Donne, bambole e cowboy.

Nel 2007 feci queste immagini per il catalogo Campeggi, 2008, curato da Italo Lupi.
È di design che sto parlando.
Nello specifico, di un design molto particolare, ludico e colto direi.
Presi Camilla in braccio e la portai in studio.
Il problema si pose dopo, a catalogo stampato e distribuito: queste immagini, questa bambola, creavano un po’ di inquietudine.
Ma soprattutto c’era ‘sta domanda che girava: cosa rappresenta questa bambola?
Allora scrissi un paio di paginette. Che consegnai all’azienda.
Uno shock. Giuro.
Sono ancora conservate e ogni tanto capita di riparlarne.
E le immagini sono ancora in catalogo.
Pubblico il testo stralciato della parte meno pertinente.
Solo la mia giustificazione quindi. Già.

… Quando si parla di design bisogna stare molto attenti a non equivocare: i numeri sì, decretano il successo o meno di un prodotto, ma non sono sostitutivi della sua storia.
Più in generale, il successo non sostituisce nulla. È solo un racconto parziale.
Che non m’interessa. Né mi riguarda… io faccio altro.
A ognuno il suo. E a me il mio.
L’origine del mio racconto per il brand Campeggi è riconducibile a un’immagine precisa, del 1993: Poppy, divanetto per bambini.

Per me è la madre di tutte le successive. Anche di quelle apparentemente più estranee.
Sicuramente di quelle con Camilla, bambola antropomorfa che sembra imbarazzi.
Le posture di Camilla non sono poi tanto diverse da quelle dei bambini di Poppy. 
E se visti da analoga distanza, bambola e bambini, si può equivocare sull’autenticità antropologica.
La differenza vera la facciamo noi. E le nostre proiezioni.
Che sui bambini sono, normalmente, regolate dal grado di parentela (ogni scarrafone è bello a mamma soja)… nel caso di una bambola, chi può dire?
Considerato il giocattolo più antico dell’umanità, ne ha viste di strane storie e loschi figuri… ne ha incontrati di umani che l’hanno cullata e torturata, vestita e denudata, imboccata e picchiata… coccolata e abbandonata.
Quasi per decreto, gli umani in questione sono bambine: le vere deputate al rapporto.
E questo per via di un malinteso che ha a che fare con l’iniziazione alla maternità.
Ma è una balla colossale, un alibi per celare l’esercizio di un dominio e l’educazione alla trasgressione. Che poi così, la donna-bambola si consegnerà a noi maschiotti, magari con l’aria timida timida, ma con una consapevolezza che se la cogliessimo ci metterebbe i brividi.
Tutto ciò avviene tra le mura domestiche.
Con un padre che ignora e una madre invece cosciente. Perché ci è passata prima.

Ma appunto, a noi maschietti è interdetta l’iniziazione e mentre siam lì a giocare ai cowboy, le bambine si autoeducano.
Noi siam tosti… noi bypassiamo la bambola e arriviamo dritti alla donna: perché perdere tempo?
Solo che la donna che abbiamo davanti la trattiamo come una bambola.
Perché non c’è niente da fare, a noi manca un passaggio. E il più delle volte l’iniziazione la facciamo più avanti attraverso la variegata iconografia erotica o, i più fortunati, grazie a una donna, che qualsiasi età abbia, è certamente più consapevole e dotta.
Camilla è tutto questo.
Compagna di gioco in Sneaker. Per i fatti propri nelle altre immagini.
Con la sua autonomia e il suo sguardo. Con la sua anima… quella che ognuno di noi riflette in una sorta di transfert, questa volta maschile. Quasi esclusivamente maschile, perché il piccolo sondaggio che è stato fatto, fotografie alla mano, dice che le donne sorridono, e i maschi si alterano. 
Le fanciulle hanno già dato, e se proprio ci devono tornare sopra, lo fanno su scala diversa col bambolotto di turno.
Ciò detto, si può anche pensare che sia una masturbazione mentale. E che l’unica anima che vale sia la nostra.
Che a ben pensarci le donne, in fondo, l’hanno acquisita da poco,
gli animali non ancora, figurarsi gli oggetti!
E che quindi, queste immagini, siano solo funzionali allo scopo, bambola o no.
Sperando che lo siano.

Milano, ottobre 2008.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.


© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Camilla, bambola in porcellana, prodotta dalla Götz.

Le immagini:
Poppy, design Ufficio Stile Campeggi.
Sneaker, design Giovanni Levanti.
Conetto, design Giovanni Levanti.
Xito, design Giovanni Levanti.
Q.letto, design Denis Santachiara.
Ercolino, design Giulio Manzoni.

Fotocamera, Toyo 45G con Rodenstock 180 mm.
Flash, Profoto.
Film, Kodak 160 VC.
Per i particolari, Ricoh GR Digital + flash incorporato + Profoto.

20 thoughts on “Donne, bambole e cowboy.

  1. non avevo mai pensato al ruolo iniziatico della bambola che manca ai maschi, e a ciò che questo potrebbe spiegare….mi apri un mondo!
    è vero che ho visto bambini coccolare e pulsioni sadiche su coniglietti di pelouche, ma l’animale è ovviamente meno proiettivo.
    In realtà mi pare che il vero motivo per cui l’azienda avrebbe potuto diffidare è che la bambola diventa protagonista del catalogo, ben più che se ci fosse stato un umano :-)

  2. In effetti, la prima immagine è l’unica in cui si ha l’esatta sensazione delle dimensioni reali di Camilla, del fatto che è inanimata, altrimenti nessuno la strattonerebbe in modo così brutale, ed al tempo stesso del suo inquietante antropomorfismo. Guardando le foto seguenti ci si dimentica della finzione, anche se i segnali di manipolazione ci sono tutti (nella terza foto, Camilla che guarda una foto di Camilla che guarda una foto di Camilla…. all’infinito è un gioco di specchi e di ruoli degno di Lewis Carroll.)
    Non intendevo dire che tu ti sia riferito (almeno conscientemente) alla tematica del fanciullino, intendevo dire che, anche se non lo sai, in te, come in tutti noi, dorme uno spirito bambino semplice ed innocente capace di meravigliarsi e di vedere le piccole cose, ma anche di fare dispetti e giocare a nascondino con le nostre certezze di adulti razionali, solo la sensibilità dei poeti (quelli che ‘fanno’, dal ‘poieo’ greco) è capace di dialogarci, come hai fatto tu.

  3. Credo che tu sapessi benissimo che ti stavi infilando in un ginepraio, il tema della bambola è carico di significati simbolici, attraverso la bambola si articola il “racconto complesso, spesso ambiguo, che intreccia sacro e profano, mito e fantasia, gioco e magia“ , così la psicologia. La bambola, la marionetta che si trasforma nel manichino di legno del pittore (già Dürer lo utilizzava) o negli enigmatici manichini di De Chirico ha indubbiamente qualcosa di inquietante.
    Forse nel caso della tua campagna la scelta spiazza in quanto non è chiaro perché tu abbia optato per una bambola anziché una bambina in carne e ossa, spunta il tema del doppio, del transfert, una possibilità di manipolazione della percezione della realtà che crea un certo disagio, la sensazione di non capire tutto e fino in fondo equivocando “sull’autenticità antropologica”.
    Tutto in linea con il “design molto particolare, ludico e colto” degli oggetti.
    Che forse hai voluto ricondurre a misura di bambino utilizzando la bambola come il mezzo più adatto per relazionarsi con l’utente-bambino, i bambini ci parlano, con le loro bambole, come con compagni di gioco reali, Camilla è l’interlocutrice ‘normale’ in un discorso senza filtro. Solo un adulto si può chiedere “cosa rappresenta questa bambola?”, per un bambino è solo una normalissima bambola!
    L’ennesima prova che ognuno di noi vede secondo ciò che si aspetta di vedere.

    • trattandosi di design rivolto agli adulti (no poppy) in realtà contavo sull’equivoco che camilla avrebbe potuto creare.
      solo non pensavo fosse così pronunciato. la mia impressione, a posteriori, confermata dal piccolo sondaggio, è che riguardi soltanto il pubblico maschile.
      davvero le fanciulle annuivano e sorridevano. che poi non è stato semplicissimo trovare camilla… sono andato a cremona in un negozio quasi d’altri tempi.
      hai ragione vilma, mi piace manipolare.

      • ….. ed infatti hai abilmente mischiato le carte (da cui lo straniamento) rivolgendoti al ‘fanciullino’ che sta in ognuno di noi, che “piange e ride senza un perché di cose, che sfuggono ai nostri sensi ed alla nostra ragione”………
        Bè, anche Pascoli ci sta, data la stagione.

          • Pascoli, nel senso di Giovanni.
            E’ lui che ha teorizzato la metafora del fanciullino, “È dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi….”, non ho mica fatto il liceo classico per niente!
            Oggi puoi parlare di eterno-bambino, di sindrome di peter pan, è sempre lui, quel fanciullino lì, che ti ha suggerito l’idea della bambola……..
            Ho aggiunto ‘data la stagione’ perché Pascoli ci sta con il giorno dei morti, è un poeta decadentista, quello che ricordo (dal liceo) è la malinconia crepuscolare delle sue poesie, mi piaceva, oggi è un autore dimenticato (anche da te, mi pare).

            • avevo capito, giuro :)
              solo che l’intenzione, almeno la mia, non aveva a che fare con la tematica del fanciullino… tanto che la prima immagine della serie è stata sneaker, quella in cui camilla è tenuta durante il salto. c’è poca serenità insomma. poi naturalmente ognuno proietti ciò che preferisce. ciò che vede.

  4. Le foto sono immediate per noi cowgirls :-) E capisco che inquietino un po’ i cowboys della rete vendita di una azienda di design. Fotografia sociale?

    • ma no valeria! nessuna fotografia sociale. anche se in alcune circostanze mi sembra di dire chiaramente ciò che penso con le immagini. poi boh.

  5. Guardando queste fotografie capisco perché vi inquietate voi, cari cowboy! Se poi si tratta di un catalogo l’inquietudine/imbarazzo della rete vendita è piú che comprensibile: ma davvero hai dovuto scrivere una giustificazione? Mi scappa da ridere :-)

    • non è che ho dovuto, francesca. ne é una giustificazione… il termine è un po’ ironico e le immagini sono state strausate. è che a furia di sentire questo e quello, tutto di riporto, un bel giorno mi son detto: adesso dico la mia. tutto qui.

  6. urca ho dovuto leggere con attenzione, non le vedevo così “imbarazzanti” le fotografie. Camilla mi ha ricordato semplicemente Ozzy :) sarò semplice io.

    • in effetti non si trattava di imbarazzo… io ho un po’ edulcorato. pare che la rete vendita rifiutasse decisamente camilla. che un po’ inquietante lo è. a differenza di ozzy che si è limitato a girovagare. per un redazionale oltrettutto. sono parenti, forse, ma muovono dinamiche emotive diverse.
      questo è un catalogo… uno strumento commerciale a tutti gli effetti.

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