Lettura portfolio. Sì, ma il mio.

© Efrem Raimondi - All Rights ReservedLettura portfolio… già.
Di leggerne, cioè di essere il lettore in una situazione pubblica, mi è successo quattro volte. In trentatre anni che sono fotografo.
Uno, perché raramente mi è stato chiesto e poi e poi… perché ritengo che ci vogliano almeno quaranta minuti per entrare un po’ nel merito di una seria dialettica.
Con le immagini e con l’autore.

Non vale per tutti. C’è chi riesce meravigliosamente bene a entrare con precisione nei venti minuti canonici dei festival e delle rassegne.
Stesso tempo anche per le sagre.
Io non ci riesco. Proprio non sono in grado.
Per cui va da sé che nel caso, declini.

Invece il mio portfolio credo di averlo fatto leggere decine di volte.
Anche in mia assenza. Soprattutto in mia assenza.
Perché se il tuo lavoro non lo conosce nessuno ti serve uno strumento che lo renda visibile.
Il tempo medio di lettura, cioè di visione, era di una decina di minuti. Anche meno.
Ma era un tempo assolutamente proporzionato alla funzione che il mio portfolio aveva.
E al ruolo, reale, del lettore. In genere un art director o un direttore. Che decideva se cominciare una collaborazione, assegnarti un lavoro o salutarti cortesemente.
E non c’era niente da discutere.

Non entro nel merito della questione.
Preambolo necessario ma il punto è un altro: sono stato da entrambe le parti.
E allora m’è venuta spontanea una verifica…
Cosa succede se dopo aver presentato il tuo portfolio, averne parlato, avere ricevuto delle dritte, essere stato confortato oppure contraddette le tue aspettative, cosa succede se il tuo interlocutore ti piazza davanti il SUO portfolio e ti chiede di leggerlo?

Perché c’è ‘sta polemica sul basso profilo dei lettori, sulla loro inadeguatezza…
Sarà anche vero in certi casi, ma abbiamo mai provato a stare dall’altra parte? Abbiamo gli strumenti per farlo? Sappiamo leggere fotografie? Siamo in grado di intercettare il linguaggio, l’arbitrio espressivo… o anneghiamo nel trend mediatico?
Perché misurarsi oltre la nostra abitudine e le consutudini di ruolo, può essere molto utile.
Almeno per pulire il nostro sguardo facendo uno sforzo.

Non ho più un portfolio. Non perché non necessario, uso solo altri strumenti.
Comprato un albumino 15,5 x 21 cm, 20 pagine di pura plasticaccia, € 12,00…
Selezionati 39 miei ritratti: b/n, colore, polaroid, trasversali sulla figura umana, qualche nome famoso altri no.
Stampa minilab, chimico da 40 cent a stampa…
Impaginato. No didascalie.

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Dov’ero per altro, ma anche per una lettura portfolio.
E dopo aver letto, senza sconti e senza presunzione alcuna ma col solo intento di essere utile, mi son tolto i guanti di cotone e li ho porti alla fanciulla che mi stava davanti.
Col piccolo portfolio al seguito.
Anche in questo caso senza presunzione alcuna.
Ma senza sconti: Puoi per favore leggere questo portfolio?
Imbarazzo.

Ho passato più di quaranta minuti col tuo portfoilo, mi farebbe piacere che tu ne dedicassi una ventina al mio. Serve a te e serve a me.

E allora la questione cambia.
Credo sia un elemento di ulteriore precisazione di un percorso a due.
Utile.
A entrambi.
Perché ci si mette in gioco, senza paure… non c’è niente da difendere.
E certe dinamiche appaiono chiare.
Infatti, nel caso, riproporrò.

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Nota. Le riproduzioni qui pubblicate sono significative della condizione di visione in un ambiente non predisposto.
La plasticaccia contribuisce.
Tutto contribuisce…

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