Le mani non sono un’appendice.
Neanche i piedi. Ma perlopiù abbigliati o segati via, contribuiscono meno.
Puntualizzazione dovuta, e anticipata, a precisetti e feticisti.
Tutto ciò che è visibile in un’immagine concorre a determinarne la caratura espressiva.
Anche l’invisibile suggerito… quello la cui assenza è sottolineata: non si vede ma è determinante. A volte è la struttura iconografica.
Le mani non sono un mero terminale geografico, un organo prensile utile alle faccende quotidiane.
E l’articolazione poliedrica di cui dispongono ha valore espressivo. Noi italiani, popolo di gesticolatori, dovremmo esserne consci.
Invece no… pratichiamo il gesto solo in automatico.
Immaginarlo, riprodurlo, vivificarlo, è altra faccenda.
Questo mica solo noi. Però visto che la meniamo all’universo mondo sulla quantità di bene artistico che possediamo, com’è che balbettiamo? Tutta ‘sta memoria che ci appartiene, com’è che la usiamo a singhiozzo? Com’è che la rinneghiamo, ogni volta che volendo essere à la page indossiamo una qualsiasi divisa union jack, anche se straccia, anche se veramente straccia: non se ne può più di sentire che fai una fotografia molto british!
Ma dove? Dove?!
Ma sapete di che cazzo state parlando?
Io sì. È di fotografia che si misura con le persone, di ritratto più pertinentemente.
Dove non c’è obbligo per le mani, ma se ci sono non basta facciano capolino.
Non basta la presenza.
Che generalmente si nota quando assumono quell’espressione imbarazzata, tipica di chi è lì per caso, di chi estraneo al contesto e dissimula, male, una qualche pertinenza.
C’è sempre un che di forzato. Una distonia.
Ueh, sciuretta English speaking griffata made in Italy, te ne sei accorta anche te? Brava.
Il fatto non sussiste, e spesso si è assolti, quando le mani sono dichiarate soggetto. Quando non hanno neanche bisogno di rubare la scena e ne sono al centro.
Come fai a distrarti? Ce le hai messe tu! E il motivo lo conosci benissimo, quello di prima, quello di sempre: le mani raccontano.
Il problema si pone quando non lo fanno in prima persona, quando sono porzione del racconto. Quando apparentemente defilate pesano quanto uno sguardo.
No panic! We are English (famiglia inglese sull’ascensore, in blocco, della torre Eiffel, qualche anno fa).
No panic! Le puoi sbattere in faccia all’obiettivo, le puoi nascondere, puoi farle dialogare tra loro, tenerne una sola, tagliarle.
Qualsiasi cosa insomma, ma occupatene. Quelle mani apparterranno pur al resto della figura… perché improvvisamente separarle? Perché ridurle a basamento del cranio, appoggiarle come un soprammobile dove capita… improvvisamente avulse.
Stanno nella scena anche quando non si vedono! E la sottolineano.
Anche se mute. Perché il punto è questo: le temiamo. Non fosse altro perché ci si incappa spesso, e ogni volta è un dramma. Se non durante, dopo, a giochi fatti. E allora in post cancelli, sposti, aggiungi un dito (anche due, meglio abbondare).
Mentre il problema è prima: guardare cosa sono le mani che hai davanti, che relazione ha con loro il soggetto.
Hanno delle specifiche? Sono gommose, nodose, energiche, mosce?
Impugnano, accarezzano, spolverano? Nude? Inanellate… borchiate come il guanto di un templare?
Qualsiasi cosa, qualsiasi pur di non essere delle comparse imbarazzate. E se fanno qualcosa, che la facciano! Non che la emulino.
Le mani in fotografia… come quando la stringi a qualcuno e la tua avverte che l’altra è morta. Il terminale di un’ameba.
E la tua scappa.
© Efrem Raimondi. All rights reserved.
Joe Strummer, 1999. GQ mag.
Zhang Jie, 2008. Adriano Salani Editore.
Pierfrancesco Favino, 2003. Vanity Fair mag.
Dario Argento, 2003.
Elisabetta Canalis, 2002. Class mag.
Carlo Pesenti, 2003. Capital mag.
Silvana Annicchiarico, 2012. Ladies mag.
Cesare Geronzi, 1997. Capital mag.
Little Steven, 2000. GQ mag.
Joaquìn Cortés, 2004. Class mag.
Fernanda Pivano, 2005.
Alessandro Del Piero, 1994. Class mag.
Gigi Buffon, 2007. Men’s Health mag.
Vasco Rossi, 2000. EMI Music.
Maria Cabrera, 1988. Dolce&Gabbana.
Maria Cristina Didero, 2012. Ladies mag.
Contadina, 1984
Valentino Rossi, 2001. GQ mag.
Valeria Magli, 1991. Interni mag.
Cat Power, 2012. Rolling Stone mag.
Giovanni Lindo Ferretti, 2009. Arnoldo Mondadori Editore.
Paola e Chiara, 1999. GQ mag.
Pia Tuccitto, 2007.
Valeria Bonalume, 2012. Playboy mag.
Robin Rizzini, 2012. Interni mag.
Viviana Tomaselli, 2013. Grazia mag.
Alessandra Ferri, 1996. Lo Specchio mag.
Giulio Andreotti, 2006. Grazia mag.
Fiorello, 2000. GQ mag.
© Efrem Raimondi. All rights reserved.
“ridurle a basamento del cranio” è per me il delitto più grave….(e in questo le foto degli scrittori da terza/quarta di copertina sono spesso assassine).
di queste tue foto Efrem mi parlano in particolare due donne, Cabrera e Didero.
La prima riesce magicamente nell’artificio ad essere elegante ma viva, senza leziosità.
La seconda trasforma la grammatica dell’imbarazzo in una forte affermazione di sé.
E ho pensato al tuo post anche due sere fa al cinema vedendo Salvo, film notevole, dove la regia si sofferma molto sulle mani dei protagonisti – il picciotto che si guarda le mani squadrate come se per la prima volta vedesse la violenza di cui sono state capaci, la ragazza cieca che riacquista la vista e, come fanno i bambini piccolissimi, si incanta a guardare le proprie mani che si muovono.
Ma al cinema far parlare le mani è molto più facile….non c’è storia!
be’, la cabrera è stata una top model.in un periodo che non c’entra niente con l’attuale. lontanissimo… l’unico in cui mi sono occupato di moda. poi stop.
concordo pienamente sulla didero.
non ho visto salvo… la tua mi sembra un’ottima recensione, per cui…
penso che in generale il movimento filmico aiuti a stemperare certi eventuali imbarazzi iconografici e hai ragione, in fotografia è più complesso. paradossale visto che decisamente più massificata.
tema molto molto affascinante quello delle mani, ma mi rendo conto che una cosa è fotografare le mani da sole, altra cosa fare un ritratto in cui le mani siano al loro posto e si armonizzino bene col resto. in questo le tue foto sono splendide e mi piace molto anche il montaggio che hai fatto delle foto con il particolare delle mani. a proposito di foto di mani che mi piacciono ecco il link alle mani di Georgia O’Keeffe fotografate da
Alfred Stieglitz (è solo un esempio, ma amo questa foto):
http://www.metmuseum.org/Collections/search-the-collections/190023447
mani decisamente importanti…
tra l’altro, a margine, le mani femminili hanno un’altra espressione. tutte. fossero anche di una spaccapietre (giusto per indicare un lavoro che le mani le mette a dura prova).
le mani e quello/a che le ‘porta’, la loro relazione col soggetto…… che dire, forse è recente il loro divorzio dal possessore, perché in passato c’era un vero culto per le mani, le signore bene del ‘700/800 si facevano fare il ritratto delle mani da scultori famosi (devo dire che personalmente trovo imbarazzanti quelle mani mozzate), leonardo chissà quante volte avrà corretto la posa di quelle della monna lisa, escher e le sue mani che si disegnano da sole, michelangelo e quella mano che trasmette la vita…….. hai ragione tu, la relazione col soggetto è fondamentale, bisogna coinvolgerle ed occuparsene, possono dire molto, lo sa rodin che scolpisce ‘la mano di dio’ (che non è quella di maradona) nella quale concentra la nascita del mondo, lo sanno i poeti
“…e quando tu hai posato
le tue mani sul mio petto,
ho riconosciuto quelle ali
di colomba dorata….
Per tutti gli anni della mia vita
ho vagato cercandole.” (Pablo Neruda)
come mai non lo sanno i fotografi?
a quella di maradona ci ho pensato quasi di default… lui era un genio!
non è che noi fotografi non lo sappiamo, è che non sempre si presta loro attenzione. anche perché in fotografia risultano mediamente più ostiche del previsto. è come se lo stesso possessore, l’umano, perda istantaneamente licenza d’uso… come se si accorgesse solo al momento, della loro presenza iconografica. e cade nell’imbarazzo. sono davvero pochi quelli che le sanno gestire in autonomia. quelli che capisci che una dialettica intercorre, con ‘ste mani. a volte sembrano posare per fatti propri e le mani boh. producendo appunto una distonia se in un insieme più ampio. non ti dico nei gruppi! quindi devi gestirle tu fotografo. chiaro che le istantanee hanno altre dinamiche, ma col resto sono un problema. apparentemente più semplice se soggetto indiscusso. le mani sono belle sempre da fotografare… io le ho sempre amate. vuoi per mediazione pittorica e soprattutto scultorea. fotograficamente quello che mi colpì un giorno, da fanciullo, furono le fotografie che pepi merisio fece alle mani di papa paolo VI. quando presi la fotocamera in mano mi tornarono in mente: erano soggetto! e il papa?
quasi dimenticavo… puoi anche tagliarle. io lo faccio se trovo abbia un senso… non mi preoccupa.
Ogni volta che qualcuno mi chiede un ritratto, anche un amico, mentre gli butto lì duemila scuse sul perchè non posso la prima cosa che penso è “Cazzo, non saprei nemmeno casa fare con le tue mani!” Lo penso, ma non lo dico. Sarebbe quasi sempre inutile. Queste tue foto spiegano comunque molto bene i concetti che hai espresso. James Conlon sembra sia pronto ad estrarre la sua pistola in un duello. :)
prova a partire dalle mani, andrea. prova a occuparti solo di loro. come fosse un esercizio. viste così non sembrano neanche appartenere al temuto figuro :)
Si, forse hai ragione.
Lo farò! Anzi mi ci applico questa estate. ;)
Ti farò sapere…
Oddio, spero di non essere frainteso, però la più bella è “Contadina, 1984”, sconosciuta e reale. Gli altri personaggi ritratti, più o meno noti al grande pubblico hanno sicuramente una gestualità diversa da me, uomo della strada.
Anche se l’intento era altro nel post, credo.
uomo della strada… che non hai l’abitudine di toglierti il bustino…
Ma perché Stefano? A me sembrano tutte mani che posso incontrare! Mi esprimo meglio: sono gesti nei quali è possibile riconoscersi perché mi sembrano normali e coerenti con la fotografia. Comunque a me piacciono.
@Efrem, mica ho capito (grassa ignoranza la mia…)
@Diletta, ovvio che anche a me piacciono, però il punto che non sono riuscito a mettere a fuoco, evidentemente, era un altro, ovvero, prendiamo ad esempio un grande comunicatore, Carmelo Bene, come muove le mani lui mentre parla è un’altra cosa rispetto a me, probabilmente è una consapevolezza diversa del proprio corpo ed in particolare delle mani. Poi ci sono persone molto attente e acute come Efrem che fermano la presenza/assenza dei suddetti arti, per ottenere un determinato risultato di comunicazione. (sempre se non ho detto grosse stronzate…)
pensavo che certamente il gesto della canalis ti fosse estraneo :)
…e io che pensavo a qualche citazione dotta che non conoscevo :-))))) (in effetti però potevi chiamarmi per darle una mano, povera)
Ma forse il gesticolare è un automatismo. Carmelo Bene a parte, a me sembra che nelle differenze tutti possono mettere le mani in tasca o prendersele o usarle e forse Efrem è questo che vuole dire e che cioè in fotografia non è scontato, ma in fotografia mentre nella norma sì solo che non ci si fa caso. Questo è ció che ho capito e che mi convince.
se leggi il commento di Efrem al commento di Vilma, secondo me, lì c’è tutto, addirittura più che nel post :-)
Sono d’accordo con te Stefano :)
È la tua lezione sul ritratto che ricordo e ripropongo di più in assoluto… E il popolo del “non più reflex in automatico” mi si illumina di colpo!
Sempre grazie infinite!
strano vero! com’è possibile che se ne parli raramente? non l’ho mai capito. grazie a te.