Morta. No, è risorta! No no… sepolta.
Le notizie alterne sul marchio Polaroid coincidevano con l’umore col quale mi recavo in pellegrinaggio a guardare la mia SX-70, riposta con cura in cassaforte.
A me della Polaroid piace persino il dorso 545, che è un tocco di ghisa.
Ma io sono un feticista. E non ammetto repliche.
La foto subito! Anzi… quasi subito. Che è ciò che la distingue concettualmente dal digitale.
E che ha a che fare con la magia dell’immagine rivelata.
Come trovarsi in una camera oscura portatile, che prima c’è solo il bianco, e poi qualcosa emerge. Piano, fino a diventare totalmente risolto, splendidamente visibile.
In quel lasso di tempo tu sei sospeso e lo sguardo è fisso su quei centimetri: cosa conta di più? Visto da fuori sembri un pirla con quel pezzo di acetato tra le mani sul ciglio della strada… mentre tu te la godi.
Ed è bellissimo perdersi in quel poco tempo che ti separa dal nulla al tutto assaporando il qualcosa. Perché ti trovi lì con quella roba in mano esattamente per questo: la Polaroid, a differenza del resto, respira con te. Solo in questo è instant.
In quanto a easy art è solo una mistificazione. Un po’ come ‘sta menata delle Lomo e del loro intrinseco potere espressivo.
Cosa c’è di easy? Semplicemente perché chiunque abbia una velleità possa bombardarci di robetta?
Un conto è il piacere, unico, che la Polaroid mette a disposizione di chiunque, tutti in fila sul ciglio della strada, un’altra roba è cosa questo piacere restituisce. E questo vale per qualsiasi mezzo.
Creatività… parola idiota nel suo essere generica, sembra il passepartout per il marketing culturale, generalmente affiliato a un’azienda. O viceversa.
La Polaroid è roba seria e complessa nella sua semplicità.
E estremamente selettiva nella sua rigidità. Altro che easy!
L’ho usata in tutti i modi: come test e come definivo, col grande formato e con la serie 600. E appunto con la SX-70.
Ho collezioni, percorsi brevi, singole sparse. Tutte nel mio cassetto… prima o poi le tirerò fuori. Forse forse è una minaccia e questo solo un aperitivo.
Da Appunti per un viaggio che non ricordo.
Un racconto nostalgico vista la scomparsa della pellicola originale.
Ciò che vedo in giro, salvo rare eccezioni, non mi esalta.
In attesa che qualcuno mi aiuti a ricaricare la mia SX-70.
© Efrem Raimondi. All rights reserved.
Fotocamere Polaroid: SX-70 e 690 SLR.
Film Polaroid SX-70 e 600.
Carissimo Efrem, chiedo scusa di non aver visto prima il post … in questi giorni sono successe cose che mi hanno obbligatoriamente condotto in altra direzione.
Si parlava delle nuove pellicole Impossible, della loro qualità e stabilità … sperando di non annoiarvi, scrivo due righe in merito a quelli che sono stati i miei test. Da vecchio utilizzatore di materiali Polaroid, ho ovviamente seguito come altri la nascita e lo sviluppo dei nuovi prodotti a sviluppo immediato.
Di certo il ricordo ancora vivo delle pellicole originali, rende complesso metabolizzare queste nuove emulsioni … i primi filmpack arrivati sul mercato (chiunque li abbia provati può confermare) erano a dir poco disastrosi ! Il bianco e nero fu il primo materiale presentato … più che al bianco e nero, la maggior parte delle volte, i risultati tendevano al giallino e marroncino … che magari poteva anche andare bene, ma a questo particolare si aggiungeva anche il fatto che le immagini non erano stabili ! Quasi sempre sovraesposte, e quasi sempre con la caratteristica di scomparire dopo pochi giorni. Per non parlare del rapporto che queste pellicole avevano/hanno con gli agenti atmosferici.
Primo difetto riscontrato (e non ancora risolto): le pellicole appena uscite dalla fotocamera sono sensibili alla luce !!! Bene … scordiamoci pure quelle simpatiche scenette ai bordi delle strade, non possiamo più restare con sguardo da pirla ad aspettare il comparire della nostra immagine … anzi ! Appena scattato (meglio pensarci prima) dobbiamo immediatamente riporre la foto in luogo buio, e i primi istanti sono importantissimi. Io mi sono costruito una specie di mangiatoia da cavallo, una scatolina che tengo fissata con nastro adesivo davanti al bocchettone di uscita della foto. In questo modo la Impossible si trova immediatamente al buio e posso sperare di ottenere qualche risultato.
Gli agenti atmosferici … la prima “instant killer” si rivelò essere l’umidità ambientale ! ed ecco comparire il contenitore con silica-gel (quelle palline bianche che assorbono umidità e si trovano all’interno di moltissimi prodotti) … quindi, oltre a non poter godere delle sviluppo “sotto gli occhi” era anche consigliato di lasciarle chiuse al buio e dentro la scatola antiumidità !!!
Se avete letto fino a qui, avrete di certo compreso che usare una polaroid oggi non è cosa alquanto rilassante.
Altro fattore abbastanza determinante per la speranza di un risultato è la temperatura … tutti i miei test hanno portato alla conclusione che un ambiente caldo accelera il lentissimo tempo di sviluppo e garantisce anche un maggior contrasto. A questo punto, dopo aver scattato, ci troviamo davvero in difficoltà quando decidiamo di scattare una foto …. il buio, l’asciutto e il caldo ! Ok, uno scatto rapidissimo ed un altrettanto rapido movimento per afferrare immediatamente la foto e infilarsela sotto una ascella … sempre più difficile.
Poi venne il tanto atteso colore … fu più o meno la stessa cosa, anche qua ci furono dei problemi che per non farvi addormentare non sto a descrivere.
Ora è passato del tempo dalla comparsa dei primi filmack e le cose sono nettamente migliorate rispetto a quanto scritto sopra … non siamo ancora arrivati alla perfezione, ma davvero molto meglio di come era cominciata.
Il materiale in bianco e nero, se lasciato al buio per 20 minuti abbondanti in ambiente non caldo, è molto vicino ad un risultato accettabile … e al momento penso di poter dire che i problemi di stabilità dell’immagine nel tempo sono stati risolti … lo stesso bianco e nero, se lasciato a sviluppare al caldo (ad esempio la solita ascella) assume una intonazione sepia che per certe cose è sicuramente piacevole. Sempre parlando di bianco e nero, la pellicola che preferisco è la PZ, cioè quella destinata alle fotocamere di tipo “image system” (spectra, 1200, ecc …), personalmente mi sembra funzioni meglio della sorella PX destinata invece agli apparecchi tipo 600/680/690.
Parlando invece di colore, proprio oggi ho provato la nuovissima PX COOL 680 … direi che cominciamo ad esserci, ma è un mio giudizio personale e sicuramente opinabile.
Va detto che dipende molto da cosa si vuole ottenere … da molti, il materiale a sviluppo immediato è stato considerato soprattutto un mezzo creativo e manipolabile, ed è ovvio che a questo scopo ci si può anche accontentare di un prodotto non proprio perfetto.
Inoltre, ma questo succedeva anche con le pellicole originali, i risultati dipendono tanto anche dal tipo di fotocamera che si usa … di Polaroid ne sono state prodotte moltissime versioni, messa a fuoco fissa o manuale, lenti in plastica oppure in vetro .. ecc …
Beh .. credo di avervi già annoiato abbastanza :-)
un saluto
eloquente daniele, davvero mille grazie.
solo mi scappa la voglia. l’ascella non è un problema, si utilizzava anche per la 55 ecc, in esterno. e non sarebbero un problema insormontabile tutti gli altri escamotage da te descritti… il problema è nel “direi che cominciamo a esserci”. che non è “ok ci siamo”.
la manipolazione (che mi sembra di aver capito aiuta a camuffare i limiti) non riguarda il mio percorso, che è ciò che invece vorrei riprendere. esattamente da dove ho interrotto. con la SX-70 e la 690 SLR… cosa mi consigli?
tra l’altro questi bn che vedi sono realizzati montando una serie 600 sulla sx-70, con un escamotage che mi permetteva di ingannare l’esposimetro e poi… va be’ a breve passo a trovarti…
il discorso sui diversi mezzi ottici mi rimanda al diverso sguardo che esprimono. E’ bello poter variare sguardo. Mi fan paura i fotografi che usano sempre lo stesso tipo di mezzo…
se si è alla ricerca di conforto, l’uso dello stesso mezzo aiuta. e aiuta anche la critica, che ha bisogno di catalogare.
credo però che lo sguardo resti quello, solo che appunto non può essere statico ma modula. anche, è vero, in rapporto col mezzo. con lo strumento.
certo, lo sguardo resta lo stesso quanto resta lo stesso l’Io, che (per il suo bene) dovrebbe mantenere una sua coerenza…pensavo sì, alle diverse modulazioni che può avere.
Quando guardiamo il nostro innamorato/a la pupilla è dilatata…quando guardiamo il nostro commercialista è più facile che siamo a f/64, e magari lo vediamo pure un po’ desaturato (però può esserci anche qualcuno che vede così il suo amore, nel tentativo di razionalizzarlo…)
non ho idea a che diaframma lavorino i miei occhi al cospetto del mio commercialista… troppo occupato a cercare di capire cosa sta dicendo.
ma spesso non capisco. porca miseria…
in quel caso potrebbe render l’idea una pola strapazzata.
self però… gli stapazzati siamo noi.
Ho sempre adorato le polaroid, ma non ho mai fatto nulla neanche lontanamente simile, a dimostrazione che la macchina fotografica c’entra poco mentre c’entra molto chi scatta: le trovo emozionanti queste che hai pubblicato Efrem.
Da “Appunti per un viaggio che non ricordo”, è una serie? Bello il titolo!
“appunti per un viaggio che non ricordo” è effettivamente una serie…iniziata consapevolmente più o meno nel ’96 e conclusasi nel
2001/2002, con l’ultima instant pola a disposizione. consta di una quarantina di pola.
resto in attesa di riprenderla… appena, insisto, qualcuno mi sa dire come.
Mio zio aveva una Polaroid…ricordo che da piccolo ne ero molto affascinato.
Poi per anni più nulla. Nel 2000 l’ho chiesta in prestito, perchè erano ormai anni che non la usavano più. Con la polaroid mI sono fatto ritrarre nella mia stanza da letto nella prima casa che condividevo con amici. Ovviamente ne ho tante di foto di quel periodo, ma una sola polaroid. E quella foto è l’unica in cui mi riconosco davvero, quella che conservo con più attenzione. Non mi sono mai chiesto il perchè (anche se il formato e l’unicità del processo polaroid mi hanno sempre molto incuriosito). Ecco, ora inizio a chiedermelo e ci ragiono un po’ su…vi faccio sapere.
aspettiamo.
Ecco, ci ho pensato. Nulla di molto concreto, ma tenere in mano la polaroid e guardarla mi dà una sensazione molto diversa dal solito. Sarà il formato. E la cromia, un po’ pastellosa. Forse anche i ricordi delle tante foto di famiglia scattate da mio zio con la polaroid; il fatto che si avesse qualcosa di fisico in mano da guardare, mentre ora è tutto rimandato a quando io scaricherò le foto su una chiavetta USB e le farò stampare per darne una copia ai miei. Cioè mai.
a parità di percorso il risultato non cambia: cioè mai, resta. perché, tu daresti una polaroid a qualcuno? chiunque sia dico…
prima scansione… e già questo ferma il tutto.
ma tu andrea hai recentemente usato polaroid?
No, non la darei. :)
L’ultima foto con polaroid è stata quella del 2000.
Recentemente mi era balenata l’idea di prenderne una usata. Ovviamente la sfiga ha voluto che accadesse in concomitanza con l’annuncio della sospensione della produzione di pellicola originale. :(
vedi? quindi cioè mai lo stesso.
sto cercando di capire se la produzione non polaroid è migliorata o meno. al momento non ho avuto manco un’indicazione… comincio a scociarmi.
Ma hai provato la nuova pellicola?
impossible project? provata no, ho visto le prime che erano uscite e non erano per niente stabili. il b/n men che meno.
non ho idea se siano migliorate… aspetto di provarle.
Si si, impossible project. Non sapevo fossero instabili. Mi informerò anche io, perchè penso di aver trovato una polaroid degli anni 70 da farmi prestare….eh eh eh!!!
provo una profonda invidia, io che mi sono ritrovato a dover comprare la prima reflex digitale. Ricordo delle polaroid quando ero bambino, quelle fatte dai miei genitori, che in qualche album di famiglia probabilmente sono ancora lì, attaccate con lo scotch.
Anche se poi provando ad imparare, fingo di non avere millemega di memoria e faccio poche foto e sopratutto ho disattivato la visualizzazione, me le guardo poi a casa. Però deve essere davvero qualcosa di fantastico vedere quell’immagine che viene fuori, ho dei ricordi, tutti intorno ad aspettare che venisse fuori qualcosa.
infatti è fantastico stefano. e ciò che descrivi col tutti intorno verissimo… una forma di socializzazione della fotografia.
uno stupore ingenuo e libero! meraviglioso, concordo.
mi sembri stefano piuttosto amareggiato dall’acquisto della reflex…
non del tutto Efrem, o meglio ho una bella macchina fotografica (non come le tue… e lo dico con invidia costruttiva), ma avrei vuluto iniziare con la pellicola, ma non ho trovato niente nel mercato del nuovo (sono abbastanza sfortunato con gli acquisti usati).
Poi a causa di alcuni fotografi, compreso te, ho scoperto un mondo, ovvero nell’ordine mi piacerebbe avere: rolleiflex, leica, hasselblad. Oltre naturalmente a finire di farmi un corredo decente per la mia canon, compreso un secondo corpo… lo so è da feticisti e basta la compattina da 50 euro per fare delle belle foto. Ma credo anche che in una professione (che sarebbe davvero bello se ci riuscissi) gli strumenti in qualche modo contano. Faccio un esempio cretino, mia nipote di un anno, prendo la reflex la porto all’occhio per farle un ritratto e la foto è bella perchè lei si sposta per cercare di guardare dietro la macchina fotografica il mio viso, pure accigliata…
be’ stefano, le strade son mica tutte uguali… anzi oggi è più comune il percorso a ritroso (definizione puramente tecno-cronologica).
forse la pellicola è più educativa perché costringe a tempi diversi.
gli strumenti contano, certo. ma sempre relativamente. l’importante credo sia adeguarli al percorso che si vuole fare.
così com’è importante convincersi che si lavora con ciò che si ha. e ciò che non si ha non può costituire un alibi per non aver fatto questo o quello.
certo la foto a tua nipote non sarebbe stata la stessa con l’analogico, per molteplici motivi. ma non è un giudizio di valore, solo tecnologie diverse che lavorano diversamente. e che restituiscono diversamente.
sul discorso del cammino a ritroso sono in effetti molto scettico, si vedono decine di fotografi diventati artisti perchè dal digitale sono passati all’analogico (tolta la rolleiflex le altre che ho citato le vorrei digitali).
concordo invece su tutto il resto, ho una reflex quasi perfetta e mi sto facendo anche un discreto corredo di ottiche.
Mi devo già ritenere molto fortunato così, conosco fotografi più bravi di me che hanno strumenti che costano un terzo… e poi vi sono fotografi come te che hanno strumenti che costano 50 volte… ma è sempre sana e costruttiva invidia. Per sfizio mi sono comprato un compattina digitale e tutto sommato la qualità del risultato è quella…
Ho letto tempo fa che si è tenuta un’asta a New York di polaroid, presso Sotheby’s nel 2010. Avevo fatt un appunto sul mio pc perché trovavo interessanti le parole di Denise Bethel direttrice del dipartimento di fotografia:”Questa è stata la prima volta nella storia del nostro mercato che abbiamo offerto una raccolta basata su una tecnologia, piuttosto che su un artista o un tema”.
La polaroid mi ha sempre affascinato, ma ricordo anche i costi!
Queste tue sono dei capolavori e non sapevo che ne avevi fatte. Insomma Efrem, non so cosa dire, guardo e sono senza parole.
affermazione interessante diletta, quella della bethel (non conoscevo), perché presuppone una priorità indicibile nella storia dell’arte. poi mi piacerebbe vedere di quali pola stiamo parlando, e fatte da chi.
andrò a cercare.
vero sui costi, ma adesso mi sembra peggio. e con una restituzione qualitativa non altrettanto all’altezza.
aspetto sempre che qualcuno mi dia una dritta.
certe tue affermazioni di entusiasmo un po’ mi imbarazzano: vorrei tanto che tu fossi la super direttora di un super museo! detto proprio piatto piatto…
magari a quel punto però, certi entusiasmi si smorzano. mi piacerebbe avere la controprova, però però… appunto però.
Anche a me Efrem piacerebbe essere quello che dici!!!
Nel caso l’entusiasmo non si smorzerebbe, te lo assicuro!
Aspettavo questo momento, nel quale avresti tirato in ballo la Pola, che ha sempre a che fare con l’imponderabile, con la personale (della Pola) risposta agli stimoli luminosi esterni. Nella sua brutale semplicità ed essenzialità, racchiude il mistero della fotografia, gli aspetti più filosofici di quel gesto tecnico che produce memorie e fantasie. Il bello di una Pola è che non è quasi mai da buttare, perché restituisce sempre un risultato, puoi sempre pensare che almeno sia una reliquia, perché si presta alle annotazioni e ci puoi sempre scrivere il luogo e la data oppure un pensiero. Ma anche per questo, come dici, è assai poco easy. Cancellando davanti a sé ere di tecnologia, ti fa sentire nuovamente nudo col tuo gesto, il tuo scatto, nel quale puoi mettere tutto e niente, pensare che le imperfezioni e i colori ottenuti siano easy art oppure rimanere incantato, prima e dopo lo scatto, riuscendo a cogliere la sottile e brevissima opportunità tra intenzione e risultato, seguendo con l’immaginazione i sentieri del colore che si spande nel riquadro, che ti vien voglia di assecondare con un pennello o una spatola, o solo con la fantasia…
Le tue che vedo sono bellissime, in particolare le sfocate, che …focalizzano il pensiero sulla matericità del colore, esaltando ulteriormente l’indeterminazione dei soggetti che, quando sono ritratti, acquistano corpo, espressione, nel desiderio di scoprirla fino in fondo…
hanno anche un’altra fondamentale caratteristica claudio: sono esemplari unici. questo mi ha sempre messo in grande apprensione. per cui ho cercato di coccolarle il più possibile.
a proposito di spatola e pennello… non le ho neanche mai manipolate. tranne una volta o due per accompagnare un regalo.
ma le mie, quelle che tali considero, mai. non so dire se per una forma di rispetto o cosa…
Dirò una cosa consapevole che può aprire discorsi controversi. L’unicità di un’opera (pola o non pola) non può essere considerato un valore in sé. Non lo è nemmeno a livello di contenuto, salvo casi eccezionali, E’ evidente che l’intrinseca possibilità di generare infiniti multipli della fotografia possa far perdere la cosiddetta aura dell’opera se paragonata al pezzo unico, tuttavia è più complesso di così e forse questo spazio non è adeguato per un ragionamento molto articolato. Però si metta agli atti che anche uno dei capisaldi come quello di Benjamin, L’opera ai tempi della sua riproducibilità tecnica, è stato dimostrato essere ormai obsoleto.
Quello che invece è assolutamente straordinario della Polaroid e, perciò, di queste Polaroid, è quella cosa che chiamerei “chimica”, cioè l’impredittibilità del risultato che ha una coerenza con la fisicità della pellicola. E’ un po’ come se anche essa avesse la sua individualità e con essa, i suoi capricci. E’ come se il fotografo portasse degli ingredienti ma il mezzo ne metta degli altri e, poi, tutti insieme, si cucinasse un gran piatto. E’ come quando uno più uno fa un po’ più di due.
Mi chiedo perché l’azienda si sia messa a rincorrere e scimmiottare tecniche digitali più o meno strane e non abbia invece fatto leva sulla sua diversità.
no no… non è per il valore di mercato (che comunque, pezzo unico…): io mi preoccupo della fragilità emotiva, la mia, al cospetto di un unico.
che comporta riguardi particolari. sul fatto che lo zio walter sia obsoleto ho qualche perplessità… si tratta di modulare sull’attaulità. un po’ come il materialismo dialettico: è una scuola di pensiero. modulabile per postulato.
concordo e mi attrae invece, marco, la faccenda dell’imprevedibilità insita, e che è un elemento peculiare. inscindibile direi. che ne aumenta la potenza e il fascino.
sul perché l’azienda abbia convertito su posizioni discutibili, proprio non so. e resto perplesso a mia volta.
L’aprensione da manipolazione……:-)
Come ti capisco!!
E’ solo un tabù che non e’ detto si debba superare, ma che e’ molto gratificante farlo ( lo consiglio).
Per il resto concordo in tutto, non solo sono esemplari unici ma anche momenti irripetibili.
Si crea un legame con quel piccolo quadratino che rasenta la gelosia che hai nei confronti dei figli……e non esagero, credimi :-)
no chiara, non esattamente… nessuna apprensione: proprio non mi piace manipolare le polaroid.
a me piace guardarmele così. questo non include alcun giudizio di per sé: chiunque faccia come crede. noto solo un po’ di abuso.
ma è comprensibile.
forse invece è solo un eccesso di rispetto da parte mia. sia nei confronti del mezzo che nei miei… che ho certi tarli. o come dici tu, tabù.
però ho capito perfettamente cosa intendi.
Forse veniamo solo da mondi diversi.
La prima volta che ho provatoa “manipolarne” una un po’ d’ansia ti assicuro mi prese.
Ora, ti assicuro, ho un assoluto rispetto, anche fisico, per tutti ciò che scatto ma, vedo, che ogni tanto ci vuole anche un po’ di me :-)
perché da mondi diversi chiara?
giuro! anche se non le tocco non ho la sensazione che io non ci sia.
forse a te piace proprio fisicamente ficcarci le mani sopra… :)
forse è vero…..a me piace entrarci tutta, con le scarpe direttamente.
non è detto che sia giusto così.
veniamo da mondi diversi perchè io fotografo non sono (per l’amor del cielo) e non voglio essrerlo. poi te l’ho detto…..mi piace essere, e lo sono, quella con la faccia da pirla che, affascinata, rimane ogni volta ad ammirare ciò che gli si rivela agli occhi ;-)
né giusto né no… e a ognuno il suo.
io diffido di chi non ha un po’ la faccia da pirla se ha una pola in mano.
l’unicità, certo, verissimo, per questo valgono sempre qualcosa, anche se le si tiene per sè, hanno sempre e comunque il valore di un atto irripetibile, non modificabile. Anche a me piacciono “pure”, come incontaminate tracce di quel preciso istante !
incontaminate lo erano claudio, se ho capito bene in che accezione usi il termine. in fondo un po’ di quella sacralità che le rendeva reliquie alcune, era atteggiamento
comune. che condividevo. e se potessi condividerei ancora.