Gabriele Basilico, Quaderni vol. 2

Secondo volume de I quaderni dello Studio Gabriele Basilico: Glasgow. Processo di trasformazione della città. 1969.
Ed è un Basilico che non ti aspetti. Che io non conosco.
Ma che riconosco.
Paradossalmente non tanto nelle immagini che anticipano ciò che sarà il suo percorso, quanto in queste meravigliose fotografie di bambine randage (e bambini) per una Glasgow che non esiste.
Una città che ancora si lecca le ferite dei bombardamenti sembrerebbe… e che attraverso queste bambine si cerca.
In certe prospettive sospese e nel rapporto immediatamente diretto riconosco Basilico…
Poi c’è il gesto. Leggero e potente. Semplice e perciò complesso, che descrive una sorpresa accondiscendente. Una necessità di relazione immediata.
Non è facile fotografare i bambini. Perché ci sia una restituzione che ti distingua devi avere uno sguardo molto più ampio.
E queste immagini sono splendide.
È stata la sua prima mostra, alla Galleria Il Diaframma di Lanfranco Colombo, via Brera 10, Milano. Un luogo che conosco bene… un punto di riferimento che non c’è più.
Non so se ci saranno altri Quaderni, so che ci sarà un volume edito da Contrasto Editore,
come confermato da Giovanna Calvenzi in un suo commento al precedente articolo:  http://blog.efremraimondi.it/?p=4283
Di questo Quaderno se ne parla anche qui:
http://smargiassi-michele.blogautore.repubblica.it/2013/07/30/gabriele-prima-di-basilico/

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Glasgow. Processo di trasformazione della città. 1969, 32 pagine, formato 14,5 x 19,8 cm.
Prefazione Pippo Ciorra.
Postfazione Giovanna Calvenzi.
Realizzazione editoriale Bel Vedere fotografia.
Finito di stampare il 31 luglio 2013 presso Arti Grafiche Meroni.

10 thoughts on “Gabriele Basilico, Quaderni vol. 2

  1. dice bene Smargiassi: “Del Basilico rigoroso, ortogonale, da cavalletto “a piombo” che conosciamo, sembra esserci ancora poco”. Credo che questo reportage da Glasgow sia una specie di percorso borderline, Basilico non è architetto per caso, il dopo si delineerà a breve, nelle sequenze perfette dei piani architettonici che raggiungono l’acme, secondo me, nelle foto del 2004 a “La Ferriera” di Vacchini: l’intransigenza non può andare oltre, l’organizzazione spaziale vive di vita propria, non ha bisogno di nulla che non sia l’architettura.
    Bernard Tschumi dice: “Il corpo è sempre stato sospetto in architettura: perché ha posto i propri limiti alle ambizioni architettoniche più estreme. Disturba la purezza dell’ordine architettonico ……”, il corpo come elemento condizionante ed inquinante rispetto alla pura virtualità del progetto, dello spazio architettonico inteso come costruzione mentale (e lo spazio dell’uomo inteso come pura esperienza fisica perciò ingovernabile).
    Io, forse per deformazione professionale, la vedo così.

    • quello che sarebbe venuto dopo è conosciutissimo. non so però se coincide con le certezze dell’architetto. anzi mi sembra di poter azzardare che malgrado l’ortoganilità, la fotografia si spinga oltre. che l’architettura in fondo sia un pretesto per raccontare altro. e che queste immagini anche se patrimonio di un periodo breve, fanno parte a pieno titolo di una visione più ampia. nella quale il corpo non è solo corpo. ed è un basilico che mi piace molto.

      • forse diciamo la stessa cosa.
        In un’intervista in occasione della sua mostra su Istanbul (Milano, alle Stelline nel 2010, credo) Basilico definisce la città come “un’entità organica in movimento. Una dilatazione del nostro corpo……. Milano è una città che non è più amata. Essere amata vuol dire prendersene cura, invece è come se il nostro corpo non ci appartenesse più, fosse un’intrusione”.
        le città, l’architettura, sono prolungamenti del nostro corpo, talmente connessi che finiscono per identificarsi le une nell’altro.
        “vedo la città – scrive ancora – come un grande corpo che respira, un corpo in crescita, in trasformazione e mi interessa coglierne i segni, osservarne la forma, come un medico che indaga le trasformazioni del corpo umano ………”
        corpo-uomo, corpo-città, una questione di scala………
        forse il corpo non ha mai smesso di esserci.

          • poco importa ciò che penso di queste immagini, proprio queste, perché credo che abbiano importanza e significato non tanto in sé stesse quanto alla luce del dopo, quando la poetica di Basilico si orienterà e si definirà nella direzione che oggi conosciamo, in una progressiva ricerca di geometria, di ampiezza, di una dimensione in cui, depurata dalla presenza umana, l’immagine esce dalla cronaca ed entra nella storia.
            Il percorso, per qualunque artista, conta più delle singole tappe, in questo caso credo che giochi un ruolo determinante il fatto di trovarci davanti un Basilico diverso, che ci stupisce, che non ci aspettavamo, che non conoscevamo e che non ritroveremo più.
            L’interesse di quelle foto sta prima di tutto in questa scoperta, nella possibilità che ci forniscono di completare una conoscenza, di aggiungere tasselli, indizi e motivazioni, di scoprire radici.
            Wilde di che “il solo fascino del passato è che è passato”…….. forse non ‘solo’, ma ‘buona parte’!

  2. Il primo Quaderno era molto interrssante ma questo lo è di più, perché un Basilico certamente poco conosciuto se non inedito o sbaglio? Davvero sorprendenti queste fotografie di bimbe.

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