richieste di workshop: non servono a un cazzo. Ne ho tenuti, è così che me ne sono convinto.
Ed è per questo che invece ne sto mettendo a punto uno mirato a una sola roba, precisa precisa: il ritratto e la coscienza di sé.
Sono anni che parlo di autoritratto. Sono anni che ritraggo gli altri così. Trovo che sia il momento di raccontare bene una cosa.
Se lo specchio non è piazzato in un limbo etereo, magari ci si accorge anche dell’altro che si riflette.

© Efrem Raimondi. All rights reservedi

54 thoughts on “La trappola didattica.

  1. Ciao Efrem… in effetti è da un po’ che ho detto basta ai ws e a cose simili, la miglior cosa è scattare, fare esperienza e seguire il lavoro di altri… come il tuo.
    Noi ci siamo conosciuti da Contrasto, al “Corso di Alta formazione in Fotogiornalismo”, a qualcuno è servito, ad altri no ed era un continuo lamentarsi. A me è servito nella misura in cui ho capito che volevo viverci di fotografia e capire cosa scattare, come e come proporlo… e a capire che si poteva fare…
    Lo step precedente era stato quello di iscrivermi ad un fotoclub, confrontarmi, e capire che non volevo passare la vita a fotografare fiori e tramonti, che già quello che producevo andava oltre. Fortunatamente.
    Ora mi sono ritrovato, anche per arrotondare, pagare l’affitto e poter dedicare tempo a progetti e a ricercare storie, a tenere dei piccoli corsi…
    Niente a che fare con le proposte educative a cui ti riferisci: piccole introduzioni di un fotografo “nessuno” a gente normale, che fa – e vuole continuare a fare – altro, che si ritrova in mano una macchina più pesante del solito (perchè era in offerta o perchè qualcuno gliel’ha regalata con il classico kit con due obiettivi) e che cerca una motivazione per portarsela appresso. Da parte mia mi concentro oltre che alla tecnica base, soprattutto sulla parte del “cosa” fotografare e facendo questo credo di fare un servizio per tutta la comunità affichè almeno loro smettano di pubblicare su FB piattume, fedele alla mia lotta contro tramonti, albe e fiori… insignificanti.
    Dentro i miei “incontri” ci sei anche tu e il workshop che ci facesti da Contrasto sul ritratto (dimostrazione che almeno qualche workshop si salva :-) ), dove il messaggio che ci hai passato era quello di “raccontare” il soggetto e non semplicemente di “mostrarlo” (almeno questa è la mia personale interpretazione :-)). Propongo di fare i due esercizi che ci facesti fare… lascio che chi vuole li faccia a casa, qualcuno li fa e produce pure cose interessanti… di sicuro in questo modo scopre che dietro al gesto meccanico c’è dell’altro, che dipende da lui e non dall’apparecchiatura che possiede.
    Dopo l’esperienza di Contrasto ho fatto altri ws, per di più in viaggio… utili/inutili… bha! Ma sono in fase stop ws (inutili).
    Cmq concordo con te e sponsorizzerò a qualche amico il tuo ws… magari vengo a farlo pure io chissà :-)
    Grazie V.

    • sì mi ricordo vincenzo. e mi fa piacere che a qualcosa sia servito quel workshop.
      è sempre complesso se si vuole fare bene… se si vuole dare e anche ricevere. e il tempo non è mai abbastanza.
      mi sembra che sia decisamente encomiabile il lavoro didattico che svolgi con i neofiti… anche perché, per quello che ho visto, spesso si tratta di un pubblico
      disomogeneo.
      spero di mettere in pista quanto prima il ws che ho in testa…
      ma perché scusa ce l’hai tanto coi tramonti e i fiori? mi sembra una bella sfida invece, o no?

      • In effetti, ce l’ho con i tramonti e i fiori che non vogliono dire niente… o che magari potrebbero essere fatti ovunque: semplicemente mi batto perchè si sforzino ad essere un minimo più originali… o che trovino il loro modo di fotografare un tramonto o un fiore. Solo una lotta alla banalità.

  2. Efrem,
    ho letto il tuo post ed ho trovato molti punti in comune con il mio pensiero. In special modo a Roma (nell’ambiente fotografico), si conosce la mia posizione in merito a corsi, workshop, scuole, accademie di belle arti (belle?), insegnamenti universitari.
    Ogni volta che ho detto qualcosa in merito (essendo anche io parte di questo sistema) ho suscitato polemiche, ho ricevuto risposte irritate, a volte molto aggressive. Nessuna voglia/intenzione da parte del mondo della fotografia di riflettere su questo problema. Ma a me non importa. Io voglio continuare a discutere (proprio perché, nel mio piccolo, faccio parte di questo mondo).
    Il problema che sollevi è enorme e ben visibile. E purtroppo andrebbe allargato a tutte le aree dell’arte (per limitarci a questo ambito).
    Ritorno alla fotografia e mi limito alla piccolissima questione workshop: per me nel 99% sono solo una fabbrica del nulla, un meccanismo fine a se stesso per lucrare sulle speranze di chi vorrebbe diventare “fotografo”.
    Insegnare è una cosa seria, molto seria. Per me il “professore” ha la stessa funzione di un allenatore nello sport (diciamo nel calcio, ma potrei parlare anche dello sport a cui ho consacrato la mia giovinezza, la pallanuoto): deve dare il massimo di se stesso sempre, tutte le energie che possiede, tutte le conoscenze che ha, tutta la sua forza culturale e intellettuale senza riserve; non può mollare mai, deve avere in mente che il raggiungimento dell’obiettivo comune (del professore e dell’allievo) è un bene altissimo perché si raggiunge insieme (e non individualmente) e che un obiettivo si può raggiungere solo se professore e allievo compiono un percorso costruito su uno scambio reciproco, continuo e sincero. Senza questi elementi, insegnare è un lavoro come un altro (anzi un lavoro noioso e inutile).

    • pallanuotista?! sport durissimo… troppo. mi sembrano tutti dei super uomini.
      per il resto condivido riga per riga. e le risposte aggressive a quando hai sollevato il problema, penso siano dovute a una mera faccenda di business.
      ho letto a proposito che la camera di commercio di milano stima la didattica come uno dei pochissimi settori in crescita. la dice lunga… non che sia anti-didattico, ma… va be’ ci siamo ben intesi maurizio.
      i ws poi non parliamone. tuttavia ho intenzione davvero di metterne in pista uno in cui credo davvero. lo so, soffrirà del limite temporale, ma potrebbe comunque essere efficace. in fondo si tratta di stimolare su una direzione. e essere quanto più simili a un colpo di fucile.
      così spero di finire in quell’1% che dici.

      • ah, dimenticavo: una volta ho contestato su fb un workshop in una tonnara… proprio una tonnara. e nell’occasione è prevalso il mio spirito animalista. sono stato violentementa attaccato e bandito dall’amicizia (amicizia…) da parte della promotrice che mi ha mandato un messaggio dicendomi esplicitamente di piantarla, che lei ci campa.
        è perché il colosseo è in disuso, ma ripristnarlo allo scopo non sarebbe affatto male. sai che workshop! e alé, via col vento.

    • Concordo millepercento che molti ws sono una facciata e costituiscono un modo semplice per il sostentamento del fotografo, specie in una situazione di crisi di mercato: effetto civetta si dice. Tuttavia credo sia un po’ rischioso il ragionamento.
      Da fotografo spesse volte ho dovuto constatare che ci sono voluti anni di ricerca per conquistare alcuni aspetti. Ricordo che mi capitò di pensare: cavolo se qualcuno me l’avesse insegnato avrei guadagnato quel tempo! Cercai un’offerta che trattasse questi argomenti di mio interesse senza risultato.
      Dunque a mio avviso esiste una domanda di alta formazione, io credo. E non dimentichiamo che la bottega o lo studio presso l’atelier del maestro taldeitali è sempre stata una prassi degli artisti…

      ciao

      • che la domanda ci sia non c’è dubbio, anche se poi bisognerebbe setacciarla bene ‘sta domanda. il vero problema è l’offerta, e le maglie del setaccio mi sembrano troppo larghe.
        c’è poi un problema relativo a studi e atelier: formare una persona, prima come assistente (e poi, se vuole, faccia lui la strada che preferisce) ha un costo. oggi non facilmente sostenibile.

  3. Corsi non ne ho mai fatti ma una volta ho partecipato a un workshop ed è stata una grande delusione! Per fortuna ero invitata. Se però fai il tuo mi piacerebbe partrcipare! Interessante proprio. Se la premessa poi è “Se lo specchio non è piazzato in un limbo etereo, magari ci si accorge anche dell’altro che si riflette.”

  4. sulla didattica: quel poco che ho imparato l’ho imparato molto più dai libri, riviste (vecchie) e mostre, e soprattutto da conoscenze personali, che non dai corsi brevi o dai due workshop che ho fatto (il corso breve era fatto da una famosa scuola che fa anche corsi lunghi, dai quali escono fotografi preparati e ben introdotti, unico requisito iniziale superare un certo reddito)
    Anche dai film si impara, Il silenzio di Bergman è un intero corso sul ritratto in BN.

    • va be’ laura, con bergman hai gioco facile… e naturalmente hai ragione. forse bisognerebbe proporre anche film. in un percorso di insegnamento lungo un anno l’ho fatto. e ha funzionato.
      sull’autodidattica è vero, in fondo per me è stato così. ma avrei risparmiato energie e tempo se avessi fatto un serio percorso. io almeno ne ho sentito la mancanza, almeno un tempo fa. corsi e ws è davvero una giungla. ho grande speranza per quello che sto mettendo a punto. solo che è piuttosto insolito e non ho idea di come possa essere recepito.

  5. Post intelligentissimo financo opportuno e necessario. Avrei molte cose da dire ma inizio con la prima che mi viene.
    Penso di intuire quale sigla hai in testa quando parli di università. Da quello che mi risulta dagli insider che conosco molto bene, questi istituti non sono università benchè le chiamiamo così. E non sarebbe male mondare un po’ la nostra terminologia. L’università dall’alba dei tempi ha sempre avuto una caratteristica fondamentale oltre all’erogazione del sapere (bene o male che lo faccia), ovvero il presidio del sapere, dunque la ricerca. In questi istituti non si fa ricerca di base, piuttosto assomigliano ad istituti professionali che al posto di metterti sul tornio ti piazzano in sala posa. Non è sufficiente.
    Ma quali sono gli obiettivi degli studenti? Anche loro sono confusi da quello che ho visto dalla mia piccola esperienza di insegnamento. Esigono che l’apprendimento sia rapido e semplice. Non si rendono conto che imparare ad usare il mezzo è tuttosommato elementare e da lì in poi inizia il bello, l’apprendimento tosto, il che cos’è raccontare/rappresentare. La forma e il contenuto.

    Io una volta provai ad organizzare un seminario un po’ matto di coscienza di sè sul paesaggio. Te ne devo parlare perchè mi vengono in mente delle logiche prosecuzioni e forse ci possiamo dare una mano.

    • hai ragione marco, sia sull’oppotunità di mondare la terminologia (ma ci dovrebbe anche essere un presidio alias un ministero preposto), sia sul fatto che certi luoghi somiglino di più a scuole professionali. il bello però è che tra queste ultime ce ne sono almeno un paio che fanno un lavoro decisamente migliore. e sono luoghi dove la ricerca ha un posto centrale. per esempio mi risulta che la bauer di milano sia una di queste.
      perfettamente d’accordo anche con l’analisi degli studenti e delle aspettative, ma è proprio qui che la scuola dovrebbe fare la differenza. e gli insegnanti restano importanti per questo.
      assolutamente disponibile sulle logiche prosecuzioni. anch’io devo mettere a punto il percorso che ho in testa.

      • Allora ne riparleremo. Conosco una docente del bauer, ma insegna legatoria e restauro di libri ed è francamente di una bravura abbacinante.
        Ogni volta che ho pensato a progettare un’offerta didattica mi sono scontrato con un punto che rimane irrisolto. Per fare un vero percorso didattico e culturale o si ipotizza un percorso lungo, partendo da zero, oppure bisogna partire da una certa preparazione/propensione. Quale? Come definirla?
        L’impressione è che la fotografia sia ancora per molti uno strumento, cioè una tecnica, non un linguaggio. E si ritorna al fatto che una proposta per essere sostenibile deve avere dei numeri minimi…

        • vero! partire da zero è impossibile a meno di avere almeno due anni a disposizione. toh, facciamo uno.
          l’unica discriminante iniziale è conoscere i presupposti grammaticali, se no ti fermi subito. poi strada facendo le cose arrivano.
          ma indubbiamente non è semplice se si vuole fare bene.
          certo che la fotografia è un linguaggio, il problema è che non è astratto. e a ognuno il suo. ma molti non ci arriveranno mai, va tenuto conto anche di questo.

  6. azz…post interessantissimo e che mi tocca da vicino.
    Ho frequentato corsi e ho frequentato workshop. Sui secondi non spreco molte parole in quanto in generale sono una truffa bella e buona. Hanno la presunzione di spiegare 1000 cose (tra l’altro sempre le stesse…) in 1 o 2 giorni, ma ovviamente…Ben venga quindi un workshop bello mirato come il tuo. Sui corsi un po’ più lunghi e “impegnativi”…beh io ne ho frequentato uno, di quelli “prestigiosi”, per fortuna finanziato dalla regione Lombardia. Premesso che mi ha dato la possibilità di essere a contatto con alcuni, pochi in verità, fotografi e insegnanti che sono riusciti a darmi molto (anche perchè ero totalmente proiettato in quella direzione), se avessi pagato per quel corso mi sarei parecchio incazzato. E infatti molti di quelli che avevano frequentato il corso pagando incazzati lo erano eccome.
    Disorganizzazione eclatante, voglia di far soldi col minimo sforzo, insegnanti palesemente disinteressati, insegnanti totalmente incapaci di esprimere un concetto anche basilare,fotografi…incapaci.
    Un sistema da ripensare…nel frattempo una lettura di LEZIONI DI FOTOGRAFIA di Ghirri vale più di mille corsi o workshop. Nell’attesa del tuo workshop, ovviamente. ;)

    • descritta molto bene la situazione abituale andrea…
      certe letture valgono più di qualsiasi workshop. anche in attesa del mio.
      davvero credo che una conferenza ben fatta possa rendere molto di più.

    • nel mio piccolo ambito claudio, e con le poche risorse, sto cercando di mettere in pista qualcosa di alternativo.
      pare anche che possa contare sull’appoggio di due marchi decisamente importanti per il fine che mi prefiggo.
      sono certo che se funziona, non riuscirò però a esportarlo in nessun ambito didatticamente consolidato. meglio il solito tram tram. e studenti insoddisfatti.

      • capisco, sono certo che funzionerà, vorrei essere uno studente, e tuffarmi di testa, bere tutto da zero, intanto aspetto il tuo ws sull’autoritratto…

        ( perché dubiti di riuscire ad esportare la tua iniziativa in ambiti didatticamente consolidati ? )

        • ne dubito claudio perché o hai una cattedra e allora moduli all’interno di un percorso più ampio (in questo caso difficile entrare… sono luoghi abbastanza chiusi che si autoalimentano), o hai una libera docenza e subito ti dicono che non c’è budget. la scuola versa in uno stato disastroso…

  7. Partire dalla conoscenza di sè per conoscere gli altri, mi sembra un’ottima idea, un passo necessario. Alla fine quando fotografiamo (gli altri) non parliamo in qualche modo (sempre) di noi stessi?!
    Son sicuro che può essere un esperimento molto interessante. E che possa insegnare qualcosa sul serio.

    • esatto michele, alla fine si parla di sé. il fatto è che non conosco un solo ambito che abbia sviluppato un sistema didattico adeguato. non dico che non ci sia, dico che non ne sono a conoscenza. e ciò che ho riscontrato in giro mi sembra una perdita di tempo. se parliamo di corsetti e workshop. e io non sono stato esente, in buona fede ma con lo stesso risultato che lascia inebetiti gli astanti. in questo senso ha più valore didattico una conferenza.
      sulla questione ci sto davvero lavorando. vedremo se funzionerà.
      il percorso scolastico, accademico o appena inferiore sulla carta tipo certe scuole professionali o specialistiche, è invece diverso. che diamine! in genere si parla di almeno un biennio… e presumo, anzi pretendo, che sia formativo davvero. ciò che ho riscontrato è che non è affatto detto. ma qui è davvero più dura. spartizioni politiche e amici degli amici. una sorta di parcheggio in molti casi. senza alcuna garanzia di custodia.

  8. Essendo a letto con la caviglia slogata rispondo per primo. Mi sono avvicinato alla fotografia seriamente un anno e mezzo fa, per seriamente intendo che ho iniziato a studiarla su manuali e libri, questo perche’ come avevo imparato all’universita’, prima si studia autonomamente poi ci si confronta con un corso, quindi e’ iniziata la ricerca di un corso. Non posso che condividere in tutto e per tutto il pensiero di Efrem. Alla fine ho scelto in un modo poco ortodosso, ho contattato una ragazza che faceva foto che mi piacevano, che aveva frequentato un corso in un posto, ma collaborava da un’altra parte, li sono andato. I miei ex colleghi mi odiarono, perche’ avevo ridotto le lezioni a un dialogo con l’insegnante, dove molto spesso gli altri si perdevano, e’ stato comunque divertente ed istruttivo.
    Una cosa forse manca all’intervento di Efrem, negli anni novanta ho insegnato informatica per conto dell’IBM e dopo aver accertato le mie competenze sulla materia, mi hanno fatto fare un corso su come gestire una classe, un gruppo di persone.
    Ora mi rendo conto che molti artisti, scienziati, studiosi di varia natura “falliti” finiscano ad insegnare e non solo corsi, ma anche le universita’ ne sono piene secondo me, ma insegnare, senza la passione vera per questo delicato compito, diviene deleterio per chi ascolta… Per inciso, non vale per tutti, ad esempio, nonostante tutto sono rimasto in amicizia e buoni rapporti con l’insegnante del corso di fotografia.

    • vedi stefano che bisogna avere pazienza! in fotografia è fondamentale… sei il quinto. e la caviglia mi sa che non ti ha agevolato…
      hai detto una cosa fondamentale: il percorso didattico ha ritmi e specificità propri. e non si improvvisano. poi può essere che ci siano eccellenze autodidatte, ma sono rare. esiste una difficoltà ulteriore quando si affronta la didattica fotografica: il mero percorso tecnico-pratico, non è disgiunto da valutazioni immediatamente espressive. se affronti il tema del ritratto come da manuale, non vai da nessuna parte. e questo vale un po’ per tutti i generi. ma per il ritratto di più.
      la passione di cui parli, e che condivido, prevede conoscenza e curriculum. e “non fumatore” non basta.

      • Sul fatto che sono arrivato quinto do tutta la colpa all’ipad, che mi rende zoppo pure a scrivere…
        Per quanto riguarda invece un percorso didattico, dopo aver capito una cosa semplice, che anche la scimmia sa fare foto, cerco di selezionare i testi da leggere scrutando i vari blog di fotografi seri o forum etc e ogni libro ovviamente rimanda ad altri… Per quanto riguarda il fruire di corsi, non so, sono tutto sommato vecchio per un corso triennale o biennale, di conseguenza mi affido a sti benedetti workshop (fin ora ne ho fatti un paio, ma deludenti) con tutte le problematiche del caso… Mi raffranca molto l’intervento Noris, nella mia stoltezza sto leggendo biografie di fotografi storici e libri di storia della fotografia, anche perche’ quando avevo pensato di aver trovato la mia “espressione artistica” ho scoperto che qualcun’altro lo aveva già pensato e fatto…
        Sarebbe bello porter andare “in bottega” da un fotografo, ma vuoi la crisi, vuoi anche il digitale, che ha tolto lavoro noioso come la stampa al fotografo, e credo che molti di voi professionisti non hanno piu’ il garzone… Non so se rendo l’idea…

        • almeno nell’espressione artistica sei arrivato secondo… forse senza ipad va meglio.
          l’originalità di un’espressione non sta nel fatto di essere la prima. siamo pieni di primi, cosa dovremmo fare, smettere qualsiasi produzione artistica?
          in effetti credo che buona parte della produzione fotografica, ma non solo, si getti su uno strano tentativo di originalità (famolo strano, insomma) per evitare di confrontarsi coi primi. ma questo è un altro discorso. lungo e fuorviante.
          mentre penso che se avevi trovato un inizio, avresti dovuto continuare. fregandotene del primato.
          garzoni no, ma assistenti sì. quello che è cambiato in pochi anni è che non si riesce quasi più ad avere qualcuno che sia lì con te e cresca. essenzialmente per un problema di costi e di budget prossimi allo zero. tempo fa con me hanno lavorato diversi assistenti. che quando si sono presentati erano solo dei volenterosi fanciulli.
          e generalmente con me lavoravano mediamente per quattro, cinque anni. qualcuno di più forse… adesso lavorano tutti. da un po’.
          per darti un’idea di quanto tempo è passato ti dico che ero un fanciullo anch’io. solo poco meno di loro. ma i budget, appunto, erano altri. e le riviste investivano.

          • No no sono costretto a letto, quindi iPad…
            Ovviamente sono passato anche io nel famolo strano… Non ho realmente pretese artistiche, se ne ho, sarà il tempo a dirlo… Il discorso si complica, invece proprio nel confronto con i primi, che può miseramente finire per una brutta copia o comunque trovare la propria grammatica (mi viene in mente terry richardson, per citarne uno controverso per la critica) o citando te “sarebbe bello che la gente riconoscesse le mie fotografie” (vado a memoria e desiderio…).
            Senza contare che mi piace fotografare tutto, cioe’ mi piace proprio la fotografia, per dire se trovassi uno che mi paga per fotografare piastrelle sarei gia’ contento. Quindi mi sono imposto un percorso di studio serio sulla fotografia, storia, autori, immagini. Poi ricerca di uno stile e confronto, se ci riesco bene, altrimenti ho aumentato di un pochino la mia cultura (tra l’altro ho scoperto moltissimo sulla storia dell’arte del 1900, legata in modo molto stretto con la fotografia a mio avviso) ed ho un hobby abbastanza costoso. Oltre al piacere di fare foto per la mia memoria.
            Sugli investimenti delle riviste Toni Thorimbert ha espresso grosso modo le tue stesse idee.

            • ti descrivi come un fotomane in maniera piuttosto divertente… detta così mi ricordi il racconto di calvino “l’avventura di un fotografo”…
              e in una certa fase forse ci sta anche.
              la ricerca di uno stile è fatto complesso… anche perché non lo si trova meccanicamente.
              in questo la didattica aiuta. solo che deve avere un criterio.
              io non mi preoccuperei dell’innamoramento di un autore piuttosto che un altro. solo che non possono essere tutti!
              sullo studio che ti sei imposto fai solo bene, anche qui però attenzione per lo stile, non è come sfogliare un campionario.

            • Grazie come al solito, mi fa anche piacere farti sorridere, forse ancora di piu’ essere paragonato al racconto di Calvino. Anche se preferisco non scattare che scattare per scattare… Avevo anche intuito che uno stile non e’ sfogliare un catalogo, pero’ essendo costretto a letto, mi sto ubriacando di fotografia…

            • dimenticavo… thorimbert e io stiamo mettendo su un bel progettino insieme, tu pensa le coincidenze!

  9. la scuola, l’università possono dare, devono dare, una cultura di base. poi per imparare il “mestiere” devi andare di bottega in bottega con grande scaltrezza dovrai “rubare” il mestiere. infine non meno importante il dna, se non ce-l’hai rimarrai nella mediocrità.

    oggi la scuola non forma.
    domanda e offerta non si incontrano, anche per le “solite” ragioni economiche.
    e comunque se ci fossero tutti i requisiti giusti dovrai trovarti al posto giusto al momento giusto…
    ah, se invece vuoi fare fotografia pura per appagare il proprio io è un’latra cosa…

    • il problema primo, eligio, è che gli studi, le botteghe come dici, quelli veramente formativi, non sono poi molti. e in più soffrono di un affanno generato dal mercato. se dai un’occhiata all’editoria periodica c’è da mettersi le mani nei capelli. fatte salve rare eccezioni che si sbattono come matti in mezzo a una pubblicità (la vera sostentatrice dei periodici) che non ha più una identità.
      il linguaggio, la capacità cioè di esprimersi e quindi distinguersi, è in delega a un format appiattito su posizioni sempre più massificate.
      in questo senso anche la fotografia pura (ma che cos’è davvero?) non esprime più niente. appiattita anche lei.
      la scuola che immagino io, dovrebbe fare un bel reset. così anche tutte le proposte didattiche.

  10. ciao, concordo e lo dico da vagabonda stenopeica che da 11 anni “calca” sempre meno le rotte italiane…non ci sono soldi neppure per degli incontri fotografici fugaci (quelli veri, intendo)…nell’era digitale la cosa più importante non é conoscere a fondo prima di “fare” …i primi risultati sembrano soddisfare…e quando fai un riferimento alla Storia della Fotografia ti guardano con sguardo perso. un abbraccio Noris

    • noris che piacere! sai di essere un mito per me, vero?
      questa donna, e lo dico a tutti, ha una passione che solo un decimo basterebbe a dare entusiasmo anche ai banchi!
      andate appena potete sul suo sito FOTO IN SCATOLA, è nel mio blogroll.

      è che si suppone, noris, che la fotografia sia gratis, che non serve conoscere… e il digitale è un artificio che sublima questo fraintendimento di istantaneità: e sei subito artista! potrebbe essere questa la formula. magari di canon che ci ha tanto marciato col suo advertising.
      un grandissimo abbraccio… che gioia sentirti!

      • Scusate, posso intromettermi?
        Noris anche per me sei un mito, anche se non ricordi chi sono!!!
        Ma è ovvio…sono stato un tuo “studente” solo per 3 giorni, purtroppo.
        Porto comunque sempre con me CENTO ANNI DI FOTOGRAFIA di Lucia Moholy (un tuo suggerimento), a proposito di Storia della Fotografia.
        Ciao!

  11. Io ho sempre sostenuto che per imparare un qualcosa, specialmente un mestiere, ti devono frustare o mancare i soldi. Il famoso “investitmento” non dovrebbe riguardare banchi e gessetti colorati, ma professori, docenti, coach, che siano “maestri di vita”.

    • urca paolo! un filo sadico… frustare? sul corpo docente condivido ovviamente… ma più che maestri di vita almeno un po di entusiasmo!
      e che sarà mai! qui invece siamo al degrado, pure svogliato.

    • a mio avviso no. però è da capire ‘sto sé… la sua centralità è fondamentale. per questo sto mettendo a punto un percorso workshop. così almeno faccio qualcosa di utile,
      almeno questo è l’auspicio.

      • il sé è da capire, ma soprattutto non è mai uguale a sé stesso…la coscienza di sé si sviluppa nel corso del tempo…(auspicabilmente :-))
        e i ritratti dovrebbero seguirla.

        • concordo… credo in un sé mutevole.
          appunto… Se lo specchio non è piazzato in un limbo etereo, magari ci si accorge anche dell’altro che si riflette.

          la didattica dovrebbe aiutare sul metodo, poi a ognuno il suo. almeno è l’auspicio.

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