E buon anno

Se c’è una cosa che mi ha insegnato l’anno lasciato alle spalle è la leggerezza.
La facoltà di lasciare andare le cose.

E certa gente per la propria strada, che ho riconosciuto non essere la mia.
Quindi forse fare una chiarezza ulteriore sulla mia.

Non riconoscere più persone e colleghi.
Non le colleghe, loro sono le stesse che conoscevo.
Un po’ smarrite. Come me di fronte a certe manifestazioni pubbliche di goliardica arroganza. Tra una sirena e l’altra, tra un’ambulanza e l’altra a distanza di un minuto.
Ma cos’ha fatto il Covid?
Andrà tutto bene. Davvero?

Saremo migliori. Davvero?
Ce lo ricordiamo ‘sto mantra vero?
E questa smania di tornare alla normalità…
Non m’interessa quella normalità ante virus, che è proprio l’origine del problema.
Lei è il virus.

Che sì sì il Covid, ma oltre il suo devastante bagaglio, è stato detonatore di un malessere profondo. Strutturale.

Si deve ricominciare. Da dove? Con quale visione? Che mondo vogliamo?
E io cosa faccio?

Intanto magari sì dai, venderò cellulari. Qualcosa si deve pur rimediare.
Come suggerito dai simpatici guaglioni che mi hanno rubato faccia e nome su Facebook e spalmano ovunque ‘sta roba dell’iPhone 11 eccetera.
Poi, rubato… Per fottermi l’identità ci vuole un po’ più di impegno.
Che l’identità è un fatto di coerenza riconoscibile.
Anche nelle avversità.
Diciamo una presa in prestito di un paio di elementi identificativi, nome e faccia appunto. Che da soli non bastano.
All’inizio mi incazzavo – dura da novembre. Perché non è simpatico.
Poi mi è passata vista l’insistenza nel propormi come venditore di cellulari: evidentemente mi riconoscono delle risorse e uno status che non sapevo di possedere.
Un po’ come Troisi napoletano/emigrante in Ricomincio da tre e alla fine sì va bene, se proprio mi si vuole venditore di cellulari potrei convincermene.
Se non altro per non star lì a perdere tempo in spiegazioni.

Mi sto adoperando per rintracciarli.

Perché vorrei congratularmi con loro.
Fargli sentire tutta la mia vicinanza. A mio modo.
Poi mi ringrazieranno.

E dulcis in fundo certo, l’auspicio è di un buon anno.
Non per tutti. Il mio augurio è per le persone che riconosco.
Per gli stronzi no.

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Before

Before – After…
Tutta la vita BEFORE!
Un’azienda che produce e/o distribuisce software – non me ne sono preoccupato – pubblica sulla sua pagina FB questo:

Before - After, Efrem Raimondi BlogUn software che pialla, sembrerebbe a tradurre la comunicazione. Uno dei tanti.
Solo che pone in tutto rilievo i due stati: before – after.
E c’è la possibilità di commentare.
Come si può vedere, non so astenermi, proprio non ci riesco, e commento…
11 novembre 2016, ore 07:54.

Stesso giorno ore 11:18… commento censurato e tanti saluti da lì all’eternità…

Before - After, Efrem Raimondi BlogMe ne son fatto una ragione. Istantaneamente.
Più un sorriso.
Ognuno naturalmente produca e distribuisca ciò che gli pare, visto che è assolutamente legale e in più in questo caso si tratta di qualcosa che contribuisce direttamente all’esito della nostra immagine.
E quindi presumo abbia un’utilità.
Solo che…
Solo che, se l’esito è ciò che vedo non contribuisce alla mia.
Solo che, l’uso comunicato entra fortemente nel merito di una questione non riducibile a un fatto meramente tecnico, ma va direttamente al linguaggio.
E al gusto.
E questo la rende discutibile.

Non le potenzialità del prodotto, di questo come di qualsiasi altro, Photoshop in testa, sono il soggetto.
Ma l’uso. E la mira che abbiamo.
Ci interessa davvero togliere qualsiasi traccia della texture epidermica e ridurre il tutto a una maschera?

La pelle è un soggetto non eludibile.
Partecipa direttamente alla cifra espressiva dell’immagine.

Esattamente come qualsiasi altra cosa compaia.

La postproduzione c’è sempre stata. Anche con l’analogico.
Quello che è davvero cambiato è il tempo che dedichiamo alla produzione.
Che sembra essere diventato un tempo utile solo all’acquisizione di una matrice qualsiasi. Praticamente un supporto.
Che tanto, dopo…
Dopo un cazzo!
La fotografia non è un luogo delegabile al dopo.
Vive del presente. Un tempo, uno spazio, determinato da una dialettica che è già espressione.
Qualsiasi post è solo subordinata a precisare l’intento.

Ma qual è l’intento?

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Ritratto e parole

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Ritratto. Chissà cos’è…
E siccome non ne ho la più pallida idea, lo faccio senza pensarci troppo.
Questo durante, mentre ritraggo.

Cioè fotografo.
C’è invece un ambito preciso per la riflessione.
Un ambito temporale: prima e dopo.

Questo vale anche per tutta la fotografia che affrontiamo.

Leggo qua e là una moltitudine di parole intorno al ritratto.
Che dovrebbero qualificare l’intento, la spinta espressiva.
E rendere giustizia all’immagine restituita che altrimenti, pare, vagherebbe per l’etere senza identità alcuna.
Anche in ambito didattico.
Soprattutto in ambito didattico… originale – psicologico – emozionante – oltre le regole (quali?) – empatia – feeling – forte – disincantato – approcciante – contemporaneo – riflessivo – terapeutico – creativo e mi fermo qui.

C’è anche complesso. Ma ho l’impressione che in realtà si debba leggere come difficile.
Qualcuno lo so, aggiungerebbe volentieri gagliardo…

 Questo vale anche per tutta la fotografia che affrontiamo.

Manca una sola parola, un aggettivo fondamentale: semplice.
E questa è la sua vera complessità.

Visto che vale anche per tutta la fotografia che affrontiamo, o con la quale ci relazioniamo, mi viene da chiedere: ma in cosa si distingue allora il ritratto?
In niente.
E allora per essere davvero espressione dell’autore, esattamente come per qualsiasi altro ambito, come lo si affronta?

Esattamente come altrove: facendo fotografia tout court, saltando i condizionamenti di genere.
Non c’è alcuna differenza.
Esistono, vero, alcune specifiche.

Puramente tecniche. Nulla di personale quindi.
Ma come ovunque si usi il linguaggio, sono manipolabili.
E questo sì è personale.
Se le conosciamo, non ci costringono.
Se non le conosciamo siamo fottuti. E nell’etere ci finiamo noi.

Quando ho visto la mostra di Robert Frank alla galleria Forma Meravigli, ho pensato che sarebbe stato ideale occupare lo spazio e fare una vera lezione sull’esposizione.
Perché quella fotografia, a leggerla davvero, dichiarava inequivocabilmente l’idea che della luce, della sua traduzione, Frank aveva.
E ne disponeva a piacimento.
Senza mediazione. Senza equivoco. Senza tentennamenti.
Diversamente, ci avrebbe restituito altro.
Diversamente, restituiremmo altro.
E questa sì è una lezione. Questa sì è una regola.
E ci si mette due ore a trovare il bandolo della matassa: due ore appena per cominciare a orientarsi.
Poi te la giochi.

Altro che la Regola dei Terzi!
Prima di aprire il mio account Facebook nel 2010, non sapevo neanche cos’era la Regola dei Terzi. Giuro.
Non ero preoccupato. Solo incuriosito da certa veemenza social intorno a un margine che non delimita nulla di sostanziale.
Questo non è l’elogio dell’ignoranza… solo delle priorità.
E della sostanza che delinea concretamente un percorso, una visione.

Due cose per chiudere: la regola dei terzi la ignoro tutt’ora e il ritratto è affrontabile senza alcuna isteria. O pregiudizio.
Ma anche nei workshop e in qualunque altra sede, sul ritratto, ma cosa raccontiamo?

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Self-Portrait. Mostra + Lectio

Efrem Raimondi - exhibition

Self-Portrait, mostra…
Self-Portrait, rigorosamente singolare.
Perché risponde esattamente all’idea che ho di ritratto e al rapporto che si crea tra la figura – umano, gatto, fiore e tutto quanto davanti alla fotocamera – e l’autore.
E cioè la consapevolezza che la dialettica fotografica restituisce, sempre, l’immagine riflessa dell’autore.
Che è il vero soggetto della fotografia.
In questo caso il sottoscritto. Ma cambia poco… uso lo stesso paramentro anche per il lavoro degli altri.
Perché non è necessario sposare questa tesi, né erigere o spianare muri ideologici, o religiosi vista certa veemenza non appena accenno: l’autore, quando c’è, si vede e determina il peso specifico dell’immagine restituita.
E autore, non ha alcuna necessità maiuscola.
Me ne frego delle maiuscole.
M’interessa ciò che vedo.
Questo è per me il soggetto col quale qualunque fruitore si misura.
Indipendentemente dalla destinazione d’uso della singola fotografia: qualsiasi luogo è lo stesso.
Non è lo stesso… ma è lo stesso: proviamo ad astrarci dal contesto e occupiamoci di ciò che vediamo.

Discutibile. Vero. Amen: it’s only my opinion…

Venti ritratti per questa mostra anomala.
Una selezione durissima e mirata.
Nata dalla curiosità, e dall’intelligenza mi vien da dire, dello studio legale R&P Legal.
Inizialmente non capivo bene questo interesse: un fotografo e uno studio legale… una mostra…
Insomma un po’ fuori da certi canoni.
Poi ho aderito totalmente: oltre ai luoghi, esistono le persone e la loro capacità di relazione col circostante.
Per questo parlo di intelligenza.
Ho sempre creduto nella trasversalità e i cliché mi hanno sempre infastidito. Non ne ho mai fatto mistero.
Questa era un’ottima occasione per sottolinearlo ulteriormente.
Ma se esistono le condizioni, ma esponi dove vuoi!

INVITO

Poi il 16 giugno La fotografia non esiste, che è un po’ la replica della lectio magistralis tenuta l’anno scorso in Triennale a Milano.
Sempre a cura di R&P Legal e col patrocinio del Comune di Busto Arsizio.
Museo del Tessile – via Volta, 6 – h. 18,30.

Per informazioni: busto@replegal.it

Ora, nel mio caso di magistrale non c’è nulla.
Mi limito a dire la mia. Con la fotografia che mi riguarda.
Spero davvero che ci si veda e volendo ci si confronti.

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Energy for Creativity

ITALO ROTA by Efrem Raimondi

Energy for Creativity…
Cioè la Mostra-Evento che INTERNI magazine organizza quest’anno… Milan Design Week. A breve.
Intanto io sto seguendo una serie di incontri.
Conferenze direi…
C’è chi le snobba. Sì, le snobba: mi chiedo il perché…
Eppure sono un ambito stimolante per fare fotografia, proprio perché succedono sempre le stesse cose.
C’è un moderatore che in genere anche introduce… ci sono dei relatori, degli ospiti, fotografi, un pubblico, video, slideshow, domande e risposte, applausi, drink e selfie.
Poi tutti a casa.
La confezione è questa.
Indipendentemente dall’argomento e dal grado di interesse.
Indipendentemente dall’acqua minerale.

In vistadel Salone Internazionale del Mobile, che parte il 14 di questo mese, mi è stato chiesto appunto dalla rivista INTERNI di seguire l’intero ciclo. Che si sta svolgendo all’Expo Gate, Milano.
Proprio tra lo statuario Garibaldi e il Castello Sforzesco.
Il mandato è semplice: visto che sono sempre uguali e fatte due fotografie fatte tutte, vediamo di raccontarle diversamente.
Ecco… diversamente. Cioè?
Ma diversamente da cosa… diversamente?
Ho guardato la lista delle conferenze mirando ai relatori, tutti architetti che hanno realizzato alcuni padiglioni Self Built e Corporate di Expo Milano 2015.
Alcuni famosi famosissimi anche extra ambiente, altri ben ambientati.

Così ho pensato di fare un servizio di pubblica utilità. Spero.
E faccio le facce. Di tutti. Identico approccio a creare un percorso.
E i relatori sono sistemati…
Poi c’è il resto da raccontare… perché non fare un backstage?
Proprio col senso del rapporto tra formale e informale.
Non rompendo il ritmo che la confezione prevede, questo non ci riguarda, noi siamo tutti dei fruitori in qualche modo.
Però manipolarlo è possibile.
La confezione è quella, proviamo a entrarci davvero cercando la traccia che riguarda più l’emotività e meno il fatto.
Questo mi son detto.

Il tutto, nell’immediato, è concentrato sulla pagina Instagram Internimagazine. Poi si dipana anche sul resto del social della rivista. Facebook in primis nell’album Fuorisalone 2015, quindi Twitter.
Ci sarà poi un editing per il cartaceo. Questo a giugno.
Leggero: no assistente, un 28 mm s’una Nikon impugnata con la mano destra e un piccolo flash che muovo con la sinistra. Talvolta cambio. Questo per il ritratto.
Impugnato come capita un iPhone 4s per tutto il resto.
Il lavoro non è ancora finito. Anzi è appena iniziato.

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MICHELE DE LUCCHI by Efrem Raimondi

Michele De Lucchi

DAVIDE RAMPELLO by Efrem Raimondi

Davide Rampello

MARCO BRANDOLISIO by Efrem Raimondi

Marco Brandolisio

Sergei Tchoban by Efrem Raimondi

Sergei Tchoban

ITALO ROTA by Efrem Raimondi

Italo Rota

Italo Rota by Efrem Raimondi

Energy for Creativity by Efrem Raimondi

Energy for Creativity by Efrem Raimondi

Energy for Creativity by Efrem Raimondi

Energy for Creativity by Efrem Raimondi

Energy for Creativity by Efrem Raimondi

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Questo Paese

Questo Paese, Efrem Raimondi BlogA me fanno sorridere quelli che Facebook non ci penso neanche…
Perché la questione social è un capitolo particolare, con eccezioni e distinguo.
Per dire: Questo Paese, cioè questo libro  nasce da un gruppo infilato in Facebook…
WE DO THE REST
Ed è un esempio di come la parola Progetto qui abbia una valenza reale e precisa.
Infatti adesso è un libro.
Che si deve alla volontà e all’intelligenza di Fulvio Bortolozzo, e che è appunto il curatore.

Venticinque autori per settantacinque fotografie.
E come recita il sottotitolo, Osservazioni fotografiche nell’Italia contemporanea. Alcune di queste non sono tanto nelle mie corde, ma questo c’entra poco. Quello che conta è che partendo da Ghirri c’è chi cerca un altro binario espressivo. Perché mica è lo stesso paese, quello di Viaggio in Italia
Nel 1984 e in quel fondamentale libro, c’era una certa caparbietà… una volontà oltre la ragione. A tutti gli effetti ha dato la cifra a uno sguardo ottimista. E la visione del paesaggio è stata un’altra.
Oggi non è più così. E bisogna trovare una cifra espressiva che sappia superare un ottimismo inesistente. Senza cadere nella facile, e anche un po’ didascalica, iconografia delle macerie… che palle!
Non è facile.

Questo Paese, Efrem Raimondi BlogBenedetta Falugi – Mattia Sangiorgi – Tiziana Sansica – Luca Moretti – Antonio Armentano

Questo Paese, Efrem Raimondi BlogNino Cannizzaro – Gaetano Pareggio – Luca Capello – Luca Migliorini – Andrea Lombardo

Questo Paese, Efrem Raimondi BlogMattia Parodi – Bruno Picca – Roberto Bianchi – Domenico Cipollina – Sandro Bini

Questo Paese, Efrem Raimondi Blog

Paolo Fusco – Salvatore Lembo – Mauro Thon Giudici – Carlo Corradi – Ilenio Celoria

Questo Paese, Efrem Raimondi Blog

Rodolfo Suppo – Franco Sortini – Claudia Corrent – Giancarlo Rado – Giacomo Streliotto

In Questo Paese ci sono anche i testi di: Marco Benna, Gianni Mazzesi, Anna Mola, Enrico Prada, Nello Rossi, Umberto Sartorello. Più la prefazione di Fulvio Bortolozzo.
E anche uno mio. Una breve riflessione che qui ripropongo integralmente.


Il mondo è un altro. Stupisce che ci sia un buon numero di persone che non se ne siano accorte.
E il motivo è riconducibile a un solo fatto: non sono materialmente toccate dallo sconquasso.
L’ambito fotografia è di fatto uno dei più ribaltati.
Come sempre, la medaglia ha due facce.
Nella circostanza mi interessa solo quella che ha concretamente permesso questo progetto. Che è la faccia positiva quindi.
Quella che solo la centralità della rete, del Web insomma, rende possibile.
Quella che trova nella condivisione il plus dialettico.
Usando bene il setaccio l’arricchimento è indubbio.
E infatti siamo qui.
Quando è uscito Viaggio in Italia (1984), a cura di Luigi Ghirri, quello che realmente è accaduto è che è stato tracciato un solco visuale non solo sul paesaggio italiano in quel momento, ma sul modo di rappresentare  e restituire il paesaggio tout court.
In ampia scala con gli accenti sul marginale e il silenzio.
Il distacco partecipato, potremmo dire. Tutt’altro che impassibile.
Che è diventato un binario.
Nel frattempo, anche l’Italia è un’altra. E le contraddizioni aumentate: noi siamo un paese insanabile.
E mentre il tempo ghirriano è ancora ottimista, in un certo senso progressista e partecipato, qui si prende atto che non è andata così.
E l’osservazione più distaccata.
Questo Paese, cioè questa produzione, questa fotografia, si trova in un punto intermedio.
Non è facile…
E il binario ghirriano non ancora metabolizzato completamente.
Solo che in questo caso vedo alcuni prodromi per una visione che è altro. Magari ancora parallela a quel binario, ma appunto non coincidente.
Insomma mi sembra che le basi per immaginare lo scarto, qui ci siano.
Ed è uno scarto salutare. Dobbiamo convincercene.
E insistere.

Milano, novembre 2014.

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Preview libro

Questo Paese, Efrem Raimondi Blog

Questo Paese, blog dedicato

Questo Paese, Efrem Raimondi Blog

Camera doppia, il blog di Fulvio Bortolozzo

Camera Doppia Blog

Ho scelto un’immagine per autore tra quelle disponibili nella preview del libro.
Sempre nella preview sono leggibili tutti i testi.

Il tutto generato da una pagina Facebook.
Ma perché soltanto tre fanciulle?

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Fuorisalone – FEEDING NEW IDEAS FOR THE CITY

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Fuorisalone adesso tra una settimana. Ma io non capisco…
Ma tra i fotografi che conosco e che hanno abitudine al Web, cioè lo usano dialetticamente, è possibile che siamo in quattro gatti a occuparci di design?
Magari io un po’ saltuariamente rispetto all’abitudine degli altri tre, ma comunque tutti con l’intento di mettere al centro il linguaggio, quello fotografico, che ritengo coincidere, per essere tale, con una visione più ampia che riguarda l’idea di mondo. Per quello che è e per quello che si auspica. Anche utopico magari.
Non è solo una dichiarazione estetica, nella fotografia che mi corrisponde e che amo vedere, c’è una forte determinazione ideologica.
Che è roba ben oltre la quisquilia politica.
E che è insofferente a ogni forma di omologazione.
Insomma amo le prese di posizione. E la contraddizione.
A volte, questa fotografia ha modo di manifestarsi con precisione, senza doversi occupare necessariamente di buoni sentimenti e sfiga assortita.
E anche quando se ne occupa, non è allusiva di niente: è nuda.
Amo il design anche per questo, perché spesso è nudo… molto ben esposto. E se si deve in qualche modo difendere, coprire dagli spifferi delle tendenze, indossa un cappotto nero, lungo, chessò… un Ferré d’altri tempi, non un accappatoio da sfilata buono per il motel.
Non esiste una fotografia di design, non una di moda, non una di ritratto e nemmeno una di paesaggio: esiste una fotografia e basta.
Che è quella alla quale guardare.
Ma è possibile che dopo i grandi, tipo Aldo Ballo, Gabriele Basilico, Luigi Ghirri, la Cuchi White, solo per citarne alcuni che purtroppo non frequentano più – chiedo venia per quelli che manco ma vado di fretta – e che da soli erano in grado di generare attenzione, di far convergere giovani fotografi, ricerca critica, magazine e industria ogni volta che col design si cimentavano, possibile che si sia creato un vuoto? Possibile che ai giovani fotografi o aspiranti tali il design dica zero?
Io mi giro, ma non vedo un granché. A parte qualche eccezione mi tocca sempre guardare avanti.
È proprio così, e sono alla vigilia di questo Salone Internazionale del Mobile. Che anche quest’anno affronto con l’iPhone.
Diversamente dall’anno scorso non sarà mosso. Se non forse in qualche circostanza dettata dal caso.
Anche perché sarò stanziale, tra mura confortanti, quelle dell’Università degli Studi… la Statale di Milano.
A seguire conferenze, eventi, happening e altro che il programma offre. Sarà un reportage insomma. Forse più un backstage.
Forse non so.
Per capire bisogna cimentarsi, non sempre tutto è scritto.
E questo non è un copione.
Per INTERNI magazine, per Mondadori, con la convergenza di Expo 2015.
Tutto rigorosamente Web: Facebook, Twitter (pillole) Sito.
Come l’anno scorso, un social tris in tour de force…
Con sintesi cartacea poi, nel numero di giugno.
FEEDING NEW IDEAS FOR THE CITY, questo il tema.
Nutrire… alimentare se vogliamo.
Intanto ho iniziato con una preview, con cartoline dei lavori in corso.
Con un aperitivo. Leggero.

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L’anno scorso
http://blog.efremraimondi.it/milan-design-week-giu-la-cler/

Calendario eventi:
http://www.interni-events.com/

Fotocamera: iPhone 4S

Aggiornamento 5 aprile, sempre e solo PREVIEW:

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Fotocamera: iPhone 4S

La prima di novembre

Non abbandonare i fiori di plastica. Novembre 2013.
La prima di una serie… ne parliamo più avanti.
Intanto l’epitaffio:
Le fotografie sono per come si mostrano. Non per come ognuno di noi le immagina. E non c’è alternativa. Prendere o lasciare.

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Fotocamera: iPhone 4s

La foto in-giusta

GRAZIA magazine, n.35-29/8/2013

Il settimanale GRAZIA, questa settimana, è uscito con un interessante articolo di Angelo Sica sulla fotografia e i social network.
Seguito da una breve chiacchierata a riguardo con Settimio Benedusi, Alessandro D’Urso e il sottoscritto.
Settimio ha già postato sul suo blog il suo punto di vista, diretto e chiarissimo http://www.benedusi.it/blog/fotografia-e-social-network-istruzioni-per-luso/
Io sono via e usufruisco di mezzi a fortuna alterna: il magazine l’ho recuperato oggi e per puro caso, e la rete c’è adesso ma tra un attimo boh.
Ci vorrebbe più efficienza… al momento non dispongo.
Adesso quindi. E due robe due…
Una fotografia coincide con se stessa ovunque compaia.
Sia su Instagram e Facebook che sui muri di un museo.
Chi dice di amare e/o fare fotografia ne tragga le proprie conclusioni.
Ed è vero, è linguaggio. Solo necessariamente imperfetto per poter davvero essere espressione.
Quindi ammicca zero, si espone e basta.
La foto giusta è una convenzione che sta a indicare la corrispondenza di un’immagine col tempo mediatico. Molto legato al consenso del momento.
Che diamine! Non è importante cosa, quanto come.
È il come che ci riguarda. Il cosa è un pretesto.
La foto giusta coincide col pretesto.
La foto giusta muore prima.

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iPhone photography.

Sbando d’estate

Con le mani sbucci,
le cipolle
Con i piedi invece,
ci flagelli…
Uno sciame così,
all’improvviso…
Qualche avvisaglia c’era già stata ma erano solo sprazzi, manifestazioni individuali di ricerca delle proprie radici.
E infatti si trattava perlopiù di riprese in pianta: tu su, i piedi giù, saldamente a terra.
In fondo un pretesto per comunicare che con quelle appendici si muoveva anche il resto di te: loro pirlano qui e là e tu, che ci sei sopra, pirli con loro.
Lo sciame è oltre: piedi finalmente staccati da terra a segnalare un netto dissenso dalla formula meccanicistica che li costringe comunque attivi. Che anche se statici sentono l’incombenza di sorreggerti.
La mole iconografica – più mole che icona… che manco gli Alinari – fa però pensare più a un trattato collettivo sulla negazione della legge di gravità.
Infatti al cospetto de La grandeur de la vision horizontale – a differenza della precedente, spesso preda dell’incertezza verticale – non possiamo che ratificare la nuova leggerezza acquisita dai piedi, finalmente liberi di roteare a piacimento per il file preposto.
E per tutto il web.
Anche uno solo a volte, che l’altro si è nascosto perché timido.
Emotivamente apprezzabile, commovente direi, lo slancio affettuoso e riconoscente nei confronti del nostro primario mezzo di locomozione.
La mia amica A.G. ha scritto sulla sua pagina Facebook: Posterei anch’io una foto dei piedi in vacanza, ma poi si vede che mi mangio le unghie.

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