Aggiornamento – FRAMED, LA CORNICE

Efrem Raimondi iPhonephotography.

Ho detto che l’avrei fatto e quindi questo è l’aggiornamento, molto leggero, al post che precede, cioè questo: https://blog.efremraimondi.it/fotografia-europea-2014/
Ieri mattina, poco prima di partire per Reggio Emilia, apro FB e vedo la fotografia qui sotto… una porzione della mostra FRAMED.
E momenti svengo: la mia, lassù nell’angolo a destra, non è ciò che avevo mandato… ne manca oltre metà! 10247378_10152215809173778_8769357830500581787_n
E da orizzontale che era, me la ritrovo verticale che è.
Ergo, non è più la mia.
Ergo, momenti svengo: m’incazzo quando alcune riviste tagliano immotivatamente, figuriamoci una mostra! Inaspettato e mai successo…
Per prima cosa vado a controllare cosa davvero ho inviato, mica di aver sbagliato… perché in effetti avevo fatto anche una verticale.
No no no! Ho mandato quella giusta.
Scrivo a Chico De Luigi. Mi risponde. Lo chiamo e ci chiariamo.
Al volo stampo e parto. A me basta chiarirsi.
Che poi, proprio una mostra con tema la cornice… che è vero che segna un limite, ma mica lo inventa arbitrariamente!
E per le riviste non si adducano motivi di impaginazione, perché è una balla… se taglio
dev’essere, non può snaturare il senso dell’immagine. Io taglio in macchina e quindi si tratta sempre di formati compatibilissimi con la stragrande maggioranza delle gabbie grafiche: qualsiasi immagine è impaginabile.
Capisco perfettamente com’è andata una volta che arrivo: le opere sono tutte contrassegnate con un numero… da 1 a 61.
La mia è la 17. Fine di qualsiasi querelle.
Ci sono evidentemente condizioni che vanno oltre la volontà.
Non sono particolarmente superstizioso, non almeno in modo convenzionale… devo però prendere atto della coincidenza.
Che poi, una volta che Chico ha rimesso le cose a posto – come da documentazione qui annessa – la fotografia in questione non ne voleva sapere di stare diritta. Come a ribadire. E infatti è storta. Almeno fino a ieri lo era.

Efrem Raimondi iPhonephotography.Efrem Raimondi iPhonephotography.

La mostra è però molto interessante. Anche lei in modo poco convenzionale: va vista come fosse un tutt’uno.
Un unico blocco esposto. Con un suo movimento compatto.
Non ha alcuna importanza chi ha fatto cosa: è l’impatto visivo dell’insieme.
A me non è neanche quasi venuto in mente di avvicinarmi.
E non ho provato curiosità alcuna nell’andare a scoprire a quale autore corrispondesse il numero espositivo.

Efrem Raimondi iPhonephotography.Perciò mi vien da dire che in realtà questa, proprio presa così, è un’opera di Chico De Luigi. Nel vero senso della parola.
Non è una collettiva se non accidentalmente, se non per necessità logica.
Ma artisticamente appartiene a Chico.

Efrem Raimondi iPhonephotography.

Per ciò che riguarda il resto del ricco programma, suggerisco di andarci non nel weekend, se è possibile, se no ci si prepari a delle code:
http://www.fotografiaeuropea.it/
Ultima cosa, non andavo a Reggio Emilia da un secolo: è veramente bella.

Efrem Raimondi iPhonephotography. CHIOSTRI DI SAN PIETRO

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Questo il report di Chico De Luigi:
http://www.chicodeluigi.it/home/2014/05/03/3-mag-5/

Fotografia Europea 014 – FRAMED – La Cornice

LA CORNICE


Fotografia Europea 2014…
Premessa.
Chico De Luigi è un pazzo meraviglioso. Infatti lucidissimo.
Nel contesto di Fotografia Europea 014 – Reggio Emilia, ha concepito FRAMED, mostra collettiva di 61 autori.
Il soggetto, LA CORNICE.
Nell’invito che mi ha mandato leggo il testo di Marco Zauli, che apre così La cornice è una corona che consacra, eleva di rango una fotografia e quello che rappresenta, impone una genuflessione dello sguardo, deferenza dovuta a qualcosa che si riconosce valere (essere) più in alto del resto.
Chissà, può essere… non sono certo che mi riguardi. Però ci provo.
Poi altre riflessioni sul rapporto cornice – fotografia.
A me l’architettura della mostra piace, e il tema della cornice l’ho già affrontato. Diversamente, e tanto tempo fa.
Nello specifico attuale c’è un fatto che mi incuriosisce molto, ed è il motivo per cui aderisco senza pensarci un secondo più del dovuto: i 61 mandano una fotografia, ma la cornice la sceglie FRAMED.
Come chiedermi di andare nudo allo stadio. In un derby.
Però voglio vedere l’effetto che fa.
Quindi realizzo la fotografia che pubblico in testa, e la invio. Nuda.
La realizzo per questa occasione specifica, non rovistando nei cassetti. Che qualcosa a ben cercare c’è sempre, ma per me non è la stessa cosa. Almeno in questo caso.
Sabato 2 maggio vado a Reggio Emilia, e un minimo di report su questa mostra lo faccio. Magari.

foto europea

Quello della cornice è un lavoro duro.
Oltre a essere un tema forte della filosofia dell’immagine, perché raffigurazione di un limite evidente. Sia di qua dell’opera, che di là, dove c’è tutto il resto.
Non mi frega niente dire di come son fatte, è il concetto di cornice la vera questione. Anche se, vero, l’idea che ognuno si fa influenza la scelta dell’oggetto che si usa intorno all’opera. E che la segna, la definisce appesa nello spazio che le è stato deputato.
Parlo di cornici, non di supporti modello sandwich: fotografia schienata a un compensato del cazzo e faccia contro un vetro che le toglie quasi tutto l’ossigeno… ma quel niente che resta, perché qualcosa resta, le omaggia umidità e muffa, compressa com’è da delle mollette d’acciaio.
E vedi che fine fa la tua bella fine art…
Tanto valeva stamparla al minilab sottocasa.
Comunque ‘sto sandwich a giorno non segna niente, non è una cornice, quindi non c’è motivo per parlarne.
La cornice invece sottolinea un confine tra l’opera, che è comunque un’astrazione, e il reale circostante, qualunque esso sia.
Questo in sintesi è il suo scopo, quello di creare una discontinuità evidente.
Paolo Ulian e io facemmo una cornice impalpabile, per la Association Jaqueline Vodoz et Bruno Danese, oggi Fondazione Vodoz Danese. Nell’ambito della mostra Intorno alla fotografia. 37 cornici per 37 fotografi, esposta nel 1998 a Milano e a Parigi.
E poi itinerante.

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Per meglio dire, Paolo Ulian fece la cornice, io la fotografia.
Il risultato è un’opera a sé stante.
Da prendere nel suo insieme precario e matematico. Binomio assolutamente possibile.
E che allora presentammo così …Col nostro sguardo che un po’ declina gli ammiccamenti e le certezze dell’alta definizione, funamboli lungo un’impalpabile diagonale di luce, ci piace davvero proiettare quest’ombra, questa recinzione inesistente eppure visibile. Si allunga, si deforma, palpita in una sorta di rapporto omologico col rettangolo fotografico, assumendo di volta in volta forma diversa ma mai casuale, sempre rispondente ad una precisa logica matematica. Una cornice dinamica dai contorni liberi, instabile per propria natura. Impegnata in una continua dialettica col circostante è unica o molteplice, piena o soffusa. Precaria la sua stessa esistenza: appesa com’è a un filo elettrico basta davvero poco… staccare la spina… ed è finita.
Questo è l’unico concettuale che sposo. Perché ha forma.
Per chi si regola con le arti visive, una condizione imprescindibile.
Se no fai altro. Anche l’intellettuale se ci riesci.
O la performer balcanica. Col mondo per cornice.

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