Fotografia e uova

EFREM RAIMONDI BLOG

 

Prendere due uova di gallina. Se proprio, che siano almeno bio.
Lavarle. Asciugarle. Appoggiarle lì, cioè dove capita.
Prendere un tegame, antiaderente in questo caso, aggiungere un niente di burro e un pizzico di sale fine.
Mettere sul fuoco e appena scaldato, prendere il tegame e ruotandolo fare in modo che la soluzione burro-sale prenda possesso dell’intero fondo.
Che almeno lo inumidisca everywhere.
Riporre su fuoco lentissimo.
Riprendere le uova, uno per volta, rompere il guscio e far prima colare l’albume, quindi il tuorlo nel tegame.
Fuoco lento. Ogni tanto muovere il tegame in modo che nulla si attacchi.
Durante i due minuti scarsi di cottura, effettuare quante fotografie si ritiene con lo strumento che si ritiene, in questo caso un iPhone.
Ma se preferite un banco ottico, sappiate che è possibile.
A cottura ultimata, delle uova fate ciò che vi pare.
Comunque toglierle dal tegame. In modo da poterlo lavare e ricominciare per quante enne volte pare.
Otterrete enne uova e enne fotografie.

Delle uova al momento ce ne freghiamo e ci occupiamo invece delle fotografie.
Sceglieremo la migliore… quella che tale ci sembra.
Quella che ci appaga. Quella che, siamo convinti, faccia BOOM!
Bah…
Il suo destino, a differenza di quello delle uova, ci frega eccome!
Questa fotografia il cui soggetto sembrerebbe essere le uova al tegamino, è facile fonte di equivoci.
La stessa fotografia cambia valore a seconda della sua destinazione.
Se infilata in un ricettario, sarà food; se in un redazionale sulla colazione domenicale nell’Oltrepò Pavese, pura documentazione; se in bella mostra sulla propria pagina Facebook, o Instagram, fate vobis, e lì resta, sarà una delle migliaia di foto postate che chiunque potrebbe lodare, insultare o più probabilmente bypassare; se acquistata da un museo  e appesa a una parete, sarà un’Opera.
Chi lo dice? Il museo lo dice! Certificandola. E tanto basta.
Anche se ne fai prints a tiratura limitata, diventa opera… a patto che qualcuno la acquisti.
A ‘sto punto, e solo a questo, fai pure tutti i distinguo che vuoi e, se ci tieni, attaccati l’etichetta d’artista. Ricordo che son sempre le due uova di cui sopra.
La fotografia è la stessa, l’immagine invece no.
L’immagine ha a che fare con la storia di quella fotografia.
E del suo autore.
È giusto? Non lo è? La fotografia non ha alcuna relazione con la giustizia.
E neanche sempre la sua fortuna dipende dal valore intrinseco. Ma a volte sì. Ricordiamocelo.
E se per caso vedo questa fotografia di uova, e mi vien voglia di mettermi anch’io a spadellare, e ciò che alla fine produco è una fotografia di due uova al tegamino, questa volta sì, l’immagine potrebbe essere la stessa. La fotografia certamente no.
E hai voglia a tirare in ballo la struttura iconografica, come se questa coincidesse col fatto che davanti hai comunque due uova… la struttura di una fotografia, se c’è, risiede nel linguaggio, cioè il come. Per nulla il cosa, cioè le uova.

Morale della metafora: la certezza sta nel cucinare uova.
Almeno finché le galline non si incazzano.
Non nella fotografia.

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26 thoughts on “Fotografia e uova

  1. Era una boutade, le galline saranno state in studio a vedere fotografate le loro uova, e se non sono soddisfatte del tuo lavoro si adirano perché sprecata la loro potenziale progenie

  2. Anche se ne fai prints a tiratura limitata, diventa opera… a patto che qualcuno la acquisti…. salvo il caso che, come alle volte succede, sia lo stesso autore, con l’aiuto di “amici” prezzolati, ad acquistare “l’opera” esposta.

    Morale della metafora: la certezza sta nel cucinare uova… e se anche l’istantanea non avrà un futuro, almeno abbiamo da mangiare

    Almeno finché le galline non si incazzano.
    Non nella fotografia… probabilmente intendevi …Non della fotografia e della preparzione in studio… visto che se addirittura l’hai realizzata male e non sono soddisfatte, si lamenteranno del perchè con la tua azione deplorevole ( non per il fatto che poi le hai mangiate, ma se le hai solo fotografate ) ne hai negato la progenie

  3. Dunque tutto sta nella storia di chi ha fatto quella foto, perché la foto di per se può essere tutto e niente! Allora quando si guarda un’opera non è quella che ci deve trasmettere emozioni o ciò che vuoi ma dobbiamo andare a studiarci l’autore. Io sbaglio tutto lo faccio sempre a posteriori.

    • non esattamente Patrizia…
      se una fotografia comunica, scuote, emoziona… se ha queste capacità insomma, lo fa indipendentemente dalla sua destinazione.
      cambiano due cose: li peso specifico che NOI diamo all’immagine e il suo valore economico. ma la fotografia in questione è sempre quella

  4. A patto che qualcuno la acquisti … Ben detto!
    A volte mi sento presa in giro.. A prescindere dal percorso dell’artista sono sempre due uova al tegamino. Almeno si fosse sforzato a fare un soufflé!!!…;)
    Un abbraccio!

  5. Le vuota io le cuocio solo per dovere verso gli altri componenti della famiglia. .. da quando mia madre da piccola mi obbligava a bere crude. .. io le ho odiate. Oggi però ho imparato una nuova ricetta che adottero’ la prossima volta che farò le uova al tegamino . Passando all’immagine. .. io vedo uno smile. .. forse… aggiungero’ uno stelo di prezzemolo per indicare sorriso o tristezza … :-) bgiornata Efrem

  6. Sono tornato a rileggermi questo articolo, stimolato da un altro trovato “in quel posto dove non premono bottoni” e ho visto che avevo dimenticato di ringraziarti per la risposta. Grazie!

  7. Volendo, anche le uova stesse non risiedono nel cosa, ma nel come: al tegamino, ma anche alla coque, in camicia, strapazzate, sode, bazzotte (questa non la sapevi, dì la verità), crude (minimal) o anche “al cereghin”, come mi dicevano nella mia infanzia genovese.
    Resta misteriosa la metafora del tegamino antiaderente perfettamente pulito.

    • Vilma no, di bazzotte non ne sapevo nulla. però ho scoperto che è come le faceva mia madre. almeno guardando e leggendo.
      quindi sì, in effetti la gamma che riguarda le uova richiede una specifica. però però… la scelta, sempre qui, della variante al tegamino è duplice e per me obbligata… primo: “non è nemmeno capace di cucinare due uova al tegamino”, cioè siamo alla condizione minima, quella apparentemente accessibile a chiunque e secondo… non mi ricordo.
      quanto al tegame pulito, è solo lì pronto a ricominciare il lavoro. enne volte. qui solo una, buona la prima.

  8. Per me, più del COME è ancor più importante il PERCHE’, cioè quali sono le motivazioni e il percorso personale dell’espressivo o dell’artista che hanno condotto alla realizzazione di quella fotografia o altro MANUFATTO. Ci sono forme di espressione che si avvicinano come risultato visivo a ciò che potrebbe produrre in pochi minuti un bambino di 5 anni…..ma i PERCHE’ sono profondamente diversi. cito: “l’immagine ha a che fare con la storia dell’autore” …..e per me sarebbe giustissimo se vivessimo in un mondo giusto, come lo sarebbe la destra e anche la sinistra….ma tutto poi si scontra e si modella alla dura realtà. Non ho afferrato il passaggio conclusivo: “E se per caso vedo questa fotografia di uova, e mi vien voglia di mettermi anch’io a spadellare, e ciò che alla fine produco è una
    fotografia di due uova al tegamino, questa volta sì, l’immagine potrebbe
    essere la stessa. La fotografia certamente no.” Ciao e grazie

    • @eloj – ciao!
      guarda che però il virgolettato è errato…
      il perché per me conta zero. e spesso è solo un alibi. che non aggiunge né toglie nulla al come. che per me resta al centro. solo attraverso il linguaggio che ti appartiene, modulato col mezzo che usi, in questo caso iconografico, racconti davvero la tua storia. la sociologia è altra disciplina per un altro campo.
      il passaggio conclusiva è un po’ sintesi del binomio fotografia-immagine. se rifaccio le foto alle uova, queste potrebbero avere lo stesso destino delle originali che ho visto e che mi hanno ispirato, mettiamola così… finire in un redazionale o sul muro di un museo. la questione dell’immagine insomma, che è sostanzialmente la tracciabilità, un percorso complesso e articolato. mentre la fotografia è quella e basta. e potrebbe vivere, o morire, in sé. indipendentemente da tutto. in questo, una non è mai coincidente con un’altra. mai. o no?

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