Bianca dorme

Bianca dorme.
Faccia in giù che non so come fa.
Braccio avanti saldamente in mano il cerchietto.
Braccio indietro abbandonato a sé stesso.
Coperta a metà.
Prendo l’iPhone.
Quasi in pianta.
Scatto.

Fine.
Forse sarà un suo souvenir…

Di certo è il mio.
Non c’è altro da aggiungere.

Ma di cosa ancora dobbiamo parlare?

Bianca dorme © Efrem Raimondi - All Rights Reserved

Bianca dorme, gennaio 2018

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

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Perugia Social Photo Fest – SPAZIOFF

SPAZIOFF, 10 marzo – 8 aprile, Perugia Social Photo Fest – PSPF.
Intanto lo comunico.
Poi, c’è ancora del lavoro da fare – messaggio in codice per le autrici… segue sorriso.

Circa un anno fa Antonello Turchetti, direttore artistico del festival, mi chiese la disponibilità a seguire la cosiddetta OFF zone.
Che non è la vetrina grande, quella al centro, ma proprio per questo gode di un’autonomia affascinante. Ecco il motivo per cui ho accettato con entusiasmo.
E una certa serenità incosciente, che nel mio caso è stata fondamentale: non ho mai curato niente, non è il mio lavoro.
Però mi guardo attorno, e questo sì mi appartiene.
Poi, dettaglio non trascurabile, stimo profondamente Antonello e amo il suo rigore, quindi se mi ha fatto questa proposta avrà i suoi validi motivi… inutile che io perda tempo a indagare. Ecco.

Immediatamente ho pensato al femminile. E non è una scelta discutibile.
Perché nel tempo recente mi riconosco spesso nello sguardo restituito dalle donne.
Spesso, non vuol dire sempre. Ma è un indice preciso per ciò che mi riguarda… qualcosa mi dice che sono anch’io lì.
Non una coincidenza ma una parentela, stretta, sì.
E non so perché.
Quindi mi fiondo.
Tutto sommato è ciò che ho scritto nella presentazione di questa collettiva:
PSPF - SPAZIOFF Curated by Efrem Raimondihttp://www.perugiasocialphotofest.org/spazioff/

Undici autrici per un centinaio di opere:
Cinzia Aze, Elisa Biagi, Lisa Ci, Dana de Luca, Iara Di Stefano, Benedetta Falugi,
Sophie-Anne Herin, Laura Lomuscio, Irene Maiellaro, Tiziana Nanni, Paola Rossi.
Tutte diverse, tutte uguali con quel fil rouge che vedo: liberazione.
Chi lo vede, bene. Chi no, amen. Non è un mio problema.
Il fatto è che avrei voluto fossero cento… che ce ne sono davvero tante.
Spero di avere altre possibilità.

PSPF - SPAZIOFF Curated by Efrem Raimondi© Efrem Raimondi. All rights reserved.

© Cinzia Aze - All Rights Reserved                    Cinzia Aze – Collaze.

© Elisa Biagi - All Rights Reserved                    Elisa Biagi – Lasciapassare – Vivere il confine mobile.

© Lisa Ci - All Rights Reserved                    Lisa Ci – Ma dentro voliamo via.

© Dana de Luca - All Rights Reserved                    Dana de Luca – La petite mort.

© Iara Di Stefano - All Rights Reserved                    Iara Di Stefano – Qualcuno una volta mi ha ricordato.

© Benedetta Falugi - All Rights Reserved                    Benedetta Falugi – Diary (2009 – 2017).

© Sophie-Anne Herin - All Rigts Reserved                    Sophie-Anne Herin – La plongée.

© Laura Lomuscio - All Rights Reserved                    Laura Lomuscio – Sono dove sogno.

© Irene Maiellaro - All Rights Reserved                    Irene Maiellaro – Muoviti.

Tiziana Nanni – Tenere insieme le cose.

© Paola Rossi - All Rights Reserved                     Paola Rossi – L’infinito viaggiare.

PSPF – Perugia Social Photo Fest – Opening 9 marzo 2018.

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James Nachtwey – Memoria

James Nachtwey Exhibition by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedJames Nachtwey a Palazzo Reale, Milano, sino al 4 marzo 2018.
Una mostra che va vista.
Che non lascia indifferenti.
Che è totalmente coerente con un certo modo di intendere la fotografia dedicata al reportage.
E che mi trova solidale pur non frequentando.
Tranne per una cosa che dirò dopo. Come un dubbio…

Non ho idea di quanti modi ci siano per vedere una mostra, qualsiasi mostra.
Questa ha però intrinsechi motivi e letture che si muovono su più piani. Più che altrove.
Nessuno facile da affrontare.
Occorre un grande rigore. E coerenza.
Perché il soggetto, tutta la mostra, si regola anche sul piano estetico. E s’una idea del rapporto che questo ha con un contenuto che è tosto.
Mai e poi mai può essere trascurata l’estetica.
Anche se reportage, per me cambia nulla… non è il genere che fa la distinzione.

Solo l’opera. Solo ciò che è lì da vedere.
E questo è il mio modo di affrontare le mostre.
E tutta la fotografia a dire il vero.

Privo di patente, questo il mio rapporto.
Perché è così che leggo l’essenza dialettica di qualsiasi autore.
La misura espressiva.
Qui un equilibrio delicato.
Perché quando vedi dolore, morte, disperazione, la tentazione al rifiuto è forte.

Su due pannelli proprio all’inizio Roberto Koch – che ha curato la mostra insieme all’autore – dice: Da quarant’anni Nachtwey fotografa il dolore, la violenza, la morte e a sostenerlo nella discesa nella ”città dolente” della condizione umana è sapere che il buon fotogiornalismo può ancora incidere sull’opinione pubblica, come una prima stesura di un futuro libro di storia.

Non so se sia ancora in grado di incidere sull’opinione pubblica, davvero non lo so.
Però mi sa di no. Con rammarico.
Semmai ci sarebbe da chiedersi: e poi? Poi cosa fa l’opinione pubblica?
Ma capisco perfettamente il senso, e probabilmente l’auspicio di Koch.

Quella che è immediatamente chiara è l’onestà.
E la coerenza dello sguardo di Nachtwey lungo questi quarant’anni: Cisgiordania, Haiti, Guatemala, Libano, El Salvador, Berlino, Bosnia, Kosovo, Albania, Cecenia, Somalia, Sudan, Romania, Zaire, Ruanda, Sudafrica, Stati Uniti, Afghanistan, Iraq, Germania Est, Cecoslovacchia, Indonesia, Nepal, Vietnam, Pakistan, Zambia, India, Cambogia, Croazia, Macedonia, Grecia… un viaggio con al centro un’umanità esposta a tutto.
Compreso ciò che non vogliamo sapere. Ma che qui trova forma.

E con garbo ti viene sbattuto in faccia.
Sei qui e non puoi sottrarti…
Se decidi di venire qui, sappi che devi farci i conti.
Solo che non è come altrove, come per altri: Nachtwey è secco, pulito, diretto, essenziale e potente con quel suo bianco e nero.

Assolutamente da affrontare come una sequenza l’installazione riguardante gli ospedali militari in Iraq: 60 fotografie sapientemente addossate che ti arrivano addosso come una bomba. Uguale.
Se ti avvicini partendo dalla sala che la precede, dritto senza esitare, uguale.

James Nachtwey Exhibition by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedJames Nachtwey Exhibition by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedJames Nachtwey Exhibition by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedJames Nachtwey Exhibition by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedJames Nachtwey Exhibition by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedJames Nachtwey Exhibition by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedUna carneficina.
Ma sempre con questo sguardo pulito, non incline ad alcun prurito: nessuna sbavatura. Non è per nulla facile.

Mentre ho trovato del tutto boh le parole di Wim Wenders.
Vagamente pretesche nel suo accomunare tutti: Nachtwey, i suoi soggetti, noi che siamo lì a guardare.
Oltre alla firma sul pannello, chi ci passa davanti si fermi e legga.
Dopodiché prosegua.

James Nachtwey Exhibition by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedJames Nachtwey Exhibition by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedJames Nachtwey Exhibition by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedJames Nachtwey Exhibition by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedJames Nachtwey Exhibition by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedJames Nachtwey Exhibition by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedJames Nachtwey Exhibition by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedE adesso il mio dubbio.
Che riguarda gran parte del colore: tutto si muove con le priorità del bianco e nero, solo che la cromia è un’altra. Ed è come incollata.
Brillantemente incollata.
Tanto da sembrarmi un artificio.
Intendiamoci, anche qui nulla a che vedere con certe note derive da carrozzeria, però…

Insomma un dubbio.
Che in qualche modo mi fa pensare a un diverso orientamento del gusto. E che prima o poi ci vorrebbe qualcuno, un cranio vero e ben attrezzato, che affronti la questione.
Al momento resto qui col mio dubbio che è tale perché è magistrale lo sguardo di James Nachtwey. Che va be’, lo affronteremo altrove.

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Nota: tutte le immagine in iPhone 6.

Memoria, James Nachtwey mostra.
Palazzo Reale, Milano 1 dicembre 2017 – 4 marzo 2018.
105 opere esposte.
Curatela: Roberto Koch, James Nachtwey,
Organizzata da: Comune di Milano – Cultura, Palazzo Reale, Civita, Contrasto e GAmm Giunti.
Digital Imaging Partner: Canon.
Con il supporto di: Fondazione Cariplo e Fondazione Forma per la Fotografia.

Questa la pianta della mostra data unitamente al biglietto – € 13,00.
Volendo è disponibile anche l’audioguida.

James Nachtwey Exhibition by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedJames Nachtwey Exhibition by © Efrem Raimondi - All Rights Reserved
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Distante

Si può fare di più.
Non sempre. Non per obbligo.
La tentazione invece è fare di meno.
Anzi nulla.
Quasi nulla, dai.
Distante
Limitarsi a guardare e cogliere il minimo indispensabile.
Ma proprio INDISPENSABILE.
Insomma sottrarre. E vedere l’effetto che fa.

Quanto a questa fotografia, questa volta sì ha un messaggio.
Che però è sempre lo stesso di tutte le mie: ?

Ecco, prendere le distanze. Questo l’auspicio.
Con i miei più sinceri auguri di un 2018 sereno.
E leggero.

Prendere le distanze
Ciao!

© Efrem Raimondi - All Rights ReservedRanda 233 – Lago Maggiore, dicembre 2017.

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