Back Power

Ci si vede see you… later, domani, adesso, quando?
Comunque di fronte.
Il retro non è previsto. È presente ma non convenzionale.
Anche la memoria di noi, quella immediata, riguarda il fronte. Perché è il lato della riconoscibilità condivisa.
Poi ci sono eccezioni il cui volto è il retro.
Non alludo alle faccia da culo, sempre meno eccezione.
Intendo proprio le natiche. E questo però in subordine a una trafila che non concede sconti e che riserva la fama in assenza di veli e ritocchi assortiti.
Non le  quattro chiappe che ogni tanto fanno capolino su Facebook e contano i like, e che spesso finiscono per confondersi…  su sette miliardi e passa che pigiamo terra, è un passaporto per pochissimi: siamo cioè ben oltre Belen e le sue epigoni.
Un’istantanea biografica generalmente valida per un periodo relativamente breve.
Con obbligo di assicurazione.
A margine: è uscito il libro Bella Belen… giuro, questo il titolo, per Mondadori Electa -ELECTA!!! Ho avuto il privilegio di vederlo tempo fa… a questo mio blog il privilegio di non avere alcun obbligo di commento.
Invece il back che qui m’interessa è più ampio e riguarda chiunque. A qualsiasi età.
Sarà la curiosità che non si accontenta della facciata, una sorta di diffidenza infantile, ma confesso che una sbirciata al retro ogni tanto la do.
E può essere rivelatrice. Perché non è vero che non c’è espressione.
Il back è l’unico nostro versante che non ha immediato assillo fotogenico il che, in epoca di sovresposizione mediatica, è un vantaggio.
Insomma il back vive meglio. E tranquillamente trascorre la sua vita appiccicato alla nostra, certo di non avere compiti istituzionali o di rappresentanza.
Una volta per Stern magazine stavo ritraendo una superstar del design, di quelle che si presentano in studio ma non so come equivocano e credono di essere a Broadway, e testuale mi dice ”Non voglio essere ritratto… vai giù, prendi una negra, la fotografi di spalle e poi dici che sono io”.
Immaginatevi la faccia che avrebbero fatto i crucchi.
Comunque ho fotografato lui, perché Broadway, nel mio caso, è altrove.
Chi mi conosce bene e da un po’ sa di chi sto parlando. Qui evito, ho già troppi casini…
A volte è una dedica al resto del mondo. Che qualcuno sottolinea con uno o più tattoo, tipo l’Oscar Pistorius di questa selezione. Già…
Ma il soggetto che offre il back, cosa diavolo pensa?
Quello inconsapevole non pensa, che ne sa del mondo alle sue spalle?!
Ma l’altro, quello che è dichiaratamente retro, quello che sa che te ne stai occupando con l’aggravante di una fotocamera in mano, è certo che pensa eccome!
Perché non c’è condizione più esposta, dove sei proprio in balìa.
E si vede. Perché davvero la tua espressione, se attonita, se non vedi l’ora che sia tutto finito, condiziona l’altra faccia della luna.
Quella che non si vede mai. E che anche per questo, me ne occupo.
Rilassati! Non succede niente in tua assenza.
Al massimo non ti accorgi che me ne sono andato.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

SUBSONICAORIZZONTALE UNOFRANCESCO BONAMIGIULIO ANDREOTTIGIOVANNI BUSSEIOSCAR PISTORIUSELISABETTA CANALISLUCIANA LITTIZZETO13"WALKING" SERIESGENOVAF.LLI MOLINARIpitti donna 1988-89ARTURO BRACHETTI16OZZY

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Nell’ordine:
Laura. Cap Ferrat, 2004
Laura. Lago Maggiore, 2014
Sconosciuta. Cinema Centrale, Milano, 2014
Laura. Lago Maggiore, 2009
Subsonica, Lo Specchio della Stampa magazine. Torino, 2005
Vasco Rossi, TABULARASA, Mondadori. Deserto del Sinai, 2004
Dalla serie Orizzontale. Lago Maggiore, 2006
Francesco Bonami, Gentleman. Venezia, 2002
Giulio Andreotti, Grazia magazine. Roma, 2006
Giovanni Bussei, GQ Italia. Monza, 2000
Oscar Pistorius, Sport Week magazine. Milano, 2012
Elisabetta Canalis, Class magazine. Milano, 2002
Luciana Littizzetto, Grazia magazine. Torino, 2006
Sconosciuti. Lago Maggiore, 2014
Sconosciuta. Beaulieu sur Mer, 2003
Sconosciuta, Arte magazine. Genova, 2004
Edoardo e Francesco Molinari, Sport Week magazine. Circolo Golf Torino, 2005
Redazionale Gap Italia, Pitti Donna. Firenze 1989?
Arturo Brachetti, Io Donna. Firenze, 2008
Cardigan, 2006
Ozzy, Interni magazine. Milano-Rho, 2009.

Mani!

Con mio padre, 1962.

Le mani non sono un’appendice.
Neanche i piedi. Ma perlopiù abbigliati o segati via, contribuiscono meno.
Puntualizzazione dovuta, e anticipata, a precisetti e feticisti.
Tutto ciò che è visibile in un’immagine concorre a determinarne la caratura espressiva.
Anche l’invisibile suggerito… quello la cui assenza è sottolineata: non si vede ma è determinante. A volte è la struttura iconografica.
Le mani non sono un mero terminale geografico, un organo prensile utile alle faccende quotidiane.
E l’articolazione poliedrica di cui dispongono ha valore espressivo. Noi italiani, popolo di gesticolatori, dovremmo esserne consci.
Invece no… pratichiamo il gesto solo in automatico.
Immaginarlo, riprodurlo, vivificarlo, è altra faccenda.
Questo mica solo noi. Però visto che la meniamo all’universo mondo sulla quantità di bene artistico che possediamo, com’è che balbettiamo? Tutta ‘sta memoria che ci appartiene, com’è che la usiamo a singhiozzo? Com’è che la rinneghiamo, ogni volta che volendo essere à la page indossiamo una qualsiasi divisa union jack, anche se straccia, anche se veramente straccia: non se ne può più di sentire che fai una fotografia molto british!
Ma dove? Dove?!
Ma sapete di che cazzo state parlando?
Io sì. È di fotografia che si misura con le persone, di ritratto più pertinentemente.
Dove non c’è obbligo per le mani, ma se ci sono non basta facciano capolino.
Non basta la presenza.
Che generalmente si nota quando assumono quell’espressione imbarazzata, tipica di chi è lì per caso, di chi estraneo al contesto e dissimula, male, una qualche pertinenza.
C’è sempre un che di forzato. Una distonia.
Ueh, sciuretta English speaking griffata made in Italy, te ne sei accorta anche te? Brava.
Il fatto non sussiste, e spesso si è assolti, quando le mani sono dichiarate soggetto. Quando non hanno neanche bisogno di rubare la scena e ne sono al centro.
Come fai a distrarti? Ce le hai messe tu! E il motivo lo conosci benissimo, quello di prima, quello di sempre: le mani raccontano.
Il problema si pone quando non lo fanno in prima persona, quando sono porzione del racconto. Quando apparentemente defilate pesano quanto uno sguardo.
No panic! We are English (famiglia inglese sull’ascensore, in blocco, della torre Eiffel, qualche anno fa).
No panic! Le puoi sbattere in faccia all’obiettivo, le puoi nascondere, puoi farle dialogare tra loro, tenerne una sola, tagliarle.
Qualsiasi cosa insomma, ma occupatene. Quelle mani apparterranno pur al resto della figura… perché improvvisamente separarle? Perché ridurle a basamento del cranio, appoggiarle come un soprammobile dove capita… improvvisamente avulse.
Stanno nella scena anche quando non si vedono! E la sottolineano.
Anche se mute. Perché il punto è questo: le temiamo. Non fosse altro perché ci si incappa spesso, e ogni volta è un dramma. Se non durante, dopo, a giochi fatti. E allora in post cancelli, sposti, aggiungi un dito (anche due, meglio abbondare).
Mentre il problema è prima: guardare cosa sono le mani che hai davanti, che relazione ha con loro il soggetto.
Hanno delle specifiche? Sono gommose, nodose, energiche, mosce?
Impugnano, accarezzano, spolverano? Nude? Inanellate… borchiate come il guanto di un templare?
Qualsiasi cosa, qualsiasi pur di non essere delle comparse imbarazzate. E se fanno qualcosa, che la facciano! Non che la emulino.
Le mani in fotografia… come quando la stringi a qualcuno e la tua avverte che l’altra è morta. Il terminale di un’ameba.
E la tua scappa.

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© Efrem Raimondi. All rights reserved.James Conlon, 2000, GQ mag.

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Joe Strummer, 1999. GQ mag.

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Zhang Jie, 2008. Adriano Salani Editore.

Pierfrancesco Favino, 2003. Vanity Fair mag.

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Dario Argento, 2003.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Elisabetta Canalis, 2002. Class mag.

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Carlo Pesenti, 2003. Capital mag.

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Silvana Annicchiarico, 2012. Ladies mag.

© Efrem Raimondi. All rights reserved. Nek, 2010. Gioia mag.

Cesare Geronzi, 1997. Capital mag.

Little Steven, 2000. GQ mag.

Joaquìn Cortés, 2004. Class mag.

Fernanda Pivano, 2005.

Alessandro Del Piero, 1994. Class mag.

Gigi Buffon, 2007. Men’s Health mag.

Vasco Rossi, 2000. EMI Music.

Maria Cabrera, 1988. Dolce&Gabbana.

Maria Cristina Didero, 2012. Ladies mag.

Contadina, 1984

Valentino Rossi, 2001. GQ mag.

Valeria Magli, 1991. Interni mag.

Cat Power, 2012. Rolling Stone mag.

Giovanni Lindo Ferretti, 2009. Arnoldo Mondadori Editore.

Paola e Chiara, 1999. GQ mag.

Pia Tuccitto, 2007.

Valeria Bonalume, 2012. Playboy mag.

Robin Rizzini, 2012. Interni mag.

Viviana Tomaselli, 2013. Grazia mag.

Alessandra Ferri, 1996. Lo Specchio mag.

Giulio Andreotti, 2006. Grazia mag.

Chiara, 2006. Arte mag.

Fiorello, 2000. GQ mag.

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