Ritratto – Master

Ritratto. Master. Si sviluppa così:
– durata circa otto/dieci mesi.
– quattro incontri più due supplementari da verificare in corso d’opera.
Da venerdì pomeriggio – non fondamentale ma auspicabile la presenza –
alle ore 18 di domenica.
– a Milano, in studio.
– una call interlocutoria tra un incontro e l’altro.
– incontri individuali frontali e in remoto nella misura dettata dalla necessità.
– costo € 1.600,00 IVA inclusa frazionabile in quattro tranche.

Ritratto. Master: un percorso didattico molto particolare con un intento dichiarato, oltrepassare il genere.
Quindi sì, la figura umana al centro, ma con la consapevolezza che l’ambiente
nel quale ci misuriamo ha una centratura ulteriore e imprescindibile, quella fotografica.
È un altro luogo, la fotografia è un altro luogo e non restituisce una realtà mediata ma proprio un’altra realtà e la persona che si palesa di fronte a noi, davanti alla fotocamera, non è la stessa che restituiamo.
Né inseguiamo l’obiettivo di farle coincidere, sarebbe uno sforzo totalmente inutile.
Occupiamoci invece del motivo per cui siamo lì: produrre un’immagine che abbia chiaro
il segno, l’idea che della fotografia abbiamo.

Insomma anche qui, è di linguaggio che parliamo: quale il nostro nella relazione col ritratto? E perché mai dovrebbe essere altro da quello che usiamo quando miriamo l’interno di un bar in Valtellina?
Il linguaggio è uno. Modularlo è il percorso da affrontare.

© Efrem Raimondi - All Rights Reserved

 Sconosciuta, 2014

Il ritratto è l’ambito fotografico più pregno di cliché. Vanno smontati.
Pensiamo davvero che sia una questione di anime?
Sei davvero in grado di restituire l’anima del soggetto e quindi dichiarare di avere il ritratto, quello assoluto, di quella persona lì?
Auguri.

Questo Master è altro, e non si occupa di anime. Se non dell’unica con la quale ti relazioni dalla nascita: la tua.
Il più è averne una…
Solo che va espressa: come?
Oltrepassare il genere non significa ignorare le specifiche, anche tecniche, con le quali il ritratto si misura.
Bisogna conoscerle per essere in grado di manipolarle.
Non mi dilungo sulla questione. Allego due link che spero possano essere utili per inquadrare l’ambiente di lavoro che affronteremo:

http://blog.efremraimondi.it/ritratto-quattro-regole-pero/

http://blog.efremraimondi.it/ritratto-e-retorica/

Per qualsiasi dettaglio e delucidazione, questo l’indirizzo:
isozero@efremraimondi.it
Si parte tra ottobre e novembre. Il calendario preciso è in fase di definizione.
Ma c’è comunque una prima fase preparatoria individuale.
Quanto a eventuali problematiche legate al Covid: tutte le norme sono rispettate e in caso di fermo ci comporteremo come è già stato fatto precedentemente  sia per ISOZERO che per il MASTER, che non ci siamo fermati, abbiamo rimodulato il percorso.
A presto.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

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OUTDOOR – INTERNI magazine

Più outdoor della notte non c’è nulla: il luogo più esterno che esista.
Che un po’ rompe le consuetudini care alla logica.

Divergenza, contraddizione a volte, che definiscono un altro equilibrio, quello caro
a ogni processo creativo.

Quando accade è di una evidenza non celabile.

Basta una piccola luce per squarciare il buio e fare della divergenza un’urgenza espressiva.
Creando una connessione tra i luoghi che ci riguardano direttamente,
proprio in quel momento, in quella porzione di spazio.

Che poi è il soggetto di questo percorso per INTERNI magazine.

                                                              Illustrazione di Sarah Mazzetti

E che ha avuto tutte le traversie Covid…
Compresa una poltrona, assente cause collaterali virus… s’è persa.
Perchè questo redazionale era previsto per il numero di aprile.
Ma salta il Salone, salta il Fuorisalone, siamo a giugno.

A fine dicembre scatto una fotografia in notturna sul mio terrazzo…

© Efrem Raimondi - All Rights ReservedE penso che non mi dispiacerebbe affatto affrontare il tema per INTERNI magazine.
Non pulisco e tengo mucchi di foglie, così, come gesto propiziatorio.
A febbraio Carolina Trabattoni mi chiama dalla redazione e mi dice: outdoor.
Ecco, appunto.

Così abbiamo lavorato sul mio terrazzo – tranne per Flexform date le dimensioni del divano e la difficoltà del trasloco.

Di notte, con una lucetta da niente, fotocamera su cavalletto, Nicole e io, le foglie e un freddo tosto.
Si iniziava più o meno alle 21. Con quella luce continua cercavo quel buio, lo sezionavo.
Pausa cena veloce verso mezzanotte. Vino in misura generosa e si riprendeva.
Non potendo lavorare direttamente al computer ogni sessione la rivedevamo a monitor in casa. Fuori/dentro si finiva tra le tre e le quattro AM.
Tre notti di seguito.

Ci siamo divertiti molto: sono ritmi a me congeniali.
Anche per Strip, il mio gatto. Che faceva una dettagliata perlustrazione ogni volta che rientravamo. Chissà che film s’è fatto…

Non una volta al mese, ma ogni due rifarei.

Efrem Raimondi for INTERNI mag Grandemare Outdoor, Antonio Citterio per Flexform – Nuta, Favaretto & Partners per Gaber

Efrem Raimondi for INTERNI magDoron Hotel Outdoor, Charlotte Perriand per Cassina – Folio, Raffaello Galiotto per Nardi

Redattrice, Carolina Trabattoni.
Assistente fotografia, Nicole Marnati.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

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L’altro mondo

L’  a l t r o  m o n d o .  Quello che guardiamo, attraversiamo,  n o n  v e d i a m o.
L’altro mondo, quello che ha  p a u r a .  S e m p r e.
L’altro mondo, quello che  n o n  h a  p r o l e.
L’altro mondo, quello che adesso  u r l a.
L’altro mondo, quello che  c i  a s p e t t a.
L’ultimo ballo in maschera.
Liberi tutti.

© Efrem Raimondi - All Rights ReservedOtherworld 2020 – from the series Something about me

© Efrem Raimondi . All Rights Reserved

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Cartolina per Fondazione AIRC – Letterature Urbane

Quindi ricevo il Premio Letterature Urbane – Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro.
A Vercelli domenica 24, dalle mani di Anna Bosio che di AIRC è responsabile della struttura organizzativa.
Non conosco esattamente la motivazione: sono certo che Antonio Buonocore che di Letteraure Urbane è il Presidente mi dirà nella circostanza a cosa devo l’onore.
Intanto posso dire che mi fa davvero piacere.

Nell’occasione volevo fare qualcosa di utile a beneficio della Fondazione.
Non la stampa numerata che viene messa all’asta.
Nulla di negativo nei confronti di chi organizza e di chi dona… è solo una mia questione emotiva: le aste mi deprimono.
Allora una serata pubblica di visione e riflessione sulla fotografia, un po’ come le lectio di AFIP International in Triennale a Milano, a ingresso libero.
Mentre questa sarebbe stata a pagamento pro AIRC.

Poi no, meglio una cartolina, stampata in 50 esemplari, al costo di dieci euro devoluti totalmente alla Fondazione.

Qualcosa di materico, qualcosa che fisicamente occupa uno spazio.

Un piccolo spazio. Che però resta. Che puoi anche spedire e allora prende un’altra via.
Che magari si perde. E a sua volta vive una sua vita.
Questa cartolina:

© Efrem Raimondi - Cartolina AIRC - All Rights ReservedRecisi giugno 97, 1997

Perché li ritraggo i fiori, altro che no.
Solo che recisi non li compro. Può succedere che siano un dono, o che li raccolga per strada e allora li ritraggo.

Probabilmente però una chiacchierata informale la faremo, complici Laura Manione e Antonio Buonocore.
Padiglione EX28, viale Garibaldi 96, alle 17,30.

NOTA – Acquistabile direttamente nell’occasione, o contattando il promotore di tutto ciò,
Antonio Buonocore: 3406980819.

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ISOZERO Lab – 2

ISOZERO LAB by Efrem Raimondi

ISOZERO Lab è un laboratorio nato un anno fa.
La prima edizione sta volgendo al termine.
Questa call è per la seconda.

Cos’è
Ecco, NON è un percorso didattico fine a se stesso ma un laboratorio che si pone degli obiettivi tangibili.
Della durata di un anno circa.

Una struttura orizzontale, solo con me al timone.
Fin dove possiamo arrivare insieme?

Insieme significa confronto serrato, intenzioni condivise, contraddittorio dialettico: nessuna ragione nessun torto, solo un confronto finalizzato.
E crescita. Perché vorrei uscire dall’equivoco che i fotografi non insegnano.
Poche balle, il curriculum ha un peso specifico: il punto è come tradurlo didatticamente.

Precisando il tiro, senza alzare la voce ma non arrossendo dico che qui si impara: metodo, grammatica, gestione, mira. E condivisione.

Al centro la semplicità – da non fraintendere. Accompagnata da una questione fondamentale che mi è chiara da sempre, ma proprio anche urlata da sempre: trasversalità.
E sottrazione. Senza la quale non c’è crescita.
Forse forse, bisognerebbe prima imparare a non fotografare.

Fermarsi…

Non dobbiamo coincidere nell’espressione, ognuno ha la propria.
Dobbiamo però possederne una.
Come?
Crediamo davvero di avere talento? Discipliniamolo.
Poi procediamo.

Liberare lo sguardo, renderlo leggero e invulnerabile.
Dare davvero consapevolezza all’arbitrio, il proprio.
Attraverso un percorso di puntualizzazione anche tecnica.
Usandola la tecnica, per non farsi usare.
E i deficit li affronteremo NEL percorso reale, non aprioristicamente.
Per uscire dalla debolezza dell’approssimazione, che inevitabilmente ha il suo riscontro nella fotografia che mostriamo.

L’unico parametro: la fotografia è ciò che mostri, non ciò che parli.
A saper leggere le immagini, si vede tutto. A non saper leggere, annaspi nelle certezze. Che spesso sono quelle di altri. Proprio così.

Due passi indietro e uno avanti… è questo che faremo.
Col contributo saltuario e mirato di alcune altre persone: art director, stampatori, curatori, storici… figure professionali riconosciute, non degli improvvisati.

L’obiettivo comune è uno solo: sapere come produrre.
Perché il come è tutto. Il cosa un dettaglio.

A chi è rivolto
Poniamoci una domanda: perché fotografiamo?

Quale la necessità, quale l’urgenza?
Non è un obbligo… diamoci una risposta.

Qui l’intento è produrre Fotografia, quella con la effe maiuscola.
E le fotografie sono solo lo strumento che definiscono l’idea che abbiamo di fotografia.
Una visione ben più ampia che non ha nemmeno nel soggetto la sua risposta: una sedia equivale a una star o a un pezzo d’asfalto chiamato street. 
A un nudo o a un vaso di fiori piantato al centro della consolle anni Venti regalo della nonna…
È unicamente come TU traduci che fa la differenza.

Quindi a tutti coloro che antepongono lo sguardo al genere.
A coloro che intendono far coincidere l’intenzione col risultato, col prodotto che materialmente mostriamo.
Quello finito, al netto di tutto il percorso e del travaglio.
Noi ci occuperemo del percorso e del travaglio.

Professionisti e fotoamatori, nessuna differenza.
Tanto l’eventuale accesso ha un setaccio: devo vedere reale volontà espressiva. Confortata da una cognizione operativa di massima.
E alcune nozioni le do per scontate. Quelle più dettagliate invece si affrontano in relazione al percorso individuale. E comunque subordinate all’intento espressivo.

Dulcis in fundo è rivolto a chi ha intenzione di fare qualcosa che gli faccia bene e che abbia il piacere di farlo.
Per sé e per un obiettivo comune.
Perché come la prima edizione ha dimostrato, la condivisione quando diventa percorso reale, è un plus.

Come
otto mesi circa.
Quattro incontri le tout ensemble. Più uno da valutare alla fine.
Per esempio quest’anno lo facciamo. Perché ci serve.

E un one to one, frontale con me, lungo l’intero anno – non è una minaccia.
Perché i percorsi non sono mai uguali. Possono esserci delle similitudini, vero, ma le modalità di approccio mutano.

Luoghi
Gli incontri collettivi sono a Rimini.
In uno spazio molto confortevole dove abbiamo ampio margine di manovra.
E di accoglienza.
Gli incontri frontali, quelli individuali, sono gestibili in più modi. Incluso il fatto di vedersi.
La piazza è Milano.

N.BChi è DAVVERO interessato e intende capire meglio, può scrivermi qui:
isozero@efremraimondi.it

Poi un master. Sul ritratto. Solo, c’è una prelazione appannaggio di chi ha già frequentato il laboratorio. Quindi una eventuale adesione ex novo è da verificare.

ISOZERO LAB by Efrem RaimondiAntefatto
Credo che i workshop abbiano in qualche modo perso la spinta originaria.

Per diversi motivi, non ultimo un certo inquinamento che fa sembrare tutto uguale.
Non è così.

Ma soprattutto non c’è soluzione di continuità: chiuso il weekend tanti saluti.
E questo, per me, è il limite.
Perché ho incontrato anche persone realmente dotate di sguardo e forza espressiva autentica. E poi?
Poi salvo eccezioni non resta niente. Nemmeno a me.
E non mi piace.
Ma ho voglia di intercettarne ancora. Verificare se c’è davvero chi vuole alzare l’asticella. Affrontando un percorso più lungo concretamente redditizio.

E appunto più impegnativo. Vale per tutti, me incluso.

Detto tutto. Quasi tutto…
Si parte a ottobre 2019. Ma già adesso si comincia a ragionare: portarsi avanti è meglio.

Ciao!

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Stati generali fotografia + cinica latina.

Stati generali della fotografia alla luce di tutto: dell’intenzione – lodevolissima, dell’impegno, del percorso, della somma tirata.
Quest’ultima mi sembra mostri qualche lacuna.
E non è la politica della delega che può riempirle.

Perché nel leggere il Piano strategico della fotografia in Italia ci si trova di fronte, finalmente, a una vera intenzione – perfettibile, intendiamoci.
Alla volontà sincera del Ministero dei beni culturali di mettere mano al disordine.
E di produrre un reale supporto per la Fotografia di questo paese.
Anche l’intenzione di fare un REGISTRO degli autori, niente male.
Anzi finalmente mi viene da dire. E che Lorenza Bravetta declina come un registro di chi svolge la professione.

Solo che manca la copertura finanziaria da ciò che ho capito.
Solo che la delega più grande è al futuro governo – qualunque sia.
Due anni di lavoro intenso e ci troviamo di fronte a una wishlist…
Questo il rammarico.

In Brasile, al tavolo di una discussione a fronte di un progetto concreto, accade che il tuo interlocutore passa un tempo spropositato a tesserne le lodi, i benefici…
E la meraviglia che è.

Concludendo però, spesso, con una parola.
Una sola, tombale: infelizmente…

In italiano è come i desiderata…

In latino, lingua precisa, e soprattutto spesso meravigliosamente cinica, suonerebbe così se è di fotografia che si parla: Lens sana in corpore horrido.

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Vivian Maier – Milano

Vivan Maier - Efrem Raimondi blogVivian Maier. Non ci volevo neanche andare.
E sbagliavo.
È che c’è questa incredibile straordinaria storia che la riguarda.
Troppa per essere vera.
Quindi verissima.
Ma in qualche modo ha dopato la questione vera, cioè la fotografia che la riguarda.
Di fronte a certi exploit mediatici sono sempre un po’ scettico.
E riluttante ad assecondarli in un sol impeto.
Come un sospetto…
Mi viene in mente la Dama con l’ermellino e i chilometri di coda per vederla esposta a Milano.
Anno 1998… un delirio: gente sicura di trovarsi di fronte alla rivelazione del ritratto.
La sua essenza.
Chilometri sprecati.

Qui la storia è diversa. Vero.
Ma restava quel battage che mi allontanava…
Due carissimi amici mi hanno cooptato.
Ed eccomi qui.
Però ho fatto una cura prima: mi son detto e ripetuto che sarei entrato solo per vedere.
E sia quel che sia.

Vivan Maier - Efrem Raimondi blogUna solitudine troppo rumorosa, parafrasando Hrabal.
Un silenzio assordante lungo tutto il BN dei ’50 e ’60 e poi ancora col colore dei 70’.
Una consapevolezza assoluta.
Un’attenzione ossessiva, lucidamente reiterata e magistralmente modulata intorno alla fauna umana. E ai suoi dettagli.
Una patologia struggente…
Che però trova forma.
A differenza di altri – soprattutto altre, soprattutto oggi – che a furia di osservare SOLO il proprio ombelico ci precipitano.
Semplicemente perché esauriscono le pagine del racconto, breve e di intensità prossima allo zero, che alla quarta mi vien da dire sì va be’ e allora?
Così dalla Sherman, almeno un po’ ironica, alla Woodman zero ironia, più tutte le epigone… che noia!
Là sul loro terrazzino a guardarsi allo specchio.
E la fotografia come strumento di autoanalisi.
E perché mai ce ne dovrebbe fregare qualcosa?

Ho bisogno di vedere cos’hai da dire sul mondo.
Di te e della tua patologia non me ne frega un cazzo.
Attrezzati e dalle forma.
Che la masturbazione ha anche un suo grado di piacevolezza… poi però basta, si va al sodo.

I fotografi partono da sé. Tutti.
La differenza la fa il ritorno. Che per essere autenticamente espressione è un circuito aperto.
Che neanche sai bene dove va a parare.
Forse non t’importa neanche.
Un po’ come Vivian Maier.
Ed è qui che mi sono ricreduto.
Perché ho guardato la sua Fotografia.
Autenticamente potente.
Disperatamente commovente.
Zero autocelebrativa – che son mica quella decina di autoritratti…
Finalmente ritrovata.
Forse suo malgrado.
Ben oltre la sua storia più o meno romanzata.
Che passa in secondo piano.

E non m’interessano neanche un po’ le illazioni che non la vorrebberro realmente autrice in quanto lei non ha sviluppato.
Lei non ha stampato.
Lei non ha diretto la sua visione solida.

Questo forse riguarda solo le sue paure.
Non le nostre.
Guardiamo queste fotografie.
Punto.

© Efrem Raimondi. All rights reserved

Vivan Maier - Efrem Raimondi blog

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Vivan Maier - Efrem Raimondi blogVivan Maier - Efrem Raimondi blog

Vivan Maier - Efrem Raimondi blogE sono davvero contento che ci sia di nuovo Fondazione Forma.
Uno spazio in più. E non in meno.
A cura di Anne Morin e Alessandra Mauro, sino al 31 gennaio

Vivan Maier - Efrem Raimondi blog© Efrem Raimondi. All rights reserved
Nota: tutte le immagini in iPhone 6.

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Semplice e basta.

Grazia Casa dicembre 2012 © Efrem Raimondi. All rights reserved.

Non so voi, ma io sono stufo di imbattermi in terrificanti pseudo fotografie che trovano alloggio in buona parte dei magazine.
Mica solo italiani… inutile che si continui a pensare che altrove è meglio e che qui sia concentrata la merda del mondo.
E poi non si fa nulla, ma proprio nulla per cambiare. Ci si piange addosso e basta. E si continua a precipitare nel vuoto assoluto di restyling privi di senso. E le riviste precipitano. Nel gusto ancor prima dei numeri, quelli che dovrebbero servire a tenere in piedi la baracca. Che non scricchiola, sta proprio franando.
Buttare via tutto e ricominciare!
Dicono che non ci sono più inserzioni… le pagine di pubblicità.
E infatti la foliazione è ai minimi storici. Solo che viene il dubbio che la foliazione di prima fosse dopata appunto dalle inserzioni.
Da un bel po’ molti magazine sono puri veicoli del marketing.
Ante web, anche se discutibile, tutto ancora reggeva… ma per quale motivo un’azienda, oggi, dovrebbe investire su un medium brutto e costoso?
Fashion system  a parte, che di fatto usa l’escamotage del redazionale e che evidentemente funziona ancora, tutto il resto non ha ragione di proseguire.
Buttare via tutto e ricominciare!
Ma da dove? Magari da riviste più belle. Fatte cioè meglio. Dirette a un pubblico che si conosce, non che si suppone.
Dirette a un lettore! Non a un affamato di gossip e contorno. Perché anche il contorno, vogliamo parlarne?
All’ennesimo articoletto sul super hotel sette stelle in cima al mondo che ti offre un cocktail al sudore di aquila, o a quello nelle viscere della Transilvania che nel menù ha un consommé di trapollo, un tubero che cresce solo lì, a tre chilometri di profondità, ecco, interessante… ma chi se ne frega!! Il tutto corredato da immagini impossibili da vedere, prese alla rinfusa chissà dove. E impaginate possibilmente peggio.
Un sabato qualunque di un po’ di tempo fa impatto in una cover che mi ha fatto riflettere.
Un crash vero… perché era tutto ciò che più mi disgusta.
Un andazzo che va avanti da un po’. E in effetti è talmente evidente che non ci si accorge. E si pubblica.
Ma è possibile arrivare a utilizzare software davvero fantastici e utili nell’unica versione aberrante?
Alla ricerca del ”famolo strano” sembra un imperativo. Perché?
Sempre in quel sabato che non ricordo, mentre pensavo e scansivo (scannerizzavo o come cazzo si dice) dei miei negativi più o meno datati per un lavoro che avrà a breve luce (TABULARASA), sento urgente un bisogno di semplicità espressiva.
Addirittura sottolineata. Che a guardarla si può persino pensare che io sia ormai altrove.
E forse è vero.
Manco farlo apposta mi telefona Giovanna Calvenzi e mi propone un lavoro per un nuovo progetto che sta seguendo.
Era esattamente la risposta pratica alla mia voglia di mettermi in discussione. Di azzerare le mie certezze.
Il lavoro l’ho fatto, spero veda presto la luce.
Non dipende più da me. Come sempre accade una volta consegnato… poi vedremo cosa eventualmente ne consegue, perché per me rappresenta un bel cambio.
Se guardandosi attorno non ci si riconosce neanche un pochino, forse è il caso di guardare altrove. Non è facile… è come ricominciare.
Ma visto che ultimamente provo soddisfazione quasi unicamente a ritrarre boschi o gatti e solo ogni tanto a ritrarre persone, celebrità per dirla bene (il termine celebrity lo trovo vecchio e presuntuoso, anche se l’ho usato in passato), vediamo se riesco a disintossicarmi un po’. 
E questo servizio che pubblico, per Grazia Casa di dicembre, numero natalizio, è esattamente in questa direzione.
Quattro grandi chef: Enrico Cerea, Carlo Cracco, Robero Okabe, Marco Bianchi… in ordine di pubblicazione.
Tutto molto molto semplice, luce inclusa (ma del resto io uso sempre una luce semplice). Li ho spezzati in due, proprio due scatti diversi. Una roba che ogni tanto mi concedo. E che la redazione ha accettato.
Un vezzo punk in tanto bianco.

 © Efrem Raimondi. All rights reserved.

Assistente fotografia Giulia Diegoli
Fotocamera Hasselblad H3D II-39 con 50/3,5.
Luce, Flash Elinchrom.