Semi-technical parenthesis.
I never did this before, because I don’t like to discuss about photographic technique. But sometimes that becomes urgent: there’s too much crap out there; unfortunately, written bullshit produce photographs (not photography, though).
Technique never is the main reason for any photo; rather, it is never a reason at all.
But technique is also not avoidable. You can’t skip it.
Instead, the more you master it, the more you can forget about it.
You use it, that’s all. And you are not being used…
Technique simply is a precision instrument. It allows you to clearly express what you want. When you clearly and fully express it, you even don’t notice any technique.
I recently heard somebody asserting that photography has never been as prosperous as nowadays. My thought is that it has never been as emulating and exploitable.
Portraiture seems the most exposed genre, probably because it is the most popular, consumed, chewed up and barfed one.
Thus, the technical topic I am writing about is what in my humble opinion is the starting point: lenses.
I mean: focal length.
I basically use only one standard lens and a medium wide-angle lens, plus a set of extensions, that I add to the standard lens.
50 mm is the most flexible lens ever. While I was using almost exclusively view cameras (between 1986 and 1996), I discovered it, along with the need for extensions.
Extensions allow me to get closer to the subject without the flattening effect usually produced by a telephoto lens. Furthermore, I like contact while I’m shooting.
As for the wide-angle lens, my favourite is 28/30 mm, depending on the camera format.
What really matters in this case, is my distance from the subject. Carefully used, the result is only a small push, not deformation. I often go in for that, when using medium digital format, instead of standard lenses.
I wonder why small formats – full frame – seem tough to me when I’m making portraits. Thus, I tend to choose the horizontal framing, to lighten what I feel as a pressure effect.
That’s all. It’s my humble point of view, unworthy to appear among the topics of any online forum or specialized discussion.
Una pura formalità…
Non l’ho mai fatto.
E in fondo non mi piace neanche parlarne.
Di tecnica fotografica…
Ma di fregnacce se ne sentono, e se ne leggono tante.
Anche troppe. Soprattutto in epoca di didattica diffusa. O sfusa.
Che purtroppo si traducono in fatti concreti, cioè in fotografie… meglio usare il plurale, che il singolare,
fotografia, appartiene a un altro genere.
E questo danneggia fortemente la salute: meno quella oculare e più, molto di più, il binomio cranio – fegato.
Che se almeno rimanessero parole a vanvera, come d’abitudine, potremmo scartarle con grande facilità vista la scarsa propensione alla lettura che, ci dicono i dati, abbiamo.
La tecnica non è il motivo principale di nessuna fotografia, e anzi non è neanche un motivo.
Ma per quanto fastidiosa, è ineludibile. Chi dice il contrario bluffa.
E più la si possiede, più è dimenticabile.
Si usa e basta. E non si è usati…
Karl Marx sosteneva che chi conosce più parole ha più potere.
E non è necessario essere dei seguaci del Materialismo Dialettico per capire che è prorpio così.
La tecnica è semplicemente uno strumento di precisione, quello che ti permette di esprimere chiaramente ciò che intendi dire.
E quando davvero lo dici, e fortemente lo ribadisci, non la si nota neanche.
La fotocamera analogica più complessa da usare è la usa e getta – disposable camera.
In digitale l’iPhone o qualsiasi altro smartphone.
Questo proprio perché l’apparato tecnico è di proprietà del mezzo.
La fotocamera più semplice, per entrambe le sponde, è il banco ottico. Proprio perché si limita a fare il suo lavoro, cioè essere uno strumento ottico che disciplina la luce.
Come, dipende totalmente da noi.
In generale, più un’immagine ci appartiene e la ribadiamo, meno notiamo intrusioni meramente riconducibili allo strumento.
Recentemente ho sentito da qualche parte, non ricordo dove, che mai come oggi la fotografia è florida. Credo che mai come oggi sia emulativa e strumentale. Profondamente taggata dal mezzo.
Il ritratto sembra essere l’ambito più esposto, forse perché il più popolare.
Il più consumato, masticato e vomitato.
O forse solo perché il modo più semplice di riproduzione della specie, senza l’obbligo della distinta femminile.
Ed è proprio sul ritratto che entro nel merito di una specifica, una sola: l’ottica. Perché è da qui che si parte. Ed è una cifra predeterminante.
A riguardo se ne leggono di tutti i colori… random una manciata di cliché a scelta.
Non sono un didatta, non ne ho la patente. Ma pratico. Siccome, e me ne stupisco, succede che mi venga chiesto, lo metto per iscritto.
Che è essenzialmente un modo per evitare di ripetermi, e qualora ricapitasse ho un link da spendere. Comodo comodo.
Sottolineando che non è una verità. In fotografia non ce ne sono, esiste solo il relativismo. Che però a maggior ragione non è confondibile col fatto che qualunque cosa abbia diritto di cittadinanza: tutto si misura sempre con la fotografia che si ha davanti. E non sostituibile da alcuna parola, da nessuna descrizione: linguaggio autonomo.
Quando parlo di ottiche mi riferisco esclusivamente alla lunghezza focale.
Ognuno faccia come gli pare, io faccio così: due sole obiettivi a disposizione, un normale e un grandangolo medio. Più, a corredo, un set di tubi di prolunga, che uso applicato al normale.
Questo lo standard, indipendentemente dal formato. E con questo set economico si va dappertutto. Si ritrae chiunque.
Il cosiddetto normale è quello che fa più o meno coincidere se stesso con la diagonale del formato. Restituendo un’immagine molto simile a quella che i nostri occhi percepiscono.
Il fatto che spesso in epoca analogica, quindi prima del boom degli zoom, fosse di default montato sulla fotocamera primo acquisto, praticamente sempre una reflex 35 mm, ha fatto sì che il 50 venisse snobbato. Perché considerato economico, sinonimo di scadente.
E anche adesso, nel pieno del testosterone digitale, soffre di questa memoria.
All’inizio anch’io, uguale: con le mie due 35 mm usavo di tutto meno il 50.
Ma è l’obiettivo più duttile che esista: una meraviglia.
E a farmelo scoprire è stato il banco ottico. Nel formato 10/12 col 180 mm, mentre col 20/25, di rado e solo in studio, il 360 mm. Quindi in realtà in entrambi i casi leggermente più lunghi delle reciproche diagonali. Come del resto lo è il 50 per il full frame.
Dall’uso pressoché esclusivo del banco nel decennio 1986 – ’96 ho mutuato la necessità, vitale, del tubo di prolunga per gli altri formati.
Il mio modo per avvicinarmi…
Per me estremamente utile e accondiscendente nello ”sfondare” i piani mantenendo volume. Cosa non altrettanto vera per i teleobiettivi, non nella stessa misura. Che mi danno l’impressione di appiattire troppo. Come di schiacciare.
E poi a me piace il contatto quando fotografo. E un tele, anche se medio, allontana.
Quanto al grandangolo giro intorno all’equivalente di un 28/30 mm, in subordine al formato.
E qui conta molto la distanza dal soggetto. Ma se usato con attenzione non c’è deformazione, solo una leggera spinta: lo trovo un obiettivo dinamico, tanto che spesso col medio formato digitale lo preferisco al normale.
Piuttosto, non so perché ma trovo ostile, o quantomeno ostico il piccolo formato – full frame – nel dialogo col ritratto. Soprattutto se verticale. E infatti appena posso mi rifugio nell’orizzontale, che mi sembra alleggerirne la compressione.
Tutto ciò detto è indubbiamente una faccenda mia, una nota tecnica poco significativa. Certamente indegna per qualsiasi forum o consesso fotografico.
Se però a qualcuno può interessare, adesso è a disposizione.
Così come il Rodenstock Sironar-N 360/6,8 di cui ho parlato prima: lo vendo.
© Efrem Raimondi. All rights reserved.
© Efrem Raimondi. All rights reserved.
Nell’ordine:
Emanuele Filiberto di Savoia, 2007 – Men’s Health mag
SMC Pentax 75/Pentax 645N
Alice von Platen, 1998 – Primo Piano mag
SMC Pentax 105 + extension/Pentax 67
Noel Gallagher, 2005 – Sport Week mag
SMC Pentax 75/Pentax 645N
Renato Dulbecco, 1997 – Capital mag
SMC Pentax 105 + extension/Pentax 67
Fernanda Pivano, 2005 – Personal work
SMC Pentax 55/Pentax 67
Cat Power, 2012 – Rolling Stone mag
Hasselblad 50/Hasselblad H3DII
Massimo D’Alema, 1996 – Capital mag
Rodenstock 180/Toyo 45G
Jovanotti, 1999 – GQ mag
Rodenstock 180/Toyo 45G
Valentino Rossi, 2001 – GQ mag
SMC Pentax 55 /Pentax 645N
Nicky Hayden, 2006 – Men’s Health mag
SMC Pentax 75/Pentax 645N
Francesca Piccinini, 2011 – Playboy mag
Hasselblad 50/Hasselblad H3DII
Fiorello, 2000 – GQ mag
SMC Pentax 105/Pentax 67
Ron Arad, 1989 – Stern mag
Rodenstock 90/Toyo 45G
Alessandro Zanardi, 2007 – Men’s Health mag
Hasselblad 80/Hasselblad H3DII
Hasselblad 50/Hasselblad H3DII