ISOZERO Laboratorio – 2020/2021

ISOZERO Lab è un laboratorio nato quasi tre anni fa.
Questa call è per la terza edizione.
E riguarda due percorsi distinti: uno di pura ricerca del proprio linguaggio,
quindi fotografia tout court, ISOZERO Lab 3.
L’altro, ISOZERO MASTER, sul ritratto. Alla seconda edizione.
Due luoghi distinti sì, ma con una impostazione didattica simile.
A ognuno il suo.

© Efrem Raimondi - All Rights ReservedCos’è
Ecco, NON è un workshop di due giorni ma un laboratorio che si pone degli obiettivi tangibili: ridurre la distanza tra l’intenzione – ciò che vorremmo produrre – e la fotografia prodotta. Ci vuole un altro tempo, un’altra relazione.
Della durata di un anno circa. Poco meno. Dipende.
Per esempio col primo anno stiamo dando alla stampa il libro di ciò che è stato il percorso. Bello tangibile il primo QUADERNO.
Appena ci sarà consentito di muoverci, di andare in tipografia e seguire l’avviamento.
E poi sarà nel catalogo di SILVANA EDITORIALE. E nelle nostre mani.

ISOZERO Lab © Efrem Raimondi - All Rights Reserved          Fotografia © Esther Amrein, 2019 – Bozza di copertina

Una struttura orizzontale, solo con me al timone.
Fin dove possiamo arrivare insieme?
Insieme significa confronto serrato, intenzioni condivise, contraddittorio dialettico: nessuna ragione nessun torto, solo un confronto finalizzato.
E crescita. Perché vorrei uscire dall’equivoco che i fotografi non insegnano.
Poche balle, il curriculum ha un peso specifico: il punto è come tradurlo didatticamente.
Precisando il tiro, senza alzare la voce ma non arrossendo dico che qui si impara: metodo, grammatica, gestione, mira. E condivisione.

Al centro la semplicità – da non fraintendere, che è luogo complesso.
Accompagnata da una questione fondamentale che mi è chiara da sempre: il linguaggio.
E sottrazione. Senza la quale non c’è crescita.
Forse forse… forse bisognerebbe prima imparare a non fotografare.
Fermarsi…
Non dobbiamo coincidere nell’espressione, ognuno ha la propria.
Dobbiamo però possederne una.
Come?
Crediamo davvero di avere talento? Discipliniamolo.
Poi procediamo.

Liberare lo sguardo, renderlo leggero e invulnerabile.
Dare davvero consapevolezza all’arbitrio, il proprio.
Attraverso un percorso di puntualizzazione anche tecnica.
Usandola la tecnica per non farsi usare.
E i deficit li affronteremo NEL percorso reale di ognuno, non aprioristicamente e tutto è uguale.
Sembra uguale, ma noi lavoriamo perché non lo sia.
Per uscire dalla debolezza dell’approssimazione che se così, inevitabilmente, ha il suo riscontro nella fotografia che mostriamo. E che al di là degli effetti speciali, fuochi d’artificio e contrasti gratuiti da fine del mondo, è debole.
E si vede. Credetimi, si vede.

L’unico parametro: la fotografia è ciò che mostri, non ciò che parli.
A saper leggere le immagini si vede tutto. A non saper leggere, annaspi nelle certezze altrui. Non le tue. Proprio così.
La consapevolezza è il prodotto dell’elaborazione del dubbio, anche dell’errore.
E qui a ISOZERO si viene lasciando il paracadute a casa.
Ma con la certezza di essere in un luogo protetto.
Vale assolutamente anche per il ritratto. Col quale ci misureremo con l’intenzione dichiarata di trascendere il genere e liberarci di manierismi e cliché.

© Sophie-Anne Herin - All Rights Reserved                                                           Self Portrait, 2020 – © Sophie-Anne Herin 

Due passi indietro e uno avanti, è questo che faremo.
Col contributo saltuario e mirato d professonisti riconosciuti: art director, stampatori, curatori, storici.
L’obiettivo comune è uno solo: sapere come produrre.
Perché il come è tutto. Il cosa un dettaglio.

A chi è rivolto
Poniamoci una domanda: perché fotografiamo?
Quale la necessità, quale l’urgenza?
Non è un obbligo… diamoci una risposta.

Qui l’intento è produrre Fotografia, quella maiuscola. Che non è mai muscolare.
E le fotografie sono lo strumento che definiscono l’idea che abbiamo di fotografia.
Una visione ben più ampia che non ha nemmeno nel soggetto la sua risposta: una sedia equivale a una star o a un pezzo d’asfalto chiamato street. A un nudo o a un vaso di fiori piantato al centro della consolle anni Venti regalo della nonna…
È unicamente come TU traduci che fa la differenza.

© Nicole Marnati - All Rights Reserved                                                       Dal video Un ring contro un TIR, 2019 © Nicole Marnati

Quindi a tutti coloro che antepongono lo sguardo al genere.
A coloro che intendono far coincidere l’intenzione col risultato, col prodotto che materialmente mostrano. Quello finito, al netto di tutto il percorso e del travaglio.
Noi ci occuperemo del percorso e del travaglio.

Professionisti – lo sono anche gli artisti – e fotoamatori, nessuna differenza.
Tanto l’eventuale accesso ha un setaccio: devo vedere reale volontà espressiva. Confortata da una cognizione operativa di massima.
E alcune nozioni le do per scontate. Quelle più dettagliate invece si affrontano in relazione al percorso individuale. E comunque subordinate all’intento espressivo.

Dulcis in fundo è rivolto a chi ha intenzione di fare qualcosa che gli faccia bene e che abbia il piacere di farlo. Che ti migliori.
Che ponga davanti a una svolta ben percepibile.
Per sé e per un obiettivo comune.
Perché come le edizioni precedenti hanno dimostrato, la condivisione quando diventa percorso reale, è un plus.

Come
Quattro incontri collettivi. Più uno da valutare alla fine.
Una skype call tra un incontro e l’altro.
ONE TO ONE frontale con me lungo l’intero percorso – non è una minaccia.
Il cui numero è variabile a seconda delle esigenze.
Perché i percorsi non sono mai uguali. Possono esserci delle similitudini, vero, ma le modalità di approccio mutano.

Luoghi
Per ISOZERO Lab gli incontri collettivi sono a Rimini.
In uno spazio molto confortevole dove abbiamo ampio margine di manovra.
Un luogo predisposto all’accoglienza.
Gli incontri frontali, quelli individuali, sono gestibili in più modi. Compreso vedersi.
La piazza è Milano.
Per ISOZERO MASTER avviene tutto a Milano.

Ovviamente data la circostanza sanitaria ci si modula di conseguenza.
Tenendo conto che si parte formalmente tra ottobre e novembre 2020.
Ma ISOZERO è già aperto. E i percorsi intrapresi stanno continuando in altra modalità.

© Efrem Raimondi - All Rights Reservedbackstage © Efrem Raimondi

Costo
Milleseicento euro frazionabili in quattro tranche. Fatturabili all’occorrenza.
N.B.  Chi è interessato e intende capire meglio, può intanto scrivermi qui: isozero@efremraimondi.it

Antefatto
Credo che i workshop abbiano in qualche modo perso la spinta originaria.
Per diversi motivi, non ultimo un certo inquinamento che fa sembrare tutto uguale.
Non è così.
Ma soprattutto non c’è soluzione di continuità: chiuso il weekend tanti saluti.
E questo, per me, per come mi relaziono, è il limite.
Perché ho incontrato anche persone realmente dotate di sguardo e forza espressiva autentica. E poi?
Poi salvo eccezioni non resta niente. Nemmeno a me.
E non mi piace.
Ma ho voglia di intercettarne ancora. Verificare se c’è davvero chi vuole alzare l’asticella. Affrontando un percorso più lungo concretamente redditizio.
E appunto più impegnativo. Vale per tutti, me incluso.

Detto tutto. Quasi tutto…
Vero, si parte a ottobre/novembre. Ma già adesso si comincia a ragionare: portarsi avanti è meglio.
Ciao!

isozero@efremraimondi.it

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

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ISOZERO Lab – 2

ISOZERO LAB by Efrem Raimondi

ISOZERO Lab è un laboratorio nato un anno fa.
La prima edizione sta volgendo al termine.
Questa call è per la seconda.

Cos’è
Ecco, NON è un percorso didattico fine a se stesso ma un laboratorio che si pone degli obiettivi tangibili.
Della durata di un anno circa.

Una struttura orizzontale, solo con me al timone.
Fin dove possiamo arrivare insieme?

Insieme significa confronto serrato, intenzioni condivise, contraddittorio dialettico: nessuna ragione nessun torto, solo un confronto finalizzato.
E crescita. Perché vorrei uscire dall’equivoco che i fotografi non insegnano.
Poche balle, il curriculum ha un peso specifico: il punto è come tradurlo didatticamente.

Precisando il tiro, senza alzare la voce ma non arrossendo dico che qui si impara: metodo, grammatica, gestione, mira. E condivisione.

Al centro la semplicità – da non fraintendere. Accompagnata da una questione fondamentale che mi è chiara da sempre, ma proprio anche urlata da sempre: trasversalità.
E sottrazione. Senza la quale non c’è crescita.
Forse forse, bisognerebbe prima imparare a non fotografare.

Fermarsi…

Non dobbiamo coincidere nell’espressione, ognuno ha la propria.
Dobbiamo però possederne una.
Come?
Crediamo davvero di avere talento? Discipliniamolo.
Poi procediamo.

Liberare lo sguardo, renderlo leggero e invulnerabile.
Dare davvero consapevolezza all’arbitrio, il proprio.
Attraverso un percorso di puntualizzazione anche tecnica.
Usandola la tecnica, per non farsi usare.
E i deficit li affronteremo NEL percorso reale, non aprioristicamente.
Per uscire dalla debolezza dell’approssimazione, che inevitabilmente ha il suo riscontro nella fotografia che mostriamo.

L’unico parametro: la fotografia è ciò che mostri, non ciò che parli.
A saper leggere le immagini, si vede tutto. A non saper leggere, annaspi nelle certezze. Che spesso sono quelle di altri. Proprio così.

Due passi indietro e uno avanti… è questo che faremo.
Col contributo saltuario e mirato di alcune altre persone: art director, stampatori, curatori, storici… figure professionali riconosciute, non degli improvvisati.

L’obiettivo comune è uno solo: sapere come produrre.
Perché il come è tutto. Il cosa un dettaglio.

A chi è rivolto
Poniamoci una domanda: perché fotografiamo?

Quale la necessità, quale l’urgenza?
Non è un obbligo… diamoci una risposta.

Qui l’intento è produrre Fotografia, quella con la effe maiuscola.
E le fotografie sono solo lo strumento che definiscono l’idea che abbiamo di fotografia.
Una visione ben più ampia che non ha nemmeno nel soggetto la sua risposta: una sedia equivale a una star o a un pezzo d’asfalto chiamato street. 
A un nudo o a un vaso di fiori piantato al centro della consolle anni Venti regalo della nonna…
È unicamente come TU traduci che fa la differenza.

Quindi a tutti coloro che antepongono lo sguardo al genere.
A coloro che intendono far coincidere l’intenzione col risultato, col prodotto che materialmente mostriamo.
Quello finito, al netto di tutto il percorso e del travaglio.
Noi ci occuperemo del percorso e del travaglio.

Professionisti e fotoamatori, nessuna differenza.
Tanto l’eventuale accesso ha un setaccio: devo vedere reale volontà espressiva. Confortata da una cognizione operativa di massima.
E alcune nozioni le do per scontate. Quelle più dettagliate invece si affrontano in relazione al percorso individuale. E comunque subordinate all’intento espressivo.

Dulcis in fundo è rivolto a chi ha intenzione di fare qualcosa che gli faccia bene e che abbia il piacere di farlo.
Per sé e per un obiettivo comune.
Perché come la prima edizione ha dimostrato, la condivisione quando diventa percorso reale, è un plus.

Come
otto mesi circa.
Quattro incontri le tout ensemble. Più uno da valutare alla fine.
Per esempio quest’anno lo facciamo. Perché ci serve.

E un one to one, frontale con me, lungo l’intero anno – non è una minaccia.
Perché i percorsi non sono mai uguali. Possono esserci delle similitudini, vero, ma le modalità di approccio mutano.

Luoghi
Gli incontri collettivi sono a Rimini.
In uno spazio molto confortevole dove abbiamo ampio margine di manovra.
E di accoglienza.
Gli incontri frontali, quelli individuali, sono gestibili in più modi. Incluso il fatto di vedersi.
La piazza è Milano.

N.BChi è DAVVERO interessato e intende capire meglio, può scrivermi qui:
isozero@efremraimondi.it

Poi un master. Sul ritratto. Solo, c’è una prelazione appannaggio di chi ha già frequentato il laboratorio. Quindi una eventuale adesione ex novo è da verificare.

ISOZERO LAB by Efrem RaimondiAntefatto
Credo che i workshop abbiano in qualche modo perso la spinta originaria.

Per diversi motivi, non ultimo un certo inquinamento che fa sembrare tutto uguale.
Non è così.

Ma soprattutto non c’è soluzione di continuità: chiuso il weekend tanti saluti.
E questo, per me, è il limite.
Perché ho incontrato anche persone realmente dotate di sguardo e forza espressiva autentica. E poi?
Poi salvo eccezioni non resta niente. Nemmeno a me.
E non mi piace.
Ma ho voglia di intercettarne ancora. Verificare se c’è davvero chi vuole alzare l’asticella. Affrontando un percorso più lungo concretamente redditizio.

E appunto più impegnativo. Vale per tutti, me incluso.

Detto tutto. Quasi tutto…
Si parte a ottobre 2019. Ma già adesso si comincia a ragionare: portarsi avanti è meglio.

Ciao!

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

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Sottrazione

© Efrem Raimondi - All Rights Reserved  INSTA 99, 2018

Sottrazione è il leitmotiv della fotografia che mi riguarda.
Tutta quanta: la mia più quella nella quale mi rifletto, fatta da chiunque.
Fatta…
Quindi non strafatta.
Sottrazione è un dato percepibile. Una condizione iconografica imprescindibile.
Non si vede. Eppure è la struttura portante.
Ed è forse questa sua condizione di scheletro che la rende impercettibile.

Ma regge tutta l’impalcatura.

Vive di un paradosso: non è data dagli elementi mancanti, ma da quelli presenti.
Dalla dialettica che questi hanno con lo spazio che gli appartiene e che coincide col nostro perimetro fotografico sia esso fotogramma o file.

Come si fa a spiegare…
Abbiamo il nostro spazio predeterminato: non è evitabile, non è modificabile.
Possiamo solo prendere atto del formato.

Che è vuoto. Se non interagiamo tale resta.
Ed è lì che tutto succede.
Non altrove, non a parole. Lì e basta.
Possiamo anche chiamarla composizione.
Che altro non è che la presa di possesso di questo vuoto.

E dell’interazione tra questo e ciò che aggiungiamo.
Come lo aggiungiamo determina l’esito di questa relazione.

Ciò che si vede è, ciò che non si vede non esiste.
Tutto qui.
Sottrarre in una operazione di somma significa occuparsi solo di ciò che serve dal punto di vista espressivo.
Tutto il resto è un surplus.

Sottrazione
è anche la parola d’ordine a ISOZERO Lab – il laboratorio iniziato a febbraio di quest’anno.
Ed è qui, in questo spazio creativo e didattico, che nel confronto coi lavori che si stanno producendo – o con le intenzioni di lavoro – che è emersa prepotentemente la necessità di sottolinearne l’importanza.
Con alcuni – siamo una trentina – questa sottolineatura è superflua.

Con altri invece occorre lavorarci.
Non è grave, c’è di molto peggio nel mondo.
Ma se è di fotografia che parliamo, capire cosa vuol dire sottrarre cambia l’esito del percorso.

Non è facile. Ma è semplice: basta riconoscere alcune convenzioni, passate ma anche attuali, e spazzarle via. Ricominciare.
E ricominciare è una bella sensazione.
Perché ci si è fermati. Ci si è guardati attorno… cos’è che non funziona? Com’è che non riesco a definirmi nella fotografia che produco? Ma cos’è tutta ‘sta roba che non avevo notato…
E ti accorgi di quanto vedere sia importante.
E per vedere, occorre in primis leggere lo spazio e ciò che contiene.
Il nostro spazio.

Ad alcuni ho dato un esercizio: l’analisi oggettiva della fotografia che hanno davanti. Propria o di altri.
Un inventario di tutto ciò che c’è.
Ed è incredibile come certe cose, alcune presenze, belle evidenti, non si vedano.
Motivo per cui non si distingue una fotografia da un fumetto, da una figurina.

E si fraintende sulla semplicità, pensando che sia una roba facile.
Sì? Allora falla.
E ti rendi conto di quanto LA maledirai.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

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