Io mia moglie non la fotografo mica.
Umberto Pizzi: il più conteso fotografo delle feste nobili e nobilastre di questo Bel Paese. Quelle feste dove la ricchezza si ostenta e ogni poro si dilata per occupare più spazio possibile della sua inquadratura… che se Pizzi non ti mira, non esisti.
Visto dalla luna, sembra un Paese in cui potrebbero comandare i Simpson.
Questo, Roberto D’Agostino: un genio! Temuto e leccaculato, giusto per rimanere nello spirito dei soggetti di Cafonal in primis, che è il più strong, e di ultra Cafonal, il secondo volume della saga del bon ton Roma Antica Ultimo Stadio.
Umberto Pizzi mi piace, perché diretto… un iperrealismo punk che non lascia spazio alle congetture: ciò che si vede è.
Lo stimo, perché l’ho visto all’opera. A Capri due anni fa, per uno shooting, e girovagando per i soliti posti mi sono trovato lì per lì invitato a un matrimonio vippissimo… io che c’entravo niente, io che ero sderenato, io vestito da lavoratore della fotografia, versione estiva.
Ho indossato una camicia bianca – bisogna sempre averne una a portata di mano – e ci sono andato. Festone post incluso.
Così appunto ho visto come lavora: fotocamera in mano e flash centrale sparato addosso. Non ha bisogno di dire niente, è la fauna che si esibisce. Che lo insegue. Che sgomita e piroetta… un circo a sua disposizione. E a disposizione di Dagospia.
Entrambi pescano a piene mani. Ma Umberto Pizzi pesca di più.
Perché ha il potere tra le mani in quel preciso momento. E sa come usarlo. Senza sconti.
La sua presenza è catalizzante. Tanto che se per un po’ non lo vedi, c’è chi si preoccupa.
Io no. Io lo tenevo d’occhio. E quando l’ho visto in disparte, con la fotocamera abbassata, apparentemente inerme e rigorosamente da solo, mi sono avvicinato e l’ho fotografato, previo consenso, con la compatta. Che avevo assolutamente portato… si sa mai che esplode qualche tetta o casca qualche zigomo… e in tal caso, giuro, avrei scattato. Perché bisogna scattare per credere a ciò che si vede.
Che secondo me neanche Pizzi crede a ciò che vede, per questo usa la fotografia.
Questa fotografia oltraggiosa. Questa fotografia imitata da ragazzetti e ex, impasticcati di British style e Berlin power.
Vorrei ricordare che l’archivio di questo signore consta di 1.300.000 immagini… tutelato dal Ministero dei Beni Culturali – che non ho capito bene cosa materialmente significhi.
Poi abbiamo chiacchierato.
Non con tutti ma con alcuni fotografi mi intendo al volo.
In buona parte dipende dalla fotografia che fanno.
E Cafonal è in bella mostra nella mia libreria… ça va sans dire.
Poi Pizzi esibiva nella circostanza un’espressione che riconoscevo.
Questo me lo rendeva famigliare.
Le immagini di questi due volumi coprono il decennio 2000-2010.
Le avrei riprodotte tutte! Non è possibile. Poi meglio avere i volumi in mano. Soprattutto il primo, Cafonal. Che è davvero un concentrato potente.
Mai fatto cronaca nera. Perché?
Perché i vivi mi interessano più dei morti.
Non la annoiano mai?
Solo quando incrocio i morti di fama.
L’ultima cantante, l’ultimo televisivo… So che spariranno tra un istante, allora chiudo la mia nuova digitale, sbadiglio, e vado a bermi un caffè.
Pino Corrias per Vanity Fair.
© Efrem Raimondi. All rights reserved.
Cafonal
Roberto D’Agostino – Umberto Pizzi
Dicembre 2008, Arnoldo Mondadori Editore.
442 pagine, rilegato con sovraccoperta, 22,5 x 26,5 cm.
€ 30,00
Ultracafonal
Novembre 2010, Arnoldo Mondadori Editore.
576 pagine, rilegato con sovraccoperta, 22,5 x 26,5 cm.
€ 40,00