Futbal

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Eccole qua. Le avevo preannunciate… queste sono le immagini che mio padre scattò nell’aprile del ’66  in occasione di un importante torneo di calcio giovanile che aveva (aveva) frequenza annuale: ogni anno lì, sul campo del Legnano  a tirar calci. Le maglie sono quelle solite. Più altre meno note.
Non so commentare questo lavoro. O magari non voglio. Però me lo ricordo: io c’ero! Sett’ann… sette anni. Flash mnemonici. Lampi indelebil: mio padre con la biottica al collo, talvolta capovolta… mio padre rasoterra, mio padre sotto le gradinate, mio padre in tribuna. Mio padre… mio padre che mi mette sulle ginocchia di Gigi Riva presente come padrino del torneo. E che è lì s’una sedia dietro una porta.
Rombo di Tuono… sull’asse tra Legnano e la Sardegna tutti sanno di chi sto parlando. Per gli altri c’è Wikipedia.
Questa fotografia è teraputica. Non c’è messaggio, non c’è nulla di celato chissà sotto quale cupola celeste. La fotografia è un linguaggio diretto che non ha bisogno di sottotitoli.
È un idioma a sé, e in sé concluso. Che si nutre di tutto.
Non ci sono luoghi e soggetti più deputati di altri. Ciò che conta è come racconti: se hai una fotocamera, usala! Che diamine ti serve pensare a photoshop?
Il tempo fotografico non è umano. È per sempre.
Non passa mai e ci attraversa la vita.
E quando ci toccherà dare forfait (vaffanculo!), questo tempo immutabile sarà per altri.
Perché solo una volta fermato, questo tempo sarà dinamico.
Questo è la fotografia. Tutto il resto son puttanate.

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Le foto (struggenti) che corredano questo servizio documentano un torneo di ragazzi della primavera 1966. Non è un anno qualsiasi, è l’anno che precede la fine di quel modo di intendere il calcio. Antonio D’Orrico, Capital RCS settembre 1997.

Fotografie di Luigi Raimondi, mio padre.
Torneo “Alberto da Giussano”. Legnano, aprile 1966.

Film: Agfa Isopan ISS – KODAK TRI X PAN
Fotocamera: Zeiss Ikon Ikoflex – Tessar 75mm.

Nota: futbal è come veniva allora chiamato e scritto  football in Lombardia.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Efrem Raimondi -Bòog

Questa è la biottica che ha assecondato lo sguardo di mio padre per anni.
E che ha prodotto le immagini di questo articolo.
Prodotta nel 1956, monta uno straodinario Tessar 75/3.5.
Una macchina da combattimento, ma anche una dolce compagna in studio…
Da bambino vedergliela addosso mi suscitava sempre emozione: è stata un mio oggetto del desiderio.
Poi l’ho usata.

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35 thoughts on “Futbal

  1. Che bello leggervi (ci ho impiegato un po’). Condivido! E che forza queste foto, ti prendono. Sono vere, nel senso di oneste, che è una gran bella cosa in fotografia (la più alta, credo, per me). Proprio nel senso detto da Giulia Diegoli di “fotografia che ha il suo compiersi nel momento dello scatto”

    • mio padre ne sarebbe contento Gabriella. aggiungo io però una roba: sono in realtà immagini complesse. semplici… di quella semplicità che è difficile a farsi. ed è proprio il senso della Fotografia. mi spiego?

  2. buonasera efrem, ti pongo una domanda che esula dall’argomento principe del post. guardando le meravigliose fotografie di tuo padre e non trovando traccia del torneo in internet: le divise bianche sono quelle della primavera del milan? (seguiamo la stessa corrente calcistica ultraortodossa) :-)
    per quanto riguarda tutto il resto…come ho già detto in un commento recente, scatto solo in 120 analogico quindi non posso che sottoscrivere ogni tua parola.

    • esatto paolo, ac milan. ma non la primavera, credo fosse categoria allievi.
      ho fatto un controllo frettoloso e in effetti non ho trovato traccia. so che quella manifestazione, annuale, chiuse i battenti molto prima della nascita del web. questo potrebbe essere il motivo della sua assenza. potrebbe.

  3. sì, il parallelo tra Pop Photography e oggi mi è venuto per averla trovata nel tuo commento qui sopra…”ad altre condizioni”, credo di capire e condivido.
    Passata la fase della sbornia dovrebbe sedimentare il meglio…

    • sembra infatti, laura, di ritrovarsi agli albori della fotografia: tutti entusiasti del mezzo e tutti a tentare di fare decalcomanie del circostante. ps uguale, ma mutuato ad oggi.
      sperèm che passi in tempo utile.

  4. “Perché solo una volta fermato, questo tempo sarà dinamico.
    Questo è la fotografia. Tutto il resto son puttanate.”
    meglio di così non si potrebbe dire.
    In questi giorni non faccio che leggere e sentire che “la fotografia è morta”: spesso negli stessi dibattiti dove non si è ancora mai trovato un accordo sulla natura della fotografia.
    In uno di questi epitaffi ho sentito dire che non può succedere come per la pittura, che è rinata quando grazie all’invenzione della fotografia si è liberata dall’obbligo di riprodurre fedelmente la realtà: e se invece proprio l’invenzione di photoshop potesse ridare (il suo) senso alla fotografia?
    PS tempo fa ho trovato dei vecchi numeri di Popular Photography degli anni ’50 e ’60…(ci son dentro le primissime foto degli sconosciuti Scianna, Basilico, Jodice). Sfogliandoli ora alcuni improbabili esperimenti ottici appaiono gratuiti e datati, mentre molte cose hanno tuttora un senso….chissà cosa resterà dei numeri di Zoom dei primi anni 2000.

    • popular photography! lo scrivevo proprio qui laura, in questo spazio, in risposta a un intervento di sara emma… popular photography: ci sono cresciuto! capivo zero (ero un bimbo) ma sfogliavo un sacco.
      è proprio così, cosa resterà dei vari mags “specializzati” degli anni 2.000? e ps non è però estraneo a tutta la faccenda.
      ha cambiato le carte in tavola restituendoci, credo, un soggetto diverso… al momento un infante. vedremo come crescerà. e se ci riconosceremo. perché potrebbe essere che no. ma io sono possibilista e spero che sì, ma ad altre condizioni. non a quelle attuali.
      lo so, mio limite…

    • nasce certamente da mio padre, sara emma: a 5-6 anni sfogliavo popular photography, storica rivista
      alla quale mio padre era abbonato. ma non abbiamo in realtà mai parlato molto di fotografia dal punto di vista tecnico. abbiamo visto mostre insieme… l’ultima, avedon a palazzo reale nel’95. e poi ancora un sacco di flash… ma proprio tanti. è stata la persona più formativa per me. e io lo ricordo con un sorriso.
      fotograficamente sì, unico erede.

  5. Questo lavoro di tuo padre penso di averlo fatto vedere già a chiunque.
    E’ straordinario.
    Sapevo che prima o poi ci saremmo imbattuti anche qui nell’innominabile (per alcuni) photoshop.
    Io scatto in digitale, lo sai. Pochissimo in analogico.
    Il lavoro che faccio in post produzione è minimo e rivolto a togliere quella “patina” digitale che tanto mi infastidisce.
    Penso spesso però a una mostra collettiva vista di recente. C’erano solo un paio di foto in analogico e lo si notava anche a distanza di km. Troppa la differenza, su più livelli.
    Questo mi porterà nel futuro prossimo a scattare di più in analogico, almeno per i progetti a cui tengo di più.
    In generale, come sempre e soprattutto in questo Paese, penso che si tratti di una carenza educativa. Spesso il messaggio che passa nei corsi e workshop di post produzione è che photoshop può tutto. Il che non è vero. La fotografia che hai in testa nasce al momento dello scatto. Prima di passare da PS devi averla già lì, deve essere la TUA fotografia. Se non c’è non te la restituirà di certo PS.

    • Aggiungo, ma solo per riassumere il mio pensiero derivato dalla mia esperienza personale, che l’errore fatale sta nel delegare a PS l’espressione del proprio linguaggio.

    • ringrazio per me, ma fai conto che l’avrebbe fatto mio padre, andrea.
      vorrei tentare di uscire definitivamente dall’equivoco ps… con la frase “che diavolo ti serve pensare a photoshop?”,
      non intendevo puntare il dito su adobe e il suo uso, ma semplicemente sottolineare la precipuità della ripresa.
      che mi sembra un po’ delegata appunto. come dici tu e come dice giulia diegoli. e come credo sia evidente agli occhi di tutti.
      poi credo che sia un fatto di dna, di congenitura: la pellicola ha un volume in sé che al digitale manca. per cui appena si vede una stampa
      la cui matrice originale è il film, salta immediatamente all’occhio.
      la tua fotografia andrea, quella che conosco, non mi rimbalza al digitale pur essendola. cioè non mi devo preoccupare di ‘sta diatriba.
      e questo mi dà la possibilità di occuparmi esclusivamente del soggetto per ciò che è. senza pregiudizi o tabù.
      questo mi piacerebbe affrontare.

  6. Non ha bisogno di titoli, né di spiegazioni, è lei parola, la fotografia. Rendersene conto, quando si avverte la distanza tra quell’istante e l’adesso qui, significa accarezzare la stessa luce di allora, come fosse il calco della propria memoria. La tecnica analogica, a questo scopo, comporta minori passaggi, è più adatta a questa comprensione, e forse anche per questo, è più emozionante ed affascinante…

    • la stessa immutata luce di allora, esattamente.
      una cosa mi incuriosisce molto claudio e cioè perché l’analogico comporta minori passaggi?

      • Forse perchè nella fotografia analogia l’immagine è lì, è quella e solo quella. Nella digitale invece quello che si crea è un ipotesi, un “ma-anche” di Veltroniana memoria. Bianco nero? Colore? Vintage? Low contrast? Che importa. A quello penserò si penserà in un secondo momento. Cambia l’approccio. Ma se era vero in passato, ora dovrebbe esserlo ancora di più: La fotografia la fa il fotografo, non il mezzo. Forse, paradossalmente, ora questo lo si ottiene con maggiori difficoltà.

        • “ma anche” è perfetto valerio… mi sembra di una sintesi risolutoria.
          così com’è vero che paradossalmente le difficoltà oggi sono maggiori.

  7. È curioso parlare del senso della fotografia tra una patatina e un altra al compleanno di un bimbo di 6 anni. Il tutto, commentando le parole del tuo blog. È un bell’inno alla fotografia.

  8. Efrem, bravo che tiri in ballo photoshop!! Che è uno strumento potentissimo e oramai imprescindibile (oh, io ci mangio poi col photoshop, quindi davvero lungi da me sputare nel piatto dove mangio).
    Però il senso del tuo post è un altro, mi pare: tornare a un’idea di fotografia che ha il suo compiersi nel momento dello scatto, che è fatta di quello che precede il momento del clic, non di quello che ne segue.
    Mentre troppo spesso si scattano foto vuote, povere, pensando già a quale effettino applicare per renderle forti o interessanti, come se questo bastasse. E’ la stessa mentalità che sta dietro alle foto di cappuccini con filtri vintage dell’iphone che si vedono su facebook, solo che tipo un virus si è sparsa in giro!

    • ti pare bene giulia. io trovo ancora molto affascinante il tempo dello scatto, che poi è quello creativo nell’accezione più piena, perché è la genesi.
      non vorrei demandare ad altro questo momento.
      queste fotografie, futbal dico, si dichiarano con assoluta precisione e forza ancor prima di essere state scattate.
      solo un attimo magari, ma comunque prima.mica dopo.

  9. uhm, non mi fa più fare reply.
    Ad ogni modo, Efrem, avevo capito perfettamente il suo punto di vista, mi mettevo anche io tra quelli che non sono Marra, Gilardi etc., mi sono espresso male io…

  10. “Che diamine ti serve pensare a photoshop?”
    Ho pensato un po a questa frase, poi ho riguardato un po delle mie foto prima di iniziare a scrivere questo messaggio.
    Come ti ho detto di persona una manciata di minuti fa il sapore delle foto che escono da una pellicola è per me una calamita, mi ci sto avvicinando sempre piu e sempre di piu ne sono attratto.
    Per tutti gli scatti in digitale uso tuttavia photoshop…senza mi sentirei perso, è parte integrante di tutto il processo…..
    Insomma abbiamo a disposizione tanti strumenti diversi per realizzare quello che vogliamo, come lo vogliamo. Non importa come…importa solo il risutato finale che inevitabilmente dipenderà dai propri gusti (buoni o cattivi che siano).
    Tuo padre aveva buon gusto.

    Claudio

    • già claudio… mio padre aveva buon gusto. lui ringrazierebbe con un po’ di imbarazzo. io invece ringrazio e basta. proprio perché
      è di mio padre che si parla.
      vorrei uscire dall’equivoco: photoshop non è motivo di alcuna ira da parte mia. nessun anatema.
      è come dici tu, uno strumento e basta. apparentemente neutro come qualsiasi strumento. un falso problema quindi. sembrerebbe…
      è quando e come si attiva che cambia la faccenda. qui non è questione che il fine giustifica i mezzi… comincio a pensare che i mezzi
      siano usati impropriamente. e che servano per giustificare un mondo che non ci riguarda.
      poi appunto, liberi tutti.

  11. ribadisco il mio apprezzamento – che non fregerà niente a nessuno – per il lavoro del Babbo. Così come la perplessità per quel “che diamine ti serve pensare a photoshop”. Che vuol dire? Uno usa photoshop ma pensa alla composizione, con la stessa naturalezza con cui usa un diaframma molto aperto od un tele spinto. Le solite questioni di temperamento, cultura, sensibilità e bla bla bla… Ho l’impressione che ci sia una corrente ultraortodossa che vede photoshop (photoshop per generalizzare) come un male controrivoluzionario. L’antifotografia.Un vero peccato.

    • allora stefano, intanto benvenuto… poi, io stabilisco delle priorità per me. gli altri facciano come gli pare. e questo regge sul piano della dialettica.
      e delle convenzioni che vorrebbero tutto assimilabile sul piano fotografico. ma non è così. e l’ortodossia non c’entra. o almeno non tocca me. che l’unica che ho
      è calcistica e riguarda il milan.
      hai ragione, si dice photoshop giusto per generalizzare… diciamo allora la produzione digitale: è la maggiore responsabile della perdita di capacità espressiva di un’intera generazione. più un po’ di limitrofi.
      perché non stiamo parlando di uno strumento, non è un fatto di software… quelli dipendono dal livello tecnologico del momento.
      è discorso lungo e complesso… mi limito a osservare il livello medio della produzione di immagini. immagini, bada bene.
      tempo fa sostenevo che la fotografia fosse morta. non ho cambiato idea. il soggetto col quale ci si confronta è un altro.
      è neonato e al momento ha terrore della memoria. che è stata invece la genitrice della fotografia.
      uso il digitale esattamente come qualsiasi altro mezzo. è ciò che accade dopo che mi perplime.
      inoltre, sarà un vezzo generazionale o ideologico, non saprei, ma anche scansita (scansionata… scannerizzata… ma come cazzo si dice?) la pellicola
      mi restituisce un’emozione che non trovo in giro. non c’entra beatles o rolling stone… cani e gatti. non parlo per te, parlo di come spesso vien messa.
      per me dico che il digitale semplicemente non è trattabile al pari di un diaframma o di un obiettivo. perché l’orizzonte che viene restituito non è il mio.
      tutto quanto esteso. cambierà, son certo, anche la mira digitale cambierà. aspetto con ansia i prodomi.
      a margine ma mica troppo: a me frega del tuo apprezzamento per queste fotografie di mio padre. gli altri è affar loro.

      • Buongiono, illuminanti le parole di Efrem, studiando “la fotografia” e imbattendomi in Marra o Gilardi, ma anche altri, effettivamente sono state spese migliaia di parole il cui senso è semplicemente: la fotografia analogia produce una fotografia, la fotografia digitale produce un’immagine (e fin qui niente di nuovo).
        “è neonato e al momento ha terrore della memoria. che è stata invece la genitrice della fotografia.”
        è proprio il sunto di questa differenza, certo che poi se si fotografa con consapevolezza, non è il mezzo utilizzato, ma il prodotto (o risultato) ottenuto.
        Non a caso ho scoperto pochi giorni fa che il Sig. Efrem Raimondi è l’unico italiano a partecipare al contest Hasselblad (ma come giudice!!!! ho quasi vergogna a postare questo messaggio, di fronte a tanta professionalità ed esperienza)

        • stefano buonasera. io non ho certo la capacità elaborativa di claudio marra o di ando gilardi, sono, o meglio, faccio il fotografo.
          mi pongo solo delle domande alle quali cerco di dare risposta. credo sia fondamentale interrogarsi su ciò che si fa. e su diavolo si sta andando.
          e ha ragione (credo che anche stefano rs dica la stessa cosa), condivido pienamente: ciò che conta è il prodotto. poco importa con cosa sia fatto.
          la consapevolezza di cui parla è uno dei fattori discriminanti. e questo sì è un fatto culturale. in generale l’accesso semplificato introdotto dal digitale
          ha dato origine a una gran mole di immagini che riflettono poco dell’autore, ma molto di più del trend (brutta parola) in voga.
          a me piace vedere fotografie che mi raccontano di una intimità. che mi svelino sguardi.
          citando grazia neri “stando così le cose, non potremo più sapere come eravamo”, riferito a un problema di privacy e fotografia in ambito street, cioè pubblico.
          Bene, credo sia estendibile a qualsiasi ambito, perché se ciò che siamo coincide con ciò che vediamo restituito mediaticamente, in tutte le salse possibili,
          a me non piace affatto.

          • Buonasera Efrem, io nemmeno mi sogno di definirmi fotografo, anche se ci sto lavorando… figuriamoci mettermi al pari di Gilardi o Marra.
            Nonostante la mia confusione, mi fa piacere che abbia colto il senso del mio discorso (al di fuori del contesto ben educato del lei, sono davvero felice che un maestro della fotografia contemporanea capisca quello che dico…).
            In effetti pensando ai vari reality o alle tonnellate di foto fatte con i telefonini, mi spaventa l’idea di far vedere come eravamo in un futuro più o meno lontano, ma per fortuna, di fronte a una massa abnorme di “merda” (perdonate il termine, ma a mio avviso rende bene l’idea), ci sono molti esempi, partendo dal proprietario del presente blog, che per fortuna bilanciano un minimo.

            • no stefano, non lei… io. io non ho la capacità elaborativa ecc. ecc.
              abnorme massa di merda rende bene l’idea. però ogni tanto mi capita di incrociare ottime fotografie. fatte anche e soprattutto
              da fanciulli e fanciulle: mica vero che tutto è piatto e standardizzato. in questo il digitale c’entra niente. concordo.

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