Alex Zanardi – Del ritratto

Alessandro Zanardi. E la relazioe ritratto-fotografia.
Una condizione semplice: non facile, semplice.
Dove il grado di complessità sta nell’eludere tutti i cliché che accompagnano la tormentata relazione.
Questo lavoro credo si presti per una breve riflessione.

Non c’è anima che tenga: non me ne occupo, non ne ho il tempo, non sono un predicatore e sono già abbastanza trafelato con la mia.
Non si può continuare a collocare con nonchalance certe parole, anche quelle consolidate: se c’è un’anima, nel ritratto soprattutto, è quella dell’autore. Ed è l’unica che cogliamo.
Prima di questo shooting ho incontrato Alessandro Zanardi una sola volta in compagnia di Michele Dalai, per l’anima semmai ci vuole un tempo che non è il nostro.

Nell’occasione scattai una double snapshot, con una compatta analogica flash on.

Alex Zanardi by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedAnno 2003. Cinque anni prima del redazionale per Men’s Health diretto da Luigi Grella – una direzione intelligente e molto coraggiosa.
In qualche modo proprio questa snap cruda è la matrice del ritratto di apertura.
E ancora, l’anima non c’entra niente.
Conta molto di più la spinta che il grandangolo medio, l’equivalente di un 35 mm. full frame, dà a tutto l’isieme. Spazio incluso.
E così sfatiamo l’avversione al grandangolo nel ritratto: lo uso nel 90% delle situazioni.
È solo una questione di modulazione e dialettica con lo spazio, a partire da quel rettangolino che è il mirino della fotocamera: succede tutto lì dentro.

Non è la verità assoluta. Ognuno faccia come crede ma la profondità che restituisce, il dinamismo, non hanno eguali.

Alex Zanardi by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedFatta questa, abbiamo affrontato lo studio a campo aperto: un limbo bianco molto generoso.
Prima con la sedia a rotelle. E qui gli ho chiesto se gli andava di scorrazzare.
Ha scorrazzato. Prendendo possesso di tutto il bianco che c’era.

Alex Zanardi by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedAlex Zanardi by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedA seguire un fronte e un back, a campo più stretto e nessun dinamismo: la handbike con la quale ha fatto la Maratona di New York.

Alex Zanardi by © Efrem Raimondi - All Rights Reserved L’urgenza di un primo piano. Stretto.
Cambio ottica e monto l’equivalente di un 50 full freme. Di solito aggiungo un tubo di prolunga. Qui no, trattandosi di un piano sequenza piuttosto rapido: PAM – PAM – PAM. Stop

Alex Zanardi by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedAlex Zanardi by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedAlex Zanardi by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedE invece no stop. Perché mentre Alessandro si cambia, gli assistenti stanno mettendo a posto lo studio ecetere eccetera, io son lì fermo che guardo il pavimento del limbo.
E tutti quei segni, le tracce dello scorrazzamento, assumono un’altra valenza.
Di nuovo grandangolo. Si piazza un flash; parabola quella che c’è va bene; frostata.
Diretto e scatto.

Alex Zanardi by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedStop. Adesso sì, shooting finito.
Un’immagine non preventivabile. Che non sapevo neanche se il magazine l’avrebbe usata. Ma per me non poteva mancare.
Una volta che le cose le vedi ti risultano nitide e procedi.
Non penso, non ce n’è bisogno, procedo. È un flusso…
Se questa immagine non l’avessi fatta mi sarebbe mancata.
Anche al magazine, visto che è stata pubblicata.

Funziona così: non pensare al ritratto. Fallo come fosse una qualsiasi fotografia.

Fashion consultant, Paolo Lapicca
Stylist, Monia Ripamonti
MUA, Guja
Assistente fotografia, Emanuela Balbini

Come tutti, spero di rivedere presto ristabilito Alex.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

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Beppe Sala – ICON DESIGN

Beppe Sala sindaco di Milano, per ICON DESIGN.
Palazzo Marino, 18 novembre 2019, sera.
Una di quelle rare volte che a priori so con assoluta precisione cosa farò: la faccia.
La faccia e basta.

Salone limitrofo all’ufficio del Sindaco…
Maria Cristina Didero editor at large del magazine, Marco Sammicheli che farà l’intervista, Nicole Marnati la mia assistente.
Si chiacchiera un po’ del più e del meno.
Anzi, del più. Perché io continuo a pensare alla faccia e lo dico.

Maria Cristina e Marco dal sindaco mentre Nicole e io allestiamo un set minimalissimo, povero c’è chi direbbe. Ma io continuo a pensare alla faccia e non mi serve altro.
Il radiocomando non funziona. Non si capisce perché. Va be’, uso il cavo sincro come ai vecchi tempi, nella cirsostanza non è così di impiccio.

Arriva Beppe Sala. Due chiacchiere e gli dico cosa mi farebbe piacere fare: la sua faccia. Stop.
Si accomoda sul grande divano e io comincio.
La fotografia di backstage di Marco Sammicheli – che ringrazio per la cortesia – rende bene l’idea.
Efrem Raimondi shooting by© Marco Sammicheli - All Rights Reserved

Sette minuti tra la prima e l’ultima flashata. Non mi serve altro, non saprei cosa fare. Compresa una variante di inquadratura che magari potrebbe essere utile.
Non ci credo molto ma in termini di impaginato, che ne so, è comunque un magazine ICON DESIGN, non la parete della mia cameretta.

Sento il bisogno di una faccia così.
In edicola adesso.

Beppe Sala by Efrem Raimondi for ICON DESIGN

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

UPDATE 12 gennaio
Poi succede che pubblico sul mio profilo INSTAGRAM.
E Beppe Sala commenta.
Non succede così spesso. E niente, mi ha fatto piacere.

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Fotografia e Design punto primo

Fotografia e Design punto primo: un percorso in due incontri che nasce da una chiacchierata con Claudia Ioan e Massimiliano Tuveri, alias Officine Creative Italiane.
In realtà era da un po’ che pensavo a un percorso didattico sulla fotografia di design.
Quella chiacchierata e ciò che ne è conseguito mi hanno fatto smettere di pensarci.
E infatti eccoci qui:
21-22/28-29 settembre, Perugia.
Tra gli spazi di Listone Giordano e la sede di Officine Creative Italiane.


TUTTE LE INFORMAZIONI info@officinecreativeitaliane.com

Un percorso che per quello che mi riguarda parte nel 1985.
Con un intento piuttosto chiaro già allora: superare il genere.
Non esiste cioè una fotografia DI design.
Come non esiste una fotografia DI ritratto, landscape, nudo, moda o altro.
O meglio, esistono certamente delle specificità ma il bivio è se rimanere nell’àlveo stretto della riproduzione, anche ottima e indubbiamente utile, o uscirne al fine di produrre fotografia in quanto tale.
In grado di relazionarsi direttamente, senza mediazione, sul piano iconografico.

Sono sorpreso da quanta inconsapevolezza ci sia del rapporto tra fotografia e design… Tolti gli addetti ai lavori che a vario titolo partecipano, non vedo né fila né portfolii sulla questione. Peccato.
Perché è un luogo dove il linguaggio è al centro, e se vuoi davvero misurarti sul piano creativo non è eludibile.
Come non è eludibile il piano della conoscenza di ciò che si affronta.
Questo vale per tutta la fotografia. Ma nella relazione col design il bluff è immediatamente evidente e il re nudo.

La rivelazione l’ho avuta sfogliando casualmente un numero di INTERNI magazine del settembre 1984 coi redazionali, in ordine di impaginato, di: Gabriele Basilico, Luigi Ghirri, Vincenzo Castella, Fabrizio Ferri, Mark Arbeit, Fulvio Ventura, Cuchi White, Davide Mosconi.
L’anno dopo ho cominciato a lavorare con INTERNI.
E sto proseguendo. Fanno 34 anni: la collaborazione più longeva che ho.
Ma davvero c’è ancora qualcuno che blatera di fotografia commerciale?
La destinazione d’uso è una cosa, il peso specifico dell’opera un altro: sai distinguere?
Questo è ciò che faremo.

Efrem Raimondi for INTERNI mag. All Rights ReservedLoom by David Lopez Quincoces per Potocco.
INTERNI magazine – Dicembre 2017. Redazionale.
© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Stylist Nadia Lionello.
Assistenti fotografia: Nicole Marnati – Giulia Gibilaro.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.
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Zlatan ha capito tutto

Zlatan ha capito tutto.
Zlatan… non il curatore; non il critico; non il photo editor; non il fotografo.
Zlatan, zingaro meraviglioso, in una lunga intervista alla BBC del novembre scorso, apre parlando di questa fotografia. Di questo ritratto.

Zlatan Ibrahimovic by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedZlatan Ibrahimovic, 2008 © Efrem Raimondi

Mia moglie dice che si parla già troppo di me, e quindi non vuole vedermi anche sulle pareti. C’è una foto sola, la foto dei miei piedi. Quella l’ho appesa per ricordare dove siamo e cosa abbiamo: è appesa per la famiglia, non per me. Sono quei piedi ad aver fatto tutto. […] Mi è sembrato fantastico avere quella foto alla parete, anche se le dita sono bruttissime. Ma chi se ne frega, li abbiamo appesi alla parete per ricordarci che è grazie a loro che mangiamo. E quindi questi piedi dovresti baciarli tutti i giorni (ride).

Cosa peraltro già espressa nell’autobiografia. Con toni diciamo più grunge…

Ne avevamo parlato prima che scattassi. Semplicemente dissi che a tutti gli effetti era un ritratto quello che mi accingevo a fare.
Da sdraiato, guardando in macchina, aggiunsi solo che mi ricordava un elefante – a proposito dell’importanza del ”messaggio”.
Scattavo e sul monitor comparivano le immagini. Che vedevo con la coda dell’occhio.
Lui non meglio di me ma tutto era chiarissimo: una come test luce e due similissime.
Totale tre scatti tre.
Questa fotografia apre la piccola galleria Le mie foto della sua autobiografia in tutte le edizioni internazionali.


Zlatan Ibrahimovic c’entra niente con questo mondo.

Ma legge perfettamente una fotografia.
Usando quel marchingegno chiamato vista.
La domanda è sempre la stessa: cosa si vede?
Al netto di qualsiasi declinazione emotiva, che le emozioni sono un fatto personale, cosa si vede?

Due piedi non è sufficiente.
Altrimenti si finisce come col commento di una fanciulla che alla vista di questa immagine consigliava al soggetto Zlatan di fare una pedicure.
Di più: come il responsabile della stampa – proprio in tipografia – del magazine per il quale l’ho realizzata che autonomamente, fregandosene del pdf della redazione, fregandosene di tutto e tutti, lui all’ultimo minuto decise di pulire il pavimento dallo sporco… cioè quel niente di fango e erba che avevamo deliberatamente aggiunto.
Il che su mia richiesta ha comportato la ripubblicazione dell’immagine nel numero seguente.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

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Due parole e una fotografia

Due parole e una fotografia una.

Si può assumere una posizione politica e, udite udite, addiritttura etica anche non facendo reportage. Ma tu pensa…

L’adagio secondo il quale una fotografia vale più di mille parole è una frase a effetto.
Ma vuota: quale fotografia, quali parole!

Che se penso alla mia produzione nel suo insieme, raramente posso dire che sì, quella fotografia non può dare adito ad alcuna altra lettura che non sia quella.
Ma sinceramente la cosa non mi ha mai molto interessato.

Ne ho trovata una che avevo dimenticato – a volte mi chiedo dove cazzo vivo…
La mia posizione era chiarissima già allora.

E ho rifiutato una campagna per una grande pellicceria e grandi soldoni.
Ringraziato cortesemente, ma no.
Del resto come canta un caro amico musicista Ciò che conta costa sempre un po’ di più.

Così come mi rifiutai di ritrarre una nota circense vestita dalla stylist con del pelo di non so chi. Che già sei circense… che però rispetti gli animali e non ci lavori. Ecco, appunto.
Altro che dress code, ma ti pare?
Quindi la fotografai con altri capi.

Ma quel redazionale sui pellicciai era ghiotto.
Ritratto a Giuliano Ravizza, alias pellicceria Annabella, 1989.
Per la rivista Class diretta da un grande direttore: Nuccio Màdera.

Tranquillamente in banco ottico con tutta la sua staticità.
E un grandangolo a spingere.
Niente da aggiungere. Solo la fotografia.

© Efrem Raimondi - Giuliano Ravizza 1989. All Rights Reserved© Efrem Raimondi. All rights reserved.

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ENNE HD + 1

Quello che sto facendo da una settima è sfogliare la mia vita: 12 hard disk da 1TB aperti in contemporanea.
Più uno: io. Cioè quello che mi fa perdere un sacco di tempo.
E ho un sito da rifare.
Non sono solo, non potrei farcela e non ho le competenze per affrontare un sito ex novo.
Però l’editing è affar mio.

Ed è davvero come sfogliare la propria vita.
Quindi mentre sono infilato in questo archivio – che non è esauirto in 12 HD – mi viene in mente quella fotografia là per quel lavoro là.
Proprio quella.
E non la trovo.

Ho pensato all’intervento di Laura Manione, sull’archivio, a ISOZERO Lab – il mio laboratorio didattico sul quale ritornerò visto che a ottobre si riparte – e a quanto mi sarebbe stato utile organizzarne uno digitale un po’ più efficace dell’attuale.
Non l’ho mai fatto col criterio che richiederebbe e ne pago le conseguenze.
Comunque quella fotografia là è sempre nel mio archivio mentale.
E preme.
Per poi scoprire che non l’ho mai scansita!
E mentre la cerco analogicamente, ne saltano fuori altre.
Un disastro…

Erano nella mia memoria, ma depositate sotto. Anche molto sotto.
E forse alcune sarebbe stato meglio non riemergessero.
Che davvero è di vita che parlo. Ed è una storia complessa da affrontare.

La fotografia è per me essenzialmente un luogo.
Un ripostiglio. Più nobile in latino: repositorium.
Il luogo dove depositare le cose più care. Le più preziose.
E in fondo, anche la memoria lavora così: conserva e poi restituisce.
Anche la matrice solida funziona così: la pellicola conserva.
E poi d’emblée ti spara in faccia tutto anche dopo un secolo.
Cazzo…

Ho trovato quella che cercavo: una poltrona fotografata per Sawaya & Moroni nell’88.

© Efrem Raimondi . All Rights ReservedE poi fuori le altre, come quella dell’87 per Egon von Furtsnberg/GAP che non ricordavo di aver scattato anche in BN.

© Efrem Raimondi for Egon von Furtenberg- All Rights ReservedO per Sportmax/GAP, 1989. Con pelliccia rigorosamente sintetica.
Che il pelo degli altri io non lo fotografo…

© Efrem Raimondi for Sportmax- All Rights ReservedMa anche un iris del ’92.

IRIS by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedPer me tutto è la stessa cosa.

Insomma la storia è questa: si aggiorna a oggi ma i conti si fanno con tutto il percorso.
In fotografia, sempre
E l’opera è al centro. Talmente al centro che mi sono convinto che la fotografia che mi piace è prodotta da persone che mi piacciono.

In fondo è così: mi piace/non mi piace.
E la tua visione, quella che mostri, muove la mia memoria. O no.
Tutto o niente.
Un solo hard disk: tu.
Sfogliare un archivio però…

Non so quando, ma avrò un nuovo sito.
Nel frattempo è dura.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

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Fiori bla bla bla

Fiori bla bla bla…
Poi in piena notte cerebrale che non prevede ritorno, che non te ne frega nemmeno, trovi quello che cerchi.
Trovi quello che non sai.
Ma che ti appartiene.

E i fiori sono perfetti per ristabilire un punto.
Perché hanno un doppio binario percettivo: quello dell’incanto, e non c’è niente di male, ma tutto finisce lì.
Poi, oltre la patina della beatitudine c’è la relazione.
La tua. La loro. E questo è lo scarto.
Lo sappiamo bene a ISOZERO Lab. Perché è accaduto.
Come una svolta. Inaspettata.
E c’è chi si è trovato da un’altra parte.

Dove?
Cosa succede?
Succede quello che è successo a me nei primi ’90: azzeri il pensiero.
Perché il loro manifestarsi è dirompente. E non ci arrivi per gradi, ci arrivi con una tranvata.
Così ha inizio una relazione per sempre.
A singhiozzo magari. Ma è per sempre.
E siccome ci sopravviveranno, spera che quelli che incontri abbiano un ricordo di te.
Qualcosa di indelebile.
Non è una passeggiata. Almeno per me.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Magnolia 2019 by © Efrem Raimondi - All Rights Reserved      Magnolia, 2019

Fiorellini - 2017 by © Efrem Raimondi - All Rights Reserved       Fiorellini, 2017

Vaso di fiori - 2015 by © Efrem Raimondi - All Rights Reserved       Vaso di fiori, 2015

Tulipano nero - 1992 by © Efrem Raimondi - All Rights Reserved        Tulipano nero, 1992

Non ritraggo più da molti anni fiori recisi. A meno che mi vengano regalati – di rado ma accade. O li trovo per strada gettati via. E succede che li raccolga.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

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Dialoghi d’autore – Incontro pubblico

Dialoghi d’autore è una rassegna di incontri ideata da Stefano Bernardoni direttore di BOTTEGA IMMAGINE e Barbara Silbe direttrice del magazine EYESOPEN.
Questa volta tocca a me: 28 febbraio, 18.30 nella bella sede milanese di via Carlo Farini 60 – info@bottegaimmagine.it

Ora… non so esattamente come si svolgerà la serata.
So che Barbara Silbe ha una traccia finalizzata al dialogo.
Ma non so quale sia né voglio saperlo: mi piace l’idea di trovarmi lì come se suonassi al citofono.
Al centro la fotografia, questo è certo. Non quella parlata bensì quella prodotta.
E sarà lì da vedere: cinque slideshow per trentotto anni di fotografia. Una centrifuga.
Qualsiasi parola, qualsiasi riflessione, è sempre stata originata dalla fotografia prodotta, che è l’unica origine che mi riguarda.
Giusto come preambolo: non è vero che un’immagine vale più di mille parole.
Oggi soprattutto: quale immagine, quali parole.
Quale silenzio, quale urlo…

Nobody's Perfect by © Efrem Raimondi - All Rights Reserved Dalla serie NOBODY’S PERFECT, 2002. Per Gaetano Pesce/ZERODISEGNO, 2002

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Centrifuga a Milano: ci vediamo…

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INTERNI magazine – Dicembre 2017

Efrem Raimondi for INTERNI magazine
INTERNI magazine 677 – Dicembre 2017, cioè adesso.

Sofas at work è un lavoro il cui soggetto è il divano.
Gli imbottiti, tutti, ho sempre amato ritrarli. E non so dire se prediligo la poltrona al divano o viceversa.
Ma sono due percorsi fotografici molto diversi.
Anche per come occupano lo spazio.
Anche per come ti guardano.

Si tende a credere che trattandosi di oggetti non siano dialettici: fermi lì dove li mettiamo e mai una reazione.
Non è così.
Tanto per cominciare è ormai assodato che hanno una memoria…
Poi, per me, è come ritrarre qualsiasi altro. O altra.
Io non distinguo. Sul mio piano non c’è distinzione.
E la relazione è solo diversamente modulata.

Potrei anche parlare di omologazione e divergenza.
Di uno spazio comune dove esercitare una distonia vitale.
Proprio perché questo lavoro, per me, nasce da questo.
Potrei insistere. Ma non lo faccio.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Efrem Raimondi for INTERNI magazineEfrem Raimondi for INTERNI magazineEfrem Raimondi for INTERNI magazineEfrem Raimondi for INTERNI magazine© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Camden by Rodolfo Dordoni per Molteni&C
SAKé by Piero Lissoni per B&B Italia

Lovely day by Marc Sadler per Désirée
Jacques by Rodolfo Dordoni per Minotti

206 8 Cube by Piero Lissoni per Cassina
Modernista by Dashi Levien per Moroso

Adda by Antonio Citterio per Flexform
Loom by David Lopez Quincoces per Potocco.

Cover by Olimpia Zagnoli

Stylist: Nadia Lionello.
Assistenti fotografia: Nicole Marnati e Giulia Gibilaro.
Studio: M8STUDIOS

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il Potere davanti

Il potere logora chi non ce l’ha. Celeberrimo Andreotti.
La miseria invece logora solo chi la vive.
Giulia Ligresti e Anna Maria Cancellieri, una vicenda di questi giorni, nella quale non entro. Non per ritrosia. Solo che questo non è luogo.
Però riguardare il ritratto che ho fatto a Giulia Ligresti mi dà lo spunto per una riflessione, stavolta scritta, sul rapporto tra fotografia e Potere. E il cartello opposto, fotografia e Miseria.
Altre due citazioni, sorry…
Di Helmut Newton: Per me il massimo è stata Margaret Thatcher: che cosa c’è di più sexy del potere? e ancora Mi piace fotografare le persone che amo, la gente che ammiro, il famoso e specialmente il famigerato.
Non sono semplici provocazioni, queste di Newton, e che per lui fossero sacrosante non c’è motivo di dubitarne.
Se le indosso, me le adatto così: il potere, fotografarlo, è affascinante. Anche sexy, dipende. A patto di essere onesti e restituire una immagine che ti appartenga. Nella quale riconoscerti.
Il che preclude, nel mio modestissimo caso, l’ammiccamento.
Perciò sei esposto, molto più esposto che in qualsiasi altro ambito ci si cimenti fotocamera in mano. Guerre a parte. Forse.
Il potere di cui parlo è maiuscolo, cioè politico, economico, finanziario.
Quello da cui tutto dipende, anche i direttori dei giornali. Anche direttori e sovrintendenti delle varie istituzioni culturali. Oggi più che mai.
E quando si piazza davanti all’obiettivo di un fotografo, lo fa sempre con grande cognizione di causa.
Anche quando decide di evitare. Mi è successo… mi è successo di essere stato cortesemente rifiutato da un potente molto potente. Esplicitamente rifiutato: mi ha fatto molto piacere. Perché onesto nei miei confronti. Oltre che nei propri. Così non si generano equivoci.
Fotografare il potere non è agevole. E non ti dà alcuna gloria.
Anzi a volte finisci all’indice perché ti viene imputata una qualche complicità. A differenza della fotografia della miseria – altrui  miseria – con l’impianto umanitario e sociale… che ha vinto tutti i più grandi worldpress. Piena di boria bianconera new style, con un che di retrò che commuove e affascina.
Ah sì? A me la fotografia affascinante fa schifo!
Moralista e demagogica, formato cartolina nei dispenser dei bookshop trova la sua destinazione finale.
Miseria che fa cassa.
Miseria comoda.
Miseria photoshoppata.
Miseria passepartout infilata in qualche fashion magazine in cerca di consenso intellettuale.
Miseria sterile e miserabili disarmati…
La fotografia ha un’etica. E se ne frega della morale.
E fotografare non significa emettere giudizi universali.
Io fotograferei chiunque, anche il Diavolo se ne avessi l’occasione.
Che così, epidermicamente, mi invoglia più di tanti santi, miti e boriosi.
Che poi, non è che sto parlando di immaginette da mettere nel portafoglio o buone per la campagna elettorale: alcune di queste immagini hanno visto la luce solo grazie al sostegno del magazine che le aveva esplicitamente commissionate.
È di Capital edito RCS che sto parlando, direzione Mario Fortini.
L’intenzione era vedere la forma antropologica del potere.
Non bastava la sagoma, volevo il dettaglio… volevo capire se la specie di appartenenza era la stessa: com’è fatto il potere?
E se davvero lo si vuole fotografare, va guardato bene in faccia.
Dritto negli occhi.
E magari da molto vicino.
Senza timore reverenziale. Ma senza preconcetti.
I preconcetti, o anche più comprensibilmente le divergenze ideologiche o etiche, emergono in chi poi le fotografie le guarda.
E il giudizio a riguardo è immediatamente condizionato a seconda della sponda di appartenenza.
Credo che il fotografo possa andare oltre questa immediatezza.
Non ci deve restituire uno stereotipo… non una classifica di buoni e cattivi.
Non una didascalia.
Non una caricatura.
Non un’omelia.
Ci dia ciò che vede. È questo che si pretende da un fotografo.
Tutto qui. A patto di avere un magazine complice.
Quindi non subalterno. Io non ne trovo più.
Paolo Sorrentino ha fatto un ritratto forte, diretto e onesto di un uomo di potere. E Il divo è lì da vedere. E rivedere.
Un manuale da prendere alla lettera per chi fotograficamente col potere si relaziona.
A meno di essere delle veline.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.


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Indice:
Giulia Ligresti, 2007 – First magazine
Massimo D’Alema, 1996 – Capital magazine
Gianfranco Fini, 1996 – Capital magazine
Guidalberto Guidi, 1997 – Capital magazine
Biagio Agnes, 1996 – Capital magazine
Pier Silvio Berlusconi, 2006 – Men’s Health magazine
Giulio Andreotti, 2006 – Grazia magazine
Giulio Andreotti, 2006 – Grazia magazine
Mario Draghi, 1996 – Capital magazine
Cesare Geronzi, 1997 – Capital magazine
Franco Bernabé, 1997 – Capital magazine
Lamberto Dini, 1996 – Capital magazine
Enrico Micheli, 1996 – Capital magazine
Umberto Bossi, 1996 – Capital magazine
Walter Veltroni, 1996 – Capital magazine

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