Soliloquio di fine estate

Il punto esclamativo è il primo che ho usato.
Ma è durato poco. Il tempo necessario per riconoscermi.
Di domanda il secondo. Che è durato molto.

Il punto utile per disconoscermi.
Ma che me ne faccio di questi e di tutti gli altri punti?
Comunque la veda, io non vedo più la realtà.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

DONOTDISTURB questo video, è del 2018. Ed è parte integrante del mio lavoro esposto  nella  mostra omonima ideata da SUPERNOVA Gallery nel settembre scorso.
Nasce dall’esigenza di andare davvero a vedere cosa c’è sotto alla serie Appunti per un viaggio che non ricordo. Iniziata nell’86 e chiusa nel 2002.

Cioè fino a quando la Polaroid mi ha supportato.

Destrutturazione… ogni tanto il punto di domanda ritorna.
Oggi per esempio.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

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15 thoughts on “Soliloquio di fine estate

  1. I tuoi lavori sono per me momenti di realtà “ sospesi “……
    Non c’è mai alcuna forma di violenza o volgarità , ne’ nella scelta dei soggetti e neppure nel tuo modo di vederli e proporceli ; non ricerchi mai il facile sensazionalismo , e tutto questo è molto difficile da trovare anche tra i professionisti di alto livello .
    Il tuo lavoro toglie in qualche modo le brutture della vita , xche’ le sai riconoscere ed allontanare .
    Grazie Efrem

  2. Un viaggio psichedelico tra incubi, fantasmi e visioni. L’io interiore che, in qualche modo prende forma. Questa è la mia interpretazione del tuo video. Molto soggettiva ovviamente. Un saluto.
    A. Angelo.

    • la lettura è sempre soggettiva Angelo. poi sì, esiste un punto oggettivo. chiamiamola la struttura?
      nel caso specifico tutto parte dal lavoro originario. che poi sono le singole immagini che fanno parte della serie che cito.
      nella loro forma statica – che poi è quella a me cara – credo che sul piano emotivo e della lettura non ci sia differenza.
      certo cambiare il medium ha forse accentuato l’intenzione. boh. ciao!

    • l’origine è Appunti per un viaggio che non ricordo. una serie iniziata nell’86 e conclusa nel 2002. Polaroid. solo Polaroid.
      nella sua essenza un lavoro sull’allucinazione – per essere sintetici.
      spero di essermi spiegato Evelina. o no?

  3. Ammiro questo tuo elaborato Efrem.
    Ne scaturisce una considerazione, non so quanto attinente, ma è ciò che istintivamente mi suscita. Credo sia un percorso comune, ma in particolar modo tra le personalità definite artistiche data la maggior sensibilità, quello di seguire una sorta di regressione, intesa come partire nel rappresentare la realtà oggettiva, qualcosa di definito nei contorni, nei colori e immediatamente riconoscibile nei suoi connotati per poi seguire un percorso inverso, dove è importante la percezione, evocare una realtà soggettiva, una suggestione che gli appartenga. Magari dico una baggianata, ma ritengo sia un percorso obbligato dalla durata di una vita,
    dall’ esperienza maturata, dai dolori e dalle gioie vissute e quindi dalle esperienze accumulate, che inducono a togliere informazioni per concentrare l’ attenzione sul sentire, come in un ricordo indefinito ma presente nella memoria.
    Un caro saluto, Piero.

    • grazie Piero.
      in realtà – diciamo così – può valere anche per immagini ben definite. non credo sia tanto una regressione, quanto una maggiore definizione dell’obiettivo. della consapevolezza che non ha necessariamente l’obbligo di misurarsi con null’altro se non la percezione. che nel tempo mi sembra di poter dire acquisisce nitidezza. amgari alla faccia della forma che assume.
      un caro saluto a te.

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