Workshop. Mi fido di me… adesso.

Workshop - Efrem Raimondi

Workshop…
Fino a poco tempo fa non ne volevo fare.
In generale non li trovavo utili, soprattutto i miei.
Questo per iniziare… come una dichiarazione.

Più di due anni fa feci un post sul tema della didattica, maggio 2012.
Nel quale, tra l’altro, manifestavo la mia diffidenza per i workshop.
Come un fastidio. E pensavo ai miei, non a quelli di altri fotografi. Ai miei e a quei pochi che avevo tenuto.
Dal risultato inadeguato per ciò che ritengo uno standard buono.
Per questo trovavo sempre una scusa e declinavo gli inviti.
Perché costringere in due/tre giorni un percorso che fosse significativo sul ritratto, mi sembrava limitato. E per me limitante.
Ho bisogno di aria, di soffitti alti e che il tempo si fermi…
Il ritratto più di qualsiasi altra fotografia è un tempo sospeso. Quindi anche i relativi workshop si adeguino.
Questo per me.

Non avendo nulla da sommare, io sottraggo.
Ed è nella sottrazione che trovo la fotografia che mi riguarda.
Solo che fare questa fotografia è più semplice che dire come farla.
Perché non si tratta di fissare un binario e montarci sopra, e l’approccio non solo è molto importante, ma soprattutto non è univoco.
Questo era il vero limite, quello che riscontravo.
Aggiungevo però, a fine post, che ne stavo rodando uno.
Cioè un workshop dove il tempo fosse davvero sospeso.
E la sottrazione diventasse elemento visibile.
Dovevo trovare il modo per coniugare la struttura e l’idea che ho di fotografia con un percorso teorico-pratico realmente significativo sul ritratto, che per me ha delle peculiarità non declinabili.
Come l’assenza di effetti speciali dal sapore posticcio, per esempio.
O l’individuazione dell’elemento, magari marginale, che in realtà è l’architrave di tutto il rettangolo fotografico.
Un percorso che mantenga intatta la centralità del linguaggio e la sovranità dell’autore e che proprio nel fare, nel misurarsi praticamente con una situazione standard, sia in grado di rispondere alla domanda Dove ha sede il mio ritratto originario?
Perché si tratta di trovare la propria matrice, senza la quale produrremmo solo delle parodie.
Mi hanno aiutato molto una serie di conferenze che ho tenuto.
E anche la lettura di alcuni portfoli, prevalentemente di giovani autori, dove convivevano determinazione del gesto e una certa balbuzie espressiva. Cosa c’era che non quadrava?
A me era chiaro. A loro no. E proprio nel confronto ho trovato la chiave che mi riguarda. Che riguarda la serie di incontri in programma.

Adesso mi fido di me… adesso ho il workshop che mi mancava.
Bello secco. Modulabile sia in due che in tre giorni.
Non è la verità… in fotografia non esiste.
È solo il mio modo di fare ritratto.
Per cui l’unica condizione all’adesione, è che esista un’affinità.
E che ci sia la disponibilità a disintegrare i cliché.
Non ci sono effetti speciali, confermo.
Né fuochi d’artificio: c’è solo da andare dritti al punto.
Un face to face col soggetto, quello autentico. Cioè noi.
Perché è solo in noi che risiede l’origine del ritratto.
Se c’è, si trova. Se no amen.

Sottrazione è la parola d’ordine.

© Efrem Raimondi. All rights reserved

C A L E N D A R I O
Comincio a maggio, presso la Fondazione Fotografia Modena.
Poi Venezia a giugno, presso CIVITA, Casa dei Tre Oci.
Il calendario si trova nel menù in alto WORKSHOP – ECCETERA, e sarà aggiornato di volta in volta.

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