Due parole e una fotografia

Due parole e una fotografia una.

Si può assumere una posizione politica e, udite udite, addiritttura etica anche non facendo reportage. Ma tu pensa…

L’adagio secondo il quale una fotografia vale più di mille parole è una frase a effetto.
Ma vuota: quale fotografia, quali parole!

Che se penso alla mia produzione nel suo insieme, raramente posso dire che sì, quella fotografia non può dare adito ad alcuna altra lettura che non sia quella.
Ma sinceramente la cosa non mi ha mai molto interessato.

Ne ho trovata una che avevo dimenticato – a volte mi chiedo dove cazzo vivo…
La mia posizione era chiarissima già allora.

E ho rifiutato una campagna per una grande pellicceria e grandi soldoni.
Ringraziato cortesemente, ma no.
Del resto come canta un caro amico musicista Ciò che conta costa sempre un po’ di più.

Così come mi rifiutai di ritrarre una nota circense vestita dalla stylist con del pelo di non so chi. Che già sei circense… che però rispetti gli animali e non ci lavori. Ecco, appunto.
Altro che dress code, ma ti pare?
Quindi la fotografai con altri capi.

Ma quel redazionale sui pellicciai era ghiotto.
Ritratto a Giuliano Ravizza, alias pellicceria Annabella, 1989.
Per la rivista Class diretta da un grande direttore: Nuccio Màdera.

Tranquillamente in banco ottico con tutta la sua staticità.
E un grandangolo a spingere.
Niente da aggiungere. Solo la fotografia.

© Efrem Raimondi - Giuliano Ravizza 1989. All Rights Reserved© Efrem Raimondi. All rights reserved.

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34 thoughts on “Due parole e una fotografia

  1. Sicuramente caro Efrem tu avrai voluto dare un significato “leggermente” cupo e critico a questo scatto. Ma dici appunto che è una foto di 30 anni fa. All’epoca sfilavo e da anni lavoravo per Annabella, conoscevo bene la famiglia Ravizza. L’ambiente era quello, l’atelier era quello, carico e barocco, le pellicce erano voluminose, il dottor Ravizza era così, ora sembra una figura fuori dal tempo, ma era così, e comunque una persona gentile e rispettosa.
    Fotografarlo in quel modo probabilmente non ha suscitato domande o dubbi, non credo che ci si sia interrogati sull’etica o sulla simbologia che volevi riprodurre. Non c’era ancora quella campagna animalista esasperata che poi di fatto ha determinato il crollo del mercato della pellicceria. Io ho indossato migliaia di pellicce, non mi ponevo il problema. Quel tipo di sensibilità si è formata successivamente, invecchiando.
    Ravizza è stato un grande imprenditore, ha inventato assieme a Mike Bongiorno le sponsorizzazioni dei programmi televisivi, ha creato un impero, che allora non scandalizzava nessuno. Bisogna ricollocare il tutto a quei tempi, e a quei tempi il messaggio di questa foto non arrivava così netto.
    Aggiungo una piccola chiosa: Giuliano Ravizza 30 anni fa cominciava a stare male, un anno dopo gli hanno diagnosticato un tumore e due anni dopo è morto.
    Vedere questa foto di sapore funerario e pensare a lui in quel momento, mi suscita un lieve disagio.
    Ovviamente quello che ho scritto non vuole essere una critica o men che meno un giudizio sulla foto. Ho solo voluto esprimere una mia personale emozione. Ciao.

    • capisco che possa crearti un lieve disagio vista la relazione Maria Rita.
      di questa fotografia però, come qualsiasi altra, intercettiamo quello che cogliamo al netto di qualsiasi parola che sostenga o no una qualsiasi tesi.
      ed è vero, è funerea.
      ho incontrato Giuliano Ravizza in quella sola circostanza. ed è stato estremamente cortese.
      ma questo non ha niente a che vedere con la fotografia che nello specifico ha una relazione primaria con l’essere pellicciai.
      era un lavoro sui pellicciai e si poteva evitare l’argomento, far finta di niente o assecondare. questa è solo la mia scelta. ante litteram. ciao Maria Rita

      • Caro Efrem, infatti il mio non è un commento sulla foto ma su come poteva essere letta 30 anni fa. E tu sei furbo ed intelligente, hai lanciato un messaggio camuffandolo con una foto celebrativa: un messaggio che allora pochi potevano cogliere.
        Bacio!

        • celebrativa? non saprei quanto… ma no dai Maria Rita, come pochi potevano cogliere? magari pochi – direi meno di adesso – erano sensibili alla questione, ma in quanto a coglierla…
          poi boh :)
          ciao!

    • perché banale?
      un rodenstock da 90 mmm – senti come suona bene!- equivalente più o meno a un 28 per il formato 35 – full frame se pensi in digitale. ciao!

  2. Non lo trovo corretto! Hai un incarico e non puoi denigrare chi ti trovi davanti. Lo sapevi no? Lo sapevi che erano pellicce e visto che sei contrario perché farlo? Visto che parli di etica quale è la tua? Non sei corretto e saluti. Ennio

    • solo due cose Ennio, prima di parlare: evidente che l’immagine l’hai vista bene. ma proprio bene. adesso leggi le parole. poi se vuoi fammi sapere.

      • Le parole? Questa è una fotografia ideologica e non si capisce come sia possibile pubblicarla dopo un incarico che si dovrebbe presumere sopra le parti visto che non è un reportage ma un ritratto. Come si sarà sentito il signor Ravizza, qualcuno se lo è chiesto? Far diventare un imputato una persona che non commette nessun reato ma chi ti dà il diritto di giudicare?

      • la persona era certamente in grado di intendere e volere, se ha scelto quella foto è perché vi si riconosceva e corrispondeva all’immagine che voleva dare di sé, non vedo quale sia il problema.

        • forse però è il caso di precisare che non è la persona ritratta ad aver scelto. se l’è trovata prima fatta e poi pubblicata. chi realmente aveva il potere di scegliere diversamente era il magazine. ma non l’ha fatto. ergo eccoci qua.
          la cosa davvero interessante della quale però non ho alcun riscontro, è se ci siano state o meno lamentele in seguito alla pubblicazione. ma non credo proprio. ipotizzo per due motivi: non era così importante la declinazione che ho dato al fine della visibilità, oppure è piaciuta. la seconda è quella che mi inquieterebbe di più.
          aggiungo un’ultima cosa a riguardo: stiamo parlando di un percorso ante litteram. mi giunge eco di una importantissima casa di moda che con le pellicce lavora, che ha qualche problema per la pubblicazione anche di immagini di campagne scorse da parte di alcune modelle. non so se sia vero, non ho conferme a riguardo. ma se fosse vero…

          e mi permetto di sottolineare: questa è un’immagine che ha trent’anni.

          • Sicuramente il magazine aveva l’autorizzazione alla pubblicazione, quindi l’assenso da parte dell’interessato, inquietati pure!
            Ma poi, scusa, se una persona fa il produttore di pellicce è più che giusto che apprezzi la foto, celebrativa quanto basta, se il problema è che tu avresti dovuto rifiutare il lavoro vorrei ricordare che le scelte ‘estetiche’ sono slegate da quelle ‘etiche’, non sta al fotografo compiere scelte morali, ” l’estetica è la madre dell’etica. Le categorie di buono e cattivo sono, in primo luogo e soprattutto, categorie estetiche che precedono le categorie del bene e del male… “ (voglio esagerare e cito Iosif Brodskij).
            E infine, paradossalmente, a sorpresa la foto è bivalente, si può leggere al contrario delle sue stesse intenzioni, mentre celebra indigna, pur senza mostrare il sangue e la violenza del massacro il messaggio è stato colto da tutti i commentatori.

            • ma io non avevo alcuna intenzione di rifiutare il lavoro. volevo fosse esattamente così. ho rifiutato una campagna. che è cosa ben diversa.
              vero, non compio scelte morali. ma esprimo – o ci provo a esprimere – la visione che del mondo ho. inclusa come in questo caso una posizione molto precisa.
              credo però, perdonami vilma, molto difficile pensare a una situazione celebrativa del ruolo sociale, borghese o altro. semmai si celbra altro.

              che l’autorizzazione a pubblicare ci fosse è inevitabile: questo è un assignment che parte dalla redazione. uffici stampa eccetera. quello che non accadeva era avere l’approvazione dell’immagine: le riviste mica chiedevano il permesso e se piaceva o no. la relazione era tutta col fotografo.
              parlo al passato perché non è più esattamente così.

  3. Anche a me ha dato la sensazione del teatrino degli orrori .
    Mi chiedo se Ravizza ne fosse consapevole , se con la testa soltanto intendo o anche con il cuore .

  4. Rigorosamente simmetrica, una tenda di qua e una di là, in centro un banale lampadario in cristallo di Boemia, oltre la soglia, nello spazio definito dal tappeto orientale, un salotto segreto e discreto con due protagonisti, Giuliano Ravizza e una giacca in pelliccia gonfia e tronfia in una posa quasi umana. Il tutto pervaso da un vago odore di naftalina.
    Ma come hai fatto a convincerli tutti (Giuliano Ravizza, la giacca di pelliccia, il direttore della rivista….)?

    • è tutta giocata sulla staticità vilma e quindi la simmetria ha sì un peso. ma non è maniacale e il tendaggio è proprio il sipario che me l’ha consentita in questa misura.
      pur avendo giusto trent’anni, questa immagine intendo, non ho bisogno dell’ausilio mnemonico per dirti com’è andata perché faccio da sempre lo stesso percorso: non convinco nessuno, do delle indicazioni e le modulo sulla base di ciò che accade.
      per giuliano ravizza è stato semplice: gli ho detto che quel preciso ambiente – che non era tutto lo show room – lo trovavo perfetto. è stata scelta la pelliccia e quindi il manichino. fatta l’inquadratura e la luce con la presenza anche sua. un polaroid di test. e subito la pellicola. tutto con molta calma e tranquillità. tenendo conto che il test comunque l’abbiamo guardato insieme, ho pensato che la stessa immagine aveva valenze diverse. io mi preoccupavo della mia. ma non ho dovuto convincerlo.
      la pelliccia era già cadavere quindi arresa. mentre non sapevo cosa realmente sarebbe successo in redazione. nuccio madera è stato un grande direttore. molto intelligente. e amava una certa mia “iconoclastia”. avrà valutato il rapporto costo benefici, non lo so. tieni però presente che i magazine cercavano proprio il tuo sguardo. coi fotografi la relazione era alta. se non avessi incontrato figure così, redazioni così, non avrei potuto fotografare. ti ho risposto? :)

      • Perfettamente, in modo chiaro ed esaustivo.
        Credo di aver capito subito, guardando la foto, quali fossero le tue intenzioni, l’avrà senz’altro capito Nuccio Madera, non so se l’avrà capito Giuliano Ravizza, ma, come dici, la stessa immagine ha valenze diverse, non è né possibile né necessario verificare la convergenza delle singole letture, infatti il cliente non ha avuto sospetti perché non poteva neanche immaginare che ci potesse essere una visione altra dalla sua.
        Certo che oggi, più di allora quell’immagine si carica di significati provocatori, diventa un atto di denuncia contro un distinto signore ben vestito, ricco, circondato da arredi antichi, tutti gli status simbolo della società dell’epoca, quando l’animalismo interessava assai meno del successo imprenditoriale,
        Il gioco è applicabile ad altre immagini del tuo archivio?

        • ma, secondo me era univoca anche allora. nel senso che solo a guardarla… insomma credo che sia una delle rare immagini – parlo delle mie – dove tutto è a senso unico. come potrebbe essere frainteso? solo non leggendo neanche la superficie. qui veramente spessa zero. però boh.
          quindi sì, anche in qualche altra il senso unico è segnalatissimo. ma sai che al momento non me ne vengono in mente? so che ci sono però. è quando decidi di sottolineare una sola cosa. e la carichi di simboli sostanzialmente. fossero anche solo estetici, sempre simboli restano. e in effetti non è che per me fili tutto su questo binario, anzi no. però quando ci vuole ci vuole.

  5. sai che alla fine del discorso sulle pellicce, pensata da te, o trovata da chi guarda come sono io, la fotografia mi comunica una sensazione da ” camera mortuaria “, un tendone da palcoscenico su un mondo impossibile da giustificare

  6. Fotografia stupenda e inconfondibile oltre che impossibile da equivocare la tua posizione Efrem. Ma come l’hanno presa a Class? Questo mi incuriosisce molto. Grazie.

      • Bellissima.
        La distorsione del gandangolo, il gonfiore irreale del pelo (allora di gran moda sia il pelo che il gonfiore), la cupezza complessiva dell’ambiente iconico di quel tipo di atelier ( ne ho visti molti identici) oggi come oggi è un esplicito messaggio di protesta animalista, ma penso anche allora…,

        • tutto vero Fiammetta. solo che allora, soprattutto in un certo ambiente, l’equivoco c’era e non tutto evidentemente appariva così esplicito. e io ci giocavo :)

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