James Nachtwey – Memoria

James Nachtwey Exhibition by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedJames Nachtwey a Palazzo Reale, Milano, sino al 4 marzo 2018.
Una mostra che va vista.
Che non lascia indifferenti.
Che è totalmente coerente con un certo modo di intendere la fotografia dedicata al reportage.
E che mi trova solidale pur non frequentando.
Tranne per una cosa che dirò dopo. Come un dubbio…

Non ho idea di quanti modi ci siano per vedere una mostra, qualsiasi mostra.
Questa ha però intrinsechi motivi e letture che si muovono su più piani. Più che altrove.
Nessuno facile da affrontare.
Occorre un grande rigore. E coerenza.
Perché il soggetto, tutta la mostra, si regola anche sul piano estetico. E s’una idea del rapporto che questo ha con un contenuto che è tosto.
Mai e poi mai può essere trascurata l’estetica.
Anche se reportage, per me cambia nulla… non è il genere che fa la distinzione.

Solo l’opera. Solo ciò che è lì da vedere.
E questo è il mio modo di affrontare le mostre.
E tutta la fotografia a dire il vero.

Privo di patente, questo il mio rapporto.
Perché è così che leggo l’essenza dialettica di qualsiasi autore.
La misura espressiva.
Qui un equilibrio delicato.
Perché quando vedi dolore, morte, disperazione, la tentazione al rifiuto è forte.

Su due pannelli proprio all’inizio Roberto Koch – che ha curato la mostra insieme all’autore – dice: Da quarant’anni Nachtwey fotografa il dolore, la violenza, la morte e a sostenerlo nella discesa nella ”città dolente” della condizione umana è sapere che il buon fotogiornalismo può ancora incidere sull’opinione pubblica, come una prima stesura di un futuro libro di storia.

Non so se sia ancora in grado di incidere sull’opinione pubblica, davvero non lo so.
Però mi sa di no. Con rammarico.
Semmai ci sarebbe da chiedersi: e poi? Poi cosa fa l’opinione pubblica?
Ma capisco perfettamente il senso, e probabilmente l’auspicio di Koch.

Quella che è immediatamente chiara è l’onestà.
E la coerenza dello sguardo di Nachtwey lungo questi quarant’anni: Cisgiordania, Haiti, Guatemala, Libano, El Salvador, Berlino, Bosnia, Kosovo, Albania, Cecenia, Somalia, Sudan, Romania, Zaire, Ruanda, Sudafrica, Stati Uniti, Afghanistan, Iraq, Germania Est, Cecoslovacchia, Indonesia, Nepal, Vietnam, Pakistan, Zambia, India, Cambogia, Croazia, Macedonia, Grecia… un viaggio con al centro un’umanità esposta a tutto.
Compreso ciò che non vogliamo sapere. Ma che qui trova forma.

E con garbo ti viene sbattuto in faccia.
Sei qui e non puoi sottrarti…
Se decidi di venire qui, sappi che devi farci i conti.
Solo che non è come altrove, come per altri: Nachtwey è secco, pulito, diretto, essenziale e potente con quel suo bianco e nero.

Assolutamente da affrontare come una sequenza l’installazione riguardante gli ospedali militari in Iraq: 60 fotografie sapientemente addossate che ti arrivano addosso come una bomba. Uguale.
Se ti avvicini partendo dalla sala che la precede, dritto senza esitare, uguale.

James Nachtwey Exhibition by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedJames Nachtwey Exhibition by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedJames Nachtwey Exhibition by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedJames Nachtwey Exhibition by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedJames Nachtwey Exhibition by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedJames Nachtwey Exhibition by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedUna carneficina.
Ma sempre con questo sguardo pulito, non incline ad alcun prurito: nessuna sbavatura. Non è per nulla facile.

Mentre ho trovato del tutto boh le parole di Wim Wenders.
Vagamente pretesche nel suo accomunare tutti: Nachtwey, i suoi soggetti, noi che siamo lì a guardare.
Oltre alla firma sul pannello, chi ci passa davanti si fermi e legga.
Dopodiché prosegua.

James Nachtwey Exhibition by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedJames Nachtwey Exhibition by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedJames Nachtwey Exhibition by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedJames Nachtwey Exhibition by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedJames Nachtwey Exhibition by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedJames Nachtwey Exhibition by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedJames Nachtwey Exhibition by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedE adesso il mio dubbio.
Che riguarda gran parte del colore: tutto si muove con le priorità del bianco e nero, solo che la cromia è un’altra. Ed è come incollata.
Brillantemente incollata.
Tanto da sembrarmi un artificio.
Intendiamoci, anche qui nulla a che vedere con certe note derive da carrozzeria, però…

Insomma un dubbio.
Che in qualche modo mi fa pensare a un diverso orientamento del gusto. E che prima o poi ci vorrebbe qualcuno, un cranio vero e ben attrezzato, che affronti la questione.
Al momento resto qui col mio dubbio che è tale perché è magistrale lo sguardo di James Nachtwey. Che va be’, lo affronteremo altrove.

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Nota: tutte le immagine in iPhone 6.

Memoria, James Nachtwey mostra.
Palazzo Reale, Milano 1 dicembre 2017 – 4 marzo 2018.
105 opere esposte.
Curatela: Roberto Koch, James Nachtwey,
Organizzata da: Comune di Milano – Cultura, Palazzo Reale, Civita, Contrasto e GAmm Giunti.
Digital Imaging Partner: Canon.
Con il supporto di: Fondazione Cariplo e Fondazione Forma per la Fotografia.

Questa la pianta della mostra data unitamente al biglietto – € 13,00.
Volendo è disponibile anche l’audioguida.

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© Efrem Raimondi. All rights reserved.

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Ponchielli – 10 anni

Ponchielli - Efrem Raimondi blog

 

Il premio Ponchielli ha 10 anni…
Voluto nel 2004 dal GRIN – Gruppo Redattori Iconografici Nazionale – per ricordare Amilcare Ponchielli, il primo photo editor italiano.
Mi ricordo bene Amilcare… l’ho incrociato e ci ho chiacchierato diverse volte in Rizzoli, ad Amica. Anche se credo di avere collaborato con lui solo a un paio di redazionali. Un po’ di tempo fa…
L’ho conosciuto tardi, e mi spiace moltissimo. Perché mi piaceva davvero: persona di poche parole, ma precise e dirette.

Lo sanno tutti, è un premio prestigioso: un premio per un progetto fotografico adatto alla pubblicazione su un periodico oppure online.
Come si legge nella prefazione di 10 Fotografi 10 Storie 10 Anni, il libro che appunto festeggia il decimo anno del premio.
Sì, c’è anche del reportage… ma anche no.
Mi viene da dire che c’è semplicemente della fotografia.
Semplice e complessa… fotografia insomma.
Complessa, non complicata…
Cioè prodotto di talento e capacità espressiva.
E siamo sempre qui: il fulcro è il linguaggio, come lo moduli è affar tuo.

Dieci anni undici autori: Alessandro Scotti – 2004, Giorgia Fiorio -2005, Massimo Siragusa – 2006, Lorenzo Cicconi Massi – 2007, Paolo Woods – 2008, Martina Bacigalupo – 2009, Andrea Di Martino – 2010, Guia Besana – 2011, Tommaso Bonaventura e Alessandro Imbriaco – 2012, Fabio Bucciarelli – 2013.

Diversi e tutti molto autorevoli gli interventi scritti.
Ma io cito solo Mariuccia Stiffoni Ponchielli perché dice questo: Tutti i progetti che hanno vinto il Premio Ponchielli o che sono stati segnalati rappresentano la speranza che parole e immagini ripartano da un punto zero verso un pensiero attivo, una coscienza critica, una capacità di giudizio libera.
Bellissimo!
Mi piacerebbe che i magazine lo stampassero in cima al colophon.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Ponchielli - Efrem Raimondi blogAlessandro Scotti, 2004

Ponchielli - Efrem Raimondi blogGiorgia Fiorio, 2005

Ponchielli - Efrem Raimondi blogMassimo Siragusa, 2006

Ponchielli - Efrem Raimondi blogLorenzo Cicconi Massi, 2007

Ponchielli - Efrem Raimondi blogPaolo Woods, 2008

Ponchielli - Efrem Raimondi blogMartina Bacigalupo, 2009

Ponchielli - Efrem Raimondi blogAndrea Di Martino, 2010

Ponchielli - Efrem Raimondi blogGuia Besana, 2011

Ponchielli - Efrem Raimondi blogTommaso Bonaventura e Alessandro Imbriaco, 2012

Ponchielli - Efrem Raimondi blogFabio Bucciarelli, 2013

Ponchielli - Efrem Raimondi blog

© All Rights Reserved

10 Fotografi 10 Storie 10 Anni – Premio Ponchielli 2004-2014.
Contrasto, 2014.
224 pagine, illustrato, rilegato, 21×19 cm.
€ 24,90.

Inoltre il GRIN sta preparando una mostra a riguardo, che si terrà alla Galleria San Fedele di Milano il prossimo mese di marzo.
Diverse le possibilità di adesione. Qui il link con tutte le info:

MOSTRA

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Bio dal recente passato.

Dal frastagliato mondo delle biografie non è sempre facile estrapolare.
Anche perché in grande diffusione, quasi una moda: qui tutti a fare bio… o meglio, autobio. Che smania! Come se il mondo non aspettasse che la tua.
Alcune però meritano. Eccone due. Non recentissime e che molti hanno certamente già letto. Quindi questa nota è per chi no.
E comunque mi faceva piacere sottolinearle.

Ci sono cose che nessuno vedrebbe se io non le fotografassi.
Questa Diane Arbus, ebrea newyorkese.
Una biografia di Patricia Bosworth, anche lei newyorkese.
In Italia pubblicata nel 2006 da Rizzoli. 346 pagine che scorrono molto bene. E che non hanno niente a che vedere con Fur: un ritratto immaginario di Diane Arbus, il film ciofeca uscito lo stesso anno…un ritratto molto immaginario appiattito solo su una splendida Nicole Kidman. Che però c’entra zero con la Arbus, la sua vita e questa splendida biografia.

Diane Arbus, da anthonylukephotography.blogspot

Ho alcuni buoni amici che sono, come si dice, fotografi fine art.
… Ammiro la costanza, ma spesso trovo le loro foto noiose.
Questo Helmut Newton, ebreo berlinese.
E ancora:
Io fotografo le persone che amo e ammiro, la gente famosa, e specialmente gli infami (estrapolata da altro contesto… ma ne valeva la pena).
Helmut Newton-Autobiografia, pubblicata nel 2004 da Contrasto. 295 pagine. Corredata da una serie di fotografie della sua collezione privata (molto interessanti), più poche altre, del suo stranoto lavoro. Come dice lo stesso Newton … il racconto dei miei successi, grandi o piccoli che siano, non interessa nessuno. Mi interessava solo raccontare in che modo ci sono arrivato.
E se ne scoprono di cose. Molto utili anche…la prima: che non sempre è tutto e subito!

Da Helmut Newton – WORK, Taschen

Due autori che amo. Per motivi diversi.Forse opposti.
Le due fotografie qui sopra non c’entrano con le rispettive biografie, le pubblico perché trovo raccontino bene entrambi.
Sotto invece una dedica alla quale tengo, proprio in cima alla mia copia dell’autobiografia di Newton. Della moglie June, alias Alice Springs, fotografa a sua volta.
Che come scrive, eccezionalmente fattami per Helmut. L’eccezionalità la devo, credo, a comuni conoscenze in quel di Cap Ferrat, luogo incantevole che un tempo bazzicavo. Com’era tutto più leggero…

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