Hasselblad Master Jury

http://www.hasselblad.com/hasselblad-masters-jury.aspx

Non è semplice essere un giurato… temporaneamente giurato per quel che mi riguarda. Poi vedo qui e là che c’è chi ne fa una professione. Peggio: uno stile di vita.
L’importante è non pensare che da te dipenda qualcosa di fondamentale per qualcuno altro. Perché non è vero. Diffidare di chi sostiene il contrario. Nel dubbio diffidare comunque.
E la tua parola conta semplicemente per ciò che è, cioè una unità.
Essere onesti e fedeli a se stessi ma non prendersi troppo sul serio è una regola generale. Anche quando fai la tua biografia: io non mi ci riconosco mai!
Fatto salvo per i gatti, che confermo essere i miei soggetti preferiti.
Se poi li fotografo o meno non è poi così importante.

A margine… ma a cosa servono i concorsi?

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

66 thoughts on “Hasselblad Master Jury

  1. ah, invece parlando di concorso in se stesso, io provavo vergogna mista a paura a mostrare le foto che facevo, non le ritenevo ne degne ne all’altezza. Per dire, l’anno scorso ho fatto un corso di fotografia, per capire se studiando da solo, avevo realmente capito le basi della fotografia, bhe a parte farmi odiare da tutti, compreso il povero insegnante (perchè avevo le idee molto chiare e discutevo amabilmente di roba che nessuno capiva), avevo il terrore di far vedere quelle due foto che ci venivano chieste, paura della gogna pubblica in pratica.
    Poi ho approfondito molto la fotografia, come strumento di comunicazione, come “filosofia”, in pratica abbandonando completamente gli aspetti tecnici, ed oggi sono più consapevole di quello che faccio (anche se alcune cose le avevo intuite, come scattare a caso… senza inquadrare, e vedere cosa faceva la macchina da sola).
    Anche oggi, che dovrei aver acquisito più sicurezza, avrei il terrore a partecipare ad un concorso, vuoi per la paura di “perdere”, vuoi per carattere.

    • mi sembrano due ottimi motivi gli ultimi che hai citato stefano, per evitare i concorsi. ce ne sarebbero anche altri, ma soggettivamente questi mi sembrano convincenti.
      le fotografie si fanno innanzitutto per sé. c’è una motivazione superiore che non sempre è spiegabile che ti costringe a fotografare. che però appunto non equivale a scattare. al gesto in sè intendo.
      io fotografo perché poi ho delle fotografie in mano. sembra lapalissiano, vero? mica detto che sia così scontato.
      però perdonami, la fotocamera da sola non fa niente. mai fatto niente.

      • Urca grazie! Mi sento meno stupido…
        Il mio riferimento a fare le fotografie senza guardare era un riferimento a ciò che ho poi scoperto essere, in parte, l’inconscio tecnologico, che pero’ non porta lontano, a mio avviso.
        Come anche il fare le foto per averle in mano, nel mio modo di pensare e’ qualcosa del genere: “Bhe, meglio di niente, e’ già qualcosa”.

  2. Ricordo ancora il giorno in cui, di ritorno da tuo un workshop di ritratto, cercai online informazioni sulla hasselblad che tenevi in mano e saltò fuori il tuo nome tra i giurati!
    Concorso è competizione, competizione è confronto e il confronto è crescita (per i piccoli in particolar modo) quindi sarei tentato di dire “ben vengano i concorsi”.
    Solo che il confronto lo fanno i giurati e se il partecipante non si confronta a sua volta con il giurato…bè allora il concorso serve a poco, solo ad alimentare la fame di notorietà e consensi.

    Claudio

    • perdonami claudio, non penso che la fotografia sia un ambito competitivo. il concorso, hai ragione, sì.
      quindi si tratta di stabilire se le due cose hanno nesso. negli anni passati, molto passati (che persino io non c’ero) il
      concorso aveva davvero una sua valenza. era un modo per far sì che persone logisticamente distanti si ritrovassero.
      e chiacchierassero di fotografia. il mio dubbio (dubbio, non certezza), è che il valore sia mutato oggi.
      poi chiaro che il confronto lo fanno i giurati, questo ovunque e da sempre: mica è un dibattito!
      anche perché comunque la fotografia si accompagna da sola: possiede in sé espressione o no. e non ci sono altre parole
      che tengano. secondo me. per cui opinabile. molto opinabile…

      • La competizione c’è altrimenti non ci sarebbero vincitori; concordo al 100% con la tua considerazione, negli anni i concorsi sono cambiati…oggi c’è internet per abbattere le distanze ed incontrarsi.

  3. Per sua natura, la fotografia ammette infinite soluzioni, purché sia interessante. Per cui credo poco ai concorsi in quanto strumenti di valutazione. Ovvio che la selezione fa il proprio corso e la giuria è determinante, ma non credo che le foto escluse siano necessariamente meno pregevoli. Ho avuto il piacere di ammirare alcune immagini scelte per l’ultimo concorso Hasselblad, esposte al Sestante: in generale, tutte magnifiche, anche se quelle che mi restano dentro sono poche, e non è semplice spiegarmi il perché…

    • credo di sapere perché quelle che ti restano dentro sono poche, claudio… fai un test: scegli le 10 immagini che in assoluto hanno valore per te.
      quelle che ti hanno lasciato qualcosa di profondo. non importa di chi e di che epoca. poi ne riparliamo. forse…

            • Le ho scelte, è stato molto difficile capire con quale criterio. Alla fine ho ripassato mentalmente le prime che ricordavo, senza un nesso, senza un filo, completamente a ruota libera. Anche perché il 10 non poteva contenere tutte quelle che per qualche misteriosa ragione avevo dentro. Tanto valeva sparare le dieci beccate per prime. Ed ora che faccio ?

            • mmmmm, giusto… che faccio? guardale! :)
              oltre a questo potresti dire chi sono gli autori e l’anno o il periodo in cui sono state realizzate.
              che ne dici? poi ci si aggiorna ancora… è un test a soli due step: vederle, al momento, non è così importante.

            • …ecco qua:

              1) Scianna, Processione del Venerdì Santo, 1962
              2) Gabriele Basilico, Shangai 2010
              3) Erwitt, California, 1955
              4) Erwitt. Colorado, 1955
              5) Ghirri, (dietro un vetro) Brest, 1972
              6) Ghirri, (dietro un vetro) Brest, 1972
              7) Ugo Mulas, Abito Mila Schon Vogue Italia, luglio/agosto 1966
              8) Ugo Mulas, Milano. 1953-1954
              9) Renè Burri Summer Palace, Kunming Lake, near Beijing, China, 1964
              10) Leibovitz, Penelope Cruz & Woody Allen, 2010 (credo)

            • non vale forse per tutti, ma per te claudio sì: 8 su 10 sono ovviamente film… forse basilico quasi certamente leibovitz no.
              e questo è il primo dato, puramente matematico. dal quale emerge che la tua memoria pesca ampiamente in una fucina apparentemente
              inattuale. ma guarda caso si ficca lì, dove il sapore è assolutamente diverso dalla mostra di cui parlavi.
              e dalla quale facevi fatica a identificarne una che, cito, ti rimanesse dentro.
              le conclusioni tirale tu.

              p.s. questo non è un test scentifico… ma emotivo certamente.

            • e questa tua top ten claudio, ti dà indicazioni molto precise su dove il tuo sguardo, quello intimo,
              ambisce andare… assecondalo.

            • Grazie ! Davvero molto interessante, sto rileggendo le tue conclusioni, in particolare mi incuriosisce parecchio il concetto di “fucina apparentemente inattuale”.
              Asseconderò questa direzione intima, certo…
              Grazie per questo prezioso consiglio, e per avere così magistralmente interpretato le mie impressioni sulla mostra…

            • ah ok, ma sai che avevo frainteso ? credevo intendessi con film non immagini analogiche da pellicola, ma immagini di carattere cinematografico o riferibili direttamente al cinema ? ora è tutto chiaro, in effetti è proprio quella “fucina apparentemente inattuale” che mi attrae di più, e non perché sia un nostalgico… Grazie ancora !

  4. A mio avviso i concorsi fotografici (internazionali o “sagra di paese”, online, offline e tutto quello che vi pare) per una qualsiasi persona che abbia scattato una foto, sono uno strumento interessante, solo nel caso in cui si abbia la possibilità di vedere tutte le fotografie partecipanti (ovviamente a fine concorso). Mi piace l’idea di vedere in che direzione sono andato al comando “un due tre stella!”

    • per questo ci sono i giurati paolo, per vederle tutte. trovo improbabile che una volta finito si ricominci da capo…
      ma a parte questo, una domanda, in che senso vedere la direzione nella quale sei andato?

      • Nel senso che il miglior dialogo (e quindi confronto) tra due persone che hanno scattato una foto, pensando allo stesso tema, è proprio scambiarsi le foto! Io partecipo ad un concorso non per farmi dire se la mia foto ha tanto colore, è sottoesposta, dritta, storta, vincitrice o perdente, ma per vedere se riesco a raccontare la storia, l’idea, il problema, l’emozione, utilizzando più parole rispetto ad altri. Ma soprattutto, solo in quel momento scoprirò se il mio racconto effettivamente mi piacerà! È un po come imparare l’inglese, studi le basi, impari (da altri) una parola nuova al giorno e dopo qualche tempo, componendo il tutto, ti ritrovi con uno stile tutto tuo.

        • paolo perdonami, non mi convince molto il paragone con l’inglese… cioè non penso, ma è solo una mia opinione, che esprimersi fotograficamente
          sia un fatto di cumulo e più sommi più racconti. o quantomeno non è automatico. personalmente preferisco sottrarre. ma anche questo è un fatto del tutto
          personale. se ritieni che l’ambito concorsi ti sia utile per uno scambio di opinioni, un confronto insomma, frequentalo.
          forse, dico forse, una mostra o una libreria specializzata, che te ne stai lì tranquillo a guardare o sfogliare, può darti un ulteriore confronto.
          se è questo cerchi. che ne dici?

          • Pienamente d’accordo, non c’è niente di meglio di passare qualche ora in libreria, in pieno silenzio, in piena concentrazione. Tuttavia sono attratto dalla possibilità che il mio “vicino di casa”, fotografo amatore e che partecipa saltuariamente a concorsi fotografici, mi stupisca con qualche scatto.

  5. Per il filosofo bruce lee, le cinture colorate delle arti marziali hanno lo scopo di reggere i pantaloni. I concorsi d’arte hanno la stessa mansione. Sospensori per chi non ha nulla da fotografare seriamente.

    A proposito di master H., qualche giorno fa ero a pranzo con una nota fotografa canadese che vi ha insultato tutti perché siete maschilisti.

  6. Volevo dire che almeno venendo selezionati si avvia un confronto. Ovviamente sempre con le mille domande del caso, ad esempio “con chi ti confronti”. Dell’essere premiati fotte sega anche a me se in termini di crescita non riesco a prendere nulla.
    Per me è sbagliato il concetto di “concorso” alla base. Dovrebbe essere un momento di confronto di tutti i partecipanti e non una competizione. Ah…ma quelle sono le letture portfolio.

  7. Anzi, forse in nessuna delle due ipotesi, in quanto è vero quello che dici Efrem “trovo i concorsi ambiti competitivi inutili. per la crescita e la dialettica fotografica intendo.”
    Ci pensavo proprio adesso riguardo al FOAM TALENT 2012.
    Invio il mio lavoro, non vinco, non ho feedback di nessun tipo. Quindi?!?!?

  8. parlo per me che non sono fotografo (anche se mi piacerebbe esserlo).
    Partiamo dalla domanda posta da Efrem (cazzo un giudice hasselblad che fa una domanda del genere è geniale, parere personale), non credo servano, se non a soddisfare l’ego del fotografo. Perchè mi sono reso conto, nella mia misera esperienza in questo ambito, che i fotografi sono prima di tutto dei grandi egocentrici (non a caso mi piacerebbe entrarvi a farne parte…), ne discutevo con un “collega” all’unico workshop a cui sono andato, il sunto era: “tanto, in fondo lo so che le mie foto sono migliori delle vostre”.
    Senza contare che il motivo per cui mi spinge a far scattare l’otturatore è sicuramente un momento molto personale ed è comunque legato alle mie esperienze passate, al mio livello culturale, al mio stato d’animo in quel momento. Non credo che tutte queste cose possano emergere, per quanto la fotografia sia linguaggio, all’esame di una commissione giudicante su un unica immagine.
    Diverso probabilmente è il portfolio, dove l’immagine si fa discorso.

    • ci sono fotografie e immagini, singole stefano, che hanno la capacità di fare emergere tutto ciò che contengono.
      altre che puoi farne un pamphlet e continuano a essere deboli. a mio avviso a volte si rischia solo di allungare il brodo.
      questo per ciò che capita di vedere a volte. a spesso…
      eh… mica facile. mica ci si riesce sempre. è proprio la traduzione del vocabolario interiore in quello della luce. in fotografia.
      è giusto! ciò che spinge a far scattare l’otturatore è un motivo personale. e l’egocentrismo c’entra anch’esso, solo bisogna vedere
      in che misura è condivisibile.
      le fotografie non hanno bisogno di tante spiegazioni e chiacchiere, basta la loro presenza. ed è una presenza percepibile o no.
      e allora non servono neanche le parole in soccorso.
      uno degli errori che commettiamo è di voler spiegare una fotografia… una nostra fotografia.
      così a volte si assiste a delle letture di portfolii o a delle proiezioni noiosissime.
      siccome non è una gara a chi ce l’ha più lungo (non a caso le fanciulle in genere hanno un atteggiamento diverso), trovo i concorsi
      ambiti competitivi inutili. per la crescita e la dialettica fotografica intendo.
      ma è solo una mia opinione.
      ehi! il giurato hasselblad non è diverso da chiunque altro. parlo per me.

      • uhm bello questo dialogo con chi la fotografia la capisce e la pratica con buoni risultati, hai perfettamente ragione su tutta la linea… dalla foto che non deve essere commentata, le parole non servono, è già lei linguaggio.
        alle fanciulle che hanno un approccio completamente diverso e non a caso cerco di osservare e rubare quel che posso da molte fotografe più o meno giovani e più o meno note.
        Che altro aggiungere, grazie.
        PS le fotografie che non hanno niente da aggiungere oltre se stesse sono quelle davvero riuscite e belle, ma ci sono anche altri ambiti dove possono avere un significato importante e significativo solo per l’autore, come potrebbero essere i gatti per te o mia figlia per me.

        • vaglielo a dire ai gatti! che più al centro dell’attenzione di loro! quando lo decidono loro naturalmente…

    • Non credo che la frase “tanto, in fondo lo so che le mie foto sono migliori delle vostre” dimostri egocentrismo, ma qualcos’altro. E lo dico io che sono un egocentrico. Non direi mai una cosa simile nè penso possa essere presa come manifesto dell’essere fotografi. Per la questione concorsi secondo me ci sarebbe precisare di che tipo di concorsi parliamo: concorsi per come dovrebbero essere o per quello che sono in realtà. Nella seconda ipotesi credo anche io non servano.

      • Hai ragione, in effetti andrebbe contestualizzata meglio la quella frase, l’ho utilizzata solo per rafforzare il concetto di egocentrismo.
        E’ ovvio che essere egocentrici vuol dire essere fotografi o viceversa, però nella mia minuscola esperienza ho notato spesso questo. Poi ci sono fotografi bravissimi, che non danno alcun cenno di essere egocentrici, come chi ci ospita in questa sede.

        • stefano scusa, solo una roba, non ci sono minuscole o grandi esperienze qua dentro. ognuno dice la sua a pieno titolo.

        • Ma guarda, in alcuni ambiti specifici l’ho notato anche io. Non parlo nemmeno solo di ambiti fotografici. Però appunto è un egocentrismo che diventa un’altra cosa. ;)

          • stronzaggine? :)

            @Efrem, grazie, ma l’umiltà non è mai troppa. Meglio passare per scemi che stronzi a mio avviso.

            • sposto qui il post di andrea p, che per un problema tecnico è andato altrove. efrem

              “stronzaggine? :)”

              Esattamente quella Stefano! :)
              Tanta.
              E dello stesso tipo che ho riscontrato in alcuni ambiti musicali quando “ero” un musicista.

              P.S. Ho replicato qui perchè su non me lo permetteva.

  9. “…né i portfolii né gli interlocutori sono neutri e buoni per tutte le
    circostanze”
    D’accordissimo, ma non mi sembra venga percepito così di solito, da entrambe le parti.
    Attendo anche io le risposte di Maurizio De Bonis. ;)

  10. Ok, lo sapevo. Ne ero sicuro.
    Il tuo nuovo post arriva pochissime ore dopo la scoperta del concorso fotografico FOAM TALENT CALL 2012.
    Come sempre mille dubbi, così come per le letture portfolio.
    Partecipare o no?
    Sono sempre stato restio a riguardo: Chi è che sta giudicando il mio lavoro? Che peso devo darci? Quali sono le reali intenzioni di chi organizza questa lettura portfolio o questo concorso?
    Da un lato sono ben felice di avere una testa che si pone tali domande, d’altro conto vedo il mio portfolio che se ne sta lì, a poltrire, quasi come fosse un segreto che nessuno può vedere o capire, approfittando raramente di alcune occasioni che si presentano, ma dove in fondo non trovi la gente che “conta”.
    Eh. La gente che conta. Ma conta veramente questa gente?
    Da un certo punto di vista si. Dal mio no.
    Parlo di andazzo generale. Ci saranno sicuramente realtà diverse immagino. Riuscire a trovarle è il problema.

    • la lettura portfolio, andrea, per me ha un valore se contestualizzato: chi e in quale circostanza legge (diciamo così).
      ma il luogo preposto (che non è il cassetto), è altro. se il referente sono le riviste è lavoro per i photo editor, che sono le persone qualificate per farlo,
      certamente limitatamente all’ambito redazionele di cui si occupano. ma almeno è certo che il luogo è giusto. e non si perde tempo in giro.
      gallerie, musei ecc, ci sono i curatori. e via discorrendo per asserire che né i portfolii né gli interlocutori sono neutri e buoni per tutte le
      circostanze.
      sui concorsi e la loro utilità resto perplesso.
      mi incuriosiscono le risposte che potrebbe dare maurizio de bonis.

      • mi ero un po’ perso… per benemerenze (e riconoscimenti) intendo quei sistemi che assegnano dei titoli ai fotografi in base alle statistiche dei risultati ottenuti nei concorsi (es. BFI = Benemerito della fotografia, AFI = artista fotografico, etc.). Penso che alla lunga rientri tutto nel grande discorso che purtroppo in questi ambiti c’è un po’ troppa auto-referenzialità. Forse ciò accade anche nel mondo dorato Hasselblad? Non vale ovviamente per te, ma forse per qualcuno vale la relazione: “Se sei un bravo fotografo hai una Hasselblad, se hai una Hasselblad sei un bravo fotografo”…
        ma guardate cosa dice qui Annie Leibovitz
        http://thebeginnerslens.com/iphone-photography/annie-leibovitz-promotes-iphoneography.html

        • non sapevo neanche dell’esistenza di questa classifica (come definirla se no?). se è così, il mio invito è di occuparsi di più di fotografia e meno
          del circo autoreferenziale che le gira intorno. che temo serva solo ad alcuni.
          il “per me è la macchina che ci ha che conta” è un assioma che ha attraversato indisturbato tutte le epoche. e che appunto prevede la qualità tout court
          dell’immagine in subordine alla capacità performante della fotocamera.
          mi sembra quasi superfluo dirlo: tutte balle!
          si fotografa con ciò che si ha. considerando le caratteristiche tecniche del mezzo si è in grado di modularle rispetto al nostro fine espressivo. che è ciò che conta.
          ci sono percorsi poi, dove qualsiasi cosa va bene e altre no. spesso è solo un alibi nei confronti dei risultati che otteniamo.
          personalmente ho scattato con tutto, dalle usa e getta al grande formato in banco, dalle pola al digitale. anche con l’iphone, però va be’…
          coloro che sostengono la supremazia del logo, anche inconsciamente, forse dovrebbero concentrarsi di più so ciò che fanno.
          a meno di essere un produttore, che inevitabilmente ti dice che il suo prodotto è più figo.
          non è necessario essere hasselblad (che però non mi risulta aver mai sostenuto questo), anche lomo, che la butta sulla sponda opposta, va sostenendo che la creatività risiede nella macchina.
          poi vero, ci sono in giro fighetti malati di brand. a tutti i livelli.

  11. …ma a cosa servono i concorsi? Prendo questa tua domanda (che io mi pongo spesso) come trampolino di lancio per porre altri quesiti. A cosa servono i premi? A cosa servono i festival? A cosa servono le letture di portfolio? A cosa serve il successo (in campo fotografico)?
    Da sempre cerco interlocutori su questi argomenti (anche se io ho le mie risposte…forse sbagliate). Ho scritto e scriverò articoli sulla questione. Ma il fatto che un fotografo (come tu sei) ponga la domanda mi sembra molto (ma molto) interessante.

    • credo, maurizio, interessino a tutti le tue risposte sbagliate…
      per conto mio, da fotografo ho il ricordo di un unico concorso al quale ho partecipato. ero molto giovane. e mi è servito.
      per decidere che non me ne fregava niente. non sto a tediare sul motivo, banalissimo.
      la lettura portfolio credo invece possa servire. in subordine alle circostanze… o meglio alle persone.

    • una domanda maurizio, in attesa delle tue risposte sbagliate, alle quali personalmente tengo, ma perché il fatto che sia un fotografo
      a porsi le domande di cui sopra, lo trovi così interessante? curioso.

      • Efrem,
        trovo interessante che sia un fotografo a porsi questa domanda perché quasi tutti i fotografi che mi capita di incontrare non pensano minimamente di porsela. Il discorso è lungo, ma la questione drammatica è l’ossessione del successo, anzi quella dell’essere riconosciuti fotografi di successo.
        Basta un premio ( anche se fasullo) per creare un “grande” fotografo. Poi, dopo il premio spesso c’è il nulla. Ma sappiamo bene come funzionano certe cose…

        • esiste, maurizio, una cartina di tornasole inevitabile: le opere. quelle che ognuno, a diverso titolo, produce.
          la cucina di turno può abbellire il piatto, essenzialmente pro domo sua. perciò assistiamo a un turnover imbarazzante
          di autori. talvolta imbarazzanti anche loro. la medaglietta (o medaglione, dipende) funge da certificato.
          e come dici tu, per un po’ tira. poi avanti il prossimo. ma i cuochi restano.
          i fotografi se la pongono questa domanda, credimi. quello che non tutti comprendono, soprattutto chi inizia, è che
          l’ossessione del successo castra la propria capacità espressiva. mi capita spesso di vedere ottime cose nel cassetto degli stessi
          che inceloffano roba precotta. l’ossessione del like e della compiacenza… ma in una tribù così mediatica come potrebbe essere diversamente?

          • Si, certo…roba precotta. Penso che tu possa capire quanto ne veda anche io. Sono contento che tu mi dica che i fotografi si pongono certe domande. Ne prendo atto. Ma ciò non toglie che trovo difficoltà a far capire ai virgulti della fotografia che incontro per motivi professionali che anche i fotografi (come tutti i comuni mortali), hanno una sola vita a disposizione. Sprecarla per compiacere gli altri, per vincere un premio (fasullo) o per ottenere una pubblicazione grazie a fotografie nelle quali non si crede è triste e inutile.
            Andreij Tarkovskj diceva che uno dei cardini dell’atto di creazione artistica è la relazione tra l’idea dell’autore e l’opera, e questa relazione deve essere sincera.
            Capisco, però, che bisogna intendersi su cosa significhi fare fotografia. E’ questo il punto. E compredo perfettamente che ci possano essere posizioni e idee diverse e meno “talebane” (come qualcuno le ha definite) delle mie.

            • ma i virgulti della fotografia, come li chiami tu maurizio, hanno colpe minime. esiste poi certo il libero arbitrio…
              ma per questo, per esercitarlo dico, devi avere delle convinzioni titaniche! oggi mica semplice.
              condivido pienamente tarkovskj. e non trovo le tue posizioni talebane.
              qua occorre cambiare rotta, poche balle.

  12. Nienta da eccepire! se non che per molto tempo ancora stazionerò sul tuo blog con immenso paicere! :-) PS: vincere un concorso di un certo livello come quello indetto da Hasselblad per esempio, serve eccome, in un mondo dove la gente non fa più fatica a capire e a comprendere, forse anche giustamente del resto non devo essere architetto per commissionare il progetto della mia casa ad un architetto, e si fide di un certo tipo di immagine, per cui se non vinco il concorso sono io con i iei detrattori e i misi sostenitori, se invece lo vinco il numero dei sostenitori aumenta… e anche quello dei detrattori in realtà! :-)

    • be’ piernicola, sì, può essere che il peso, l’importanza del concorso possa fare una certa differenza. in certi casi il battage mediatico
      dà indubbia visibilità. ma siamo certi che serva davvero a qualcosa e che inveci non diventi un percorso deviato proprio in funzione della manifestazione?
      un po’ come quando si prepara la canzone per il festival di san remo…
      dubbi, dubbi e dubbi. io dico, che senza dubbio non vivo.

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