World Press Photo: il più importante premio fotogiornalistico del mondo!
A sentir loro, anche l’unico.
World Press Photo… scandito bene non so perché mi ricorda Palla di Lardo al minuto 1:47: Full… Metal… Jacket!
Nato nel 1955… peccato!
Fosse nato nel ’36 l’avrebbe vinto Robert Capa. A mani basse con Morte di un Miliziano.
Poi glielo avrebbero ritirato a mani alte…
Non seguo con trepidazione l’evento, però pare che ultimamente siano più i premi dati e ritirati a far notizia.
A pirlare sul web in questi giorni c’è anche di che sorridere: mio cugino in camporella… la didascalia… ma io non ho letto… lo studio del pittore che non è qui ma è là… il borgomasstro di Charleroi… le orgie paesane…
A me spiace per Giovanni Troilo.
Senza sapere perché. Mi spiace e basta.
Come la crocefissione di Capa. Che è stato un precursore, altro che balle. E aveva visto lungo.
WPP sPhoto Contest…
Non me ne frega niente di schierarmi su faccenducce bigotte.
Dal sapore pretestuoso.
E non si tratta di riscrivere regole tamponanti il democratico flusso digitale – che si fotta!
La vera questione è un’altra.
E cioè che il reportage è morto.
Quel reportage lì, ficcato nella divina teca della verità informativa assoluta, è morto.
Rincorso prima e ampiamente superato adesso da un qualsiasi smartphone a Kabul.
Ne serve un altro.
Che esiste da sempre. E che non ha a che fare con la verità… che ce ne frega della verità? Scritta e imposta da chi? Questa roba dal sapore di Storia mi mette la nausea…
È di fotografia che stiamo parlando.
Del racconto di una vita. Quella dell’autore. Che incontra altre vite.
Nessuna di queste vite è lì per caso.
Dal suo sguardo non pretendo informazioni incontrovertibili, pretendo etica, cioè il rispetto per gli altri. E per se stessi.
Al netto di taroccamenti avulsi, che è solo un fatto di coscienza, cioè di identità con ciò che si sta vivendo. E che per un fotografo coincide con la fotografia che produce.
Cioè dialettica. Mica punti esclamativi!
Qui dentro, dentro questo argine, puoi raccontare tutto. Anche il dolore. Che è roba tua… gli altri davanti, in prestito.
Guarda che si vede quando speculi…
Mi sono fatto un bel giro sul sito WPP…
È come spaccato in due:
http://www.archive.worldpressphoto.org/years
Da una parte una fotografia che se anche non frequento, sento mia.
Perché mi riempie gli occhi di Terra.
E l’altra, recente, che mi è estranea, perché non vedo il fotografo.
http://www.worldpressphoto.org/awards/2015/general-news/pete-muller?gallery=2900401
Dulcis in fundo, tutta la miseria del mondo sparata full frame mi ha fatto rimpiangere le tranquille cartoline di provincia.
© Efrem Raimondi. All rights reserved.
A G G I O R N A M E N T O 8 marzo: dichiarazione di Giovanni Troilo
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