UNPACKING – INTERNI magazine

INTERNI magazine N 708 - Cover by Fernando CobeloUNPACKING il tema di questo redazionale per INTERNI magazine, numero doppio gennaio-febbraio.

Con gli imballaggi ormai più o meno tutti abbiamo una frequenza implementata dal Covid: le spedizioni in alcuni settori merceologici registrano anche un + 183% e siamo fermi ai dati di giugno.
Ricordo durante il lockdown, quello serio, le automibili in coda fuori dalle discariche in attesa di buttare cartone – liscio, ondulato, sagomato – polistirolo, truciolo in paglia, pluriball, polietilene espanso eccetera. Tanto eccetera.

Ecco appunto, tutto arriva in forma composta, poi però c’è da sballare – in tutti i sensi – e ognuno lo affronta a modo suo.
A volte perdo la pazienza e su alcuni imballaggi mi accanisco con rinnovato furore infantile più o meno simile a quando aprivo i regali sotto l’albero di Natale…

Qui, in questo percorso, zero furore. Anche perché il mio interesse è stato in parte concentrato sull’atto di disimballare creando una sorta di sequenza utile al dopo, a quando tutto doveva essere rispedito al mittente.
Comunque non si riesce mai a ri-imballare come nella versione originale, anche se ti impegni, anche se fai un documentario dettagliato da due terabyte.

E questa è la vera sostanza dell’imballaggio: l’originale non è riproducibile.
Se sei davvero abile, è riciclabile.
Insomma un’opera contemporanea con inclusa performance di chi l’acquista.
A volte.

Efrem Raimondi for INTERNI magazine © All Rights ReservedJean-Marie Massaud per Poliform – Mario Cucinella per Artemide, Calvi Brambilla per Pianca

Efrem Raimondi for INTERNI magazine © All Rights ReservedBobo Piccoli per FontanaArte – Odo Fioravanti per Pedrali, Giulio Cappellini e Antonio Facco per Cappellini

Efrem Raimondi for INTERNI magazine © All Rights ReservedJacopo Foggini per Edra – Fabrice Berrux per Bonaldo, Matteo Thun e Antonio Rodriguez per Désiréè

Efrem Raimondi for INTERNI magazine © All Rights ReservedDraga & Aurel per Baxter – Jona Vasconcelos per Roche Bobois, Yannis Ghikas per Miniforms

Ho fotografato nello studio di Laura Majolino, uno spazio ospitale che conosco, sfruttando gli scorci.
Una volta tanto non usando luce flash ma continua a 3.200° Kelvin.

Stylist Nadia Lionello
Cover by Fernando Cobelo

Efrem Raimondi for INTERNI magazine © All Rights Reserved© Efrem Raimondi. All rights reserved.

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OUTDOOR – INTERNI magazine

Più outdoor della notte non c’è nulla: il luogo più esterno che esista.
Che un po’ rompe le consuetudini care alla logica.

Divergenza, contraddizione a volte, che definiscono un altro equilibrio, quello caro
a ogni processo creativo.

Quando accade è di una evidenza non celabile.

Basta una piccola luce per squarciare il buio e fare della divergenza un’urgenza espressiva.
Creando una connessione tra i luoghi che ci riguardano direttamente,
proprio in quel momento, in quella porzione di spazio.

Che poi è il soggetto di questo percorso per INTERNI magazine.

                                                              Illustrazione di Sarah Mazzetti

E che ha avuto tutte le traversie Covid…
Compresa una poltrona, assente cause collaterali virus… s’è persa.
Perchè questo redazionale era previsto per il numero di aprile.
Ma salta il Salone, salta il Fuorisalone, siamo a giugno.

A fine dicembre scatto una fotografia in notturna sul mio terrazzo…

© Efrem Raimondi - All Rights ReservedE penso che non mi dispiacerebbe affatto affrontare il tema per INTERNI magazine.
Non pulisco e tengo mucchi di foglie, così, come gesto propiziatorio.
A febbraio Carolina Trabattoni mi chiama dalla redazione e mi dice: outdoor.
Ecco, appunto.

Così abbiamo lavorato sul mio terrazzo – tranne per Flexform date le dimensioni del divano e la difficoltà del trasloco.

Di notte, con una lucetta da niente, fotocamera su cavalletto, Nicole e io, le foglie e un freddo tosto.
Si iniziava più o meno alle 21. Con quella luce continua cercavo quel buio, lo sezionavo.
Pausa cena veloce verso mezzanotte. Vino in misura generosa e si riprendeva.
Non potendo lavorare direttamente al computer ogni sessione la rivedevamo a monitor in casa. Fuori/dentro si finiva tra le tre e le quattro AM.
Tre notti di seguito.

Ci siamo divertiti molto: sono ritmi a me congeniali.
Anche per Strip, il mio gatto. Che faceva una dettagliata perlustrazione ogni volta che rientravamo. Chissà che film s’è fatto…

Non una volta al mese, ma ogni due rifarei.

Efrem Raimondi for INTERNI mag Grandemare Outdoor, Antonio Citterio per Flexform – Nuta, Favaretto & Partners per Gaber

Efrem Raimondi for INTERNI magDoron Hotel Outdoor, Charlotte Perriand per Cassina – Folio, Raffaello Galiotto per Nardi

Redattrice, Carolina Trabattoni.
Assistente fotografia, Nicole Marnati.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

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Donne, bambole e cowboy.

Nel 2007 feci queste immagini per il catalogo Campeggi, 2008, curato da Italo Lupi.
È di design che sto parlando.
Nello specifico, di un design molto particolare, ludico e colto direi.
Presi Camilla in braccio e la portai in studio.
Il problema si pose dopo, a catalogo stampato e distribuito: queste immagini, questa bambola, creavano un po’ di inquietudine.
Ma soprattutto c’era ‘sta domanda che girava: cosa rappresenta questa bambola?
Allora scrissi un paio di paginette. Che consegnai all’azienda.
Uno shock. Giuro.
Sono ancora conservate e ogni tanto capita di riparlarne.
E le immagini sono ancora in catalogo.
Pubblico il testo stralciato della parte meno pertinente.
Solo la mia giustificazione quindi. Già.

… Quando si parla di design bisogna stare molto attenti a non equivocare: i numeri sì, decretano il successo o meno di un prodotto, ma non sono sostitutivi della sua storia.
Più in generale, il successo non sostituisce nulla. È solo un racconto parziale.
Che non m’interessa. Né mi riguarda… io faccio altro.
A ognuno il suo. E a me il mio.
L’origine del mio racconto per il brand Campeggi è riconducibile a un’immagine precisa, del 1993: Poppy, divanetto per bambini.

Per me è la madre di tutte le successive. Anche di quelle apparentemente più estranee.
Sicuramente di quelle con Camilla, bambola antropomorfa che sembra imbarazzi.
Le posture di Camilla non sono poi tanto diverse da quelle dei bambini di Poppy. 
E se visti da analoga distanza, bambola e bambini, si può equivocare sull’autenticità antropologica.
La differenza vera la facciamo noi. E le nostre proiezioni.
Che sui bambini sono, normalmente, regolate dal grado di parentela (ogni scarrafone è bello a mamma soja)… nel caso di una bambola, chi può dire?
Considerato il giocattolo più antico dell’umanità, ne ha viste di strane storie e loschi figuri… ne ha incontrati di umani che l’hanno cullata e torturata, vestita e denudata, imboccata e picchiata… coccolata e abbandonata.
Quasi per decreto, gli umani in questione sono bambine: le vere deputate al rapporto.
E questo per via di un malinteso che ha a che fare con l’iniziazione alla maternità.
Ma è una balla colossale, un alibi per celare l’esercizio di un dominio e l’educazione alla trasgressione. Che poi così, la donna-bambola si consegnerà a noi maschiotti, magari con l’aria timida timida, ma con una consapevolezza che se la cogliessimo ci metterebbe i brividi.
Tutto ciò avviene tra le mura domestiche.
Con un padre che ignora e una madre invece cosciente. Perché ci è passata prima.

Ma appunto, a noi maschietti è interdetta l’iniziazione e mentre siam lì a giocare ai cowboy, le bambine si autoeducano.
Noi siam tosti… noi bypassiamo la bambola e arriviamo dritti alla donna: perché perdere tempo?
Solo che la donna che abbiamo davanti la trattiamo come una bambola.
Perché non c’è niente da fare, a noi manca un passaggio. E il più delle volte l’iniziazione la facciamo più avanti attraverso la variegata iconografia erotica o, i più fortunati, grazie a una donna, che qualsiasi età abbia, è certamente più consapevole e dotta.
Camilla è tutto questo.
Compagna di gioco in Sneaker. Per i fatti propri nelle altre immagini.
Con la sua autonomia e il suo sguardo. Con la sua anima… quella che ognuno di noi riflette in una sorta di transfert, questa volta maschile. Quasi esclusivamente maschile, perché il piccolo sondaggio che è stato fatto, fotografie alla mano, dice che le donne sorridono, e i maschi si alterano. 
Le fanciulle hanno già dato, e se proprio ci devono tornare sopra, lo fanno su scala diversa col bambolotto di turno.
Ciò detto, si può anche pensare che sia una masturbazione mentale. E che l’unica anima che vale sia la nostra.
Che a ben pensarci le donne, in fondo, l’hanno acquisita da poco,
gli animali non ancora, figurarsi gli oggetti!
E che quindi, queste immagini, siano solo funzionali allo scopo, bambola o no.
Sperando che lo siano.

Milano, ottobre 2008.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.


© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Camilla, bambola in porcellana, prodotta dalla Götz.

Le immagini:
Poppy, design Ufficio Stile Campeggi.
Sneaker, design Giovanni Levanti.
Conetto, design Giovanni Levanti.
Xito, design Giovanni Levanti.
Q.letto, design Denis Santachiara.
Ercolino, design Giulio Manzoni.

Fotocamera, Toyo 45G con Rodenstock 180 mm.
Flash, Profoto.
Film, Kodak 160 VC.
Per i particolari, Ricoh GR Digital + flash incorporato + Profoto.