La foto in-giusta

GRAZIA magazine, n.35-29/8/2013

Il settimanale GRAZIA, questa settimana, è uscito con un interessante articolo di Angelo Sica sulla fotografia e i social network.
Seguito da una breve chiacchierata a riguardo con Settimio Benedusi, Alessandro D’Urso e il sottoscritto.
Settimio ha già postato sul suo blog il suo punto di vista, diretto e chiarissimo http://www.benedusi.it/blog/fotografia-e-social-network-istruzioni-per-luso/
Io sono via e usufruisco di mezzi a fortuna alterna: il magazine l’ho recuperato oggi e per puro caso, e la rete c’è adesso ma tra un attimo boh.
Ci vorrebbe più efficienza… al momento non dispongo.
Adesso quindi. E due robe due…
Una fotografia coincide con se stessa ovunque compaia.
Sia su Instagram e Facebook che sui muri di un museo.
Chi dice di amare e/o fare fotografia ne tragga le proprie conclusioni.
Ed è vero, è linguaggio. Solo necessariamente imperfetto per poter davvero essere espressione.
Quindi ammicca zero, si espone e basta.
La foto giusta è una convenzione che sta a indicare la corrispondenza di un’immagine col tempo mediatico. Molto legato al consenso del momento.
Che diamine! Non è importante cosa, quanto come.
È il come che ci riguarda. Il cosa è un pretesto.
La foto giusta coincide col pretesto.
La foto giusta muore prima.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

iPhone photography.

11 thoughts on “La foto in-giusta

  1. “Una fotografia coincide con se stessa ovunque compaia.
    Sia su Instagram e Facebook che sui muri di un museo.”
    vero, la differenza, come sempre, la fa chi guarda.
    “La foto giusta è una convenzione che sta a indicare la corrispondenza di un’immagine col tempo mediatico. Molto legato al consenso del momento.”
    vero, e anche qui il consenso varia non solo nel tempo, ma anche a seconda degli occhi dell’osservatore.
    tutto ciò toglie importanza al ‘cosa’ e lo concentra sul ‘come’, quindi la frase clou del tuo discorso è secondo me è “È il come che ci riguarda. Il cosa è un pretesto.”

      • credo che la fotografia sia giunta al capolinea, almeno come è stata intesa fino ad oggi, e può essere instagram il sassolino che ha avviato le frana.
        Una volta c’era il racconto orale, affidato alle parole del singolo testimone oculare dell’evento, poi venne la scrittura, che decontestualizzò il messaggio rispetto al luogo dell’accadere dandogli vita autonoma, poi venne la fotografia, che lo affidò all’obiettività della visione.
        Sappiamo tutti che l’obiettività non esiste, tuttavia la sua presunta esistenza ha dato luogo ad un periodo eroico ed irripetibile della fotografia, retto su una falsa verità o una credibile bugia.
        Oggi dici “mi piace mescolare le carte”, forse vuoi convincerti della continuità del discorso, il mezzo cambia, ma tu sei sempre tu, armato di una macchina supertecnologica o di un banale iPhone, la sfida ti piace, ti sei misurato con uno strumento così diffuso, alla portata di tutti, e hai vinto.
        Ma nell’enorme quantità di immagini che instagram vomita in continuazione, non fosse altro che per calcolo probabilistico ci sono altri ‘vincitori’, può essere che un signor nessuno imbrocchi per puro caso una foto strepitosa sparando nel mucchio, può succedere quando si privilegia la quantità fregandosene della qualità.
        Ecco, forse il ‘cosa’ è un piatto di spaghetti alla carbonara o un paio di piedi sconosciuti, il ‘come’ è un nuovo concetto di fotografia senza progetto e senza storia, fotografare e basta, l’hai detto anche tu, il messaggio come una freccia lanciata a caso ad un gruppo di ‘amici’ sconosciuti destinato a perdersi in uno spazio riflettente…… comunicare senza preoccuparsi di farlo, né se né come, forse questo vuol dire fotografare e basta, e questo fa instagram.
        Per quanto tragico possa essere, il ‘come’ è già stato inventato.

        • il come può essere significativo anche per una sola volta, in un’unica singola fotografia e anche del tutto casuale o comunque isolato: resterà quella singola immagine. e di te, che tanto ti sbatti per affermare la tua presenza con quantitativi imbarazzanti di frammenti della tua quotidianità, non resterà neanche il nome a corredo. macroscopicamente funziona così. e instagram, hai ragione, più di altri è l’essenza di questa raccolta dispersa.
          fotografare e basta ha per me almeno il senso del come, anche senza progetto e senza storia… ma almeno la consapevolezza di ciò che fai. giusto per tentare di esserci davvero. ognuno può percorrere la stessa strada in modi diversi. per me instagram è un luogo, una galleria dove ordinare seriamente un paio di percorsi che mi riguardano. serve a me. macroscopicamente conta zero. ma relativamente…
          forse è vero, hai ragione… siamo al capolinea. e allora lo faccio per me.
          che è la ragione prima per cui fotografo. privo di alcun messaggio.

          • io credo che ognuno di quelli che postano una foto su instagram presuma di farlo consapevolmente, il potere di un luogo di aggregazione è anche quello di dare significato ai messaggi raccolti, la foto di un piatto di spaghetti non avrebbe senso per nessuno se non quello di informare gli ‘amici’ (qualche miliardo) su ciò che si sta mangiando. Questo nella logica della community, entro la quale sei probabilmente l’unico che posta immagini prive di messaggi.
            Sapendo che non può mai essere vero.
            Ed è questo il messaggio.

            • concordo su tutta la linea.
              quanto al “messaggio” mi riferisco all’usanza prettamente fotografica che ritiene valide solo le immagine con un qualche contenuto da demandare.sinceramente, fuori da ciò che mostro, non ho nulla da aggiungere. ma non sono l’unico… ne conosco altri :)

  2. Ahahah! Un “profilo” per l’estate e uno per l’inverno… e le mezze stagioni? Non ci sono piú vabbé…
    No invece molto interessante la questione “Una fotografia coincide con se stessa ovunque compaia”. Come dire che un luogo vale l’altro?

    • appunto, non ci sono più. quindi no profile…
      in realtà quella bn ha un nome “faccia d’agosto”. e tendenzialmente la uso solo in agosto. però…

      non proprio un luogo vale l’altro, quanto la fotografia, quella singola fotografia, non cambia intrinsecamente.

  3. Manco da un po’ da questo blog mio malgrado e mi dispiace perché leggerlo e vedere le immagini mi dà sempre grande soddisfazione! Grazia l’ho comperata forse per questo anche perché scusami, non si legge bene il tuo pubblicato. A me sembra molto interessante quando dici che una fotografia coincide sempre con se stessa e anche che il come è l’elemento che ci riguarda. Di social network non me ne intendo molto ma credo che Settimio Benedusi abbia ragione quando dice che il 90% Delle foto dovrebbero sparire. Però poi cosa rimane?

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