Cartolina per Fondazione AIRC – Letterature Urbane

Quindi ricevo il Premio Letterature Urbane – Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro.
A Vercelli domenica 24, dalle mani di Anna Bosio che di AIRC è responsabile della struttura organizzativa.
Non conosco esattamente la motivazione: sono certo che Antonio Buonocore che di Letteraure Urbane è il Presidente mi dirà nella circostanza a cosa devo l’onore.
Intanto posso dire che mi fa davvero piacere.

Nell’occasione volevo fare qualcosa di utile a beneficio della Fondazione.
Non la stampa numerata che viene messa all’asta.
Nulla di negativo nei confronti di chi organizza e di chi dona… è solo una mia questione emotiva: le aste mi deprimono.
Allora una serata pubblica di visione e riflessione sulla fotografia, un po’ come le lectio di AFIP International in Triennale a Milano, a ingresso libero.
Mentre questa sarebbe stata a pagamento pro AIRC.

Poi no, meglio una cartolina, stampata in 50 esemplari, al costo di dieci euro devoluti totalmente alla Fondazione.

Qualcosa di materico, qualcosa che fisicamente occupa uno spazio.

Un piccolo spazio. Che però resta. Che puoi anche spedire e allora prende un’altra via.
Che magari si perde. E a sua volta vive una sua vita.
Questa cartolina:

© Efrem Raimondi - Cartolina AIRC - All Rights ReservedRecisi giugno 97, 1997

Perché li ritraggo i fiori, altro che no.
Solo che recisi non li compro. Può succedere che siano un dono, o che li raccolga per strada e allora li ritraggo.

Probabilmente però una chiacchierata informale la faremo, complici Laura Manione e Antonio Buonocore.
Padiglione EX28, viale Garibaldi 96, alle 17,30.

NOTA – Acquistabile direttamente nell’occasione, o contattando il promotore di tutto ciò,
Antonio Buonocore: 3406980819.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

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Angela Vettese, per esempio

Angela Vettese by me © Efrem Raimondi - All Rights Reserved

 

Angela Vettese, per esempio…
Ritratto del 1998. Per la rivista Class. O per Ladies, non ricordo.
Non ricordo neanche di chi sia il makeup… mi spiace.
So che il direttore era Paolo Pietroni. Dal quale ho imparato molto.
Perché i magazine, non solo italiani, erano luoghi di crescita.
E se avevi la fortuna di collaborare con un magazine alla cui testa c’era un direttore così, se avevi talento, lo educavi e crescevi.
Non è un amarcord questo. Solo una constatazione.

L’attualità è un’altra. Non so neanche bene quale.

Ma è un’altra. Con la quale bisogna fare i conti.
E decidere cosa fare.
Questo ritratto è perfetto per parlarne.

E il tema è uno solo: la pelle.
Del rapporto tra posato e non, ne parlerò prossimamente.

Quindi la pelle.
Che qui c’è. E si vede.
Non che non ci sia della postproduzione, ma è leggera: desiderosa di rispettare qualsiasi elemento partecipi alla definizione del mio intento. Che è sempre lo stesso: fare una fotografia che coincida con l’idea che ho di fotografia.
Che sia un ritratto o una landscape per me non fa alcuna differenza.


Se però è della figura che parliamo, una specifica esiste: la pelle.

E non è un dettaglio marginale.
Non si tratta di mera informazione, ma di un punto estetico non sottraibile.

Perché dà volume. E la stessa luce ha una relazione diversa a seconda.
Questa immagine di Angela Vettese è pellicola.
La fotocamera un banco ottico.
Cosa cambia rispetto a una produzione digitale?
Poco se si ha idea di cosa si sta facendo.
Tutto se si è subordinati al mezzo e non si ha la minima idea degli strumenti, tutti quanti, coi quali ci stiamo misurando.
Già il digitale è naturalmente piatto – nasce così, non è colpa sua, semmai nostra – e se insistiamo con la pialla…

Questa immagine ha anche un’altra storia: mi ero dimenticato di averla fatta – proprio fatta, la fotografia non si preleva, si produce, e prima di te ciò che mostri non c’era.
Da nessuna parte, sappiti regolare.
Solo che stavo lavorando al nuovo sito – vedi articolo precedente se ne hai voglia – e quindi ero ficcato nel mio archivio.
In realtà alla ricerca di un’altra immagine. Un ritratto anche quella.
E improvvisamente da una cartella salta fuori lei, Angela Vettese, questa Angela Vettese. Che sì ricordavo di aver ritratto – impossibile dimenticarsene, grande personalità – ma il contorno era sfumato.
Insomma l’ho scansita e adesso, in questo momento, è sia nella portrait gallery sia nella zona archivio.

Me lo son chiesto: ma come diavolo ho fatto a dimenticarmene?

A breve parte il mio master sul ritratto. Che non ho sostanzialmente neanche comunicato…
E questo sarà un tema.
Angela Vettese, per esempio.

Angela Vettese by me © Efrem Raimondi - All Rights Reserved© Efrem Raimondi. All rights reserved.

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ENNE HD + 1

Quello che sto facendo da una settima è sfogliare la mia vita: 12 hard disk da 1TB aperti in contemporanea.
Più uno: io. Cioè quello che mi fa perdere un sacco di tempo.
E ho un sito da rifare.
Non sono solo, non potrei farcela e non ho le competenze per affrontare un sito ex novo.
Però l’editing è affar mio.

Ed è davvero come sfogliare la propria vita.
Quindi mentre sono infilato in questo archivio – che non è esauirto in 12 HD – mi viene in mente quella fotografia là per quel lavoro là.
Proprio quella.
E non la trovo.

Ho pensato all’intervento di Laura Manione, sull’archivio, a ISOZERO Lab – il mio laboratorio didattico sul quale ritornerò visto che a ottobre si riparte – e a quanto mi sarebbe stato utile organizzarne uno digitale un po’ più efficace dell’attuale.
Non l’ho mai fatto col criterio che richiederebbe e ne pago le conseguenze.
Comunque quella fotografia là è sempre nel mio archivio mentale.
E preme.
Per poi scoprire che non l’ho mai scansita!
E mentre la cerco analogicamente, ne saltano fuori altre.
Un disastro…

Erano nella mia memoria, ma depositate sotto. Anche molto sotto.
E forse alcune sarebbe stato meglio non riemergessero.
Che davvero è di vita che parlo. Ed è una storia complessa da affrontare.

La fotografia è per me essenzialmente un luogo.
Un ripostiglio. Più nobile in latino: repositorium.
Il luogo dove depositare le cose più care. Le più preziose.
E in fondo, anche la memoria lavora così: conserva e poi restituisce.
Anche la matrice solida funziona così: la pellicola conserva.
E poi d’emblée ti spara in faccia tutto anche dopo un secolo.
Cazzo…

Ho trovato quella che cercavo: una poltrona fotografata per Sawaya & Moroni nell’88.

© Efrem Raimondi . All Rights ReservedE poi fuori le altre, come quella dell’87 per Egon von Furtsnberg/GAP che non ricordavo di aver scattato anche in BN.

© Efrem Raimondi for Egon von Furtenberg- All Rights ReservedO per Sportmax/GAP, 1989. Con pelliccia rigorosamente sintetica.
Che il pelo degli altri io non lo fotografo…

© Efrem Raimondi for Sportmax- All Rights ReservedMa anche un iris del ’92.

IRIS by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedPer me tutto è la stessa cosa.

Insomma la storia è questa: si aggiorna a oggi ma i conti si fanno con tutto il percorso.
In fotografia, sempre
E l’opera è al centro. Talmente al centro che mi sono convinto che la fotografia che mi piace è prodotta da persone che mi piacciono.

In fondo è così: mi piace/non mi piace.
E la tua visione, quella che mostri, muove la mia memoria. O no.
Tutto o niente.
Un solo hard disk: tu.
Sfogliare un archivio però…

Non so quando, ma avrò un nuovo sito.
Nel frattempo è dura.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

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NO DIFFERENCE

No difference. Detta inter nos, paese allo sbando, nessuna differenza.
Sembra difficile da capire, e non tanto sul piano intellettuale, sul piano dialettico, quanto invece sul piano dell’affermazione iconografica: cioè ciò che fotograficamente realmente produci.

Ed eventualmente mostri.

Che differenza c’è tra il ritratto di un operaio e di una star?
Nessuna.
L’unica differenza sei tu, lì con la fotocamera in mano.
Il problema che ogni tanto si affaccia, ed è visibilissimo, è esattamente questo: tu.
Con l’aggravante della fotocamera in mano.
Perché si vede benissimo quanto ti lusinghi ritrarre, fotografare, una star, vera o presunta, e come ti sbatti quando ce l’hai davanti.

E invece quanto sei sciatto quando la star sei tu. Spesso presunta.
Sempre presunta, perché se vuoi sapere la verità, entrambi i ritratti sono davvero banali.
Volgari.
Togli il nome sotto il soggetto, l’uno e l’altro, e vedrai che non ti rimane niente.

Sai perché? No che non lo sai.
Perché se non riconosci te stesso in chi e anche in ciò che hai davanti, non hai alcuna autorità.
Sei nessuno.

La fotografia funziona così.
Ed è così semplice…

OPERAIO TESSILE by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedOperaio tessile, 1989.
Uno dei due ritratti a operai della Piacenza Cashmere, stabilimento di Pollone, vicino a Biella.
In banco e Polaroid 55.
Entrambi i signori non vollero dirmi il nome.

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Che donna cerchi?

Maria Cabrera by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedMaria Cabrera, 1988 – Dolce&Gabbana © Efrem Raimondi

Che donna cerchi?
Non solo una questione fotografica, o artistica in genere…

Che donna cerchi?
Certo poi, quando la mostri, quando assume una forma soprattutto fotografica,
so perfettamente che idea ne hai – della donna dico, che tu chiami musa.

Non ho nulla contro l’idealizzazione.
Anzi, essendo la rappresentazione di una condizione intima mi interessa molto la traduzione iconica.
E siccome per essere davvero espressione non c’è casualità né può singhiozzare,
ci si aspetta un percorso, una coerenza dell’autore chiunque sia.
Questo, e non altro, diventa l’indice.
A volte il dramma…

Che donna cerchi?
Perché la fotografi?
Quanti anni ha la tua donna ideale?

La mia non ha età. E si misura con sé stessa.
Entrambi i fattori credo siano l’origine della divergenza tra il concetto di idealizzazione, cioè rappresentazione, e
standardizzazione, cioè creazione di un prodotto prêt-à-porter.
Che è l’origine dei guai di alcuni – molti – magazine femminili, ostinati in quello che mi sembra uno stato confusionale.
E anche di molta comunicazione.
Entrambi i media confortano la deriva misogina.
Che però chiamano seduzione.

Il risultato è spalmato ovunque.
Trasversalmente da lassù fino al cosiddetto photographer modalità social.
Complimenti.

Ma che razza di donna avete in testa?
Avete mai pensato seriamente che una fotografia racconta una relazione?
E posto che il soggetto è l’autore – almeno per quel che mi riguarda – traete le conseguenze da ciò che vedete.
Questo sempre.

Io cerco te è un articolo che ho qui pubblicato nel 2016.

L’ho aggiornato con altre immagini.
Donne che ho ritratto come le vedevo.
Senza idealizzare un bel niente.
Ma, credo, con una chiara idea, la stessa sempre: tu che mi stai davanti.
Chiunque tu sia per la vita che vedo.
E la vedo.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

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Body only Body


Body only body…
Una serie iniziata nel 2004.
Che devo assolutamente riprendere.

Ne ho ritratti altri, così.
E ne ritrarrò ancora.
Così.
Solo di donne body only…

 

© Efrem Raimondi - All Rights Reserved

Body Uno, 2004

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