Il colore è un concetto.
Non una verità Pantone.
Ed è un concetto variabile, a seconda dell’epoca in cui lo si percepisce e si usa.
Noi diamo per scontate troppe cose…
Un esempio per tutti: il colore blu c’era, ma i greci non lo sapevano.
Non riconoscendolo come colore, non aveva una denominazione.
E mare e cielo vengono descritti con un sacco di sfumature.
Mai col Blu.
Non lo vedevano?
È la domanda che si trova in I colori dei nostri ricordi, sempre di Michel Pastoureau, il maggior esperto al mondo di storia del colore.
Che non ha illustrazioni, che non riguarda nello specifico il Nero, ma che non si può evitare di leggere. Perché qui il colore in quanto tale è soggetto assoluto, ma relativo nel racconto della vita di ognuno di noi.
Senza neanche sforzarci tanto, pensiamo a un daltonico.
Il nero, come del resto il bianco, per quasi tre secoli sono stati vissuti come dei non colori: più o meno tra la fine del Medioevo e tutto il XVII secolo.
E un po’ oltre in realtà, se si pensa che solo all’inizio del XX secolo riprendono possesso del proprio certificato di appartenenza al comune spazio cromatico.
La loro vendetta è iniziata però nel XIX secolo ed è stata grande: un mondo proprio, dal quale tutti gli altri colori erano esclusi… la fotografia.
Il loro sodalizio diventa un brand potente: BN… B&W.
Replicano col cinema e poi con la TV.
In fotografia continuano a sottolineare la loro differenza: BN da una parte e il COLORE dall’altra.
Separati in casa. Con punte di odio profondo, religioso si direbbe.
Il digitale ha un po’ incrinato alcune certezze creando equivoci, e certo questo bianconero RGB non avrebbe mai la denominazione BN dall’ortodossia analogica.
A ragione… ancora troppo presente la memoria e la prova di un bianconero pieno, al di sopra di ogni sospetto e di ogni altra traccia cromatica.
Ma tranquilli, il digitale farà piazza pulita di questa memoria.
E così potremo, o potranno i posteri, occuparsi della ricerca del bianconero perduto… una sorta di nuova disciplina del tempo libero.
Per alcuni, i più fighi, una branca dell’Estetica con tanto di corso di laurea.
Rigorosamente quinquennale. Minimo.
Un bianconero digitale è invece possibile…
Basta appunto pensare al nero, e al bianco, come concetto.
Che idea hai del nero?
Pensaci quando lo esponi. E io lo sottoespongo. Perché il nero non è un grigio scuro nel quale sforzare la vista alla ricerca di una traccia del proprio passaggio.
Nel nero voglio affondare.
E quando non è soggetto, è comunque complice perfetto nel dare volume e profondità a tutta la scena. E a tutti gli altri colori.
Per questo mediamente ne aggiungo dal tre al 5% in postproduzione una volta ultimato il tutto. Appena prima di chiudere. Poi chiudo e basta.
In principio era il nero, un intero capitolo, il primo, in cui Pastoureau traccia le linee dell’intero Nero. Storia di un colore.
Che è il percorso storico di questo colore assoluto.
Dalla notte dei tempi, quando Dio dal buio pesto creò la luce, fino al nostro contemporaneo. Che c’entra poco, niente a volte, col Nero che ci ha preceduto.
Una lettura illustrata di oltre duecento pagine. Una meraviglia.
Perché si tratta del percorso millenario di un colore imprescindibile attraverso il relativismo delle epoche. E delle culture.
Anche delle superstizioni.
Un trattato insomma.
Sul Nero. Dove a volte si intrufola il Bianco.
© Efrem Raimondi. All rights reserved.
© Efrem Raimondi. All rights reserved.
Nero. Storia di un colore, Michel Pastoureau.
Traduzione, Monica Fiorini.
2008, PONTE ALLE GRAZIE Editore.
212 pagine, illustrato, rilegato, 23 x 23,6 cm
€ 34,00
I colori dei nostri ricordi, Michel Pastoureau.
Traduzione, Laura De Tomasi.
2011, PONTE ALLE GRAZIE Editore.
240 pagine, brossura con alette, 13,5 x 20,7 cm
€ 16,80
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