My last Vasco Rossi…

Questa immagine, questo ritratto, fa parte dell’ultimo lavoro realizzato con Vasco Rossi.
Settembre 2014. Eravamo in Puglia.

Vasco Rossi by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedUn lavoro piuttosto articolato. E io avevo in mente il colonnello Kurtz, proprio quello di Apocalypse Now. Quel Marlon Brando lì, che appariva dalle tenebre.
Che con le tenebre dialogava.
Non c’è un motivo, non una relazione che abbia una logica.

O almeno io non la trovo. Né la cerco.
E questo è assolutamente coerente: la fotografia alla quale penso non trova nella logica la sua risposta.
E comunque non fotografo risposte.

Un lavoro per l’ufficio stampa di Vasco Rossi, per Tania Sachs.
Che purtroppo non se ne fece niente perché non ci fu un solo magazine – che io ricordi – che ne usò una, anche una sola di questo percorso.
Come prendere una campagna stampa e ficcarla, magari con cura, nello sgabuzzino.

Solo Il Fotografo diretto da Denis Curti usò questa per la copertina: febbraio 2015.

Il Fotografo 2015 - cover Efrem RaimondiBasta, nessun altro magazine.
E non c’è alcuna colpa in questo, da parte di nessuno.
Una semplice questione di scelte editoriali.
Però però… Mi è stata immediatamente chiara la divergenza che si era creata tra me
e i magazine. Così d’emblée… Non do risposte.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Condividi/Share

ISOZERO Laboratorio – 2020/2021

ISOZERO Lab è un laboratorio nato quasi tre anni fa.
Questa call è per la terza edizione.
E riguarda due percorsi distinti: uno di pura ricerca del proprio linguaggio,
quindi fotografia tout court, ISOZERO Lab 3.
L’altro, ISOZERO MASTER, sul ritratto. Alla seconda edizione.
Due luoghi distinti sì, ma con una impostazione didattica simile.
A ognuno il suo.

© Efrem Raimondi - All Rights ReservedCos’è
Ecco, NON è un workshop di due giorni ma un laboratorio che si pone degli obiettivi tangibili: ridurre la distanza tra l’intenzione – ciò che vorremmo produrre – e la fotografia prodotta. Ci vuole un altro tempo, un’altra relazione.
Della durata di un anno circa. Poco meno. Dipende.
Per esempio col primo anno stiamo dando alla stampa il libro di ciò che è stato il percorso. Bello tangibile il primo QUADERNO.
Appena ci sarà consentito di muoverci, di andare in tipografia e seguire l’avviamento.
E poi sarà nel catalogo di SILVANA EDITORIALE. E nelle nostre mani.

ISOZERO Lab © Efrem Raimondi - All Rights Reserved          Fotografia © Esther Amrein, 2019 – Bozza di copertina

Una struttura orizzontale, solo con me al timone.
Fin dove possiamo arrivare insieme?
Insieme significa confronto serrato, intenzioni condivise, contraddittorio dialettico: nessuna ragione nessun torto, solo un confronto finalizzato.
E crescita. Perché vorrei uscire dall’equivoco che i fotografi non insegnano.
Poche balle, il curriculum ha un peso specifico: il punto è come tradurlo didatticamente.
Precisando il tiro, senza alzare la voce ma non arrossendo dico che qui si impara: metodo, grammatica, gestione, mira. E condivisione.

Al centro la semplicità – da non fraintendere, che è luogo complesso.
Accompagnata da una questione fondamentale che mi è chiara da sempre: il linguaggio.
E sottrazione. Senza la quale non c’è crescita.
Forse forse… forse bisognerebbe prima imparare a non fotografare.
Fermarsi…
Non dobbiamo coincidere nell’espressione, ognuno ha la propria.
Dobbiamo però possederne una.
Come?
Crediamo davvero di avere talento? Discipliniamolo.
Poi procediamo.

Liberare lo sguardo, renderlo leggero e invulnerabile.
Dare davvero consapevolezza all’arbitrio, il proprio.
Attraverso un percorso di puntualizzazione anche tecnica.
Usandola la tecnica per non farsi usare.
E i deficit li affronteremo NEL percorso reale di ognuno, non aprioristicamente e tutto è uguale.
Sembra uguale, ma noi lavoriamo perché non lo sia.
Per uscire dalla debolezza dell’approssimazione che se così, inevitabilmente, ha il suo riscontro nella fotografia che mostriamo. E che al di là degli effetti speciali, fuochi d’artificio e contrasti gratuiti da fine del mondo, è debole.
E si vede. Credetimi, si vede.

L’unico parametro: la fotografia è ciò che mostri, non ciò che parli.
A saper leggere le immagini si vede tutto. A non saper leggere, annaspi nelle certezze altrui. Non le tue. Proprio così.
La consapevolezza è il prodotto dell’elaborazione del dubbio, anche dell’errore.
E qui a ISOZERO si viene lasciando il paracadute a casa.
Ma con la certezza di essere in un luogo protetto.
Vale assolutamente anche per il ritratto. Col quale ci misureremo con l’intenzione dichiarata di trascendere il genere e liberarci di manierismi e cliché.

© Sophie-Anne Herin - All Rights Reserved                                                           Self Portrait, 2020 – © Sophie-Anne Herin 

Due passi indietro e uno avanti, è questo che faremo.
Col contributo saltuario e mirato d professonisti riconosciuti: art director, stampatori, curatori, storici.
L’obiettivo comune è uno solo: sapere come produrre.
Perché il come è tutto. Il cosa un dettaglio.

A chi è rivolto
Poniamoci una domanda: perché fotografiamo?
Quale la necessità, quale l’urgenza?
Non è un obbligo… diamoci una risposta.

Qui l’intento è produrre Fotografia, quella maiuscola. Che non è mai muscolare.
E le fotografie sono lo strumento che definiscono l’idea che abbiamo di fotografia.
Una visione ben più ampia che non ha nemmeno nel soggetto la sua risposta: una sedia equivale a una star o a un pezzo d’asfalto chiamato street. A un nudo o a un vaso di fiori piantato al centro della consolle anni Venti regalo della nonna…
È unicamente come TU traduci che fa la differenza.

© Nicole Marnati - All Rights Reserved                                                       Dal video Un ring contro un TIR, 2019 © Nicole Marnati

Quindi a tutti coloro che antepongono lo sguardo al genere.
A coloro che intendono far coincidere l’intenzione col risultato, col prodotto che materialmente mostrano. Quello finito, al netto di tutto il percorso e del travaglio.
Noi ci occuperemo del percorso e del travaglio.

Professionisti – lo sono anche gli artisti – e fotoamatori, nessuna differenza.
Tanto l’eventuale accesso ha un setaccio: devo vedere reale volontà espressiva. Confortata da una cognizione operativa di massima.
E alcune nozioni le do per scontate. Quelle più dettagliate invece si affrontano in relazione al percorso individuale. E comunque subordinate all’intento espressivo.

Dulcis in fundo è rivolto a chi ha intenzione di fare qualcosa che gli faccia bene e che abbia il piacere di farlo. Che ti migliori.
Che ponga davanti a una svolta ben percepibile.
Per sé e per un obiettivo comune.
Perché come le edizioni precedenti hanno dimostrato, la condivisione quando diventa percorso reale, è un plus.

Come
Quattro incontri collettivi. Più uno da valutare alla fine.
Una skype call tra un incontro e l’altro.
ONE TO ONE frontale con me lungo l’intero percorso – non è una minaccia.
Il cui numero è variabile a seconda delle esigenze.
Perché i percorsi non sono mai uguali. Possono esserci delle similitudini, vero, ma le modalità di approccio mutano.

Luoghi
Per ISOZERO Lab gli incontri collettivi sono a Rimini.
In uno spazio molto confortevole dove abbiamo ampio margine di manovra.
Un luogo predisposto all’accoglienza.
Gli incontri frontali, quelli individuali, sono gestibili in più modi. Compreso vedersi.
La piazza è Milano.
Per ISOZERO MASTER avviene tutto a Milano.

Ovviamente data la circostanza sanitaria ci si modula di conseguenza.
Tenendo conto che si parte formalmente tra ottobre e novembre 2020.
Ma ISOZERO è già aperto. E i percorsi intrapresi stanno continuando in altra modalità.

© Efrem Raimondi - All Rights Reservedbackstage © Efrem Raimondi

Costo
Milleseicento euro frazionabili in quattro tranche. Fatturabili all’occorrenza.
N.B.  Chi è interessato e intende capire meglio, può intanto scrivermi qui: isozero@efremraimondi.it

Antefatto
Credo che i workshop abbiano in qualche modo perso la spinta originaria.
Per diversi motivi, non ultimo un certo inquinamento che fa sembrare tutto uguale.
Non è così.
Ma soprattutto non c’è soluzione di continuità: chiuso il weekend tanti saluti.
E questo, per me, per come mi relaziono, è il limite.
Perché ho incontrato anche persone realmente dotate di sguardo e forza espressiva autentica. E poi?
Poi salvo eccezioni non resta niente. Nemmeno a me.
E non mi piace.
Ma ho voglia di intercettarne ancora. Verificare se c’è davvero chi vuole alzare l’asticella. Affrontando un percorso più lungo concretamente redditizio.
E appunto più impegnativo. Vale per tutti, me incluso.

Detto tutto. Quasi tutto…
Vero, si parte a ottobre/novembre. Ma già adesso si comincia a ragionare: portarsi avanti è meglio.
Ciao!

isozero@efremraimondi.it

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Condividi/Share

#photoactionpertorino

#photoactionpertorino è una iniziativa di Guido Harari e Paolo Ranzani a favore del
Fondo Straordinario Covid-19 creato dalla Associazione U.G.I. ONLUS e dalla Città della Salute e della Scienza di Torino.
Una raccolta fondi benefica, di questo parliamo.

Alla quale ho aderito con piacere, esattamente come con gli amici di Perimetro per Bergamo.
Anche perché non è un’asta e ogni opera ha un prezzo fisso: cento euro.

Centouno opere in tutto.
Questa volta però due parole le spendo per questa mia scelta

© Efrem Raimondi per #photoactionpertorino -All Rights ReservedI fiori sono bianchi – 2019. From the series DO YOU LIKE FIORELLINI?

Non è una immagine estranea alla mia produzione: fiori, piante e l’altro mondo in generale, quello oltre l’ombelico umano, sono da sempre parte integrante del mio percorso espressivo.
Si fa in fretta a dire fiorellini
Poi nella relazione la questione cambia.
E qui si urla. Loro, questi fiori di magnolia urlano.
O noi cambiamo la nostra visone del mondo, il nostro approccio anche individuale, o i fiori urleranno sempre più frequentemente.
Il pianeta urlerà sempre più frequentemente.
DO YOU LIKE FIORELLINI?

Fino al 21 maggio. Opere e info qui: www.photoactionpertorino.org

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Condividi/Share

Ritratto e retorica

Non ho mai capito tutta la retorica del ritratto e tutta quell’enfasi che lo accompagna. Come se stessimo affrontando un luogo altro, una costola della fotografia che chissà poi a cosa darà vita.
E invece a cosa dà vita alla fine? A una fotografia, appunto.
E questo è. Da qui si parte.

L’impressione che mi si è rafforzata nel tempo è che l’equivoco, la distanza, la riduzione del ritratto a genere, siano frutto di un pensiero antropocentrico. Come se la misura dell’uomo, della sua immagine ricondotta a Dio richiedesse un impianto teologico in quanto il soggetto è, dev’essere, oggetto di fede.

Forse non è così cosciente, ma è ciò che materialmente accade.
Quindi lo sforzo prodotto al fine di ottenere anche una sola fottuta immagine è quello di tentare di ricondurre la relazione al piano compatibile, quello umano.

Come se questo bastasse a rendere naturale la condizione meno naturale di tutto il panorama fotografico.
E comunque, cosa c’è di naturale in una fotografia?

Di quale relazione si parla? Al fine di cosa? Abbiamo una nostra immagine ideale di cosa sia un ritratto e di come produrlo al pari di una qualsiasi altra fotografia?
Tutto questo è sul piano del pensiero, della riflessione.

E sarebbe anche opportuno sviscerare ulteriormente.
In ambito didattico lo affrontiamo eccome!
Ha un suo tempo. E non coincide con quello della produzione: quando fotografo non penso. Fotografo.

Andrea by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedQuesto ritratto a Andrea è una delle tre immagini realizzate nel 1990 per una campagna
no profit ANFFAS, a cura dell’agenzia Carmi & Ubertis.
Andrea era sordo, cieco, muto. In grado di muoversi.

Le cose stavano esattamente così.
L’esigenza era di ritrarlo, proprio un posato. In studio.
Per mia scelta, banco ottico incluso. Quindi apparentemente tutto sotto la scure di una staticità non scalfibile. Apparentemente.
Che relazione possiamo attivare?

Qui abbiamo comunicato con la luce. Con una potenza flash in grado di muovere l’aria immediatamente circostante. Me ne sono accorto per caso. Questo ha fatto la differenza. Lui si è girato verso di me e tutto si è mosso.
Nessuna parola, nessun suono, nessun gesto avrebbero potuto essere relazione.
La luce, la sua ”botta” flash, nella circostanza sì.

Ogni persona è diversa, ma noi no. Noi chi siamo?
La fotografia non è un luogo chiuso. Ma un sistema di vasi comunicanti. E i nostri sensi, tutti quanti, sono attivi.
Mica solo la vista.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Condividi/Share

SELF PORTRAIT

Self Portrait… Autoritratto…
Ne ho fatti tre, più un altro forse. Ci devo pensare.
In un arco di quarant’anni.
Uno mi è stato chiesto da Giorgio Bonomi per uno un studio appunto sull’autoritratto.
Che non so se e in cosa sfocerà.


L’autoritratto è un luogo a sé. Che non celebra nulla per quello che mi riguarda.
E il piano della riconoscibilità non riguarda la specularità. Ma una condizione che intendo rendere visibile.

Esattamente come se fosse ciò che è: una fotografia.
E lo spettro è mooolto più ampio, altro che uno specchio appeso in bagno.
Basta guardarsi bene negli occhi. E se vuoi, se puoi, se ce la fai, precipitare.

E restituirsi giusto al punto di stop che decidi.
Lì si conclude la corsa.

Non è un selfie, tu non ti vedi. Ti percepisci.

Adesso, proprio ora, lo uso anche come pretesto per arrivare a altro.

ISOZERO Lab è il mio laboratorio, un luogo didattico che in questo momento ha due percorsi distinti: uno trasversalissimo sullo sviluppo e la produzione, reale, concreta, di una idea di fotografia.
L’altro è un master sul ritratto. Oltre l’argine stretto del genere.
Ma c’è piombato addosso ‘sto cazzo di virus…
Tutto sospeso?
Per niente.

In remoto con tutti i mezzi possibili siamo andati avanti.
E a entrambi i percorsi ho piazzato così d’emblée l’autoritratto.
Un ponte che non avevo previsto.
Efficacissimo.
Soprattutto per chi intende misurarsi col ritratto.
Che è luogo tosto.
Ma anche chi no, chi del ritratto non gliene importa nulla: ha fatto un salto pazzesco e ha spalancato gli occhi.

Ecco a cosa serve l’autoritratto a noi che fotografiamo: smetterla con le deleghe e guardarsi bene in faccia.
A volte è un istante. Un puntino perso chissà dove.
Ma lo hai visto. Ed è tutto.

© Efrem Raimondi - Self Portrait, COVID 19 - All Right ReservedSelf Portrait 18 aprile 2020
Questo resta, questo è di adesso. Di oggi. Ed è così.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Condividi/Share

Da dove viene la luce

Da dove viene la luce.
Che è diverso rispetto a Da dove viene la luce?
Nella sua condizione vitale, quella nella quale si relaziona col tuo stesso spazio, lì dove ti trovi al momento, la luce si vede.
Qualsiasi sia la sua fonte, non necessariamente il sole e la luna – che peraltro lavora solo di rimbalzo.
Se la riconosci la ritrovi nel sottovuoto che è ogni fotografia.

E si conserva a lungo. Anche per sempre.

La vedi?

DO YOU LIKE FIORELLINI? series © Efrem Raimondi - All Rights Reserved
Dalla serie Do yo like fioreliini? – Magnolia, marzo 2020

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Condividi/Share

Screenshot posed portrait

Possiamo fare tutto. E lo stiamo facendo.
Una fotografia senza limiti. A parte noi.
Ma da sempre è così. Nella sua essenza è sempre stato così.
La tecnologia, oggi, marca di più il tempo.
Perché implementa enormemente il volume di immagini, una dilatazione senza confine. Sembra.

Ma a noi, a ognuno di noi, resta il segno, la traccia di qualcosa che ci riguarda.
Quanto profondamente, quanto intimamente, può dipendere anche da una sola fotografia.

Qualcosa ficcato indelebilmente nella nostra vita.

Mai avrei creduto di ritrarre in remoto, uno screenshot durante una call: io qui tu altrove e non so bene neanche dove.
Né mi interessa. Perché il luogo che riconosco è solo il monitor.
Nulla di virtuale. Realissimo.
Proprio un posato. Perché basta chiedere.
E non mi frega nulla se a disposizione ho pochissimi megabyte.

Questo ritratto a Lubomira Bajcarova segna il mio tempo adesso.
A ognuno il suo. A ognuno la propria fotografia.

Adesso.
Ce ne ricorderemo.
Questi giorni fatti così…

Lubomira Bajcarova by me - All Rights Reserved© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Condividi/Share

100 FOTOGRAFI PER BERGAMO


100 FOTOGRAFI PER BERGAMO –
è una iniziativa di Perimetro.

Non partecipo da anni a aste benefiche. Perché al netto delle ottime intenzioni di chi le organizza, tendono a diventare dei luoghi di competizione. Che non amo.

Ma questa è un’altra cosa. Innanzitutto c’è un prezzo fissato in € 100 per tutte le opere.
Non è una gara, ma una reale condivisione dell’impegno, quindi più precisamente:

100 FOTOGRAFIE PER AIUTARE L’OSPEDALE DI BERGAMO AD AFFRONTARE L’EMERGENZA DEL COVID-19
100 photographs to help Bergamo Hospital to face Covid-19 emergency.

questo il link per aderire:
https://perimetro.eu/100fotografiperbergamo/

Possono anche essere acquistate più copie della stessa opera.
Che è fuori tiratura.

Non mi interessa girare intorno all’immagine che ho scelto, mi interessa che possa essere utile, anche se minimamente, in una situazione drammatica.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Condividi/Share

Portandomi dietro due fotocamere

Sono giornate così, sostanzialmente in rete.
E non c’è nulla di virtuale.

Due interventi due. Diversi.
Per Maledetti Fotografi, magazine fondato da Enrico Ratto.
Solo audio, due minuti: Quella volta che tutto è cambiato.
Che per me sono state due. Più una terza, forse, che ci riguarda tutti.

Per AFIP International nella rubrica ESERCIZI PER FOTOGRAFI IN PANTOFOLE.
Io no pantofole. Non fosse altro che per un fatto estetico.
Una chiacchierata con Giuseppe Biancofiore, una diretta sul canale Instagram di AFIP, un’ora e un quarto.
Non avevo mai fatto una diretta. Mi ha fatto molto piacere.
Per la prossima a chissà quando. Non vedo l’urgenza: le cose che avevo da dire nella circostanza, le ho dette qui.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Condividi/Share In rete

Il Duomo di Milano


Un frastuono devastante.

Non ricordo Milano così. Non ricordo la Lombardia così.
Oltre non posso andare.
Posso solo immaginarlo il frastuono degli altri silenzi.

Qui è mutismo.

Ma c’è il Duomo.
E non so come spiegarlo ma per Milano è un riferimento.
Che tu sia credente o no la sua presenza è un conforto.


Volevo essere lì ieri notte.
Nel deserto di Piazza del Duomo.
Nessuno. Nessuno…

Solo degli agenti della Polizia di Stato lungo i portici a lato.
Distanti.
E io. Con un cavalletto e una fotocamera.

Visibilissimo agli agenti.
Visibilissimo al Duomo.

Ho mollato il cavalletto e questo è quanto.
Solo il Duomo e la sua faccia di adesso.

Il Duomo di Milano © Efrem Raimondi - All Rights ReservedIl Duomo di Milano: 11 marzo 2020 – H. 22:35

Il duomo di Milano
è pieno d’acqua piovana
Il duomo di Milano
è pieno d’acqua piovana,
ce l’han portata con gli ombrelli
ce l’han portata con i pianti
ce l’han portata con i pianti
per la redenzione delle puttane.
Enzo Jannacci – estratto dal brano  Il Duomo di Milano, 1970.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Condividi/Share