Fotografové nemajì prázdniny.
anonymní
I fotografi, quelli cioè che la Fotografia la fanno, non hanno le ferie.
Quelli che invece a vario titolo se ne occupano, fosse anche per hobby, per passione, per scriverne, per arrotondare, per saltare la cavallina, le ferie ce le hanno.
Visto che la stagione è questa, direi che è la prima discriminante.
Quindi scegli, o ferie o fotografo.
Non esaustiva, vero, però parlarne con serietà sta diventando noioso.
E ne ho abbastanza della noia intellettuale che sbraita.
E che afflitta da giovanilistica demagogia si ubriaca di democrazia fotografica… vera minchiata intellettuale.
La fotografia non è democratica. Non è una scienza sociale.
Fotografia… cioè quell’ambito che prevede un linguaggio riconducibile all’autore, chiunque sia, attraverso un codice preciso: le fotografie che produce. E queste, non altro, sono la semiotica del linguaggio fotografico.
Un concetto che è chiaro a qualsiasi fotografo.
Non del tutto a chi di fotografia si occupa, sempre a vario titolo…
Per un motivo molto semplice: non la fa.
E il fare, è un grado di conoscenza ulteriore.
Quello che appunto permette di riconoscere e discriminare. Al volo.
E ci sarà chi con tono distratto annuncerà che di tecnica non si occupa… mi scappa sempre un sorriso.
Vecchio giochino usato dalla presunzione intellettuale, come se il riflettere fosse un prodotto aureo indipendente dalla vita.
E dal talento.
La tecnica non interessa in sé: la si conosce e si usa in subordine a ciò che si intende dire. Stop.
Resta pur sempre un bagaglio. Stop 2.
Per questo amo i fotografi… e di loro mi fido più di chiunque altro.
Perché sanno riconoscere il valore del lavoro. Quello che si traduce in espressione.
Qualunque sia indipendentemente dal proprio riflettersi.
E li amo perché più di chiunque altro sanno riconoscere il valore delle singole fotografie, proprio quelle anche alla spicciolata. E quindi, nel caso, ricondurle a una matrice.
Cioè a un impianto espressivo solido.
E non c’è niente che galleggia. Niente di equivocabile.
È tutto lì da vedere.
Se sai, se vuoi, se puoi.
Se no non sei diverso dal ragioniere del fisco che ha redatto gli studi di settore. E che ha ridotto tutto a genere giusto per capirci lui qualcosa.
Ma non c’è niente da capire.
Non c’è una prescrizione, non c’è una posologia.
Arrenditi. Riposa il cranio e buone ferie.
Mi sento moldavo.
Non so cosa cazzo significhi. Ma certamente qualche cranio, qualche soubrette, avrà una spiegazione.
© Efrem Raimondi. All rights reserved
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